MARTIN SIEFF
strategic-culture.org
Mercoledi scorso hanno seppellito Lyra McKee in pompa magna, una cosa che lei non si sarebbe mai aspettata e che avrebbe certamente disprezzato, nella sua, e anche mia, natia Belfast. La più promettente, talentuosa e coraggiosa giovane giornalista irlandese indipendente della sua generazione è stata uccisa a 29 anni con due proiettili mentre seguiva per lavoro una piccola e tipica manifestazione di protesta a Derry City, il 18 aprile. Un paio di sospetti, ottusi giovani irlandesi estremisti repubblicani e ubriachi, che non avrebbero potuto colpire la porta di una stalla da un metro di distanza, sono stati immediatamente arrestati e accusati del suo omicidio.
Con tutti i colpi presumibilmente sparati a caso sulla folla quella notte, l’unica persona colpita, due volte, è stata la più importante e incorruttibile giornalista investigativa d’Irlanda.
McKee era abbastanza giovane da essere mia figlia. Era abbastanza coraggiosa e innocente da affrontare la terza ondata di criminalità e di violenza nel nord-Irlanda e da indagare sulla scomparsa di due ragazzi a Falls Road, nel West Belfast, durante i primi anni ’80. Aveva firmato un contratto per pubblicare un romanzo basato su questi terribili e strazianti episodi. Un vero tributo alla sua memoria sarebbe quello di fare in modo che il suo libro venga pubblicato e, se necessario, completato dai suoi più stretti colleghi ed amici.
Il 16 aprile, due giorni prima che Lyra McKee venisse uccisa nell’esercizio della sua professione, il comitato per il Premio Pulitzer della Columbia University e del New York Times, presumibilmente l’arbitro del miglior giornalismo indipendente mondiale di tutto l’ultimo secolo (e, se ci credete, ho un ponte a Brooklyn che mi piacerebbe vendervi) hanno annunciato i loro premi per i migliori servizi giornalistici dell’anno scorso.
E, come al solito, si sono lodati e si sono premiati a vicenda con le loro stesse massime onorificenze per il solo fatto di essere senza valore.
I giudici del Pulitzer hanno assegnato il premio al New York Times per aver indagato sulle malefatte fiscali della famiglia Trump nel ridursi le tasse di successione per le passate generazioni, una non-storia su un non-crimine, se mai ce ne fosse uno.
Al Wall Street Journal è stato assegnato un altro altrettanto fatidico riconoscimento per la pubblicazione a livello nazionale di articoli sui pagamenti che sarebbero stati effettuati dall’ex avvocato del presidente Trump, Michael Cohen, per garantirsi il silenzio delle donne che sostenevano di avere avuto rapporti sessuali con il presidente.
L’Associated Press ha ricevuto un premio per la copertura dei crimini di guerra nello Yemen. Ma nessun servizio giornalistico dell’AP (nè del Washington Post, del New York Times o del Wall Street Journal) ha mai osato affrontare la vera ragione della guerra in corso nello Yemen: il flusso costante di armi per assicurare il proseguimento della guerra in cambio di enormi profitti, con il beneplacito dalle ultime due amministrazioni del governo degli Stati Uniti.
Lo sconosciuto quotidiano Capital Gazette di Annapolis, nel Maryland, che non ha mai riportato una storia significativa o di vera denuncia nella sua lunga storia, ha ricevuto il premio per aver riferito dell’omicidio di cinque membri del proprio staff da parte di un sicario. Altri due giornali, il Pittsburgh Post-Gazette e il South Florida Sun-Sentinel hanno entrambi ricevuto il Pulitzer per aver parlato degli orribili massacri avvenuti nelle loro zone. Nessuno dei loro articoli ha osato sfidare in maniera seria la pazzesca facilità con cui tutti, negli Stati Uniti, possono accedere alle armi automatiche.
Il contrasto con il coraggio e l’enorme lavoro compiuto da Julian Assange non potrebbe essere maggiore. Il comitato del Pulitzer avrebbe potuto assegnare un premio ad Assange. Un premio del genere potrebbe rivelarsi fondamentale nel salvargli la vita, se fosse estradato negli Stati Uniti e segregato in condizioni pericolose e crudeli, dopo il suo rapimento, in dispregio del diritto internazionale, dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra, l’11 aprile.
La settimana tra l’11 e il 18 aprile è stata così uno dei periodi più oscuri e vergognosi nella storia del giornalismo occidentale moderno.
La giovane Lyra McKee è stata giustiziata con due, non uno solo, proiettili nelle strade di Derry City.
Julian Assange è stato arrestato, in sprezzante e aperta sfida al diritto internazionale e ad ogni principio di libertà di stampa (addirittura da un’ambasciata), nel cuore del Regno Unito.
E i premi annuali Pulitzer si sono rivelati ancora più vuoti, spregevoli, patetici ed egoistici del solito.
Se tutto il personale e le istituzioni giornalistiche negli Stati Uniti e nel Regno Unito venissero messi su un piatto della bilancia, e Julian Assange sull’altro, lui peserebbe più di tutti loro.
Se tutto il personale e le istituzioni giornalistiche negli Stati Uniti e nel Regno Unito venissero messi su un piatto della bilancia, e Lyra McKee sull’altro, lei peserebbe più di tutti loro.
Sono stato un giornalista, ho lavorato nei principali media occidentali per più di 40 anni e ne ho avuto anche dei bei vantaggi, per la maggior parte della mia carriera. Ma ora sono solo stanco e nauseato da tutta questa codardia, dalla stupidità e dalla mediocrità, da tutte le menzogne vigliacche .
Il ricordo di Lyra McKee e la vita ormai in pericolo di Julian Assange hanno diritto a qualcosa di meglio.
Martin Sieff
Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2019/04/30/lyra-mckee-julian-assange-and-the-pathetic-pulitzers/
30.04.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org