Da Monti a Tre-Monti la preoccupazione è sempre la stessa: i conti pubblici!

Giulio Tremonti nel programma "Stasera Italia" punta il dito su un emendamento del decreto-Aiuti, che parrebbe mettere a carico dello Stato le garanzie sui prestiti che gli istituti di credito hanno concesso durante il periodo dei lockdown pandemici. "Tutto questo ha la capacità di destabilizzare i conti pubblici" - tuona il nuovo mentore economico di Giorgia Meloni, dimostrando che in realtà non c'è nessuna intenzione di cambiare rispetto al passato.

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di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Vi ricordate, eravamo nel 2011 e Giulio Tremonti allora ministro delle Finanze del governo condotto dall’odiato compagno di coalizione Silvio Berlusconi – costretti a stare insieme per necessità ed interesse del “sistema” lobbistico che ormai da tre decadi si è impossessato delle nostre istituzioni – fu forzato, o per meglio dire messo in “sonno” dal sistema stesso, per far posto al “fratello” Mario Monti.

La scusa che venne data in pasto al “popolino” per questo cambio a partita in corso fu l’estrema ed urgente necessità di cambiare passo per sistemare i conti pubblici, messi a rischio dal forte indebitamento del nostro paese e dal rumore assordante dei mercati su una parola che fino ad allora non faceva parte del vocabolario lessicale degli italiani: lo “spread”.

Sono passati undici anni da quei giorni e tanta acqua sotto i ponti che ha fatto crollare i ponti stessi ed ogni tipo di falsità profusa a livello di dottrina economica. Riguardo allo spread, per farlo diventare una favola da raccontare ai nipoti, sono bastate tre parole di Mario Draghi (“whatever it takes”) e la relativa garanzia di fatto, che da allora la Banca Centrale Europea non manca di prestare – mentre per quanto concerne il nostro debito pubblico da allora è passato in termini numerici approssimativamente da 2 mila miliardi a 2,8  mila miliardi ed  in rapporto al PIL dal 120% al 160%.

Insomma, non c’è che dire, da Mario Monti premier per finire a Mario Draghi, passando per Letta, Gentiloni, Renzi e Conte, se guardiamo i numeri, più che sistemarli i conti pubblici, pare li abbiano devastati.

Ma quello che emerge ancora più forte a livello di frode, di fronte a questa apparente devastazione, è che il prospettato ed imminente default del nostro paese (oggetto appunto del cambio in corsa, per raddrizzare la partita), non sia ancora avvenuto, nonostante appunto tale scenario numerico.

Ripetere ancora che un paese il cui debito pubblico è garantito dalla propria banca centrale non può mai fare default, serve solo a farci il sangue amaro e ad aumentare la nostra depressione nel constatare quanta gente ancora non riesce a comprendere questo semplice concetto, che alunni di terza elementare farebbero proprio alla prima lezione.

Dicevamo, sono passati undici anni e se, come dimostrato, la devastazione dei conti pubblici nessun effetto ha avuto sul prospettato default del paese, altrettanto non si può dire per l’effetto che le politiche di austerity – applicate in spregio alla dottrina economica proprio per sistemare quei conti – hanno avuto sul nostro sistema economico, che oggi risulta al collasso come mai nella sua storia.

Detto che i conti pubblici non sono mai un problema per uno stato che usa la moneta che emette e che controlla la sua banca centrale, pare proprio che nel nostro paese undici anni siano passati senza aver imparato nulla dalla lezione.

A confermarlo sono le parole del prof. Giulio Tremonti, pronunciate durante la trasmissione “Stasera Italia” andata in onda su Rete 4. L’argomento è il decreto aiuti e le garanzie che lo Stato italiano ha conferito per i prestiti che gli istituti di credito hanno concesso alle aziende durante il periodo del Covid-19:

“In un Paese normale non ci dovrebbe essere un governo che di nascosto inserisce un emendamento che crea un devastante effetto di instabilità finanziaria – spiega Giulio Tremonti –  Nel decreto Aiuti c’è scritto che le garanzie sui prestiti delle banche alle aziende diventano a carico dello Stato. Stiamo parlando di 250 miliardi di rischio potenziale. Tutto questo ha la capacità di destabilizzare i conti pubblici”. [1]

Eccoci, ci risiamo, va via Tremonti per far arrivare Monti  sistemare i conti pubblici, ed ora ritorna Tremonti, di nuovo per sistemare i conti pubblici.

