E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? … o al keynesismo in tempo di guerra?

L'analisi di Adam Tooze docente alla Columbia University di New York

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La guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia e la paura che Putin possa fregarsene applicando la MMT, fanno cadere la maschera del potere globalista e ci confermano una volta in più, se mai ancora ce ne fosse bisogno, che le politiche economiche imposte ai popoli nell’ultimo trentennio, sono deliberatamente ed esclusivamente finalizzate all’arricchimento di pochi in spregio al benessere ed ai diritti della maggioranza.

Tutto questo appare con chiarezza leggendo lo scritto (Chartbook #91) di Adam Tooze (professore di storia alla Columbia University di New York), che vi ho tradotto e riportato qua sotto. I poteri che controllano il mondo occidentale, sono letteralmente terrorizzati dal fatto che Putin possa mettere in atto politiche fiscali ultra-espansive a beneficio del suo popolo, di fatto neutralizzando l’effetto delle sanzioni che mirano ad aprire un fronte di opposizione interna – sull’esplosione della quale conterebbe il blocco Euro-Atlantico come unica arma per fermare l’avanzata di Putin.

Insomma, se il popolo russo sta bene e potrà godere dei diritti essenziali, non si farà certamente attrarre dalla falsa campagna ideologica messa in piedi dal blocco euro-atlantico ed urlata a gran voce dai loro media di regime. Si schiererà con Putin e lo sosterrà in quello che ormai risulta essere ben chiaro, un vero e proprio “contro-attacco” agli ideatori del Grande Reset che gli sono arrivati fino alle porte di casa.

Pare proprio che Putin, oltre a muoversi perfettamente sui campi di guerra, sappia anche muoversi nel campo economico, e fanno bene ad essere preoccupati Soros ed i suoi compagni di merende. Vladimir “Il Terribile”, iniziata l’operazione in Ucraina, non si è minimamente interessato dei possibili effetti sul cambio della propria valuta nazionale (il rublo). Infatti, in perfetta sintonia con i dettami della MMT, ha lasciato che  fluttuasse libera sul mercato, non sprecando neanche un centesimo delle proprie riserve valutarie per sostenerla. Anzi, con un piano speculativo finalizzato alla rinazionalizzazione, parte delle riserve stesse gli sono servite per andare a ricomprarsi sul mercato a prezzi stracciati, il 30% circa delle azioni dei propri monopoli, sfilandole direttamente dalle mani del mondo finanziario europeo ed americano, dopo che con estrema astuzia, ne aveva fatto crollare le quotazioni.

Quando a Wall Street gli “squali della finanza”, dopo un paio di giorni, se ne sono accorti, Putin aveva già messo in saccoccia la bellezza di 20 miliardi di dollari, ma quello che più conta, ha sottratto agli stranieri (che possedevano azioni delle compagnie energetiche russe), quasi la metà dell’entrate dell’industria del petrolio e del gas, che ora torneranno nelle casse del Tesoro russo.

Le voci messe in giro ad arte proprio dallo stesso Putin, sulla possibilità che la Russia non avesse riserve sufficienti per sostener il rublo, unite al fatto di aver dichiarato di essere pronto a proteggere la popolazione russofona dell’Ucraina, hanno scatenato sui mercati la tempesta perfetta sulle azioni delle compagnie energetiche russe, con quotazioni in calo dal 50 al 70 per cento [1] – quello che Putin voleva per arrivare a realizzare una operazione così brillante, che pare non avere precedenti nella storia del mercato azionario.

E l’Europa con il suo essere più realista del Re sulle sanzioni, pare non aver capito quale boomerang rischia di prendere in testa da qui a poche settimane, qualora la BCE non facesse il suo lavoro. Quando, appunto il prezzo dell’energia sarà andato ulteriormente fuori controllo e il bando così draconiano ed esteso sulle banche russe comporterà un congelamento de facto dei flussi di pagamento sulle controparti commerciali.

