La corsa per rompere l’alleanza russo-cinese e il problema di Taiwan, l’Ucraina dell’Asia Pacifica

C'è ancora una finestra di opportunità per l'Occidente per svegliarsi e riconoscere il totale fallimento del modello unipolare di governance imperiale, prima di arrivare al punto di non ritorno

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Matthew Ehret
strategic-culture.org

È diventato un luogo comune dei media occidentali e delle armate dei think tank geopolitici dipingere l’odierna alleanza Russia-Cina come una questione di “convenienza momentanea” o come una partnership tra due regimi autoritari in competizione tra loro e con aspirazioni imperiali globali.

Tuttavia, se si osservano semplicemente i fatti così come sono, senza il filtro degli “esperti” che ci dicono come interpretare la realtà, diventa estremamente chiaro che le ciniche valutazioni geopolitiche degli opinionisti altro non sono che analisi della vita attraverso lenti che vedono solo cadaveri. Non è che questi analisti non siano necessariamente interessati alla verità (anche se molti non lo sono), ma, a causa degli assiomi fondamentali su cui si basano, le loro menti limitate non riescono a contemplare un sistema organizzato da parametri non hobbesiani, né in passato, né nel presente, né nel futuro. È per questo motivo che tali opinionisti non riescono a comprendere la natura dell’alleanza tra Russia e Cina, né riescono a vedere o a capire i chiari parallelismi nei tentativi di guerra asimmetrica per distruggere una delle due potenze eurasiatiche.

A causa di questa cecità intellettuale, anche tra molti validi esperti all’interno della comunità dei media alternativi, coglierò l’occasione per valutare brevemente alcuni degli elementi chiave delle operazioni messe in campo per distruggere sia la Russia che la Cina. Inizieremo esaminando le tattiche che utilizzano le rivoluzioni colorate, passando poi a “Gladio stay behind,” all’accerchiamento militare, alla guerra biologica e, infine, all’uso delle “quinte colonne.”

Le rivoluzioni colorate

Negli ultimi decenni, sia la Russia che la Cina hanno dovuto fare i conti con gli ossessivi tentativi di smembramento e destabilizzazione dei loro governi tramite organizzazioni “promotrici della democrazia/lotta alla corruzione” legate all’intelligence occidentale che, fortunatamente, non sono riuscite a balcanizzarle, come nel tragico caso della Jugoslavia.

Il defunto guru della geopolitica Zbigniew Brzezinski aveva descritto in modo appassionato la sua visione di una Russia frantumata nel suo La Grande Scacchiera del 1997, affermando che: “Una Russia vagamente confederata – composta da una Russia europea, una Repubblica siberiana e una Repubblica dell’Estremo Oriente – troverebbe più facile coltivare rapporti economici più stretti con l’Europa, con i nuovi Stati dell’Asia centrale e con l’Asia orientale, accelerando così lo sviluppo della Russia stessa.”

Nel corso degli anni, in Cina sono sorti movimenti finanziati dall’Occidente che chiedono apertamente la disgregazione della Cina in non meno di cinque microstati etno-nazionalisti, denominati “Turkestan orientale, Stato libero del Tibet, Canton e Manciuria.”

L’agente multimiliardario dello Stato profondo Guo Wengui (alias Miles Guo), ora operante a New York, si è spinto fino a fondare, per la Cina post-CCP, un’organizzazione insurrezionale internazionale denominata “Nuovo Stato Federale Cinese,” con tanto di bandiera, costituzione e uno smielato inno nazionale, che, senza dubbio, si realizzerà da un giorno all’altro, secondo la fervida immaginazione di Guo.

I leader di Russia e Cina hanno chiaramente identificato le tattiche della “rivoluzione colorata” come una forma attiva di guerra asimmetrica e questo ha portato entrambi i Paesi a bandire numerosissime ONG finanziate dall’Occidente (o, se ne è consentita l’esistenza all’interno dei loro territori, vengono costrette a registrarsi come “agenti stranieri”). Anche se il re dei finanziatori delle rivoluzioni colorate, George Soros, era stato bandito dalla Cina nel 1989, la Russia ha impiegato più tempo per acquisire il potere e la fiducia necessari a vietare le operazioni del sicario economico della Open Society, cosa che è finalmente avvenuta nel 2015.

Operazioni Gladio del tipo “stay-behind” ai loro confini

Il paniere degli strumenti della guerra asimmetrica non si limita alle rivoluzioni colorate, ma si affida a reti di provocatori ed estremisti che spesso provengono dalle fila di virulenti criminali di guerra rimasti impuniti dopo la Seconda Guerra Mondiale.