Più chiaro di così!

Pare proprio che l’unica preoccupazione dei nostri poteri sia solo quella di sistemare i conti pubblici. Una preoccupazione, come ormai sappiamo, priva di timori reali. Di contro, quello che preoccupa sono invece i conti delle famiglie e delle imprese italiane, alle prese con l’ennesimo evento catastrofico per la loro sopravvivenza, oggi rappresentato dal fenomeno speculativo messo in atto nel settore energetico.

Ma secondo voi (altro concetto da terza elementare), chi dovrebbe preoccuparsi di più dei propri conti: colui che ha la possibilità di emettere la moneta dal nulla con la quale può acquistare tutto ciò che vuole e coprire ogni tipo di passività, oppure colui che invece per averla è sottoposto alla volontà di chi la emette (politiche fiscali dei governi)?

Premetto che non ho letto l’ultima stesura del decreto Aiuti e quindi sul tema garanzie dello Stato sui prestiti-Covid in esso contenuto, vado dietro alle parole di Tremonti, che presumo lo abbia letto. Anche perché in questo momento mi interessano le parole ed i concetti che esprime colui che dovrebbe essere, in base ai sondaggi, almeno “in pectore” il nuovo ministro delle Finanze, e che all’apparenza si presenta in antitesi al vecchio corso indentificato nei vari Monti, Draghi e co.

Ebbene, in base a queste sue dichiarazioni, se Tremonti è il nuovo… stiamo “freschi”!

L’economista di Sondrio non può farci credere di non sapere che il sistema bancario ed i conti del Tesoro siano vasi comunicanti. Tanto per ricordare l’esempio più eclatante, la vicenda Monte dei Paschi ed i Monti-bond (di fatto una sovvenzione con soldi pubblici), che lui conosce bene, è lì a dimostrarlo.

Se domani, ipoteticamente i 250 miliardi di prestiti-covid, a cui fa riferimento Tremonti, si trasformassero in insolvenze, il sistema bancario italiano e di conseguenza i risparmi degli italiani (attraverso il bail-in imposto dall’unione europea), sarebbero messi in serio pericolo.

Una situazione che non potrebbe essere risolta senza un intervento del governo con la banca centrale a sostegno.

Quindi la garanzia, oltre ad esistere ufficialmente sulle carte ed essere riconfermata per decreto, esiste anche di fatto all’interno di quello che dovrebbe essere il corretto funzionamento di un sistema economico finanziario di uno Stato democratico moderno, secondo i corretti dettami dalla dottrina.

Sappiamo tutti che il sistema-euro è un ibrido creato solo per i disegni predatori dell’élite. Ma in un sistema corretto la banca centrale, oltre a garantire il debito pubblico del paese dovrebbe, “gioco-forza”, garantire anche i depositi presso i suoi agenti, che sono appunto le banche commerciali.

Ma qui, è bene dirlo chiaro, anche in chi si presenta come il “Nuovo” agli occhi degli elettori (in questo caso Tremonti), non c’è la benché minima intenzione di tornare ad un sistema corretto, che metta un potente freno alle azioni di predominio della nostra élite.

Facciamo un passo indietro e torniamo a quel febbraio 2020, quando l’Italia fu scossa dalla pandemia, ed andiamo a vedere i motivi per cui le aziende italiane furono costrette dal governo di allora a recarsi nelle loro banche a chiedere prestiti garantiti dello Stato.

Il semplice motivo fu che in virtù dei tremendi lockdown, l’intero sistema economico si trovò a doversi fermare e bloccare ogni tipo di attività, con il conseguente azzeramento di ogni fatturato. In pratica gli operatori economici furono costretti a richiedere un prestito per un motivo che mai e poi mai un istituto di credito si sognerebbe di concedere: ovvero per finanziare i fatturati mancanti.