Proviamo a ragionare a mente fredda: facendo fallire centinaia di aziende che operano un legittimo e tassato business con la Russia, pensiamo di colpire Putin o gli oligarchi? No, distruggiamo sano tessuto produttivo italiano.

In tutto questo scenario non dobbiamo dimenticarci di inquadrare la posizione degli Stati Uniti, partendo dal vantaggio competitivo che l’economia Usa possiede rispetto a quella europea. A tal proposito giocano a loro favore l’autosufficienza in fatto di energia, i notevoli benefici della politica di Trump che ha riportato all’interno dei confini nazionali buona parte della produzione ed una banca centrale, la FED, che risponde ai voleri del governo. Ma quello che più dovrebbe preoccupare i politici europei che ancora credono di godere della protezione dello Stato profondo di Washington, è il totale scollegamento tra le parole del Presidente Biden e quello che poi avviene nella realtà dei fatti.

Come riporta Money.it in un suo articolo [2], mentre da una parte, Biden fa filtrare la possibilità di uno stop alle importazioni di greggio russo, dall’altra arriva la notizia dell’acquisto da parte di Shell di uno stock di greggio degli Urali da Trafigura, dopo che questa ha spinto lo sconto sul Brent a 28,50 dollari per barile.

Se analizziamo tutta la stranezza di ciò che avviene in USA, capire chi realmente oggi comanda oltreoceano è veramente un mistero che solo alla fine di questo tragico film potrà essere svelato.

Ma andando di criticità in criticità, che pendono sulla testa dei popoli europei, vittime delle decisioni dei loro politici – la notizia che il governo russo ha raccomandato ai produttori di fertilizzanti di bloccarne le esportazioni, potrebbe essere la vera bomba atomica che Putin ha in mano per mettere in ginocchio il vecchio continente. Vale la pena ricordare che la Russia insieme a Cina e Bielorussia (due paesi allineati con Putin) sono i principali produttori al mondo di fertilizzanti. Quindi, una mossa, quella dello Zar, che rappresenta l’azione più violentemente inflattiva in vasta scala, stante il fatto che riguarderà il settore alimentare (tutti o quasi tutti.. se magna!!). Ed è bene ricordarlo ancora una volta, per chi ancora non lo avesse compreso, in Italia se inflazione sarà.. sarà quella peggiore, ovvero la stagflazione.

Insomma, è sempre più chiaro che questa Europa mercantilista, che fonda la sua politica economica sulla “follia” dell’austerity espansiva, la deflazione salariale e la distruzione della domanda interna, rischia di essere ridotta ad un cumulo di macerie economiche, sempre più stretta nella morsa tra il desiderio di arricchimento della propria élite e le potenze mondiali Russia, Cina e Stati Uniti.

Scusate dimenticavo.. qualcuno avverta Renzi e Letta che la NATO non esiste più; visto che per risolvere la crisi di guerra e salvare la loro pelle, continuano imperterriti, ad indicare come emissario del patto atlantico per trattare con Putin, l’ex cancelliera tedesca Angela Merkel. Putin vuole talmente bene ad Angela che l’ultima volta che l’ha incontrata, in ricordo del morso che da piccola ricevette da un cane e della conseguente paura fobica che Frau Merkel si porta dietro, si è presentò all’appuntamento accompagnato da due alani.

Buona lettura.

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? … o al keynesismo in tempo di guerra?

Di Adam Tooze, substack.com

Le sanzioni sono l’arma scelta dall’Occidente contro l’aggressione di Putin.

Invece di iniziare a piccoli passi si è passati immediatamente ad un attacco alla banca centrale.

In risposta, la banca centrale russa ha effettivamente bloccato i flussi di capitale della Russia ed ha nazionalizzato i guadagni in valuta estera dei principali esportatori. Ora richiede alle imprese russe di convertire l’80% dei guadagni in dollari ed euro in rubli. Questo aiuta a sostenere il valore del rublo e fornisce un flusso di valuta estera nel paese.

