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La Redazione

 

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Pannolini a Bonaccini: le istituzioni sotto attacco

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A cura di Moravagine
Il 10 Aprile 2021
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Stefano Bonaccini (fotografo: BENVENUTI)

di Moravagine, comedonchisciotte.org

Un pacco “sospetto”

Nel pomeriggio di Pasquetta a Campogalliano, nell’hinterland modenese, Marcello Scunzani e Vincenzo Carloni, animatori del gruppo Telegram “Rievoluzione”, si sono resi protagonisti di un’azione dimostrativa contro il presidente della giunta regionale emiliana Stefano Bonaccini. I due si sono recati presso l’abitazione del noto uomo politico e gli hanno consegnato un pacco con  la scritta “Frode Covid” e contenente alcuni pannolini usati. Tutta l’iniziativa è stata ripresa e diffusa immediatamente attraverso la rete: si vede un Bonaccini dimesso e “casalingo” che prima farfuglia il solito ritornello sulla pandemia, gli ospedali e i morti e poi accetta l’omaggio dei due attivisti, portando il pacco con sè all’interrno delle mura di casa. Il video è visibile qui (orrendamente tagliato dai “professionisti dell’informazione”) oppure, in versione integrale, sul canale Telegram t.me/unavisioneunavoce. Tuta blu, sguardo vacuo e voce bassa, il Bonaccini ripreso nel blankvideo è parso lontanissimo dalla sua rappresentazione mediatica, quella di un risoluto decisionista, arrogante e borioso “al punto giusto”, un “buon amministratore” che, dopo aver salvato la sua Emilia dalla calata dei barbari salviniani, può ben vantare ambizioni a livello nazionale. Il suo ruolo nella commedia è quello di un De Luca più a modo, più “moderno” e più “cool”. Si ricorda a tal proposito la sparata che lanciò, con la consueta voce tonante e l’atteggiamento deciso, dagli schermi di La7 nella scorsa primavera, quando disse che sarebbero andati a scovare i positivi casa per casa, con l’impiego di 70 unità mobili (che nessuno ha mai visto) pronte a stanare i disgraziati ed a confinarli negli alberghi requisiti allo scopo. Alla fine, è stato lui ad essere stanato.

L’era del cinghiale rosè

Attraverso la vicenda umana e politica di Bonaccini Stefano da Campogalliano, la sua pervicace scalata dai sottoscala del sottopotere agli attici e ai salotti del Potere Apparente, è possibile comprendere le dinamiche di formazione della cosiddetta “classe dirigente” oppure, per meglio dire, il modo in cui vengono reclutati e promossi i maggiordomi d’alto bordo nella Terza Repubblica. Assessore del suo paesello a 23 anni, segretario provinciale della Sinistra Giovanile, segretario comunale del PDS, assessore a Modena, segretario regionale del PD, consigliere regionale…nel 2013 Bonaccini è un oscuro burocrate sconosciuto alle teleplatee e noto solo ai boiardi del partito, ai più assidui grigliatori di salsicce delle feste dell’Unità, agli indefessi lettori delle pagine politiche dell’edizione locale de La Repubblica. Poi, il colpo di genio. Quest’uomo del XX secolo capisce come vanno le cose nel XXI e sale sul carro giusto, quello di Renzi, abbandonando al loro destino i compagni emiliani Errani e Bersani, così tristi, sfigati, novecenteschi. Sgomitando con la sua imponente mole, Bonaccini riesce a farsi largo nella corte dei miracoli renziana e viene  nominato dal guitto fiorentino responsabile nazionale Enti Locali del PD, guadagnandosi qualche comparsata televisiva. L’anno dopo, con le dimissioni di Vasco Errani e l’esplosione dello scandalo “spese pazze” che coinvolge quasi tutti i membri del consiglio regionale (Bonaccini compreso), la sua candidatura viene fortemente “spinta” nel quadro delle consuete primarie pilotate ed egli diventa il candidato presidente del “centrosinistra”, ovvero il presidente in pectore dell’Emilia-Romagna. A quelle elezioni, dalle quali si ritirò il suo rivale più accreditato, Matteo Richetti, i votanti, con tutti i ritocchi e i magheggi, risultarono meno degli iscritti (ufficiali) al partitone emiliano-romagnolo.Alle elezioni “vere”, poi, la scontata vittoria di Bonaccini maturò in una cornice poco edificante: in quella che era da sempre la regione più diligente d’Italia, si recò alle urne poco più di un terzo della cittadinanza ed egli risultò il compagno meno votato, in assoluto e in percentuale, da quando è in vigore l’elezione diretta del presidente della giunta regionale. Eppure, allora comiciò un’era: l’era del cinghiale rosè.

