Ieri 23 gennaio, il giudice della Corte suprema Alexandre de Moraes, ha ordinato l’apertura di altre tre inchieste per indagare sulla partecipazione delle persone coinvolte nell’assalto ai palazzi del potere della capitale avvenuto l’8 gennaio scorso; la decisione è stata presa dalla procura generale della Repubblica.
Come avrete avuto modo di leggere in diversi articoli fino ad oggi, seguiamo da lontano, ma con particolare attenzione i fatti brasiliani. E proprio dai nostri contatti in terra carioca ci viene segnalata l’analisi dell’italiano Vincenzo Fedele, rilanciata dal giornalista Marco Tosatti su stilumcuriae.com.
Letta con distacco dalla dicotomia storica destra – sinistra, fa un certo effetto. Un effetto Grande Reset, che – purtroppo – stiamo attraversando anche noi.
Molto presto avremo altri contributi dal Brasile, intanto ecco un quadro della situazione attuale che riguarda anche altre nazioni sudamericane scosse da tumulti giornalieri.
Buona lettura.
Caos Brasile – Radio Uno e sussidi
Di Vincenzo Fedele, stilumcuriae.com
Capitol Hill ha fatto scuola. Parliamo, anche se con un po’ di ritardo e mentre da noi le notizie sono oscurate dall’arresto di Matteo Messina Denaro, dell’assalto al Palazzo presidenziale a Brasilia che, sta facendo il giro del mondo sotto le mentite spoglie del tentato colpo di stato.
In realtà dovremmo dire che ha fatto scuola Tafazzi. In questo podio virtuale degli “assalti” tafazziani possiamo inserire anche quello nostrano dello scorso anno (non ci facciamo mancare nulla), alla sede romana della CGIL che era così risuscitata dal letargo che molti avevano scambiato per rigor mortis.
Adesso, visto la piega che stanno prendendo gli avvenimenti, queste manifestazioni sono già state ridimensionate e lo saranno sempre di più, sperando che finiscano nel dimenticatoio. Abbiamo solo lasciato un po’ decantare le cose, sperando anche in un ravvedimento cronachistico, ma come per COVID ed Ucraina, i media nostrani si sono fatti portabandiera della narrazione main stream. Anche il corrispondente RAI dal Brasile, Cassieri, qualche medaglia vuole conquistarla sul campo, anche se non usa l’elmetto d’ordinanza in dotazione ai colleghi che soggiornano in Ucraina.
Iniziando dalla narrazione del tentato colpo di stato, occorre notare che in tutti i colpi di stato, anche quelli che poi falliscono, i golpisti si premurano di presidiare con le armi, meglio se pesanti, i media (TV, Giornali, ecc.) i centri del potere, infrastrutture, strade, piazze, ecc. A Brasilia tutti e tre i palazzi di Piazza dei tre poteri erano vuoti. Da giorni c’erano chiamate a raccolta dei contrari a Lula, ma delle migliaia di manifestanti accorsi, solo poche centinaia sono realmente entrate nel palazzo presidenziale, pure vuoto, provocando danni enormi anche ad opere d’arte, ma senza raggiungere alcun risultato, neanche simbolico o ideale, anzi subendo un prevedibile boomerang.
Contro lo stesso palazzo presidenziale c’erano state manifestazioni organizzate dal partito di Lula, il PT, in due diverse occasioni, nel 2017 e nel 2019,con analoghe violenze documentate da video che nessuno, però, tira fuori dagli archivi, ma nessuno aveva gridato al golpe e le manifestazioni erano state osannate come “proteste democratiche”.
In relazione a questo “assalto”, occorre specificare che:
Non è la causa della crisi, ma l’effetto. Lula ha vinto con meno dello 0,5 % di vantaggio, circa 2 milioni di voti su oltre 300 milioni di elettori, ed il quasi 50 % di elettori che non lo ha votato lo ha proprio in odio, anche perchè lo conoscono bene, avendo già governato dal 2003 al 2016, dopo di che è stato arrestato ed è finito in galera per corruzione per 18 mesi, da cui è uscito perchè la Corte suprema ha annullato la sentenza di condanna, e l’ha annullata in modo contestabile, e contestata, per la decisione di un solo giudice nominato dallo stesso partito di Lula.
L’esercito viene accusato di sostenere i bolsonaristi, come vengono definiti, come epiteto dispreggiativo, gli oppositori di Lula. Ma chi sono i bolsonaristi ? In realtà è la classe media. Quella che viene identificata come “destra” è la classe media: il panettiere, l’avvocato, il commercialista, l’autista di autobus, ecc. che non concordano con il Partito dei Lavoratori di Lula che hanno sperimentato dal 2003 al 2016 ed hanno paura che in 6 mesi il Brasile diventi come l’Argentina e, nel giro di uno – due anni, come il Venezuela.