La leadership “ben rispettata”, cioè altamente conservatrice, della Banca di Russia ha immediatamente aumentato i tassi e ha adottato l’intera gamma di interventi della banca centrale che ci si potrebbe aspettare, pompando liquidità nel sistema bancario e allentando i requisiti di capitale. Leggere il sito web della banca centrale è un’esperienza surreale – “ammortizzatori macroprudenziali” in stile post-2008 al servizio della stabilizzazione del fronte interno di Putin.

La domanda ora è quanto grave prevediamo sarà l’impatto delle sanzioni. Quanto velocemente agiranno? come impatteranno sulla società russa e come potrebbero cambiarne la politica?

Si è tentati di pensare a questo in termini di effetti sulle esportazioni, efficienza, danni a lungo termine alla crescita economica, ecc. Le prospettive per la Russia sono sicuramente fosche. Le sanzioni peggioreranno ulteriormente un tasso di crescita che, da dopo la Crimea, è già depresso.

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? ... o al keynesismo in tempo di guerra?

Ma perché la crescita della Russia è così scarsa? Senza dubbio, le sanzioni, la corruzione, il dominio statale dell’economia, tutti giocano un ruolo. Ma, un fattore che troppo spesso trascuriamo, è autoimposto – la stretta draconiana della politica fiscale dal 2016.

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? ... o al keynesismo in tempo di guerra?

Quanto rapidamente ci aspetteremmo che un’economia moderna sia cresciuta con un bilancio statale che passa da un deficit del 3,4% del PIL a un surplus del 2,9% nel giro di tre anni?

Sotto il ministro delle finanze Siluanov, la Russia ha perseguito un regime di severa austerità, accoppiato con un libero tasso di cambio fluttuante e un crescente spostamento verso un mercato obbligazionario interno – la classica triade del consenso di Wall Street (Daniela Gabor).

Nel 2017 persino Alexei Kudrin, il leggendario ministro delle finanze falco del primo decennio di Putin, si lamentava che il nuovo regime proposto dal suo successore sembrava “eccessivamente severo”.

Questo è più di un semplice punto sulla macroeconomia.

È stato comunemente osservato che il regime di Putin manifesta una forte tensione tra la sua sovranità aggressiva e la sua immersione nell’economia mondiale. Ciò che viene commentato meno frequentemente è la tensione tra il “capitalismo di stato” del regime di Putin, che potrebbe essere interpretato come implicante libertà d’azione, e la sua rigida adesione a norme fiscali e monetarie conservatrici. Putin non è Erdogan.

Si è tentati di leggere quest’ultima come la condizione della prima, ovvero il prezzo per il regolare inserimento del regime di Putin nel regime della globalizzazione – nonostante la sua aggressiva sfida diplomatica e militare all’egemonia statunitense – fosse l’impareggiabile ortodossia della Russia nella politica monetaria e fiscale. Se questo è il caso, nell’attuale situazione di aperto confronto con l’Occidente dovremmo aspettarci che il regime di politica economica conservatrice della Russia sopravviva? In caso negativo, se Mosca pone la sua economia di guerra su basi keynesiane, quali sono le implicazioni per l’efficacia delle sanzioni?

Già sulla scia dell’annessione della Crimea e delle successive sanzioni, il regime di politica interna della Russia stava subendo pressioni interne. Dopo diversi anni di stagnazione dei redditi reali, l’élite della politica economica russa ha iniziato a preoccuparsi seriamente della crescita economica. Il nuovo governo del gennaio 2020 è arrivato con un mandato di crescita.

Come Vladimir Mau, rettore della RANEPA, ha descritto la situazione, in un affascinante articolo pubblicato nel 2020:

La formazione del nuovo governo russo nel gennaio 2020, è stato un riflesso del desiderio predominante della società di accelerare lo sviluppo economico. … il governo di Mikhail Mishustin ha presentato un piano di trasformazione economica che comprendeva una serie di misure finanziarie, istituzionali e strutturali basate sugli obiettivi nazionali e sui progetti nazionali che il presidente russo ha stabilito nel maggio 2018 …

Questa è stata una rottura con la storia recente. Fino ad allora, come sottolinea Mau, la politica monetaria e fiscale della Russia era stata impostata senza tener conto del ciclo economico o della crescita, concentrandosi soprattutto sull’inflazione e sulla solidità fiscale. L’esperienza della bancarotta e dell’inflazione negli anni ’90 sono state formative. Così come il fatto della debolezza istituzionale della Russia e la necessità di indurire l’economia contro le pressioni geopolitiche.

