Stalin contro gli ebrei: Come il dittatore sovietico perse la sua ultima battaglia

Settanta anni fa, la morte dell'uomo forte georgiano pose fine alla persecuzione della minoranza religiosa e al famigerato "Caso dei Medici". La ricostruzione dello storico Anatoliy Brusnikin per Russia Today

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Di Anatoliy Brusnikin, rt.com

Le “purghe” del dittatore sovietico Joseph Stalin, mirate a gruppi di suoi presunti rivali, sono un fenomeno storico e psicologico unico, oltre che oggetto di notevoli ricerche. Negli anni ’20, l’uomo forte georgiano eliminò indiscriminatamente concorrenti politici di partiti e classi opposte, ex ufficiali dell’Armata Bianca e lavoratori del complesso militare-industriale zarista. Negli anni ’30, si scagliò contro gli oppositori interni del partito, l’intera leadership dell’Armata Rossa e l’NKVD (precursore del KGB). Fortunatamente, il terrore fu brevemente interrotto durante la Seconda Guerra Mondiale.

Alla fine del conflitto, la ricerca di nemici interni colpevoli di “ostacolare la costruzione del comunismo” riprese. Il nuovo nemico del regime stalinista fu presentato nell’immagine di un cosmopolita e… di un ebreo. Il cosiddetto ‘Caso dei Medici‘ sarebbe diventato il punto culminante di questa nuova epurazione antisemita, ma il processo fu bruscamente archiviato subito dopo la morte di Stalin.

Cosmopolitismo senza radici

La vittoria congiunta dell’URSS sulla Germania e sul Giappone, insieme agli alleati occidentali, dette origine a un atteggiamento geopoliticamente ingiustificato e ‘amichevole’ nei confronti dei Paesi occidentali. La gente comune sovietica non riusciva a capire come le persone che li avevano appoggiati durante la guerra fossero ora improvvisamente diventati il nemico in una nuova guerra ‘fredda’.

Per risolvere questa dissonanza cognitiva, l’URSS lanciò una campagna contro il cosmopolitismo. Le autorità sostenevano l’idea che la guerra contro Hitler era stata vinta da una grande nazione: il popolo sovietico, come Stalin aveva proclamato nel suo famoso brindisi del 24 maggio 1945. Ora, se questa nazione aveva sconfitto il male del mondo, sicuramente possedeva il meglio di tutto. Così, qualsiasi tentativo di paragonare la situazione interna alla vita in altri Paesi fu etichettato come un “inchinarsi davanti all’Occidente“.

I cittadini che esprimevano opinioni e dichiarazioni “cosmopolite”, soprattutto quelli il cui lavoro implicava contatti con gli stranieri, potevano facilmente cadere vittime dell’Articolo 58 del Codice Penale, “anti-sovietico”. Le formulazioni legali basate sul comportamento osservato andavano da “ammirazione per le armi e le attrezzature militari americane” (ricevute dall’URSS con la formula del lend-lease) a “atteggiamenti antisovietici” o “legami sospetti di spionaggio“.

La campagna procedeva a tutti i livelli. I giornali e i “tribunali d’onore” sovietici lanciarono una campagna contro l'”idealismo”, il “cosmopolitismo”, il “formalismo” e il “nazionalismo borghese ebraico”. Quest’ultimo era particolarmente importante, poiché dopo la Guerra di Indipendenza di Israele, divenne chiaro che, contrariamente ai calcoli di Stalin – per non parlare della sua fornitura di armi ai sionisti – Israele non sarebbe diventato uno Stato satellite dell’URSS in Medio Oriente.

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La caricatura di Konstantin Eliseev di un ‘vagabondo senza passaporto’ sulla copertina del numero della rivista Crocodile del 20 marzo 1949, che apparve nel mezzo di una campagna per combattere il ‘cosmopolitismo senza radici’.

 

Nel 1948, le autorità sovietiche iniziarono l’epurazione del Comitato Antifascista Ebraico (JAC), che avevano creato solo pochi anni prima. Il leader dell’organizzazione, il regista teatrale di fama mondiale e figura pubblica ebraica Solomon Mikhoels, fu ucciso a Minsk su ordine personale di Stalin.

Il JAC rispondeva all’NKVD e fu inizialmente istituito a scopo di propaganda nel 1942. Ebrei sovietici, scienziati e intellettuali erano membri dell’organizzazione. Il loro compito principale era quello di raccogliere assistenza finanziaria dalla comunità internazionale per conto degli ebrei che combattevano il nazismo sotto la bandiera rossa.