Le manifestazioni contro Lula vanno avanti da ottobre dello scorso anno e sono oceaniche, visto che interessano tutto il Brasile e si svolgono davanti a tutte le caserme del Paese per chiedere l’intervento dei militari.
Tutta la classe media brasiliana comprende i motivi delle proteste, anche se magari non condivide l’estremismo violento che, in realtà, gioca a favore della repressione e consente alla stampa nostrana di evocare Capitol Hill giocando sul parallelo Bolsonaro-Trump e Lula-Biden. Gli arrestati sono migliaia, ma i manifestanti sono milioni e non possono arrestarli tutti, non sarebbero neanche sufficienti le prigioni esistenti. Per quanto riguarda le forze armate le immagini sono eloquenti, mostrano che la polizia militare non ha fatto nulla ed addirittura ha solidarizzato con i manifestanti, scattando sefie e bevendo bibite. Lula non ha l’appoggio e neanche il controllo delle forze armate. I comandanti, nominati da Bolsonaro, dovevano essere sostituiti da Lula, ma si sono dimessi prima, per non dover fare il saluto militare a Lula. Anche la truppa è contro Lula. Anche se non sono conniventi, lasciano fare. Ufficialmente è un attentato alla democrazia, visto che Lula ha vinto le elezioni, ma in realtà il popolo appoggia la contestazione, ma non l‘estremismo violento.
I Dem americani dicono che Bolsonaro, che è in Florida dove ha preso una casa in affitto per Natale e Capodanno e adesso è ricoverato in ospedale, debba essere estradato in Brasile.
In realtà occorre chiarire perchè è in america, e potrebbe anche venire in Italia, visto che ha diritto al passaporto italiano, e perchè si è arrivati a questo punto.
I giudici della Suprema Corte, nominati negli anni scorsi dal partito di Lula, stanno agendo da mesi in aperta violazione della Costituzione per favorire Lula. Questi giudici stanno compiendo arresti indiscriminati fra chi manifesta contro, ma anche fra gli stessi deputati, che pure godono dell’immunità parlamentare. Censurano anche la stampa, pure se si limita a ricordare le condanne subite da Lula negli anni scorsi. Questo ha esasperato gli animi ed ha fatto alzare le difese di molti politici, fra cui anche lo stesso Bolsonaro, che temono arresti per motivi politici, anche senza aver violato alcuna norma penale. Bolsonaro, quindi, è negli USA anche per evitare questo arresto. E’ già successo. Un giornalista, Alan Dos Santos, che ha un blog ed un canale Youtube, è stato censurato dai giudici, da De Moraes della Corte Suprema, ed i suoi beni sono stati confiscati soltanto per aver criticato l’azione della stessa Corte Suprema. Si è rifugiato negli USA e De Moraes, un solo giudice non la Corte come plenum, ne ha chiesto l’estradizione. Gli americani non gli hanno neanche risposto perchè negli USA, come in tutti i paesi civili, la libertà di espressione è protetta e non esiste il crimine di opinione. De Moraes, non contento, ha cercato di congelare gli asset dell’ambasciata americana in Brasile e gli hanno dovuto spiegare che non si poteva fare per problemi di immunità diplomatica. Allora ha cancellato il passaporto di questo giornalista. Il problema, quindi, non è Bolsonaro, ma è un problema di compulsione democratica. Di questi problemi, purtroppo, non se ne parla.”
Ho evidenziato questi passaggi perché non sono parole mie. Sono tratte dall’intervento di Carlo Cauti, professore all’Università di San Paolo in Brasile, corrispondente dal Brasile per Limes ed anche presidente dei corrispondenti esteri in Brasile, quindi non è proprio l’ultimo arrivato, al programma radiofonico “Menabò in onda Lunedì 9 Gennaio dalle 15,30. L’intervento si può ascoltare (Ascolta qui). dal minuto 29 al minuto 41 della trasmissione. In apertura del programma era intervenuto Paolo Manzo corrispondente della news letter “latin americ insider” che chiarisce, compiaciuto, che gli arrestati sono già 1.500 e continua con il parallelo con Capitol Hill e la connivenza con i militari, facendo da sponda ai conduttori sulla lettura del colpo di Stato fortunatamente sventato. I conduttori, dopo qualche disco, si collegano con Carlo Cauti, per continuare l’approfondimento sul “colpo di Stato”, ma, forse presi in contropiede, invece di approfondire gli aspetti che Carlo Cauti documenta, tagliano corto perché è finito il tempo. Quando si dice l’urgenza !
