DI DEBORA BILLI
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E’ con dolore, e anche un po’ di umiliazione, che l’Italia si trova a guidare la classifica mondiale per il numero di decessi per coronavirus. Perché? Si chiede la popolazione. Perché? Si chiedono la politica, i sanitari, la stampa.
Il sistema sanitario, messo a durissima prova, sta reggendo e sta dimostrando di meritare il suo posto in classifica tra i migliori del mondo. Eppure si muore più che in Cina o in Iran, con numeri di epidemia da Terzo Mondo. Come è possibile?
Forse invece è possibile, e lo è proprio a causa della qualità ottima della nostra assistenza sanitaria. Tutte le statistiche mondiali sulla speranza di vita vedono l’Italia sul podio, chi al secondo posto (ONU), chi al terzo (CIA Factbook), chi al quinto (OMS), e con record di aspettativa intorno agli 84/85 anni. Questo significa una sola cosa: che a molte, moltissime persone nel nostro Paese viene garantita una lunga vita anche quando affette da patologie gravi. D’altronde tutti ne abbiamo esempi in famiglia: persone con malattie oncologiche o cardiologiche a cui il sistema sanitario nazionale offre cure al top anche in età avanzatissima e con salute acciaccatissima. In Italia, malgrado i difetti del SSN, non si lascia mai nulla di intentato.
Questa lodevole mentalità, nel Paese in cui “la salute innanzitutto” è il motto nazionale, ci ha portato a record invidiabili. Ma ci ha portato anche ad avere una consistente parte della popolazione che contemporaneamente è anziana *E* affetta da gravi patologie. L’annuario Istat riporta: “Gli uomini di 75 anni e più sono più colpiti da malattie del cuore (21,0%) rispetto alle loro coetanee (13,7%) e da bronchite cronica (19,6% contro 15,1%)”.
E scopriamo che vittime del coronavirus corrispondono quasi perfettamente: in maggioranza uomini, e affetti in primis da malattie cardiache e respiratorie (oltre che diabete e tumori).
Per riassumere il concetto, se tutte queste persone fossero vissute altrove anziché in Italia sarebbero probabilmente decedute in un’età meno avanzata. Invece sono vissute qui, e curate il più a lungo possibile perché noi siamo italiani e ci piace così. Non lasciamo indietro nessuno.
Ora stiamo pagando questo e seppellendo i nostri nonni malati, che abbiamo orgogliosamente tenuto in vita. Non dobbiamo sentirci umiliati dalle drammatiche statistiche del covid19: non significano che siamo meno bravi degli altri… ma che lo siamo DI PIU’. Non ci è di nessuna consolazione, sia chiaro, ma almeno può essere una spiegazione.
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NB: Spagna e Svizzera, che vantano i nostri stessi record di speranza di vita, sono purtroppo sulla stessa strada riguardo alla letalità del covid19.
Debora Billi
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19.03.2020