Di Ruggiero Capone, opinione.it
Mario Draghi non poteva e non deve (per mandato) salvaguardare gli interessi economici e sociali della classe media e nemmeno del proletariato: lui ha assolto al suo compito, ovvero far rispettare le normative europee e rafforzare il controllo sulle attività economiche dei cittadini. Ovviamente Draghi è un corpo estraneo alla politica classica, e non ha mai detto di essere l’ultimo frutto dell’albero che ha prodotto nel Novecento rappresentanti nella logica della partecipazione e rappresentatività. Ora, nel vuoto della classe dirigente italiana, Supermario può agevolmente ergersi a De Gaulle che passa la staffetta alla politica, e dire “après nous, le déluge”: dopo di me il diluvio per via della scarsa autorevolezza istituzionale degli eletti in Parlamento, dello scarso peso della classe dirigente italiana nei salotti finanziari europei e mondiali, della labile preparazione storica, economica, filosofica e giuridica di chi agita la politica politicante. In più di centocinquant’anni quante volte il parlamentarismo è stato accusato di rivelarsi il male dell’Italia? Non certo per lo strumento, che rimane il sempre auspicabile (al Parlamento non si può rinunciare), ma per il livello infingardo della classe dirigente politica. L’Italia s’è ritrovata con Draghi amministratore di sostegno per colpa dell’ignavia politico-parlamentare, la stessa che in precedenza aveva varato il Governo Mario Monti e prima ancora Giuliano Amato.
Il depotenziamento dell’autorevolezza (e cultura) parlamentare e la scarsa formazione della classe dirigente tornano a rivelarsi la vera emergenza politica italiana: un male atavico, ben più radicato di qualsivoglia perniciosa malattia. Oggi è difficile porci rimedio, perché da troppo tempo l’Italia ha messo in soffitta l’idea d’una democrazia rappresentativa ed anche partecipata. La formazione della “classe dirigente politica” è da troppo tempo lasciata a fenomeni consensuali da “reality show”, o bagni di folla per ragazzotti improbabili od investiture di gente con percorsi del tutto simili alla formazione lavorativa a distanza, alle tele-elezioni, all’università virtuale: la cernita della classe dirigente dopo il 1992 ha premiato in politica i rappresentanti dell’impreparazione generalizzata, autodidatti senza vita lavorativa (non certo artigiani ed operai) ed ugole d’oro. Così nel 1992 siamo passati dai discepoli di Calamandrei, Andreotti, Fanfani e Moro ai nuovi modelli istituzionali, tutti suppergiù a mezzo tra Luigi Di Maio ed Antonio Razzi con digressioni tra Scilipoti, Renzi e Salvini. Per farla breve, è stato abbassato il livello culturale della classe dirigente. Mandando in frantumi tutta l’operazione egemonica dei cosiddetti “formatori politici” con solide basi sulla cultura italiana del Novecento, che si svolgeva attraverso il metodo filosofico della “critica” e del confronto nelle sezioni come nelle scuole di formazione. Un approccio formativo che metteva d’accordo tutti i filosofi (e formatori) sull’esigenza di costruire la coscienza politica della cosiddetta “classe dirigente” dello Stato. Caratteristiche che vediamo totalmente assenti nell’Italia sorta sulle ceneri della Prima Repubblica, al punto che per evidenti deficit culturali la politica è stata sempre più appaltata all’alta burocrazia di Stato: ai Draghi, ai Monti, agli Amato, ed a ragionieri ed avvocati dello Stato.
Il vuoto di rappresentanza parlamentare e l’incapacità degli eletti di condizionare la politica sono il motivo che ha portato a protestare per strada gli animi irrequieti, gli insoddisfatti, i precari, i disoccupati, artigiani e commercianti e, non ultimi, i tassisti. Il senso anarcoide di una primordiale violenza politica è stato ridestato a causa del vuoto parlamentare. E poi dai proclami alla Bava Beccaris dei ministri dell’Interno che si sono alternati dal 2012 al 2022.
