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La Redazione

 

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La difficile scelta di Surovikin

La Russia abbandona Kherson
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A cura di Markus
Il 14 Novembre 2022
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Big Serge
bigserge.substack.com

Nel gennaio 1944, la Sesta Armata tedesca, appena ricostituita, si era trovata in una situazione operativa catastrofica nell’ansa meridionale del fiume Dnieper, nella zona di Krivoi Rog e Nikopol. I Tedeschi occupavano un pericoloso saliente, che sporgeva precariamente nelle linee dell’Armata Rossa. Vulnerabili su due fianchi e di fronte ad un nemico superiore per uomini e potenza di fuoco, qualsiasi generale degno di questo nome avrebbe cercato di ritirarsi il prima possibile. In questo caso, però, Hitler aveva insistito affinché la Wehrmacht mantenesse il saliente, perché la regione era l’ultima fonte rimasta alla Germania per il manganese, un minerale fondamentale per la produzione di acciaio di alta qualità.

Un anno prima, all’inizio del 1943, Hitler era intervenuto in un’altra battaglia più famosa, vietando alla precedente incarnazione della Sesta Armata di uscire da una sacca formatasi a Stalingrado. Costretta a non potersi ritirare, la Sesta Armata era stata completamente annientata.

In entrambi i casi, c’era stato uno scontro tra la pura prudenza militare e obiettivi e necessità politiche più ampie. Nel 1943, non c’era nessuna ragione militare o politica valida per mantenere la Sesta Armata nella sacca di Stalingrado: l’intervento politico nel processo decisionale militare era stato insensato e disastroso. Nel 1944, invece, Hitler (per quanto sia difficile ammetterlo) aveva un argomento valido. Senza il manganese proveniente dall’area di Nikopol, la produzione bellica tedesca era condannata. In questo caso, l’intervento politico era forse giustificato. Lasciare un esercito in un saliente vulnerabile è un male, ma lo è anche rimanere senza manganese.

Questi due tragici destini della Sesta Armata illustrano la questione saliente di oggi: come si analizza la differenza tra decisioni militari e politiche? In particolare, a cosa attribuiamo la scioccante decisione russa di ritirarsi dalla riva occidentale del Dnieper, nell’oblast’ di Kherson, dopo averlo annesso solo pochi mesi fa?

Vorrei analizzare la questione. Innanzitutto, non si può negare che il ritiro sia politicamente un grossa umiliazione per la Russia. La domanda che ci si pone è se questo sacrificio fosse necessario per motivi militari o politici e cosa possa significare per il futuro corso del conflitto.
A mio avviso, il ritiro dalla riva occidentale di Kherson dovrebbe essere motivato da una delle quattro possibilità seguenti:

1. L’esercito ucraino ha sconfitto l’esercito russo sulla riva occidentale e lo ha respinto oltre il fiume.

2. La Russia sta tendendo una trappola a Kherson.

3. È stato negoziato un accordo di pace segreto (o almeno un cessate il fuoco) che prevede la restituzione di Kherson all’Ucraina.

4. La Russia ha fatto una scelta operativa politicamente imbarazzante ma militarmente prudente.

Esaminiamo questi quattro punti uno dopo l’altro.

Possibilità 1: una sconfitta militare

La riconquista di Kherson viene giustamente celebrata dagli Ucraini come una vittoria. La domanda è: di che tipo di vittoria si tratta? Politica/di facciata o militare? È banalmente ovvio che si tratta del primo tipo. Esaminiamo alcuni fatti.

Innanzitutto, già la mattina del 9 novembre – poche ore prima dell’annuncio del ritiro – alcuni corrispondenti di guerra russi avevano espresso dubbi sulle voci di ritiro perché le linee difensive avanzate della Russia erano assolutamente intatte. Non c’era alcuna parvenza di crisi tra le forze russe nella regione.

In secondo luogo, nella regione l’Ucraina non aveva in corso alcuno sforzo offensivo intenso al momento dell’inizio del ritiro e i funzionari ucraini avevano espresso scetticismo sul fatto che il ritiro fosse reale. In effetti, l’idea che la Russia stesse tendendo una trappola era nata dai funzionari ucraini che, apparentemente, erano stati colti di sorpresa dal ritiro. L’Ucraina non era stata pronta ad inseguire o a sfruttare il vantaggio ed era avanzata con cautela nel settore del fronte abbandonato dai soldati russi. Anche con il ritiro della Russia, i soldati ucraini erano chiaramente cauti nell’avanzare, perché gli ultimi tentativi di superare le difese dell’area si erano trasformati in vere e proprie stragi.

