LA GUERRA MONDIALE A PEZZI E IL “CAUCASO MERIDIONALE”

La visita di Nancy Pelosi a Yerevan significa il sostegno Usa all'Armenia nel conflitto con l'Azerbaigian. Dopo Ucraina, Kosovo, e Taiwan si fomentano ulteriori tensioni verso un conflitto globale

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Di Alessandro Fanetti per ComeDonChisciotte.org

“Diamo un’occhiata al mondo così com’è. Guerre ovunque. Stiamo vivendo la terza Guerra Mondiale a pezzi”. (1)

Con queste parole di fine 2020 il Papa sottolineò che già allora stavamo vivendo una situazione drammatica e pericolosissima per le sorti dell’intera umanità.

Una frase che però, se riportata ai giorni nostri, non andrebbe cambiata di una virgola.

Quello che stiamo vivendo in questo periodo, infatti, è proprio una “guerra mondiale a pezzi” dove le forze che si stanno impegnando a difendere l’architettura internazionale unipolare sorta dopo la fine della Guerra Fredda si stanno scontrando con quelle che invece reclamano “a gran voce” un mondo multipolare.

Forze di una potenza tale da avere la capacità di distruggere il mondo varie decine di volte, qualora si scontrassero direttamente e senza freni.

Più nel dettaglio, è possibile affermare che la NATO e i suoi alleati (insieme genericamente definibile come “Occidente”) sono i rappresentanti del blocco di forze che difende strenuamente il mondo unipolare a guida liberale, mentre la Russia e la Cina (con Turchia e India subito dopo) sono le Potenze guida del blocco che aspira ad un mondo multipolare.

Come ben spiegato da Felix Alemàn, infatti:

In geopolitica ci sono due flussi in lotta […]: Talassocrazia (o atlantismo) e Tellurocrazia (o continentalismo) […]. Il primo è un sistema geopolitico globalista che attraverso il commercio […] vuole imporsi su tutto il mondo […]. Il secondo, invece, crede in una visione del mondo multipolare […] con diversi blocchi di potere […].

Il conflitto in Ucraina iniziato nel 2014 e sfociato in uno scontro di ampia portata dal 24 febbraio 2022 ha fatto deflagrare questa situazione di già forte tensione e ha mostrato (e mostra sempre più chiaramente) al grande pubblico la reale posta in gioco valida per gli anni a venire: il mantenimento o il cambiamento radicale dell’architettura internazionale a 360 gradi.

Nessuna parte del mondo può rimanere avulsa da tale nuova realtà, completamente isolata da ciò che accade, e per le contingenze del momento è possibile notare come sia proprio intorno alla Russia (e in parte nell’area del Mar Cinese Meridionale) che si stia combattendo la battaglia più dura e decisiva di questo scontro.

Battaglia intesa come l’insieme di tutti quei focolai che per chi difende il mondo unipolare servono ad indebolire i “giganti multipolari”, instillandogli problemi proprio nei luoghi a loro più prossimi.

E ovviamente costringendo questi “giganti” a dover fare inesorabilmente i conti prima con i dilemmi a loro più vicini e poi ad impegnarsi decisamente e a pieno ritmo per promuovere il multipolarismo a livello globale.

Anche perché se da un lato lo scontro principale è certamente quello fra unipolarismo e multipolarismo, non va mai dimenticato che anche fra le varie Potenze favorevoli al mondo multipolare non sempre i rapporti veleggiano con la necessaria armonia. Le aspettative e le aspirazioni di ognuno sono molte e talvolta divergenti e chiunque cerca di trarre il massimo profitto appena vede spiragli dove incunearsi (spesso e volentieri anche “fomentato” da chi promuove alacremente l’azione sempre validissima del “Divide et impera”).

È in questo contesto e con queste “lenti” che vanno lette le tensioni, ad esempio, in Serbia, intorno all’isola di Formosa (Taiwan), in Transnistria e al confine fra Kirghizistan e Tagikistan.

Ed è in questo contesto che va letta anche la situazione in Nagorno Karabakh, un’enclave a maggioranza armena incastonata (e bramata) in Azerbaigian e sotto attacco dal 2020, dopo qualche anno di “pace” vissuto a seguito della tregua firmata nel 1994 a Bishkek fra Yerevan e Baku.

