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La Redazione

 

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Migranti attraverso il Mediterraneo

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A cura di Markus
Il 31 Gennaio 2019
921 Views

 

ISRAEL SHAMIR
unz.com

Fachiri che suonano il flauto davanti a temibili cobra, un dentista indigeno con le sue orribili tenaglie e un barattolo di denti appena estratti, suonatori di tamburo nei loro sgargianti costumi nazionali, bancarelle che servono cibo piccante in luccicanti tajine: la piazza principale di Marrakech, la vecchia capitale del Maghreb (una regione del Nord Africa ad ovest dell’Egitto e a nord del Sahara, attualmente e principalmente costituita da Marocco, Algeria e Tunisia), è esotica, vibrante e sgargiante, e giustifica le aspettative di un nuovo Paul Bowles. La piazza è circondata da una rete di stretti vicoli, simile alla città vecchia di Siviglia.

In effetti, il Maghreb e la Spagna hanno in comune molto della loro cultura. Il Palazzo El Bahia di Marrakech è un umile fratello del magnifico Alcazar di Siviglia e i suoi minareti prendono a modello la torre della Giralda. I Mori, o Magrebini, avevano creato le grandi perle della civiltà spagnola a Granada, Cordova e Siviglia, ma, dopo la loro espulsione, non erano stati in grado di ripetere questa impresa sul loro stesso territorio.

Marrakech è all’incrocio delle vecchie strade che collegano il Sahara a Timbuktu e, attraverso lo stretto di Gibilterra, all’Andalusia, alla costa atlantica con i suoi surfisti e al resto del Nord Africa, passando per Fes e Tunisi. La prima strada è la più romantica. Il migliore resoconto di questa navigazione transahariana è il magnifico, anche se sottovalutato, film del recentemente scomparso Bernardo Bertolucci, Il tè nel deserto. Se, con il passare degli anni, il cinema farà la fine dei manoscritti miniati e svanirà dalla coscienza collettiva, questo film rimarrà, con pochissimi altri, un ricordo di questa arte un tempo grande. Questi palazzi squadrati, chiamati Kasbah, con le loro mura prive di finestre e i tetti merlati, si ergono lungo le piste dove ora transitano i camion al posto dei cammelli. L’Africa subsahariana è molto lontana, 52 giorni di cammello la separano dal Maghreb. La cosa più bella del Sahara è il cielo stellato, un cielo incredibile; non avete mai visto nulla di simile e questa è una buona ragione per fare un viaggio nel Sahara.

Il secondo percorso, quello per Gibilterra e oltre, è più importante perchè assicura un buon collegamento fra il Maghreb e l’Europa. Il Mediterraneo mette in comunicazione il Maghreb con l’Europa, mentre il Sahara lo separa dal resto dell’Africa. Arnold Toynbee considerava il Maghreb una parte periferica dell’Europa, così come i Balcani o la Scandinavia. Se l’Europa era il cuore dell’Impero Romano, il Maghreb, o l’Africa e la Mauritania, erano le province di vecchia data di Roma più ricche, quando la Germania e la Scandinavia erano ancora terre sconosciute.

Questa vicinanza è controbilanciata dalla differenza di fede. I Mori erano stati fra i primi ad accettare Cristo e avevano dato alla Chiesa i Padri Tertulliano e Agostino; erano poi passati all’Islam, molto tempo fa, ed erano diventati non solo confinanti, ma concorrenti e avversari dell’Europa.

Proprio loro, i Mori, sono la ragione di questo articolo. Loro, e gli Europei, si invadono e si invitano a vicenda, a turno, come le onde che vanno avanti e indietro sulla spiaggia. Non che una delle due parti abbia mai avuto la meglio. I Mori avevano colonizzato l’Europa e gli Europei avevano colonizzato il Maghreb. [Entrambi] hanno persino scacciato i loro colonizzatori, anche dopo secoli. Nulla è definitivo.