Nel complesso, il ritiro della Russia è stato attuato molto rapidamente con pressioni minime da parte degli Ucraini – proprio questo fatto è alla base della teoria che si tratti o di una trappola o del risultato di un accordo dietro le quinte. In entrambi i casi, la Russia si è semplicemente ritirata al di là fiume senza essere inseguita dagli Ucraini, subendo perdite trascurabili e portando via praticamente tutto il proprio equipaggiamento (finora, un T90 guasto è l’unica cattura ucraina degna di nota). Il risultato netto sul fronte di Kherson rimane un forte squilibrio nelle perdite a favore della Russia, che, ancora una volta, si ritira senza subire una sconfitta sul campo di battaglia e con le proprie forze intatte.

Possibilità 2: è una trappola

Questa teoria era emersa subito dopo l’annuncio del ritiro. Aveva avuto origine dai funzionari ucraini che erano stati colti di sorpresa dall’annuncio, ed è stata poi ripresa (ironicamente) dai sostenitori russi che speravano che la Russia giocasse a scacchi 4D – non è così. La Russia sta giocando a scacchi 2D standard, che è l’unico tipo di scacchi esistente, ma di questo parleremo più avanti.

Non è chiaro cosa si intenda esattamente per “trappola,” ma cercherò di colmare le lacune. Ci sono due possibili interpretazioni: 1) una manovra convenzionale sul campo di battaglia che comporta un contrattacco tempestivo e 2) una sorta di mossa non convenzionale, come un’arma nucleare tattica o la distruzione di una diga con relativa inondazione.

È chiaro invece che non c’è alcun contrattacco sul campo di battaglia, per il semplice motivo che la Russia, dopo la ritirata, ha fatto saltare i ponti. Senza forze russe sulla sponda occidentale e con i ponti distrutti, non c’è alcuna capacità immediata per entrambi gli eserciti di attaccarsi a vicenda in forze. Certo, possono bombardarsi l’un l’altro attraverso il fiume, ma la linea di contatto effettiva è, per il momento, congelata.

Rimane la possibilità che la Russia intenda fare qualcosa di non convenzionale, come usare una testata nucleare a basso rendimento.

L’idea che la Russia abbia attirato l’Ucraina a Kherson per far esplodere una bomba atomica è… stupida.

Se la Russia volesse usare un’arma nucleare contro l’Ucraina (e non è così, per le ragioni che ho esposto in un precedente articolo) non c’è alcuna ragione sensata per cui sceglierebbe come bersaglio una capitale regionale appena annessa. Alla Russia non mancano i sistemi di lancio. Se volessero bombardare l’Ucraina, è ovvio che non si prenderebbero la briga di abbandonare una propria città per farne il luogo dell’esplosione. Bombarderebbe semplicemente l’Ucraina. Non è una trappola.

Possibilità 3: un accordo segreto

La notizia che il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, è stato in contatto con la sua controparte russa e, in particolare, la sensazione che la Casa Bianca abbia fatto pressioni per i negoziati, ha scatenato il dibattito. Secondo una variante del “Sullivan Deal,” l’Ucraina riconoscerebbe le annessioni russe ad est del Dnieper, mentre la riva occidentale di Kherson tornerebbe sotto il controllo di Kiev.

Lo ritengo improbabile per una serie di ragioni. Innanzitutto, un accordo di questo tipo rappresenterebbe una vittoria russa molto di Pirro: pur ottenendo la liberazione del Donbass (uno degli obiettivi espliciti dell’operazione militare), lascerebbe l’Ucraina in gran parte intatta e abbastanza forte tale da essere una spina nel fianco perenne, come Stato ostile anti-russo. Ci sarebbe il problema di una probabile ulteriore integrazione dell’Ucraina nella NATO e, soprattutto, l’aperta cessione di una capitale regionale appena annessa.

Da parte ucraina, il problema è che il recupero di Kherson non fa altro che rafforzare a Kiev la (falsa) percezione che sia possibile una vittoria totale e che la Crimea e il Donbass possano essere recuperati interamente. L’Ucraina sta godendo di una serie di avanzate territoriali e sente che deve sfruttare la sua finestra di opportunità.

In definitiva, non sembra esserci un accordo che soddisfi entrambe le parti e questo ribadisce il fatto che l’ostilità innata tra le due nazioni deve essere risolta sul campo di battaglia. Solo Ares può giudicare questa disputa.

Per quanto riguarda Ares, ha lavorato duramente a Pavlovka.