I fascisti di seconda e terza generazione che, sotto la guida della NATO, erano stati arruolati nei servizi segreti occidentali dopo la Seconda Guerra Mondiale costituiscono uno dei segreti più scomodi e pericolosi dell’era moderna.

Gruppi ideologici armati, accuratamente preparati dall’intelligence anglo-americana fin dalla Seconda Guerra Mondiale, la stessa intelligence che che ha continuato a glorificare i collaboratori nazisti come “grandi eroi, “hanno svolto un ruolo importante durante la Guerra Fredda e anche nell’epoca odierna, con le squadre di Banderiti e i battaglioni neonazisti spinti ossessivamente a portare avanti la jihad contro la Russia, proprio come avevano fatto i loro antenati spirituali durante la Seconda Guerra Mondiale.

Questo problema non è limitato all’Europa dell’Est, ma è presente anche nel cortile di casa della Cina, dove la colonia militare americana del Giappone continua con la tradizione di trattare da eroi i criminali di guerra fascisti della Seconda Guerra Mondiale (con grande dispiacere della Cina).

Uno dei maggiori partiti, che occupa il 30% dei seggi parlamentari giapponesi (e che è guidato dall’ex premier Shinzo Abe), è il Nippon Kaigi, che sostiene apertamente che “il Giappone dovrebbe essere applaudito per aver liberato gran parte dell’Asia orientale” durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nonostante le numerose iniziative antifasciste del Giappone, che cerca di mantenere una coesistenza pacifica con i vicini eurasiatici, il Nippon Kaigi arriva a negare le atrocità commesse dal Giappone nei confronti dei Cinesi durante la Seconda Guerra Mondiale, cercando di sostenere la tesi che il Giappone, collaborando con Hitler, fosse dalla parte della giustizia. Si tenga presente che questa è anche la stessa colonia (che ora ospita oltre 50.000 truppe statunitensi) che ha visto l’ex premier Shinzo Abe invocare pubblicamente l’acquisizione di armi nucleari statunitensi per difendersi dalla Cina, una settimana dopo che Zelensky aveva fatto lo stesso appello a nome dell’Ucraina a Monaco, il 19 febbraio.

Dominio su tutto la spettro: Atlantico, Artico e Pacifico

Come la Russia, che, in poco più di vent’anni, ha visto la “full spectrum dominance” spandersi intorno al suo perimetro, anche la Cina ha osservato i tentativi in corso per creare una “NATO del Pacifico,” definita “il Quadrilatero,” proprio nel suo cortile.

Questa tossica idea è stata sostenuta per anni da think tank legati alla NATO, come il Consiglio Atlantico e il CFR, e deriva direttamente dalla strategia del “Perno sull’Asia” di Obama del 2012, responsabile di un’enorme diffusione di sistemi missilistici, sottomarini nucleari, esercitazioni provocatorie per garantire la “libertà di navigazione,” basi militari e tentativi per imporre nella regione del Pacifico governi controllati dagli Stati Uniti e ostili alla Cina.

L’installazione delle batterie missilistiche ABM previste da questo programma (e gli esperti concordano sul fatto che possono essere facilmente convertite da “difensive” a “offensive”) si riflette nel sistema anti-missilistico THAAD (Terminal High Altitude Area Defense) già attivo nella Corea del Sud, Paese che, attualmente, ospita oltre 28.000 militari statunitensi. Anche se, a parole, questo sistema servirebbe a fermare la “minaccia nordcoreana,” in realtà è sempre stato rivolto contro la Cina.

Descrivendo il National Defense Authorization Act del 2022 da 762 miliardi di dollari, che ha ricevuto un sostegno bipartisan quasi totale, l’analista Michael Klare ha osservato:

“La gigantesca legge sulla difesa del 2022 – approvata con un sostegno schiacciante da entrambi i partiti – fornisce un progetto dettagliato per circondare la Cina con una rete potenzialmente soffocante di basi, forze militari e Stati partner sempre più militarizzati. L’obiettivo è quello di consentire a Washington di barricare le forze armate della Cina all’interno del proprio territorio e, possibilmente, paralizzare la sua economia in ogni crisi futura. Per i leader cinesi, che sicuramente non possono tollerare di essere accerchiati in questo modo, è un invito aperto a… beh, non c’è motivo di non essere schietti… combattere per rompere l’accerchiamento.”

