Di Mega Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org
Ormai la moneta unica ed i suoi padri-sostenitori sono alle prese con una coperta sempre più corta, che dalla parte opposta da dove la tiri, lascia scoperti sempre più enormi drammi economici, le cui vittime sono le famiglie e le imprese che vivono e lavorano nel continente europeo.
Come abbiamo visto nei giorni scorsi il solo annuncio da parte di Madame Legarde che la BCE avrebbe tolto a breve la garanzia sui debiti pubblici degli stati membri, ha risvegliato i mercati e gli spread ormai in letargo da undici anni.
Tutto il panorama politico italiano e la nostra stampa di regime per non dire il grande capitale, si sono immediatamente rivoltati contro la decisione del board di Francoforte, qualificata come un affronto diretto a quella che è stata la politica monetaria di Mario Draghi. Un “gioco di prestigio” indispensabile per mantenere in vita l’euro all’interno di uno status di politiche fiscali predatorie permanenti, quali quelle messe in atto pedissequamente da tutti i nostri governi che si sono succeduti dal 2011 in poi.
A complicare le cose si è aggiunta la nuova decisione della Federal Reserve di alzare il tasso di interesse principale sui fed funds di tre quarti di punto percentuale, l’aumento più grande dal 1994. A conferma del fatto che ormai oltreoceano, di sostenere Draghi e l’euro, parrebbero proprio non averne più voglia.
E’ così che di fronte alla perdita dell’arma di colonizzazione per eccellenza (l’euro), i poteri hanno deciso di convocare d’urgenza il consiglio direttivo della Bce guidato dalla presidente Christine Lagarde, che si è riunito mercoledì 15 giugno in seduta straordinaria.
Il risultato è stata una netta marcia indietro con l’ ordine di non seguire assolutamente la FED sulla strada del “tightening”.
Sono tornati gli “adulti nella stanza”, tutti quelli che fanno capo all’economista irlandese Philip Lane (da sempre interprete della linea-Draghi), i quali hanno dato immediatamente mandato ai tecnici di studiare uno strumento attraverso cui l’Eurotower potrà riacquistare i titoli detenuti nel suo bilancio alla loro scadenza in base alle esigenze.
Non sarà un nuovo “quantitative easing” né un prolungamento dei due piani, Asset Purchase Program e Pandemic Emergence Purchase Program (Pepp) di sostegno alla liquidità dell’Eurozona mediante l’acquisto di titoli e obbligazioni. Ma lo “scudo anti-spread” della Banca Centrale Europea nella sostanza ne fungerà da supplente, evitando l’esplosione dei differenziali di rendimento tra i titoli di Eurolandia.
L’annuncio dell’Eurotower, come Draghi e logica economica vuole, ha messo il turbo alle borse e soprattutto ha avviato il riallineamento degli spread. Lasciando intatti però, così come sono, sia il problema dei fenomeni inflattivi in corso, che lo stato recessivo in cui versa l’economia reale. Ma questo a Draghi non interessa, lo sappiamo bene.
Questo conferma le tesi da me esposte nell’articolo precedente – (La BCE rinnega la politica monetaria tanto cara a Draghi: sarà la fine di “SuperMario” e dell’euro?) – su quali siano i reali obiettivi delle politiche monetarie tanto care al nostro premier:
- fare in modo che la BCE sia, di fatto, garante dei debiti degli stati membri;
- allontanare i risparmiatori dal porto sicuro dei Titoli di Stato per costringerli ad avventurarsi nell’oceano dei mercati speculativi;
Tutto finalizzato naturalmente a continuare il selvaggio saccheggio, da parte dei poteri, della colonia Italia.
Su come si articolerà questo scudo anti-spread ancora vige il mistero, anche se pare che il programma sia mirato solo ai rinnovi, dunque non ai nuovi acquisti.
Parere personale, questa limitazione è solo propedeutica a fermare l’ardore dei pochi falchi rimasti, poiché sappiamo benissimo che solo una garanzia totale da parte del prestatore di ultima istanza può far sì che il sistema-euro possa continuare ad esistere.
Abbiamo visto negli anni e con l’avvento della pandemia in particolare, che pur di allungare la coperta a Francoforte sono stati disposti a rinnegare ogni tipo di trattato e qualsiasi folle principio economico sui quali è stato costruito l’euro.
Uno di questi è il “capital key”, caduto grazie al Peep. Esso fu introdotto dalla Bce draghiana, per far digerire a Germania ed Olanda il primo Qe e consisteva nell’impegnarsi a non superare il limite del 33% nel controllo di ogni debito nazionale e di acquisti di ogni singola emissione.
Questo conferma che le forze dell’economia – che sappiamo non avere padroni – non accettano limiti alla garanzia che una banca centrale debba prestare. Per questo Draghi ed i suoi adepti cercano, in modo strategico, di far sorseggiare questo calice un poco alla volta a chi, per pura ideologia e non certamente per il bene dei popoli, pone in pericolo questo drammatico esperimento di lotta di classe, basato su una moneta senza uno stato.