Mentre il mondo era concentrato sul passaggio di mano relativamente incruento a Kherson, la Russia e l’Ucraina hanno combattuto una battaglia sanguinosa per Pavlovka e la Russia ha vinto. L’Ucraina ha anche tentato di rompere le difese russe nell’asse di Svatove, ma è stata respinta con pesanti perdite. In definitiva, la ragione principale per dubitare della notizia di un accordo segreto è il fatto che la guerra continua su tutti gli altri fronti – e l’Ucraina sta perdendo. Ciò lascia solo un’opzione.

Possibilità 4: una difficile scelta operativa

A questo ritiro si era alluso già poco dopo che il generale Surovikin era stato messo a capo dell’operazione in Ucraina. Nella sua prima conferenza stampa, si era detto insoddisfatto per la situazione del fronte a Kherson, e aveva definito la situazione “tesa e difficile,” alludendo alla minaccia che l’Ucraina facesse saltare le dighe sul Dnieper e inondasse la zona. Poco dopo era iniziato il processo di evacuazione dei civili da Kherson.

Ecco, secondo me, il motivo della decisione di Surovikin riguardo a Kherson.

Kherson stava diventando un fronte inefficiente per la Russia a causa dello sforzo logistico di dover rifornire le truppe attraverso il fiume con una capacità limitata di ponti e strade. La Russia ha dimostrato di essere in grado di sostenere questo onere (mantenendo le truppe rifornite per tutta l’offensiva estiva dell’Ucraina), ma la questione diventa 1) a quale scopo? e 2) per quanto tempo?

Idealmente, la testa di ponte avrebbe dovuto diventare il punto di lancio per un’offensiva contro Nikolayev, ma il lancio di un’offensiva avrebbe richiesto il rafforzamento del raggruppamento di forze a Kherson, con il conseguente aumento dell’onere logistico della proiezione delle forze attraverso il fiume. Con un fronte molto lungo da gestire, Kherson è chiaramente uno degli assi più impegnativi dal punto di vista logistico. Ritengo che Surovikin abbia preso il comando e abbia deciso quasi subito di non voler aumentare l’onere del sostegno cercando di spingere su Nikolayev.

Pertanto, se non si vuole lanciare un’offensiva dalla posizione di Kherson, la domanda diventa: perché mantenere la posizione? Dal punto di vista politico è importante difendere una capitale regionale, ma, dal quello militare, la posizione diventa priva di significato se non si intende passare all’offensiva a sud.
Siamo ancora più espliciti: a meno che non fosse stata prevista un’offensiva verso Nikolayev, la testa di ponte di Kherson era militarmente controproducente.

Mantenendo la testa di ponte a Kherson, il fiume Dnieper sarebbe rimasto un moltiplicatore negativo di forze, aumentando il carico logistico e di sostegno e con la perenne minaccia che le forze russe potessero rimanere isolate, nel caso l’Ucraina fosse riuscita a distruggere i ponti o a far saltare la diga a monte. Proiettare le forze attraverso il fiume sarebbe diventato un fardello pesante senza alcun beneficio evidente. Ma, ritirandosi sulla sponda orientale, il fiume è diventato un moltiplicatore di forze positivo, fungendo da barriera difensiva.

In senso operativo più ampio, Surovikin sembra rifiutare la battaglia a sud mentre si prepara a nord e nel Donbass. È chiaro che aveva preso questa decisione poco dopo aver assunto il comando dell’operazione – l’aveva accennato settimane fa e la velocità e il modo in cui è stato eseguito il ritiro suggeriscono che era stato ben pianificato, con molto anticipo. Il ritiro attraverso il fiume aumenta notevolmente l’efficacia di combattimento dell’esercito e diminuisce il carico logistico, liberando risorse per altri settori.

Ciò si inserisce nel più ampio modello russo, in grado di fare scelte difficili sull’allocazione delle risorse, combattendo questa guerra nel semplice quadro dell’ottimizzazione delle perdite e della costruzione di un perfetto tritacarne. A differenza dell’esercito tedesco della Seconda Guerra Mondiale, quello sembra essere libero da interferenze politiche e perfettamente in grado di prendere decisioni militari razionali.

In questo senso, il ritiro da Kherson può essere visto come una sorta di anti-Stalingrado. Invece dell’interferenza politica che ostacola l’esercito, abbiamo i militari liberi di fare le scelte operative che ritengono più opportune, anche a costo di mettere in imbarazzo le figure politiche. E questo, in definitiva, è il modo più intelligente – anche se apparentemente umiliante – di combattere una guerra.

Big Serge

Fonte: bigserge.substack.com
Link: https://bigserge.substack.com/p/surovkins-difficult-choice?utm_source=profile&utm_medium=reader2
12.11.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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