Taiwan: l’Ucraina del Pacifico

Ovviamente, nell’ambito di questo caos, Taiwan (un giocattolo anglo-americano dal 1949) si sta attualmente comportando come “l’Ucraina del Pacifico,” con molti agenti di primo piano che operano in tutto il governo e che chiedono apertamente agli Stati Uniti di difendere la loro provincia autonoma cinese dai “malvagi comunisti” della terraferma.

Lo stesso Biden ha promesso che, in qualsiasi momento, Taiwan potrà “contare sul sostegno dell’America,” se dovesse avvenire un’invasione. Nell’agosto 2021, queste parole di sostegno erano state affiancate da un accordo da 750 milioni di dollari per la fornitura di obici a Taiwan, l’8 febbraio 2022 da un accordo da 100 milioni di dollari per la fornitura e l’aggiornamento dei sistemi missilistici Patriot di Taiwan e, il 6 aprile 2022, da un altro accordo missilistico da 95 milioni di dollari. Dopo il secondo di questi tre accordi, il Ministero degli Esteri taiwanese aveva dato l’impressione di voler superare Zelensky dicendo che:

“Di fronte alla continua espansione militare e alle azioni provocatorie della Cina, il nostro Paese manterrà la sua sicurezza nazionale con una solida difesa e continuerà ad approfondire la stretta partnership di sicurezza tra Taiwan e gli Stati Uniti.”

Le preoccupazioni della Cina per l’intensificarsi dei tentativi statunitensi di trasformare Taiwan in un’Ucraina del Pacifico (compreso il raddoppio degli ufficiali militari nella sede dell’ambasciata statunitense nell’ultimo anno) sono assai reali.

La guerra biologica nel XXI secolo

C’è poi la grave questione dei laboratori del Pentagono per le armi biologiche, probabilmente destinate a bersagli etnici ben precisi, come era stato delineato nel manifesto del PNAC del settembre 2000 “Rebuilding Americas Defenses.” In quell’agghiacciante manifesto neocon, gli autori avevano affermato che “nel XXI secolo il combattimento avrà probabilmente luogo in nuove dimensioni: nello spazio, nel cyber-spazio e forse nel mondo dei microbi… forme avanzate di guerra biologica in grado di “colpire” genotipi specifici potrebbero far uscire la guerra biologica dal regno del terrore e trasformarla in uno strumento politicamente utile.”

Oggi, oltre 320 laboratori biologici gestiti dal Pentagono sono sparsi strategicamente in tutto il mondo, con programmi molto attivi intitolati “Jupitr” e “Centaur” in Corea del Sud. Quest’ultimo programma sta causando gravi preoccupazioni sia ai Cinesi che a molti Coreani da quando Obama lo aveva inaugurato nel 2010, con un ordine esecutivo in cui si affermava che “un’impresa scientifica robusta e produttiva che utilizza agenti biologici selezionati e tossine è essenziale per la sicurezza nazionale.

Questa è la stessa squadra che ci aveva regalato la partnership Obama-Lugar, che aveva creato una vasta infrastruttura di bio-laboratori in Georgia, all’epoca in cui Obama era ancora solo un senatore con ambizioni presidenziali controllato da Soros.

All’interno dei biolaboratori gestiti dagli Stati Uniti sono stati portati avanti lavori su alcune delle tossine più letali al mondo, compresi botulino, ricina, stafilococco, antrace, peste e altro ancora. Nel 2015, l’esercito americano era stato scoperto a spedire illegalmente campioni vitali di antrace via FedEx al laboratorio statunitense presso la base aerea di Orano, 70 km a sud di Seul, cosa che aveva provocato proteste civili in tutto il Paese asiatico, ma senza causare nessun cambiamento nella politica americana

Il sordido passato del Giappone viene nuovamente tirato in ballo, come si vede in un recente articolo di Finian Cunningham sulle origini delle armi biologiche degli Stati Uniti uscito su Strategic Culture Foundation, che si concentra sull’acquisizione da parte del complesso militare industriale della genocida “Unità 731,” sotto il comando di Shiro Ishii. Cunningham ha scritto:

“Si stima che, durante la guerra, l’Unità 731 di Ishii abbia provocato circa 500.000 morti diffondendo tramite aerei agenti patogeni sulle città cinesi delle province di Hunan e Zhejiang. L’unità aveva anche condotto diabolici esperimenti su prigionieri di guerra cinesi e russi per studiare l’epidemiologia delle malattie e dei vaccini. I detenuti venivano infettati con agenti patogeni che portavano all’agonia e a morti orribili… Dopo la guerra, Shiro Ishii e la sua rete criminale non erano mai stati processati, nonostante le accorate richieste dei Sovietici. Invece, gli Americani che occupavano il Giappone continentale avevano garantito a lui e al suo team di medici l’immunità processuale in cambio dell’accesso esclusivo ai suoi esperimenti di guerra biologica e chimica. Il Pentagono aveva incaricato i suoi esperti di Fort Detrick, nel Maryland, di studiare i dati sperimentali giapponesi.”