I Magrebini, o Mori, non sono particolarmente miti. Niente affatto. E’ gente abbastanza dinamica e vigorosa con la giusta dose di testosterone. Non provocate i Mori, o ve ne pentirete. Potreste pentirvene comunque, come era successo a Desdemona. I Mori non sono neri. Sembrano Europei del sud, alcuni sono di carnagione più chiara ed altri più scuri, come i Greci, gli Italiani o gli Spagnoli. Molti di loro ora vivono in Europa, sopratutto in Francia e nei Paesi Bassi, talmente numerosi che si potrebbe considerarla una nuova conquista moresca.

Le loro invasioni reciproche avevano avuto inizio 2000 anni fa. Nella guerra fra Cartagine, la principale città del Nord Africa, e Roma, la prima capitale europea, avevano vinto i Romani; avevano conquistato e colonizzato i Mori e li avevano inglobati nell’Impero; [i Mori] avevano abbracciato la fede cristiana ed erano entrati a far parte della Chiesa Latina. Insieme alla Spagna, il Maghreb era poi stato invaso dai Vandali, una popolazione nordeuropea, ma era ritornato a far parte dell’Impero Romano (Orientale) nel periodo di Giustiniano.

Il dominio europeo si era concluso con l’arrivo degli Arabi, che si erano mescolati agli indigeni, li avevano convertiti all’Islam, armati e portati in Europa. I Mori avevano così conquistato la Spagna (la Conquista) ed avevano toccato il culmine della loro civiltà. Ma niente è per sempre.

Qualche centinaio di anni dopo, gli Spagnoli avevano sconfitto i Mori e li avevano respinti in Nord Africa. Erano stati espulsi anche i Mori cristiani, anche se con un po’ di ritardo. (La Riconquista).

Tuttavia, l’idea di separazione non aveva funzionato. I Mori non avevano accettato supinamente la sconfitta. Avevano iniziato a razziare le coste europee e ad attaccare le navi europee.

Ora venivano chiamati “corsari berberi,” formidabili avversari degli Europei. Facevano incursioni in Europa fino all’Islanda, spopolando i villaggi e le città della Francia meridionale e della Spagna. L’Europa era la loro miniera di schiavi.

Questa era la grande differenza fra l’Europa e il mondo mussulmano: la schiavitù. In Europa era sempre stata trascurabile (dopo il crollo dell’Impero Romano), mentre era molto popolare nei territori mussulmani (Dar al-Islam). I Mussulmani usavano gli schiavi, avevano bisogno degli schiavi e, apparentemente, avevano una predilezione per gli schiavi cristiani europei. Nel periodo in cui la Spagna era mussulmana, i Vichinghi razziavano l’Europa Orientale, catturavano le popolazioni locali e le vendevano agli Ebrei, e gli Ebrei scambiavano questa preziosa merce sul mercato di Cordoba. Più tardi, era toccato agli Europei dell’Est, antenati dei Russi moderni, venire depredati e catturati dai Tatari di Crimea, per essere poi deportati ad Istanbul. Ma la domanda era grande, i profitti enormi, e i Mori avevano iniziato a razziare le coste dell’Europa Occidentale e a catturare navi nel Mediterraneo.

Questi corsari erano molto diversi dai pirati dei Caraibi. La ciurma di Jack the Sparrow era costituita da Europei e depredava i vascelli. A questi pirati non importava nulla degli equipaggi e dei passeggeri delle navi catturate: potevano essere gettati in mare o messi in una scialuppa e sbarcati su una spiaggia; raramente venivano trattenuti a scopo di riscatto. I corsari berberi andavano sopratutto a caccia di equipaggi e di passeggeri. Trattavano gli Europei proprio come gli Europei trattavano gli Africani subsahariani di colore: li catturavano, li riducevano in schiavitù e li vendevano sul mercato. Sì, Virginia, c’erano anche schiavi bianchi. Ogni Europeo poteva diventare uno schiavo di Dar al-Islam e milioni di Europei dell’est e dell’ovest, Francesi, Spagnoli, Inglesi e Russi venivano venduti e comprati nei mercati di Istanbul.

