UN PIENO DI RETORICA

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DI MASSIMO FINI

In Iraq sono più pericolosi i terroristi o gli americani? Ciò che è accaduto l’altro ieri in Iraq fotografa la reale situazione sul campo in quel Paese e anche, con i suoi rimbalzi in Italia, la nostra incapacità nazionale, fra retorica, sciacallaggio politico e Festival di Sanremo, a star dentro una vicenda tragica come la guerra, una guerra che le nostre autorità continuano a chiamare, contro ogni evidenza, “operazione di pace”. Racconterò questa giornata come l’ho vissuta io, da spettatore attonito, perché credo che non sia stato diverso da come l’hanno vissuta molti italiani. Ho la ventura di avere come vicini di casa una coppia di novantenni che tengono la televisione accesa tutto il giorno. Stavo uscendo di casa alle 18 e 30 in punto quando al di là della porta dei miei vicini ho sentito una voce che, dagli schermi, annunciava la liberazione di Giuliana Sgrena. Mi sono precipitato in casa e ho aperto la Tv. All’inizio le autorità italiane, e quindi anche le televisioni, volevano accreditare la versione del blitz, senza riscatto, dei nostri servizi segreti. Ma poco dopo Al Jazera trasmetteva un video della Sgrena in cui la giornalista de Il Manifesto, in buona salute, psicologicamente sollevata e intellettualmente lucida, ringraziava i suoi rapitori per essere stata “trattata molto bene” e li definiva “molto decisi perché intendono liberare la loro terra dall’occupazione straniera”.Intanto ha inizio l’alluvione dei commenti, affrettati e smodati, dei nostri leader ognuno dei quali cerca di portar acqua al proprio mulino politico ed elettorale. Pecoraro Scanio parla di “vittoria della pace”, Luciana Castellina, al congresso in festa di Rifondazione comunista, afferma che “Rifondazione porta bene”. Gli esponenti della maggioranza esultano per la “vittoria delle istituzioni” (mentre, semmai, è una vittoria dei rapitori che hanno incassato dai sei agli otto milioni di euro senza aver torto un capello all’ostaggio). Ciampi, raggiunto a Napoli, dà sfogo a quella retorica da cui non è alieno .

Parla di “Giuliana” come fosse sua sorella e condividessero da sempre il desco (più sobriamente, in serata, Berlusconi la nominerà come “signora Sgrena”). Come se non bastasse il TG1, per strumentalizzare a sua volta la vicenda e lanciare la serata del Festival, si collega con Sanremo dove un Bonolis dalle labbra tirate si dichiara “felicissimo” ma gli si legge sul volto, e soprattutto su quelle labbra, la preoccupazione perché la liberazione della Sgrena scatenerà i “talk show” e gli porterà via audience.

E non rinuncia quindi a ricordare, in un momento così drammatico, che “questa sera giocheremo con la musica, ci saranno delle sorprese straordinarie”. Il grottesco è che queste dichiarazioni politiche e queste giullarate continuano ad essere mandate in onda quando ormai anche il telespettatore, o chi sta rientrando in macchina con la radio accesa, sa dell’incidente mortale al check-point. Chi entra in casa intorno alle otto, sapendo, si trova davanti a una scena surreale. I commenti di Ciampi, di Fini, di Prodi, di Bertinotti, di Follini, di Gasparri e degli altri non tengono contro della morte di Nicola Calipari. E non capisce più niente. Si chiede se la salvezza di una vita pagata con la fine di un’altra non dovrebbe annullare tutta quella gioia smodata che risulta anche offensiva nei confronti del morto e della sua famiglia. Soprattutto Carlo Azeglio Ciampi, che si è espresso così enfaticamente, viene esposto a una figuraccia che gli doveva essere assolutamente risparmiata dai responsabili Rai e che se il nostro fosse un Paese capace di un minimo di serietà dovrebbe costare molte teste, da quella di Clemente Mimun a quella di Flavio Cattaneo.

C’è il dietrofront, il “contrordine compagni” di guareschiana memoria. Adesso siamo alluvionati dalle dichiarazioni delle opposizioni che cercano di strumentalizzare “a contrario” l’intera vicenda. Il TG2 si collega ancora con Sanremo. Tocca al direttore artistico Gianmarco Mazzi – poiché Bonolis s’è n’è andato fare retromarcia e paragonare, con aria affranta, la morte di Calipari a quella di Castagna “che abbiamo dato in diretta così come stasera daremo quella del funzionario del Sismi”.Altra retorica, su Calipari, che certamente si è comportato con grande valore coprendo probabilmente col suo corpo la Sgrena, e che viene descritto come “il poliziotto buono, mite, discreto modesto”. Nel suo caso è certamente così, ma non è possibile che ogni volta che muore qualcuno in circostanze tragiche questo diventi, d’amblé, la persona migliore del mondo.

Si precisa nel frattempo ciò che è successo al check-point dove, oltre allo 007 ucciso sono stati feriti un altro funzionario del Sismi, in modo grave, un carabiniere di scorta, la stessa Sgrena e l’autista iracheno.

È vero che in Iraq gli americani sparano su qualunque cosa si muova e, come scrive il Corriere della Sera, “verificano dopo”. Come Calipari sono morti centinaia di civili iracheni ai posti di blocco americani, ma, si sa, gli iracheni non sono propriamente degli esseri umani come noi. Però qualche errore ci deve essere stato anche da parte nostra. Gli italiani non si fidano degli alleati americani e viceversa. La filosofia, nel caso di sequestri, è diversa, opposta. Un agente della Delta Force di Camp Victory, dove americani e italiani vivono fianco a fianco, ha confidato: “Gli italiani trattano, sono pronti a pagare un riscatto. Noi americani assolutamente no”. Calipari non ha quindi avvertito i colleghi americani dei suoi movimenti se non, forse, all’ultimissimo momento. Forse ha troppa fretta, forse è preso dalla frenesia, forse è pressato dalle autorità italiane e dagli affrettati e sgangherati annunci che danno la Sgrena in arrivo nella notte italiana senza tener conto delle insidie della notte di Bagdad. Forse teme, umanamente, comprensibilmente, che anche questa volta il ruolo che ha avuto gli sia sottratto da qualcuno, come avvenne all’epoca della liberazione di Simona Torretta e Simona Pari, quando fu Maurizio Scelli, il responsabile della Croce Rossa, che si prese tutti gli onori di un’operazione di cui il vero protagonista era stato Calipari. Forse sarebbe successo tutto ugualmente, anche se i nostri 007 avessero agito con maggior prudenza. Perché il tragico incidente al check point dimostra che la tensione in Iraq è altissima e si illude o, peggio, mente, chi afferma che dopo le elezioni di gennaio l’Iraq si è avviato sulla strada della normalità. In Iraq c’è una guerra, una guerra contro gli occupanti, senza distinzione di ruoli come disse la stessa Sgrena nel suo primo, drammatico, video, e una guerra civile, fra sunniti e sciiti, che, l’esperienza italiana del ’43-’45 insegna, è la più feroce e spietata di tutte le guerre. Anche se bisogna ammettere, con amarezza, che ad uscire meglio da questa brutta storia sono stati i rapitori. Fonte.www.gazzettino.it
6.03.05

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