Tuttavia, con tutti questi avvertimenti e riserve, (Mau ha commentato nel 2020), sembra che il governo abbia bisogno di muoversi gradualmente verso una politica fiscale e monetaria più flessibile che tenga conto delle fluttuazioni cicliche che sono caratteristiche di un’economia di mercato. Questo si è riflesso nelle discussioni durante il 2019 e il 2020, riguardanti la crescita economica e le ragioni del suo rallentamento. Mentre le questioni istituzionali sono effettivamente importanti, le recenti discussioni sulle questioni legate alla crescita sono sempre più incentrate su fattori macroeconomici, principalmente su domanda e offerta, cioè sulle fonti di finanziamento della crescita

Di conseguenza, l’accelerazione della crescita è stata vista principalmente attraverso la lente degli stimoli fiscali e dei prestiti al consumo dal 2018 al 2020. I progetti nazionali dovevano diventare il canale principale delle misure in questione. Inoltre, con l’inflazione che scendeva al di sotto dell’obiettivo del 4% e il bilancio in attivo, veniva lasciato un certo spazio di manovra. La questione della gestione della domanda aggregata è diventata molto rilevante all’interno della politica economica. Questo si rifletteva nei temi chiave delle discussioni economiche. Questi includono, prima di tutto, la natura e il volume della domanda fiscale.

Nel cercare fonti per attivare la domanda aggregata all’interno del paese, alcuni economisti e politici russi si sono rivolti alla Teoria Monetaria Moderna. …. La Russia non ha un pesante debito nazionale e problemi di deficit di bilancio. D’altra parte, il rublo, sebbene sia una valuta sovrana, non è uno strumento di pagamento globale, e la crescita economica è ancora debole. In questo contesto, l’applicabilità della MMT significa prima di tutto un impegno attivo da parte dell’autorità monetaria per migliorare la domanda aggregata, il che si traduce effettivamente nel fatto che la Banca Centrale svolge la sua funzione di “istituto per lo sviluppo”. Questo solleva la questione dello status indipendente della Banca Centrale. Questo problema è stato sollevato per la prima volta nel 2019, ma l’intensità della discussione è destinata a crescere, non solo in Russia ma anche in altre economie sviluppate.

La MMT a Mosca!

Per alcuni altri scorci del dibattito in corso nella politica economica russa in quel momento, guardate questo thread di Twitter

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? ... o al keynesismo in tempo di guerra?

Il dibattito sembra aver preso il via da un’intervista esplosiva rilasciata nell’ottobre 2019 dal giovane Maxim Oreshkin, che allora era in servizio come ministro dell’economia.

Per quanto riguarda la teoria monetaria moderna (MMT), intorno alla quale ci sono ormai molti miti, ci sono molti oratori diversi e tutti cercano di parlarne… ma io sono forse… anch’io ne sono, di certo, a conoscenza. Allora, quello su cui rivolgerei la mia attenzione, quello che mi sembra corretto, è che i colleghi dicono che, in realtà, tra credito privato e statale, tra deficit di bilancio e credito bancario non c’è una grande differenza, in realtà. E non esistono, per esempio, termini come deficit di bilancio statale o tasso d’interesse di equilibrio. E che tutti questi sono determinati dall’adeguatezza o inadeguatezza del livello di domanda aggregata nell’economia. E che il principale limite/controllo della domanda è il livello di inflazione dei prezzi. Perché quando l’inflazione comincia a salire questo dimostra in verità che c’è un eccesso di domanda nell’economia. L’equilibrio tra deficit di bilancio e credito privato dovrebbe essere trovato dal punto di vista di quelli che sono gli obiettivi di sviluppo socio-economico esistenti. E questo equilibrio potrebbe essere diverso tra un paese ed un altro. Alcuni paesi, possono avere grandi deficit [del bilancio statale], senza che questo debba spaventare [anche con un debito pubblico in aumento]. Se gli obiettivi da raggiungere non sono collegati all’aumento del credito privato ma all’aumento del credito statale e non ci sono vincoli per un paese che ha una propria moneta [unità monetaria di conto], a finanziarsi nella propria moneta dal punto di vista del deficit [statale] e del debito [pubblico].