Gli Europei erano stati obbligati a prendere il controllo del Maghreb, (così come i Russi erano stati costretti a conquistare la Crimea) per fermare le incursioni degli schiavisti. Questo aveva segnato l’inizio della colonizzazione europea del Maghreb.

I Mori avevano smesso venire in Europa, ma poi erano stati gli Europei a trasferirsi nel Maghreb. Avevano costruito villaggi e città, impiantato industrie e avevano nuovamente unito il Maghreb all’Europa. Si erano stabiliti nel Maghreb, sperando per sempre.

Ma non aveva funzionato: sorprendentemente (?), ai Mori la cosa non era piaciuta. Si erano ribellati, erano diventati indipendenti e avevano rispedito in Europa tutti i milioni di coloni europei. Mezzo milione dal Marocco, un milione e mezzo dall’Algeria, duecentomila dalla piccola Tunisia avevano dovuto lasciare le proprie case e trasferirsi in un paese che probabilmente non avevano mai neanche visitato.

Si erano separate le loro strade? Niente affatto! In breve tempo, i Mori erano ritornati in Europa a centinaia di migliaia e vi si erano stabiliti. Ora la Francia e l’Olanda hanno più Mori (tra i tre e i quattro milioni) di quanti ce ne fossero in Spagna all’apice del potere moresco.

La cosa non è stata di nessun aiuto agli Europei che erano stati espulsi. Le case dei coloni europei in Algeria, Marocco e Tunisia non sono state restituite ai loro proprietari. Sono ancora lì, come un memoriale dei giorni in cui gli Europei vivevano in Nord Africa.

Il generale de Gaulle aveva concesso l’indipendenza all’Algeria, aveva detto, per fermare la migrazione di massa dei Mori verso la Francia. Non ha funzionato: l’Algeria è diventata indipendente, ma la migrazione non si è fermata.

Parlavo con il mio amico marocchino Hamid sulla possibilità di trasferirsi in Europa. Lui non vuole, anche se molti dei suoi amici, parenti e conoscenti hanno fatto il passo. Dice che la vita è più facile nel suo paese natale, il Maghreb. In Francia, per mantenere lo stesso tenore di vita, dovrebbe lavorare molto di più. Le abitazioni in Francia sono piuttosto costose. A casa sua, in Marocco, vive bene, come un vero ceto medio lavorando normalmente e senza fare straordinari. È saggio, ma molti altri Mori si trasferiscono in Europa.

All’interno della città vecchia di Marrakech, avevo trovato una sinagoga. Un complesso tentacolare con un cortile, a poche centinaia di metri dal palazzo reale, la normale ubicazione dei centri ebraici, ovunque si trovino. Nonostante tutti i lamenti sulle “persecuzioni,” i miei antenati godevano di notevoli privilegi anche in Marocco e in Spagna. Per secoli sono stati un elemento fondamentale nei flussi delle popolazioni europee e maghrebine.

In primo luogo gli Ebrei avevano aiutato i Mori a conquistare la Spagna, continuando la tradizione del cambio di bandiera in tempo reale. (In Palestina gli Ebrei avevano appoggiato l’invasione persiana e, successivamente, quella araba). Gli Ebrei avevano avuto un ruolo importante nella Spagna moresca e avevano poi dovuto andarsene insieme ai Mori.

Nel Maghreb erano ritornati dalla parte degli Europei. Un ministro della giustizia ebraico nella Francia del XIX secolo, Adolphe Crémieux, aveva dato agli Ebrei algerini (e non al resto degli Algerini) la cittadinanza francese. Era stato un gesto scaltro: gli influenti Ebrei locali sostenevano la Francia contro i nativi.

In Tunisia, gli Ebrei erano rimasti per secoli estremamente potenti. Nel 1819, il console degli Stati Uniti a Tunisi, Mardocheo Manuel Noè, aveva scritto di loro: “Gli Ebrei sono personaggi di primo piano; negli stati barbareschi hanno incarichi molto influenti, sono a capo delle dogane, riscuotono le tasse; controllano la zecca, sono i tesorieri, i segretari e gli interpreti del bey. Queste persone, quindi, qualunque cosa si possa dire sulla loro oppressione, hanno un’influenza veramente dominante, e la loro opposizione deve essere temuta.”

