Lo spread, il bluff dei bari che nessuno va a vedere (Una demistificazione)

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DI MARIO MONFORTE

E rieccoci con lo spread!  Su tutti i media (tv e stampa) ancora (ri-)rimbomba l’aumento dello spread delle obbligazioni statali italiane. (Si tratta del differenziale di tasso di rendimento, ossia degli interessi da versare, dei titoli di Stato italici in vendita rispetto al tasso dei titoli tedeschi, e l’aumento del differenziale significa che crescono gli interessi. Una prima domanda: perché il referente dei titoli tedeschi? E non quelli, che so, o Usa o russi o giapponesi, etc.? Risposta: non perché l’economia tedesca sia “inossidabile” e “centrale”, ma perché fu cosí deciso a suo tempo, Usa in prima fila.) Tale spread è (sarebbe) giunto a 290 poi 300 punti, dopo sceso a 284. (Seconda domanda: chi decide questo differenziale? La risposta mediatica corrente è: «i mercati», dei fumosi, vaghi, inafferrabili, «mercati» che considerano, valutano, attuano … È del tutto falso: tale differenziale viene deciso dalle centrali del grande capitale finanziario, tedesche, inglesi, statunitensi, etc.)

Tutti i media gridano che lo spread è aumentato, quindi gli interessi da pagare sui titoli di Stato sono aumentati, e la principale “colpa” è di Salvini, ma anche del governo di cui Salvini è vice-premier e ministro degli Interni. In realtà Salvini, nella sua campagna elettorale permanente, fra le sue boutades, alcune delle quali, be’ diciamo … almeno “opinabili”, ne ha sparata una valida: “se occorre si sforerà il 3% di deficit rispetto al Pil”. Si noti la moderazione: “se occorre”. Ma è (sarebbe) senz’altro giusto accrescere la spesa in deficit se si volesse condurre un massiccio intervento statale di sostegno e sviluppo sul piano economico (sono le politiche che si dicono keynesiane, e si badi bene che non si tratta dell’economia “in sé” e “per sé”, ma dell’economia capitalistica, ossia siamo sempre nell’ambito del capitalismo, solo reso piú “resistente” e con maggiori sicurezze per le classi subalterne; questo va detto rispetto ai tanti, ai piú, che confondono il keynesismo con misure socialiste). Però l’uscita di Salvini significa anche riservarsi di poter fare in barba all’Ue tale sforamento (eventuale, futuro, futuribile: da tenere presente la cura attenta del governo «giallo-verde» a non oltrepassare i paramentri dell’Ue, per cui dichiarazioni affini in passato sono rimaste … discorsi). Comunque le forze politiche di opposizione (cioè della reazione contro ogni cambiamento dello status quo precedente) e il 99% dei media battono e ribattono il tamburo: “il governo fa gravare altri costi sulle spalle degli italiani”, “il governo è incapace, è dannoso, deve cadere”, e via rimbombando. Sotteso: “come era bravo Monti, che salvò l’Italia, insieme alla Fornero”, “come andava bene il paese con i governi sostenuti da Pd e FI”, “come si andava bene con il governo piddino”, “come si andava bene con il rigore, l’austerità, l’obbedienza ai parametri Ue” …

Arriviamo alla sostanza: è tutta una balla colossale, una falsificazione immensa. E va scandito e ribadito e gridato con l’altoparlante il perché: 1) se vi fossero adesso delle aste, ossia se tale tasso maggiorato a 284 punti fosse effettivo e avesse ora una ricaduta, riguarderebbe solo una quota minima degli interessi da versare sul debito e, di piú, scaglionati dai dieci ai trent’anni prossimi; 2) ma soprattutto, e si badi bene che questo è fondamentale, non ci sono state altre aste di vendita di titoli di Stato, né ci saranno per circa altri tre mesi (e si consideri la variabilità costante dei “dati” dello spread), dunque lo spread a 284 punti non riguarda precisamente … proprio niente.

Abbiamo solo una fantomatica minaccia che viene agitata da parte delle centrali del grande capitale transnazionale della «globalizzazione» scatenata e del liberalismo sfrenato su tutti i piani, dei suoi «organismi» come appunto l’Ue, delle forze della reazione contro ogni cambiamento al loro servizio, dei media connessi e finanziati. Il tentativo è stato, ed è, quello di ricostruire il “clima dello spread” del 2011, che portò al «golpe bianco» di Napolitano (con una suite di altri tre …). Ma non pare che tale “offensiva” funzioni: questa riedizione dell’“attacco” sembra in gran parte spuntata.

Ultima notazione: il ministro dell’Economia, Tria, il vicepremier e ministro del Lavoro e Sviluppo, Di Maio, con avallo del presidente del Consiglio, Conte, sono intervenuti affermando: “non si sforeranno i paramentri Ue”. Capisco i motivi di concorrere a stemperare l’“attacco”. Ma,, francamente, trovo negative queste prese di posizione: sia perché accreditano il valore di queste minacce sullo spread e continuano a insistere su un quadro asfittico, limitato e limitante, di politica economica, con un’ossequienza all’Ue che non è dovuta (né la si deve volere: ha dimostrato di essere rovinosa); sia, infine, perché non ce n’era bisogno e occorreva, invece, una campagna contro balle del genere, e sono proprio queste le notizie false (cosí si dice in italiano: perché mai si deve dire fake news?).

Mario Monforte

18.05.2019

via Fulvio Grimaldi

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