Una volta sullo scranno di presidente della giunta regionale, la scalata dell’ambizioso Bonaccini non si arresta. Per lui quella carica è un trampolino di lancio verso altri palcoscenici, sulla scia del suo illustre predecessore Pierluigi Bersani. Punta a sfondare (dall’altra parte) la Linea Gotica e a raggiungere  gli agognati palazzi romani, ma ogni cosa a suo tempo: nel mentre s’acquatta zitto zitto all’ombra di Renzi. Egli diventa poi pure presidente della Conferenza delle Regioni: il presidente dei presidenti. E dopo lo scudetto, ecco la Champions League: va a presiedere anche il CEMR (Council of European Municipalities and Regions), organo che associa vari amministratori locali europei destinati a magnifiche e progressive sorti. La cifra politica di questo suo primo quinquiennio di governo è data dalla promozione del “regionalismo differenziato”, un progetto autonomista assai più ambizioso di quelli formulati in passato durante le varie ondate “federaliste”. Qualcuno arriverà a parlare  di “leghismo democratico” (o di “secessionismo dei ricchi”) e non a caso: Bonaccini porta avanti questa battaglia assieme ai suoi omologhi Fontana e Zaia, ottenendo pure il plauso di Umberto Bossi.

Ma Bonaccini non è ancora Nessuno, agli occhi del telepubblico di Fabio Fazio et similia. Diventerà Qualcuno con le elezioni del gennaio 2020, quelle del redde rationem con i sovranisti razzisti. Mentre sinistri presagi gravavano sull’esito di quel voto epocale, con i sondaggi che davano inopinatamente appaiati il Bene e il Male, iniziò a circolare a reti unificate l’assioma che Bonaccini aveva “governato bene”. Non era abbastanza: la gente vuole di più. Bonaccini fu quindi sottoposto a un processo di “fighizzazione”: affidato alle cure del “guru” Daniel Fishman, egli adottò il look che oggi lo contraddistingue, con gli occhiali a goccia e la barba sale e blankpepe. Per avere un’idea del “prima” e del “dopo”, basta guardare la foto a fianco. Il cosiddetto “popolo della sinistra”, tuttavia, sa essere molto esigente. Non basta essere (diventato) un figaccione per arginare il risorgente fascismo.  Ed ecco l’eureka, partorito da qualche mente raffinatissima: le Sardine, autentico “spin-off” del PD, movimento ittico-politico in grado di regalare al popolo di cui sopra quel sogno che chiedeva a gran voce. Alla fine, l’inedita alleanza zoologica fra il Cinghiale e le Sardine ha prodotto la più grande vittoria dell’antifascismo italiano dopo quella dell’aprile del ’45. Ulteriore capolavoro della campagna elettorale (senza considerare l’originale slogan “Un passo avanti”)è stato l’arruolamento in trincea dell’architetto Giambattista Borgonzoni, padre della candidata leghista Lucia. Dopo essere stato intervistato più volte dello stesso Bonaccini ed aver brindato con la Sardina Maxima Mattia Santori, c’è mancato davvero poco che costui rinnegasse pubblicamente la figlia degenerata e adottasse il nostro Stefanone (peraltro già grande, grosso e figaccione).

Un regime molto stringente

Il protagonismo dei cosiddetti “governatori” da un anno a questa parte è sotto gli occhi di tutti. Essendo gli enti da loro guidati i veri gestori del sistema sanitario, hanno avuto buon gioco a guadagnarsi una parte nel teatrino covidista. Fra questi, Bonaccini è quello che ha goduto del miglior trattamento da parte del sistema massmediatico, che lo ha dipinto come amministratore capace e risoluto, lavoratore instancabile per il bene dei cittadini eccetera eccetera. A lui si deve, oltre al già citato progetto di scovare casa per casa gli ignari asintomatici, la proposta di rendere le mascherine obbligatorie anche all’aria aperta, lanciata esattamente un anno fa e poi fatta propria dal governo Conte. Per avere un’idea di quali logiche e quali principi abbiano ispirato il suo governo in una fase così delicata, è il caso di dare la parola al suo braccio destro, il sottosegretario alla presidenza della giunta regionale dell’Emilia-Romagna Davide Baruffi. Questi, rispondendo in diretta alle domande dei cittadini sulle limitazioni alla pratica sportiva, ha così dichiarato:
“Abbiamo proibito l’attività fisica non perché sia la situazione più a rischio, ma perché volevamo dare il senso di un regime molto stringente”. Non si tratta di una voce dal sen fuggita, ma dell’ostentazione della propria prepotenza: piccoli Bonaccini crescono. Ultimamente, la retorica bonacciniana ha conosciuto un’ulteriore evoluzione. In lui convivono ora il poliziotto buono e quello cattivo: da un lato minaccia confinamenti a oltranza, dall’altro promette aperture a tappeto. Chiaramente, anche lui è stato infettato dal virus fatidico, nonostante tutte le precauzioni.Il primo novembre scorso è risultato positivo al tampone, il 13 ha dichiarato di avere un “principio di polmonite” ed il 20 un altro tampone lo ha liberato dal male. In tutto questo tempo è rimasto a casa, continuando a sbattersi per i cittadini e lanciando appelli per nuove restrizioni.blank