Più nel dettaglio, è bene ricordare come il Caucaso meridionale sia una delle zone più complesse e strategicamente importanti dal punto di vista geopolitico, soprattutto in seguito alla dissoluzione dell’URSS nel 1991. Esso infatti è composto da 3 Paesi (Georgia, Armenia, Azerbaigian) non propriamente nelle possibilità di essere dei players globali autonomi ma, per la loro posizione, nelle mire di tutte le maggiori potenze regionali e globali:

RUSSIA: Mosca gioca un ruolo importante in quanto “madrina” dell’area già durante l’Impero russo e poi con l’URSS. Grazie al CSTO, poi, ha in Yerevan un alleato significativo e che gli garantisce un limite allo strapotere turco “via Baku”.

TURCHIA: Grande protettrice di Baku e arcinemica di Yerevan, il suo sogno (sviluppato grazie alla politica “neo-ottomana” portata avanti dal Presidente Erdogan) è quello di creare una “cintura ottomana” che dalla Turchia raggiunga l’Asia centrale. Asia centrale che nell’ottica di Erdogan sarebbe naturalmente da ascrivere alla sua sfera d’influenza, in quanto abitata da milioni di musulmani. Basti pensare, ad esempio, che del “Consiglio Turco” fanno parte 5 stati e 3 di essi si trovano in Asia centrale: Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan (oltre alla Turchia e all’Azerbaigian).

UNIONE EUROPEA: Bruxelles gioca un ruolo debole per via della sua incapacità cronica ad avere una politica estera comune e stabile. In sostanza essa si limita a sostenere le aspirazioni dell’ “occidente” a guida USA, a cercare un po’ di energia per sostituire quella russa e a promettere sostegni come quello alla Georgia che ha ufficialmente chiesto di aderire all’UE.

Piccola nota di colore: Bruxelles si è impegnata a raddoppiare la quantità di gas importata da Baku, “dimenticandosi” che in quel Paese dal 1993 hanno governato 2 persone (padre e figlio Aliyev) esattamente come nella Federazione Russa e che guerre di confine si sono sviluppate con l’Armenia sin da prima della dissoluzione dell’URSS. Considerando che ufficialmente l’Europa vuole emanciparsi dal gas russo per la sua politica dittatoriale e nei confronti dei vicini, sembra di cadere dalla “padella alla brace” e certamente le motivazioni vanno ben al di là di queste.

CINA: La Cina, come nel resto del mondo, anche in questo caso si impegna a stringere forti legami economici con i vari Paesi del Caucaso meridionale. Senza ergersi a protettrice militare dell’area, dunque, attraverso un dialogo costante sia con i Paesi dell’area che con le Potenze che hanno interessi decennali (o secolari) lì, cerca di “entrare economicamente” promettendo nessuna ingerenza negli affari interni.

USA: Principale Paese che difende l’ordine mondiale unipolare, guida della NATO e superpotenza globale, Washington cerca ovunque possibile di intervenire (direttamente o indirettamente) per frenare la nascita del mondo multipolare. Una delle strategie chiave è proprio quella di creare problemi e tensioni ai confini delle Potenze “concorrenti”, così da portarle a fare un passo falso, fargli perdere terreno e influenza o comunque obbligarle sulla difensiva. Il caso della visita della terza carica dello Stato USA, impersonata in questo periodo dalla democratica Nancy Pelosi (speaker della Camera dei Rappresentanti), a Yerevan il 18 settembre di quest’anno con la promessa di aiutare l’Armenia nella sua lotta con Baku qualora lo necessiti, si inserisce proprio in questa strategia: se la Russia (e il CSTO) non sono in grado di aiutare un loro partner e alleato (come effettivamente sta accadendo, in primis per veti incrociati all’interno del CSTO e per la necessità di Mosca di non aprire un altro fronte bollente), ci pensa Washington con ovvio guadagno di influenza e possibilità di “mettere bocca” in un’area storicamente vicina a Mosca.

In conclusione, dunque, è possibile affermare che lo scontro titanico fra unipolarismo e multipolarismo è entrato nel vivo e promette di non terminare almeno nel breve – medio periodo.

