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La Redazione

 

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Un’altra vittima della guerra di Bush

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Il Suicidio di un Veterano della guerra in Iraq


di Mark Clinton e Tony Udell
5 Ottobre 2004

Jeffrey Lucey è un nome che non sarà dimenticato presto dalle oltre cento persone che hanno partecipato alla sua cerimonia funebre presso il College della Comunità Holyoke (HCC), nel Massachusetts occidentale.

Lucey, un marine reduce dalla guerra in Iraq e studente presso quel college, si e’ suicidato il 22 giugno u.s.. Aveva 23 anni.
Come ha detto suo padre Kevin durante il funerale, la morte di Jeff, anche se non considerata ufficialmente tale, e’ un’ulteriore perdita di guerra, che mostra i costi umani del conflitto.
Come hanno riferito i genitori ad Amy Goodman, del programma radiofonico di orientamento democratico “Democracy Now!”, Lucey si era arruolato a 18 anni nella riserva dei Marine, perché voleva acquisire l’addestramento e guadagnare denaro per pagarsi il college.

Fu chiamato al servizio attivo all’inizio del 2003 con il 6° Battaglione Moto-Trasportato. In febbraio era in Kuwait. Il giorno dopo aver celebrato il suo 22° compleanno cominciò l’invasione dell’Iraq. Addestrato come impiegato specializzato, ebbe un nuovo incarico come autista.

Il 18 aprile 2003 Jeff scrisse a Julianne Proulx, sua ragazza dal 1997, di aver compiuto “cose immorali”. Comunque al suo ritorno alla casa dei genitori in luglio (2003) era sembrato normale, e tutti erano troppo felici di vederlo per sospettare che qualcosa (che lo riguardava) fosse terribilmente ingiusto.
Con quelli che lo conoscevano meno intimamente, Jeff manteneva fino in fondo la facciata del buon marine.

Alla vigilia di Natale le cose cominciarono a precipitare.
Mentre era ubriaco, Lucey si tolse dal collo due targhette individuali confezionate in Iraq e le lanciò alla sua sorella minore, dicendole di sentirsi un assassino.
Non raccontò mai alla sua famiglia l’intera storia della sua esperienza in Iraq, ma solo pezzettini e brani. (Quanto riferito) era abbastanza orribile.
Parlava di persone anziane uccise mentre cercavano di sfuggire ai Marine che entravano a Nassiriya.
Raccontava di un ragazzino iracheno, sanguinante e prono nella strada polverosa, colpito da proiettili in testa e in petto, che ancora teneva in mano una piccola bandiera Usa insanguinata.
Parlò del suo orrore mentre un tank Usa avanzava pesantemente e rumorosamente nella strada, di come egli era fuggito dal suo veicolo e, mentre la raffica dei proiettili increspava la sabbia attorno a lui, aveva portato il corpicino al triste santuario del vicolo vicino.
Raccontò di come gli era stato ordinato di sparare a 2 prigionieri iracheni.
Ricordò come aveva guardato nei loro occhi ed aveva esitato, notando come tremavano di terrore, e pensando alle loro famiglie.
Ricordava che un ufficiale aveva gridato “Premi quel sfottuto grilletto, Lucey !”
Ricordava di aver sparato ai soldati e di averli guardati morire.
Disse a suo padre che c’erano “altre cose” che non voleva la famiglia conoscesse.

Da parte loro, i Marine rigettarono l’accusa di Lucey che gli fosse stato ordinato di sparare a prigionieri iracheni, in quanto “infondata”, però non spiegarono come fossero arrivati a tale conclusione.

Comunque il portavoce dei Marine – capitano Pat Kerr – ha confermato che il battaglione di Lucey era impegnato nel trasporto dei prigionieri di guerra, come riferito da un servizio giornalistico.

Jeff cominciò a bere sempre di più, mentre precipitava verso l’autodistruzione.
All’inizio di giugno i suoi genitori disperati riuscirono ad ottenere un ricovero forzato presso un ospedale locale per veterani, dove Lucey si lamentava di essere trattato come “un prigioniero”.
Fu fatta una diagnosi di depressione con secondaria dipendenza da alcool, e fu dimesso dopo 4 giorni perché, come asseriva l’ospedale, non era un pericolo per sé o per gli altri.
Tornando a casa disse ai genitori di aver parlato due volte con gli psichiatri, entrambe brevemente, e che nella seconda occasione lo psichiatra gli sembrava preoccupato di altre questioni.

Da molti punti di vista, il destino di Jeff ha seguito un percorso che sta diventando fin troppo familiare.
Come ha detto Nancy Lessin dei Rappresentanti delle Famiglie dei Militari ad Amy Goodman: “Abbiamo sentito così tanto a proposito di ciò che questo esercito ha imparato in Vietnam (a proposito del Disordine da Stress successivo al Trauma), e di come essi ora si comportano differentemente.
Ma non vediamo niente di tutto questo.

Vediamo succedere gli stessi errori, errori che, infatti, non sono affatto errori.
In realtà è un modo di negare il problema, così loro possono mantenere altrettanti reparti eccitati impiegati e re-impiegati.
Dopo la morte di Jeff, i suoi genitori seppero dalla cartella clinica, compilata durante il ricovero forzato, che egli aveva detto alle infermiere di avere 3 differenti piani di suicidio: una overdose di droga, soffocamento o impiccagione.

Il 22 giugno scelse l’ultimo dei 3 metodi citati, impiccandosi nel seminterrato della casa dei genitori.
Il padre trovò il corpo del suo unico figlio quando tornò a casa dal lavoro, poco prima delle 19:00. In uno degli appunti lasciati, Jeff chiedeva ai suoi genitori di non sentirsi in colpa “perché grazie a voi ho vissuto un’infanzia felice ed una grande vita. Sfortunatamente sono debole e non posso sopportare il dolore. Sento che ho perso la parte più importante della mia vita, che non esisterà più.”

Anche se il funerale non fu considerato un evento politico, praticamente nessuno degli intervenuti a parlare poté ignorare le implicazioni della guerra in Iraq, che si lascia dietro l’equivalente umano delle bombe a grappolo, che imploderanno ed esploderanno negli anni e decenni a venire.
Forse nessuno ha espresso eloquentemente il significato politico della morte di Jeff Lucey come Sean Lamory, l’amico di Jeff negli ultimi 14 anni, veterano dell’aviazione militare Usa, studente allo HCC e tra i principali organizzatori del funerale presso il campus.

Notando che il peso della guerra in Iraq ricade soprattutto sui riservisti e sui membri della Guardia Nazionale, Lamory ha osservato che questi soldati “tipicamente sono giovani uomini e donne che si arruolano per avere gratis il College e benefici.”

“Proprio qui al HCC vedo una scuola dove molti studenti soffrono di ristrettezze economiche ed escono dalla lezione per vedere una fantastica Hummer, circondata da Marine in alta uniforme, che fanno di promesse di ogni tipo.”
Lamory ha citato anche un articolo del New Yorker, il quale nota che il tasso di suicidi “tra i soldati in Iraq è superiore di un terzo a quello storico dell’Esercito.”
Forse, ha ipotizzato, il tasso è così alto perché “da qualche parte ci sono circa 15 mila civili iracheni morti, e le nostre truppe hanno difficoltà a trovare giustizia in questo fatto.”

Mark Clinton e Tony Udell scrivono per il “Socialist Worker”
http://www.socialistworker.org/
(Lavoratore socialista)

fonte:
http://www.counterpunch.org/clinton10052004.html

Traduzione di Francesco Caselli per Comedonchisciotte.net

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