Questo, dunque, il profilo di Stefano Bonaccini; guardandolo di profilo, invece, si nota una certa somiglianza con un celeberrimo corregionale: la pelata, il mascellone…

Un tintinnar di sciabole

I cani dell’informazione di regime hanno preso ad ululare la storia del pacco sospetto a Bonaccini nella serata di lunedì scorso. Il presidente avrebbe immediatamente chiamato i carabinieri, i quali avrebbero verificato il contenuto del pacco e dato il via alle indagini, disponendo una vigilanza rafforzata sulla dimora presidenziale. E’ iniziato poi il solito valzer degli attestati di solidarietà contro quella che i più hanno definito “un’intimidazione”. L’hashtag #iostoconbonaccini, a dire il vero, ha tirato assai poco, ma l’evento ha fatto sì che iniziasse a prendere forma un teorema, le cui suggestioni son state poi riprese, con poche varianti, dagli ululanti di cui sopra.Tre fatti vengono con disinvoltura accostati per annunciarci nuovi anni di piombo: la molotov al centro vaccinale di Brescia, le minacce via mail al ministro Speranza (risalenti peraltro ai mesi scorsi), il pacco “intimidatorio” a Bonaccini. Cade a fagiolo pure la sceneggiata della “Capitol Hill de’ noantri“, con lo sciamano italiano e tutta la coreografia, mentre sullo sfondo l’onnipresente Bassetti lancia urbi et orbi la proposta di equiparare i contrari al vaccino ai “terroristi degli anni Settanta”. Il giochino è noto, ma funziona (quasi) sempre. Le istituzioni e la “società civile” faranno quadrato contro il nuovo Nemico. S’ode, ancora una volta, un tintinnar di sciabole.

La Procura di Modena, intanto, prova a fare l’analisi logica, dichiarando che “I fatti non sembrano ricollegabili a contesti di carattere violento, ma continuano le indagini per una completa ricostruzione dei contorni oggettivi e soggettivi del gesto“ e aprendo un fascicolo per “molestia aggravata” a carico degli indagati. Si prende dunque atto che è possibile denunciare qualcuno che suona alla porta per “molestia aggravata”. I Testimoni di Geova inizino a tremare.

Sull’altro terreno di gioco, i cani hanno presto lasciato il posto agli sciacalli. Esempio da manuale di sciacallaggio a mezzo stampa (e di linguitalianicidio) l’articolo del Corriere della Sera “Il duo No Mask, indagato per il pacco a Bonaccini, che diffonde fake fra blitz nei market e sottobosco web

Visto che Bonaccini di solidarietà ne ha già a pacchi, noi di Come Don Chisciotte ci permettiamo di esprimere la nostra solidarietà ai due “molestatori aggravati” Marcello Scunzani e Vincenzo Carloni. Con quest’ultimo, il regime è già passato a vie di fatto. Il Comune di Modena gli ha notificato il divieto di portare i figli al nido e alla materna (di gestione comunale) per aver violato il “patto di corresponsabilità”, una farsesca cartaccia (elettronica) che si fa firmare ai genitori prima dell’inizio dell’anno scolastico e nella quale ci si impegna a non mettere in atto, nella sfera privata, condotte che possano “alimentare il contagio” (Qui un altro mirabile esempio di giornalismo, stavolta dell’ineffabile Resto del Carlino). E’ il primo caso in Italia, ma potrebbe dar vita ad una lunga serie:  un brivido corre lungo la schiena pensando a quale potrebbe essere il passo successivo…

Cari Marcello e Vincenzo, per quel che vale, vi siamo vicini e vi vogliamo bene.

Al Bonaccini, infine, qualche consiglio spassionato. Intanto, è il caso di indossare la mascherina quando si ricevono degli ospiti, graditi o meno che siano. Sarebbe opportuno anche seguire le più banali raccomandazioni mammesche, evitando di accettare robaccia dagli sconosciuti (e di portarsela addirittura dentro casa, come si vede nel video). Il presidente si è con leggerezza esposto a dei rischi immani: sarà stato il classico abbiocco postprandiale (a Pasquetta, poi…). Insomma, qui ci vuole un bel tampone, magari anale (com’è che non se ne parla più?). Inaugurando personalmente la consuetudine del tampone anale, Bonaccini potrebbe ottenere tre risultati: tutelerebbe la sua salute, renderebbe la sua amata regione la prima in Europa ad adottare tale pratica e si accrediterebbe ulteriormente agli occhi di chi comanda veramente.

 

Moravagine

 

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