Detto fatto! che il principio del “capital key”, oggi non è altro che un lontano ricordo, lo si evince chiaramente da un comunicato dell’Eurotower dove si afferma che “applicherà flessibilità nel reinvestimento dei rimborsi in scadenza al fine di preservare il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, condizione preliminare affinché la Bce sia in grado di realizzare il mandato sulla stabilità dei prezzi”. [1]
Questo pare abbia fatto felice anche Klaus Knot, falco a capo della Banca centrale olandese, il quale ha dichiarato che si tratta di “flessibilità ai sensi dell’attività di reinvestimento che stiamo intraprendendo nell’ambito dell’emergenza pandemica” per “evitare la frammentazione dell’area euro”.
Ora non rimane che attendere cosa partoriranno i tecnici e viste le esperienze passate e gli intenti di Draghi e c., questo non ci lascia per niente tranquilli.
Se dipendesse da Draghi e dal suo fido consigliere economico Giavazzi – e ci sono buoni margini di “chance” che possa essere così – i tecnici della BCE potrebbero risparmiarsi lo spremersi delle menti: il piano è già bello, pronto e confezionato.
Si tratta dell’ennesima genialità che prende spunto dal tipico “gioco napoletano delle tre carte“, che prevede il trasferimento del debito pandemico (quello fatto durante la pandemia), al redivivo MES. In pratica si tratterebbe di parcheggiare una parte consistente del nostro debito, che oggi in pancia della BCE costa zero, in un magazzino a basso costo.
Anche qui si prendono “due piccioni con una fava”; da una parte si fa credere di fare un favore nel far parcheggiare il debito ad un prezzo accessibile rispetto a quello che richiedono i mercati (ricordo che attualmente alla BCE costa zero), dall’altra per accedere al parcheggio (il MES), si firma la resa incondizionata dello Stato alla sottomissione di tutte le condizionalità possibili.
Dimenticavo:
al MES, per fare questa operazioni, sapete chi fornisce i soldi?
Naturalmente la Banca Centrale Europea
Di questo progetto ne avevamo già parlato a gennaio us., quando Draghi e Macron lo esposero sul Financial Times: Il Piano Draghi-Macron per cedere i debiti al MES: come trasformare dei numeri in debito
Insomma un’altra magia per far tornare ad essere debito quello che oggi sono solo numeri sui computer della Banca Centrale Europea.
L’obiettivo è sempre lo stesso, non si sbaglia: tenere in piedi l’euro per continuare il saccheggio. Certamente man mano che il piano dell’élite va avanti, il mirino si sposta sempre più in alto nella scala sociale, anche perché piccola e media borghesia sono già state svuotate da tempo.
Che questa sia la strada che Draghi voglia percorrere lo dimostra il fatto che lo stesso Giavazzi al festival dell’economia di Trento [2], si è fatto onere di informare gli “astuti” capitalisti del nord, quelli che ancora pendono dalle labbra e dalle “fratellanze” di coloro sostengono il governo-Draghi.
Una considerazione dovete lasciarmela fare però: se ancora nei luoghi dove si dovrebbe provare a cambiare il “pensiero unico” in tema di economia, si continuano ad invitare e rendere omaggio a personaggi come Giavazzi, Prodi e Brunetta – è veramente giunto il momento di ricorrere a Dante per pulirsi la coscienza ed attaccare alle nostre frontiere un bel cartello con la seguente dicitura: “lasciate ogni speranza, voi che entrate”.
In conclusione il matrimonio tra Euro e BCE pare proprio destinato a durare secondo i patti iniziali. Le fratture in famiglia sono state ricomposte sulle stesse basi, ovvero quelle di salvare l’euro ma non le famiglie e le imprese.
Da notare che a questo giro sotto pressione, per una volta, non sono solo i titoli di Stato dei Paesi deboli e ad alto debito. Ad essere venduti sono anche i bond di Francia e Germania. Con il risultato che il differenziale Btp-Bund per il momento è ben lontano dal raggiungere le quote del 2011, quando per abbattere la democrazia nel nostro paese, sotto l’egida dei vari “deep state”, unirono le loro forze la BCE e la FED per armare i mercati con a capo Deutsche Bank .
Il calo del differenziale è stato determinato dall’aumento del tasso sui Bund, arrivato a sfiorare il 2%.
Certo, qualora la FED continuasse ad aumentare i tassi ed i rendimenti fossero più alti di quelli europei, non sarebbe irragionevole vedere fondi d’investimento e risparmiatori spostare i loro risparmi verso lidi più redditizi. A quel punto alla BCE non rimarrebbe che aumentare il proprio intervento a sostegno dei debiti dei paesi membri. Ma, purtroppo per noi – che speriamo nella fine dell’euro – questo non sarà causa di un nuovo stop alla garanzia.
Come stiamo vedendo i falchi che volano al nord, sono sempre più docili e quelli più rapaci sono già in fase di completa assuefazione.
Del resto è chiaro, non c’è da meravigliarsi: Euro e BCE, se moriranno lo faranno abbracciati insieme dentro il bunker e solo per un intervento esterno.
Di Mega Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org
NOTE
[1]https://it.insideover.com/economia/la-bce-corregge-il-tiro-ecco-il-nuovo-scudo-anti-spread.html
[2] Debito, che cosa architettano Giavazzi e Draghi – Startmag