Una operazione finalizzata soltanto a fare in modo che la chiusura temporanea non diventasse definitiva. Anche se poi, stante lo stesso andamento delle politiche fiscali austere, per molti definitiva lo è diventata per davvero.

Quindi, invece che sovvenzionare direttamente gli operatori economici (come avvenuto in altri paesi europei), il governo di allora preferì che a farlo fosse il sistema bancario italiano con dei prestiti; dando sostegno a questa operazione, attraverso la garanzia statale. Altrimenti, mai li avrebbero concessi!

Vi riporto una esperienza personale per farvi capire meglio: nella tanto bistratta Grecia, da molti indicata perennemente prossima al default e dove per buona parte del mio tempo vivo, il governo anziché far intervenire il sistema bancario, ha provveduto a versare le sovvenzioni (non poche, ma niente di paragonabile ai fatturati persi, in termini numerici), direttamente sui conti degli operatori economici. Ed ora che siamo arrivati al momento della restituzione, ha deciso di far rimborsare solo il 33% della somma sovvenzionata in 72 rate.

Con questo non voglio dire, sia ben chiaro, che tale tipo di intervento è una risposta risolutiva al problema delle chiusure, se a questo, si fanno seguire le medesime politiche austere; tanto meno è un regalo che si fa alle imprese. Anzi, stante il perdurare delle citate politiche fiscali in combinata con i nuovi eventi speculativi sull’energia, le difficoltà per gli operatori (ancora oggi attivi), sono di gran lunga maggiori rispetto a prima, visto che le loro finanze dovranno anche provvedere al rimborso di un’ulteriore prestito, addirittura non produttivo, visto che non è finalizzato ad investimenti ma unicamente ad esigenze di cassa.

L’esempio riportato della Grecia mi serve per farvi capire quanto Giulio Tremonti, con queste dichiarazioni, sia lontano dalla verità e quanto le stesse siano solo finalizzate ad una campagna elettorale per portarci ad un voto, che mai si tradurrà in un reale e sperato cambiamento.

Vorrei chiedere a Tremonti: la Grecia che ha tagliato il 66% dell’importo da ricevere indietro, che di fatto in base ai numeri che ci dà “Don Giulio”, corrisponderebbe per il nostro paese all’escussione di garanzie statali per 165 miliardi (il 66% di 250 mld), non ha messo a rischio i propri conti pubblici?

A quanto pare NO! visto che la commissione europea, ha addirittura deciso nell’agosto scorso di toglierle perfino la vigilanza; cosa che vi ho ben documentato in un articolo recente (La Grecia improvvisamente non è più il malato d’Europa…. i miracoli dell’euro!!!).

Insomma, trasmissione TV dopo trasmissione TV, dichiarazione dopo dichiarazione, la credibilità di Giulio Tremonti potrebbe ingaggiare una gara al ribasso con il campione di questa disciplina, che ancora oggi risulta essere indiscutibilmente Matteo Renzi, pur se insidiato da una “new entry”, Luigi di Maio, il quale pare veramente essere dotato delle “stimmate” del campione.

Con Giorgia Meloni che ormai da tempo, sia riguardo ai principali temi di geopolitica che alle posizioni da tenere in merito alle relazioni politiche internazionali (la posizione sulla guerra in Ucraina su tutte), è diventata il ventriloquo di Mario Draghi e con Giulio Tremonti che in materia economica non perde occasione per rinverdire e portare a nuova vita i “dogmi” del sistema-euro….. sarà difficile anche a questo giro, per noi italiani, sperare in un reale e concreto cambiamento.

di Megas Alexandros

 

Fonte: Da Monti a Tre-Monti la preoccupazione è sempre la stessa: i conti pubblici! – Megas Alexandros

 

NOTE:

[1] Stasera Italia, Giulio Tremonti svela l’emendamento al dl Aiuti che mette a rischio i conti – Il Tempo

 

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