Quando erano arrivati i Francesi, questi “personaggi di primo piano” avevano cambiato bandiera e avevano sostenuto l’amministrazione coloniale francese. Anche se all’epoca non avevano nessuna simpatia per i coloni francesi, tant’è che la loro espulsione era stata vista come un atto perfettamente giustificabile da Albert Memmi, l’eminente scrittore ebreo-tunisino. Per Memmi, [i coloni francesi] erano solo degli avventurieri ossessionati dall’avidità: “Andate in una colonia perché i posti di lavoro sono garantiti, i salari alti, le carriere più rapide e gli affari più redditizi. Al giovane laureato viene subito offerto un posto di prestigio, al funzionario pubblico un grado più elevato, all’uomo d’affari sostanzialmente tasse più basse, le materie prime industriali e la forza lavoro a prezzi interessanti. Spesso lo si sente sognare ad alta voce: ancora qualche anno e si congederà da questo redditizio purgatorio e acquisterà una casa nel suo paese natale.” [Memmi] non si era accorto che lo stesso atteggiamento poteva essere attribuito agli Ebrei e ai Mussulmani tunisini che si erano trasferiti in Francia. Gli Ebrei andrebbero in Israele o in Quebec, sempre al momento giusto, i Mussulmani potrebbero ritornare “nel loro paese,” ma probabilmente non succederà.

Gli Ebrei d’Europa amano l’immigrazione dal Maghreb. Come minimo, la promuovono. Bene, ma perché gli Europei accettano gli immigrati maghrebini? Dopo essere stati espulsi da questi paesi, ci si potrebbe aspettare dagli Europei un discorso del genere: “Volevate liberarvi di noi, ora statevene lontani e godetevi la vostra libertà dagli Europei.” Sono stati i paesi europei a volere gli immigrati, ma questo non per la necessità di avere più forza lavoro, dato che alcuni paesi europei se la cavavano bene anche senza di essi.

Dopo la lunga guerra mondiale l’Europa era stata occupata; l’Occidentale dagli Stati Uniti, l’Orientale dall’URSS. Le loro politiche erano molto diverse: i governanti occidentali avevano poca fiducia nelle loro popolazioni e avevano iniziato a far arrivare immigrati dal Nord Africa e dalla Turchia, predicando allo stesso tempo la diversità.

I leader filo-sovietici non avevano voluto immigrati e avevano attuato politiche nazionalistiche moderate. Le esperienze della Germania dell’Est, della Repubblica Ceca e dell’Ungheria hanno dimostrato che i paesi europei non hanno bisogno di immigrati per le loro economie.

Questi paesi [dell’Est Europeo] erano entrati in uno stato di omeostasi, un equilibrio piuttosto stabile con poco sviluppo, quasi una stagnazione, accompagnata però da un costante miglioramento della vita dei lavoratori. L’omeostasi è la situazione migliore per i lavoratori europei ordinari. Questo risultato era stato ottenuto nei paesi socialisti, compresi quelli scandinavi della socialdemocrazia.

Gli Europei avrebbero potuto vivere una vita tranquilla e serena, migliorando lentamente e gradualmente le loro condizioni di vita e riducendosi di numero. Non c’è niente di sbagliato nella diminuzione della popolazione: potrebbe essere la cosa giusta per la gente comune. Il mondo non è infinito, le risorse sono limitate, la costruzione di alloggi richiede tempo. Potrebbe essere positivo per l’Europa ridurre lentamente la propria popolazione riportandola ai livelli del 1800. Sarebbe una nuova Età dell’Oro, molti prati verdi, foreste, una vita modesta ma piacevole per tutti.