…..

(Tempo 26:40) Domanda: La prossima domanda. Non so se il Ministro dell’Economia parlerà della politica monetaria. Ma, tuttavia, voglio farle questa domanda. Lei critica regolarmente la banca centrale [della Russia] per la posizione troppo rigida della politica monetaria…

Risposta: …Le rispondo subito dicendo che… no, io non critico [come lei ha detto] regolarmente.

Come è chiaro dall’intervista, la questione dell’indipendenza della banca centrale è sorta immediatamente. E la domanda è stata puntuale: come potrebbe l’approccio estremamente conservatore della banca centrale al controllo dell’inflazione essere conciliato con le aspirazioni a una crescita più rapida?

Seguendo le indicazioni di Mau, sono riuscito a trovare due articoli che trattano la MMT nel contesto russo. Uno di essi, di Vadim O Grishchenko, proviene dall’interno della banca centrale russa.

Grishchenko si concentra non sulle prescrizioni politiche della MMT, ma sulla sua descrizione del funzionamento del sistema finanziario e monetario. Quello che trova è che la generazione di denaro in Russia è in gran parte endogena e che non ci sono prove di crowding out. Questo è coerente con il fatto che la Russia è un potenziale candidato per la sovranità monetaria nel senso suggerito dalla MMT.

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? ... o al keynesismo in tempo di guerra?

Victor Tunyov conduce un’esplorazione più approfondita dell’applicazione della MMT alla Russia come economia di mercato emergente e lo fa in dialogo diretto con la visione di Oreshkin sulla MMT.

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? ... o al keynesismo in tempo di guerra?

Come sottolinea Tunyov, fino alla crisi attuale, uno dei vincoli chiave della sovranità monetaria russa era il grado di dollarizzazione dei conti privati.

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? ... o al keynesismo in tempo di guerra?

I rischi, secondo lui, erano gestibili.

Il dibattito sulla MMT sembra essersi un po’ spento dal 2020. Lo shock del COVID in Russia è stato grave. Dopo che il governo in cui prestava servizio fu sostituito in blocco, Oreshkin fu nominato come uno dei consiglieri di Putin per gli affari economici.

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? ... o al keynesismo in tempo di guerra?
E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? … o al keynesismo in tempo di guerra?

 

Alla luce degli sviluppi odierni, le conclusioni di Tunyov sono davvero ossessionanti. Come ha detto nel 2019, “la Russia è una nazione sovrana, ma agisce come una non sovrana”.

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? ... o al keynesismo in tempo di guerra?

La crisi attuale ha scacciato ogni illusione sulla sovranità. La Russia è effettivamente sovrana. Lo ha affermato con violenza. La domanda è: adotterà una politica economica all’altezza? Certamente con i controlli sui cambi in atto, le questioni di sovranità monetaria possono essere messe da parte per ora. Il paese sta affermando una sovranità in pericolo.

Ecco Oreshkin il 28 febbraio 2022 che contempla un futuro più buio.

E se il regime di guerra di Putin si rivolgesse alla MMT? ... o al keynesismo in tempo di guerra?

Quindi, con questo tipo di argomenti che galleggiano intorno a Mosca, ecco la domanda.