Prima dei commenti, ancora qualche altro chiarimento sulla reale situazione brasiliana:
Pur dimenticando i brogli evidenti (ad esempio in molte sezioni Lula ha ottenuto il 100 % – cento per cento – dei voti) se anche Lula avesse vinto regolarmente, la maggioranza dei seggi nel Parlamento è nelle mani del partito di Bolsonaro, quindi il “potere” sarebbe almeno da condividere. Inoltre manca, tuttora, la relazione della Commissione di vigilanza sui risultati. Nonostante questo, Alexander De Moraes, sempre lui, il ministro del Tribunale supremo del Brasile, forse la persona più potente della nazione, ha certificato la regolarità del voto e la vittoria di Lula.
La teoria del colpo di Stato ha fatto il giro del mondo, com’era da attendersi, e qualche centinaio di facinorosi ha fatto da supporto alla fantasiosa teoria, pur se l’esercito è rimasto nelle caserme ed i media non sono stati toccati. Intanto anche la macchina di Facebook si è messa in moto e Zuckerberg ha spiegato che sarà “rimosso il contenuto di chi sostiene o elogia” coloro che hanno manifestato contro i vari edifici governativi” anche se c’erano diverse famiglie con figli e carrozzine al seguito. Già prima delle elezioni, visto che le proteste sono iniziate da mesi, avevano individuato il Brasile come “luogo temporaneo ad alto rischio” ed avevano rimosso i contenuti che invitavano le persone a protestare.
La macchina delle fake è, quindi, bene oliata e procede al meglio. Da noi l’oscuramento delle vere notizie è adesso favorito dalla cattura di Matteo Messina Denaro, che occupa giustamente molti spazi,ma era iniziato già da prima, accennavamo sopra ai fuorvianti resoconti di Cassieri da Brasilia.
In realtà gli avvenimenti brasiliani non si fermano, anche se non vengono narrati, anzi si estendono sempre più e travalicano anche i confini verdeoro.
In Perù manifestazioni popolari hanno visto l’esercito sparare sulla folla, anche in risposta esagerata a provocazioni di gruppi armati, e ci sono stati molti morti. In realtà tutto il sud-america è una polveriera. In Perù si sta replicando quanto già avvenuto in Bolivia e, in precedenza, anche in Cile. Un cartello di movimenti sociali di tutta l’America Latina e dei Caraibi, il famigerato “Foro di San Pablo” sta operando per destabilizzare tutta l’area fin da quando, nel 1990, il PT brasiliano, Partito do Trabalhadores, il partito di Lula, si è coordinato con i movimenti confratelli per reagire ai nuovi scenari susseguenti alla caduta del muro di Berlino. In Cile le manifestazioni coinvolsero gruppi di manifestantiprovenienti da Cuba, Venezuela e Argentina, ma la strategia prevede anche la manipolazione di elezioni e la ricerca di incidenti dopo la scoperta eventuale di brogli, come sta avvenendo in Brasile.
Le strade da percorrere sembrano anche molto chiare e semplici: sfruttare il peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, far emergere una protesta sociale che poi travalica nella violenza, usare le provocazioni e gestirle per il manipolare il potere puntando su uno stato sociale che elargisce elemosine e sussidi anche di importi elevati, per fidelizzare il popolino e garantirsene l’appoggio. Sussidi che, in alcuni casi, superano gli stipendi di un lavoratore medio. Soldi che vengono sottratti al virtuoso circuito produttivo e che, in un contesto pur ricchissimo di materie prime, attrattive turistiche e potenzialmente sviluppabile in benessere ed agiatezza diffusa, viene invece condannato ad elemosinare anche pane e medicinali sperando nell’aiuto di Stato per arrivare a fine mese.
Dovremmo pensarci bene perché lo stiamo toccando con mano anche noi.
Nei diversi paesi sudamericani i sussidi hanno diversi nomi di fantasia, ma da noi finora è conosciuto come reddito di cittadinanza e qualche forza politica ne fa anche una bandiera e si oppone a qualsiasi revisione e miglioramento.
Non secondaria è la gestione del circuito informativo dove l’instaurazione di un “pensiero unico” crea una manipolazione che da un lato radicalizza le masse e le spinge allo scontro intestino creando “il nemico” ed abrogando il dialogo informato, vedi COVID, dall’altra crea un rimbalzo di informazioni manipolate che si auto amplifica creando un circuito di Fake News che estromette la realtà dalla vita quotidiana e la censura come falsa secondo i comandi dei gestori occulti.
Sembra che stiamo parlando di fatti che accadono nell’altro emisfero. In realtà parliamo di realtà di casa nostra.
Di Vincenzo Fedele, stilumcuriae.com
23.01.2023