Ma sarebbe una pessima cosa per le vendite. L’amore degli Ebrei per l’immigrazione è legato alla loro preferenza per le vendite rispetto alla produzione: mentre la produzione si può automatizzare, si possono introdurre i robot e si può aumentare la produttività, le vendite sono fatte dagli esseri umani. C’è bisogno di più persone disposte ad acquistare, fare debiti, affittare  case, lavorare duramente per progredire e spingere gli altri ad aprire crediti e competere. Senza l’immigrazione, gli Ebrei perderebbero la loro ragione di esistere.

Ci sarebbe l’immigrazione senza gli Ebrei? Sì, perché ci sono abbastanza non Ebrei che imitano gli Ebrei. Anche se non tutti ci riescono, sono in molti e sono disposti a fare di tutto. L’unico modo per fermare l’immigrazione è fermare l’espansione e la crescita, uccidere il capitalismo così come lo conosciamo.

Produzione e mercato sono perfettamente possibili nell’omeostasi; interesse, azioni, operazioni valutarie non lo sono.

I GJ, i Giubbotti Gialli francesi, hanno proposto di far durare gli oggetti più a lungo. Questo è un passo buono e radicale, invece di lordare il mondo con modelli usciti due anni fa e che oggi sono già obsoleti o rotti. Ne avevamo di cose del genere: ricordo un frigorifero ancora in buone condizioni dopo 20 anni di utilizzo, e un’auto VW che funzionava bene dopo 30 anni di servizio. Se lo volessimo, potremmo realizzare prodotti che durino praticamente per sempre, pratici e riparabili.

Il Giappone è un buon esempio di sviluppo: la nostra collega Linh Dinh aveva visitato la terra di Yamato ed era rimasta turbata da quello che aveva visto, l’invecchiamento della popolazione e la gioventù senza amore. Anche il sottoscritto è un frequentatore abituale del Giappone; certo, il Giappone era forse più divertente alcuni anni fa, ma se la sta cavando bene. Non cresce molto, i commercianti americani ed europei non si arricchiscono da un giorno all’altro speculando con i prodotti giapponesi. Le azioni non salgono, è vero. Ma per il Giapponese comune questa è una buona cosa. Potrebbero avere ancora meno progresso ed essere comunque soddisfatti.

Gli amici giapponesi mi dicono spesso (quando mi lamento della lenta crescita dell’economia giapponese): noi non vogliamo di più. Gli anni della crescita rapida sono stati gli anni della nostra miseria. Gli anni di stagnazione ci vanno  bene. Se gli Stati Uniti dovessero dimenticarsi completamente di noi, invece di insistere per farci adeguare ai loro ideali di crescita e di diversità, saremmo ancora più felici.

Il nostro mondo ha bisogno di sempre meno forza lavoro. Cosa ci impedisce di godere di questa situazione? La popolazione europea non cresce, diminuisce lentamente. Gli immigrati provenienti dal Nord Africa e dagli altri paesi aumentano, ma lasciateli crescere nelle loro terre d’origine.

Non c’è motivo di preoccuparsi per la crescente popolazione africana. Questo è, dopotutto, un problema africano. Il Sahara è troppo vasto per essere attraversato; alle compagnie aeree si può impedire la tratta di esseri umani. Certo, molti Africani preferirebbero vivere in Francia o in Olanda, e sicuramente alcuni di loro lo faranno. Ma niente grossi spostamenti di popolazioni, a meno che non siano guidati da Teodorico o da Gengis Khan.

Nella mia infanzia, c’era un gioco popolare chiamato le sedie musicali. Mentre la musica suonava, si poteva scegliere una sedia e sedersi su di essa nel momento in cui la musica si interrompeva. Ne abbiamo abbastanza di questo gioco. Lasciamo che le persone si siedano dove già si trovano. Questa tentazione di crescere all’infinito può e deve essere sconfitta.
Basta vincere l’avidità, la voglia di avere sempre di più, e poi planeremo dolcemente su un prato verde.

Israel Shamir

Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/ishamir/migrants-across-the-mediterranean/
28.01.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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