Dando così tanto peso alle sanzioni, non stiamo tacitamente assumendo che il regime di Putin, piuttosto che usare la politica fiscale e monetaria keynesiana per attutire l’impatto, si atterrà al conservatorismo falco che ha dominato la politica fiscale del suo regime fino al recente passato?

Se è stata la rigidità dello stato fiscale russo a tradurre finora gli shock esterni in shock per la popolazione russa, cosa succede se il regime di Putin risponde alla sua attuale crisi esistenziale adottando una politica fiscale e monetaria più fantasiosa ed espansiva?

E se, all’interno della fortezza assediata della Russia, il regime di Putin sciogliesse il legame tra globalizzazione e ortodossia economica interna? Dal momento che si trova ora in un confronto aperto con l’Occidente, perché la Russia non dovrebbe usare la sua sovranità monetaria e fiscale, rafforzata dal nuovo regime di controllo dei cambi, per lanciare un programma di stimolo e, così facendo, annullare gran parte dell’impatto delle sanzioni?

Se la Russia è stata gettata nell’oscurità esterna, che incentivo ha per mantenere la sua reputazione ortodossa in materia fiscale? In una situazione di confronto finanziario diretto con l’Occidente, i mercati non sono più interessati ai fondamentali fiscali della Russia. Se le sanzioni inducono le agenzie di rating a ridurre la Russia a spazzatura da un giorno all’altro, è sicuramente incoerente aspettarsi che il suo regime continui a giocare secondo le regole fiscali e monetarie?

Quelli come Oreshkin non hanno certo bisogno di lezioni sul campo d’azione conferito dalla sovranità monetaria. E se Putin rispondesse alle nostre sanzioni con un “piano di salvataggio russo”? Questo potrebbe annullare l’impatto delle sanzioni sui russi comuni su cui contiamo per forzare un cambiamento nella posizione di Putin?

Ci sono altri che sanno molto più di me sulla scena politica russa. Saranno in grado di valutare se la leadership russa è in grado di saltare la lunga ombra gettata dalla crisi finanziaria del 1998 per abbracciare una politica più avventurosa. Saranno in grado di giudicare quanto siano potenti le correnti che Vladimir Mau descrive nella sua panoramica.

In generale, ciò che dobbiamo urgentemente discutere è il “modello Russia” su cui si basa la nostra politica di sanzioni. Attualmente, il modello è brutale e semplice. Putin è un tiranno circondato da delinquenti. L’idea principale è quella di “colpire gli oligarchi”. Questo gioca bene in Occidente. Può avere effetti reali. Ma dobbiamo stare attenti a tradurre il populismo in strategia. Il tifo al Congresso per la promessa di Biden di colpire gli oligarchi russi è stato eloquente.

Abbiamo bisogno di un resoconto più sofisticato del processo decisionale della Russia. E dobbiamo controllare i nostri pregiudizi. Nell’assumere che le sanzioni paralizzeranno il fronte interno russo, stiamo assumendo una risposta rigidamente conservatrice da parte del regime di Putin? Questa è un’ipotesi ben giustificata dai risultati della politica fiscale e monetaria russa dal 1998. Ma reggerà, se il suo regime si trova sotto una reale pressione politica? Dato l’isolamento che abbiamo imposto, e i controlli che la Russia ha dovuto mettere in atto, potremmo vedere un passaggio in Russia da una politica conservativa deflazionistica a uno stimolo keynesiano? Se questo accade, se Mosca usa le sue considerevoli risorse per ammortizzare il fronte interno, come faremo a mantenere la pressione economica sul suo regime?

Di Adam Tooze, substack.com

Articolo scelto, tradotto e introdotto da Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

link fonte originale: https://adamtooze.substack.com/p/chartbook-91-what-if-putins-war-regime?s=w

03.03.2022

 

NOTE

[1] https://finanza.lastampa.it/News/2022/03/01/borsa-continua-il-crollo-delle-azioni-dei-big-russi-quotati-a-londra/NjlfMjAyMi0wMy0wMV9UTEI 

[2] Default russo e sindrome Evergrande: aspettando Godot, affonderà l’Europa? (money.it)

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