Questo elenco non sarebbe completo senza un’ultima considerazione…

Le quinte colonne in Russia e in Cina

I leader di entrambe le nazioni sono da anni alle prese con le quinte colonne del World Economic Forum, come Anatoly Chubais in Russia e il fiduciario del WEF, Jack Ma (e più di qualche altro tecnocrate e miliardario legato alla Cricca di Shanghai), sia all’interno che all’esterno della Cina. Emanuel Pastreich ha scritto che le influenze straniere esercitano ancora un’influenza rilevante all’interno della Cina attraverso Shanghai, il centro della finanza internazionale:

“Shanghai è piena di interessi finanziari globali, con la sede centrale (o certamente la filiale principale) di tutte le principali banche d’investimento e società multinazionali. Il loro impatto sull’economia cinese è ancora immenso.

Shanghai ha una storia ultracentenaria come centro del capitale globale, con un rapporto parassitario con il resto della nazione. Era stata Shanghai, dopo tutto, ad offrire l’extraterritorialità ai cittadini delle potenze imperiali fino agli anni ’40.”

Fortunatamente, dopo l’estromissione di Soros, molti dei peggiori elementi dello Stato Profondo cinese sono stati progressivamente estirpati, a partire dal 1989, poi dal 1997, fino alla più grande epurazione iniziata nel 2012 e che continua tuttora.

Tra i principali operatori a fare le spese della repressione della corruzione voluta da Xi figurano Ma Jian (ex vicedirettore dell’Ufficio per la sicurezza nazionale cinese), Zhang Yue (ex segretario per gli affari legali di Hebei), Bo Zilai (ex segretario del Partito comunista di Chonqing), Xu Caihou (vicepresidente della Commissione militare cinese) e il miliardario Pony Ma (solo per citarne alcuni).

C’è stato un evidente scontro tra queste forze traditrici e i veri patrioti di entrambe le nazioni impegnati nella sopravvivenza dei loro popoli, in opposizione alla dedizione quasi religiosa allo spopolamento, alla mediocrità culturale e alla schiavitù globale.

Oltre la semplice sopravvivenza

L’impegno di Russia e Cina per la sopravvivenza e la cooperazione va ben oltre le preoccupazioni utilitaristiche, come sottolineato dalla loro dichiarazione congiunta del 4 febbraio per la cooperazione in una nuova era, che chiedeva l’ulteriore integrazione dell’UEE (Unione economica eurasiatica) e della BRI (Belt and Road Initiative), l’armonizzazione dell’intelligence militare nell’ambito della crescente SCO (Shanghai Cooperation Organization) e una più ampia integrazione internazionale del sistema multipolare.

Tra i numerosi punti importanti della dichiarazione si legge che:

“Le parti stanno cercando di far progredire il  lavoro per collegare i piani di sviluppo dell’Unione Economica Eurasiatica [EAEU] con quelli dell’Iniziativa Belt and Road, con l’obiettivo di intensificare la cooperazione pratica tra l’EAEU e la Cina in vari settori e promuovere una maggiore interconnessione tra le regioni dell’Asia e del Pacifico e dell’Eurasia.”

Le parti riaffermano la loro attenzione alla costruzione del Grande Partenariato Eurasiatico in parallelo e in coordinamento con la costruzione della Belt and Road per favorire lo sviluppo delle associazioni regionali e dei processi di integrazione bilaterale e multilaterale a beneficio dei popoli del continente eurasiatico.”

C’è ancora una finestra di opportunità per l’Occidente per svegliarsi e riconoscere il totale fallimento del modello unipolare di governance imperiale, prima di arrivare al punto di non ritorno. Resta da vedere se esiste ancora l’idoneità morale per condurre questo esercizio di umiltà.

Matthew Ehret

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2022/05/12/the-race-break-russia-china-alliance-and-ukraine-of-asia-pacific/
12.05.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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