Come le parole di Putin pronunciate il 21 settembre 2022 fanno capire benissimo:

“[…] Tratteremo dei passi necessari e urgenti per proteggere la sovranità, la sicurezza e l’integrità territoriale della Russia, del sostegno all’aspirazione e alla volontà dei nostri compatrioti di determinare il proprio futuro e della politica aggressiva di alcune élite occidentali, che cercano in tutti i modi di mantenere la loro supremazia, e per questo cercano di bloccare e soffocare qualsiasi centro di sviluppo sovrano e indipendente per continuare a imporre in modo grossolano la loro volontà su altri Paesi e popoli, per imporre i loro pseudo-valori. L’obiettivo di questo Occidente è indebolire, dividere e infine distruggere il nostro Paese. Ormai dichiarano esplicitamente di essere riusciti nel 1991 a dividere l’Unione Sovietica e ora è giunta l’ora della Russia stessa che deve disintegrarsi in una moltitudine di regioni e aree in fatale conflitto tra loro. Da tempo covavano questi piani. Hanno incoraggiato bande di terroristi internazionali nel Caucaso, hanno spinto infrastrutture offensive della NATO vicino ai nostri confini. Hanno fatto della russofobia generale la loro arma, tra l’altro hanno consapevolmente coltivato per decenni l’odio verso la Russia, soprattutto in Ucraina […].

Nella sua aggressiva politica antirussa, l’Occidente ha superato ogni limite. Sentiamo costantemente minacce contro il nostro Paese e il nostro popolo. Alcuni politici irresponsabili in Occidente non si limitano a parlare di piani per organizzare forniture di armi offensive a lungo raggio all’Ucraina – sistemi che consentirebbero di effettuare attacchi in Crimea e in altre regioni della Russia. Tali attacchi terroristici, compresi quelli che utilizzano armi occidentali, si stanno già verificando negli insediamenti di confine nelle regioni di Belgorod e Kursk. La NATO svolge attività di ricognizione in tempo reale in tutta la Russia meridionale utilizzando sistemi moderni, aerei, navi, satelliti e droni strategici. Washington, Londra e Bruxelles spingono esplicitamente Kiev a trasferire l’azione militare sul nostro territorio. Senza più nascondersi, sostengono che la Russia deve essere sconfitta con ogni mezzo sul campo di battaglia, con successiva privazione della sovranità politica, economica, culturale e di qualsiasi altro tipo e saccheggio completo del nostro Paese. È stato messo in atto anche il ricatto nucleare. Non stiamo parlando solo del bombardamento, incoraggiato dall’Occidente, della centrale nucleare di Zaporozhye, che minaccia la catastrofe nucleare, ma anche delle dichiarazioni di alcuni alti rappresentanti dei principali Stati della NATO sulla possibilità e l’ammissibilità di usare contro la Russia armi di distruzione di massa – armi nucleari. A chi fa queste affermazioni nei confronti della Russia vorrei ricordare che anche il nostro Paese possiede diversi mezzi di distruzione, alcuni dei quali sono più avanzati di quelli dei Paesi della NATO. Se l’integrità territoriale del nostro Paese è minacciata, ovviamente useremo tutti i mezzi a nostra disposizione per difendere la Russia e il nostro popolo. Questo non è un bluff. I cittadini russi possono essere certi che l’integrità territoriale della nostra Patria, la nostra indipendenza e la nostra libertà saranno garantite – permettetemi di sottolinearlo ancora una volta – con tutti i mezzi a nostra disposizione. E coloro che stanno cercando di ricattarci con le armi nucleari dovrebbero sapere che la rosa dei venti può girare anche nella loro direzione. È la nostra tradizione storica, è il destino del nostro popolo quello di fermare coloro che mirano al dominio del mondo, che minacciano di smembrare e ridurre in schiavitù la nostra Patria, il nostro Paese. Lo faremo anche adesso -così sarà. […].” (2)

 

Di Alessandro Fanetti per ComeDonChisciotte.org

Alessandro Fanetti, studioso di geopolitica e relazioni internazionali, autore del libro Russia: alla ricerca della potenza perduta (Edizioni Eiffel, 2021).

23.09.2022

NOTE

(1) = https://www.agi.it/cronaca/news/2020-12-04/papa-francesco-terza-guerra-mondiale-10540085/.

(2) = http://www.cese-m.eu/cesem/2022/09/discorso-del-presidente-vladimir-putin-alla-nazione/.

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