Questa presunta classe dirigente eletta purtroppo manca di pratica e lavoro. Parlano tanto e hanno letto poco: Ennio Flaiano direbbe di loro “è gente che parlato e scritto più di quanto abbia letto”. Così abbiamo una classe politica che ha poco riflettuto sulla propria missione sociale, e questo è il problema. Somigliano non poco ai falsi preti che non hanno mai frequentato il seminario o servito messa, agiscono come i truffatori di paese che vestono talare (abbigliamento del sacerdozio) per recitare una parte in commedia e guadagnarsi la pagnotta con vari espedienti. Se invece di giocare con i “social” avessero letto qualche opera di Benedetto Croce o qualche testo formativo forse si sarebbero posti qualche problema, avrebbero cercato di fare proprio il realismo della “classe dirigente”, comprendendo come la politica sia figlia dell’animo borghese e quindi forza di mediazione tra popolo e potere. Ma la classe parlamentare di oggi somiglia troppo a colui che si specchia e si domanda “ma io chi sono veramente?”. Non sono aristocrazia né borghesia, né proletariato contadino e operaio, né tantomeno conoscono le regole del sottoproletariato e poi degli stenti e della miseria. Sono il nulla, il vuoto coscienziale pneumatico, che crea buchi neri nell’universo dell’animo elettorale grazie all’uso compulsivo della rete.
Poi l’inganno, i progetti dei partiti nati dopo il 1992 sin dal loro sorgere hanno badato alla riduzione (nel numero e nell’autorevolezza) della classe dirigente italiana. L’esempio ultimo i grillini, che hanno raccolto consensi come tagliatori di teste: badando bene a poter dimezzare sia per via politica che giudiziaria l’intera classe decisionale. Non è un caso che nel progetto del “Nuovo Ordine Mondiale” si parli dell’Italia ridimensionata nell’identità e nell’autorevolezza dirigenziale. Al Bilderberg ed a Davos (frequentati da Vittorio Colao) è stato predicato che, gran parte della popolazione dovesse accettare la riduzione della qualità della vita in prospettiva di una visione minimalista del lavoro, del reddito delle varie aspettative. Ecco a cosa è servito dimezzare il grande corpo intermedio, che ha dilatato negli ultimi decenni la borghesia italiana, a distruggere il vivaio della classe dirigente, a ridurre la cernita a Draghi e dintorni.
Il depotenziamento parlamentare, l’insipienza della classe dirigente partitica, ha favorito l’uso smodato dei decreti con disposizioni impopolari, che hanno solo minato la pace sociale. Queste logiche hanno fortificato nell’elettorato la disaffezione dalla democrazia, convincendo la gente che Parlamenti e Governi rappresentino un potere contrapposto al popolo. E l’“efficienza normativa” di cui parlano gli ultimi governi s’è dimostrata una sorta di piano inclinato verso la dittatura. Poi l’elettorato è sovente più preparato dei parlamentari: così il cattolico ricorda che Don Sturzo sosteneva che “solo il Parlamento rappresenta il Paese”, il socialista rammenta i motivi che nel 1953 scatenarono l’aspro conflitto parlamentare contro la “legge truffa”, a cui veniva imputato di snaturare proprio la sacralità della rappresentanza parlamentare, mentre l’uomo di destra si domanda a cosa serva una classe dirigente che non tutela la tradizione italiana ed il suo primato culturale ed industriale.
Il Parlamento è il brodo ancestrale della democrazia politica, si può modificare infinite volte il quadro di governabilità, ma mai i rappresentati devono venire meno alle loro prerogative di salvaguardia dei diritti del popolo. Oggi, non solo ci dicono che non c’è alternativa a Draghi, ma anche che con la riduzione dei parlamentari molte prerogative democratiche verranno meno. Questo futuro è chiaro a Draghi, come anche l’insipienza ed ignavia parlamentare, quindi gioca a fare l’irremovibile, certo che il presidente Sergio Mattarella lo premierà con poteri ben più ampi. Del resto Joe Biden vorrebbe un secondo Recep Tayyip Erdoğan nel Mediterraneo, e Draghi si prepara a mostrare autorevolezza ed autorità degne della tradizione riformatrice e militare turca. Il Parlamento non sa che fare, il popolo dissente in maniera silente e scomposta, come il gregge che aspetta solo il bastone del pastore per mettersi in riga.
Di Ruggiero Capone, opinione.it
16.07.2022
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Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org