Dr. Mario Trovarelli (Psicologo – Psicoterapeuta)
Come accade nel sogno, anche nella comunicazione telematica il nostro interlocutore è più costruito dalla nostra fantasia che dalla sua propria autonomia di persona concreta.
I sogni aiutano a vivere, diceva qualcuno in televisione. E’ vero! Se non si sognasse non si vivrebbe quella dimensione trascendente che ci porta fuori dal concreto. Che rigenera e arricchisce la nostra anima.
Nella sospensione dello stato vigile di coscienza emergono i fantasmi dei nostri abissi. E possiamo confrontarci con loro. Anche se dobbiamo registrare una certa attività della censura culturale anche nel sogno. Infatti le immagini arrivano in superficie con mille mascheramenti. Riescono tuttavia ad emergere.
Nello stato di veglia la censura è mantenuta più attiva dalla vigilanza cosciente e dal rumore di fondo che ci circonda. In tali condizioni i fantasmi, che sono i prodotti delle nostre fantasie, sono costretti a restarsene sul fondo. Non li percepiamo, anche se essi sono là ad esercitare la loro influenza su tutte le nostre attività.
Davanti al monitor, diciamolo pure, ci sembra un po’ di sognare. Tutto …o quasi tutto diventa possibile. Subiamo una sorta di trance ipnotica che tende ad attenuare lo stato di vigilanza. E i fantasmi emergono. Prendendo un po’ le forme delle pagine web o magari dei testi scritti che si stagliano dal groviglio dei newsgroups.
La fantasia ha un ruolo fondamentale nel corso dell’intera esistenza. Il bambino sopravvive all’assenza della mamma sviluppando una sostituzione adeguata di essa. Se la mamma non è disponibile in “carne e ossa”, il bambino se ne autocostruisce una su misura che sia idonea a surrogare quella vera. Da questa sorta di allucinazione nasce il pensiero.
Nella comunicazione telematica il nostro interlocutore non è presente “in carne e ossa”. Tuttavia egli è là. Da qualche parte nell’universo… e dentro di noi. Comunichiamo con lui ma contemporaneamente con noi stessi, con la nostra fantasia, con i nostri bisogni. Che possono pericolosamente (cioè illusoriamente) essere soddisfatti dallo schermo magico.
Se la nostra fantasia funziona bene. Se essa è sufficientemente creativa ma altrettanto legata alla concretezza, allora riusciremo ad immaginare il nostro interlocutore telematico senza perdere di vista il contatto con la verità del mondo concreto.
Questo accade quando le cose sono andate bene nel corso dello sviluppo. Il pensiero, in questo caso, attinge dalla fantasia senza tuttavia diventare “fantasticheria” isolata e falsamente autonoma.
Al contrario, quando le cose non sono andate troppo bene nel corso dello sviluppo, allora si possono avere residui di bisogni infantili che emergono nelle situazioni più impensate. Come ad esempio quando leggiamo qualche testo sul nostro monitor e sentiamo scoccare un corto circuito dentro di noi. Un conto è venire colpiti da un messaggio. Altro è avere una fantasia già pronta che molto presto si trasforma in bozzolo avvolgente e coinvolgente! La fantasia, in questo caso, non assolve più al proprio compito di supporto creativo della progettualità. Ma diventa un intralcio alla cognizione corretta della realtà. In queste condizioni si possono vivere sentimenti intensi come odio, risentimento, amicizia… innamoramento. Il tutto con persone che, se incontrate per strada, non susciterebbero probabilmente le stesse reazioni.
Il pensiero, nella sua corsa verso la sua destinazione finale (rappresentato dal comportamento adattativo) attraversa numerosi stadi evolutivi. Parte dal primo abbozzo, che è l’intuizione, per diventare alla fine azione concreta. Il processo è molto complesso e percorre numerose fasi. Il pensiero può esprimersi in tanti modi, ognuno dei quali e’ connotato da specifiche caratteristiche. Possiamo avere un pensiero semplicemente “pensato”, un pensiero “parlato” o un pensiero “scritto” o addirittura “rappresentato”, ecc.
E’ indubbio che il pensiero scritto ha una capacità di penetrazione molto forte. Specie quando l’ascoltatore (cioè il lettore, in questo caso) conserva quei bisogni arcaici che sono continuamente a caccia di buone occasioni per esprimersi e per gratificarsi. Ecco perché la comunicazione telematica, che avviene attraverso testi scritti, può avere una forza d’impatto molto forte e coinvolgente nelle persone vulnerabili.
Credo tuttavia che queste persone subiscano forti coinvolgimenti anche davanti ad un film o a qualsiasi altra manifestazione adeguatamente evocatrice. L’innamoramento, in questi casi, si colloca inevitabilmente al di fuori di ogni realtà e non implica alcuna responsabilità… a meno che la fantasia non finisca per essere “agita” e trasformata in un incontro concreto e consumato! In tal caso, tuttavia, non saremmo più di fronte alla comunicazione telematica ma in una condizione di rapporto diretto con una persona concreta.
Aprile 1996
Dr. Mario Trovarelli