Tra le altre cose, il comitato raccolse informazioni sull’Olocausto in territorio sovietico occupato dai tedeschi. Il ‘Libro Nero‘ fu stampato a New York nel 1946, ma non fu mai pubblicato in URSS. In base alla versione ufficiale, l’intera popolazione dell’Unione Sovietica era stata colpita dalle conseguenze della guerra, e non solo alcune nazionalità. Pertanto, l’unico memoriale dell’Olocausto fu eretto a Kiev, a Babi Yar. Nonostante i numerosi appelli della comunità ebraica, negli altri luoghi in cui erano avvenute le esecuzioni di massa degli ebrei, i memoriali furono proibiti. Con la fine della guerra ed il fallimento politico dell’URSS in Israele, si disse che l’organizzazione attirava soltanto un’attenzione ‘inutile‘. Così la JAC fu sciolta nel 1948.

A quel tempo, le due campagne – quella contro l’ “inchinarsi davanti all’Occidente” e quella all’antisemitismo latente – si fusero in un’unica lotta contro il cosmopolitismo. Gli ebrei, in particolare i sionisti, divennero le vittime più frequenti. Per ottenere solidi risultati in termini di mobilitazione economica, il nemico doveva avere un volto. Mentre l’Inghilterra e gli Stati Uniti erano l’immagine del nemico esterno, i “cosmopoliti” divennero la “quinta colonna” interna dell’URSS.

La Russia è la patria degli elefanti

La campagna fu condotta dal Dipartimento di Propaganda e Agitazione del Comitato Centrale del CPSU e fu guidata da Andrey Zhdanov.

L’atteggiamento del dipartimento era esplicitamente chiaro:

“Non si può parlare di civiltà senza la lingua russa, senza la scienza e la cultura dei popoli sovietici. Il mondo capitalista ha superato il suo apice e sta rotolando convulsamente verso il basso, mentre il Paese del socialismo, pieno di potere e di forze creative, è in ascesa. Il sistema sovietico è cento volte più grande e migliore di qualsiasi sistema borghese, e le democrazie borghesi, con i loro sistemi politici in ritardo di un’intera epoca rispetto all’URSS, dovranno mettersi al passo con il primo Paese del vero potere popolare”. Alle organizzazioni del Partito è stato detto di “concentrarsi sull’educazione dei lavoratori alle idee del leninismo, incoraggiare i sacri sentimenti del patriottismo sovietico e un odio bruciante verso il capitalismo e tutte le manifestazioni dell’ideologia borghese”.

Andrei Zhdanov © Sputnik / Shagin

 

La rivista Ogonyok riproduceva immagini di opere di artisti occidentali, come Salvador Dalì, con dure critiche all’ “imperialismo militante e alla misantropia zoologica“. La letteratura occidentale non veniva quasi mai tradotta. Le sigarette “Nord” furono ribattezzate “Sever” [in russo ‘Nord’] e il “pane francese” fu ribattezzato “pane cittadino“. Durante questo periodo ci furono anche tentativi di attribuire la scoperta della Legge di Conservazione della Materia a Mikhail Lomonosov, non ad Antoine Lavoisier, e l’invenzione del radiotelegrafo ad Alexander Popov invece che a Guglielmo Marconi. All’epoca emerse una battuta che sottolineava l’assurdità della campagna: “La Russia è la patria degli elefanti“.

Nel gennaio 1948, Zhdanov utilizzò per la prima volta l’epiteto ‘cosmopolita senza radici‘ nel suo discorso. “L’internazionalismo nasce dove fiorisce l’arte nazionale. Dimenticare questa verità significa… perdere la faccia, trasformarsi in un cosmopolita senza radici“.

In un altro articolo, uno dei suoi deputati affermò che ‘il cosmopolitismo è l’ideologia della borghesia imperialista’. Tra questi Pavel Milyukov, Nikolai Bukharin, Leon Trotsky, tutti i Vlasoviti ed i loro collaboratori. In breve, tutti gli oppositori politici del regime stalinista e i nemici del popolo furono etichettati come cosmopoliti. Da un’accusa apparentemente amorfa, il ‘cosmopolitismo’ si trasformò in un termine pericoloso come ‘traditore della Patria’.

La campagna fu accolta da critiche severe sui giornali, comprese alcune pubblicazioni letterarie e teatrali, la maggior parte delle quali dirette contro gli ebrei. Tuttavia, non ci furono gravi repressioni di massa. Dal 1948 al 1953, le cose non andarono oltre un atteggiamento genericamente ostile da parte dell’opinione pubblica.

“Centro internazionale di spionaggio”

Alla fine di agosto del 1948, Zhdanov ebbe problemi di cuore. Come il resto dei vertici del Paese, fu monitorato dai migliori medici dell’URSS, che lavoravano nel dipartimento medico-sanitario del Commissariato del Popolo per la Salute. Il 28 agosto, il capo del dipartimento di diagnostica funzionale, Lydia Timashuk, fece un cardiogramma nella casa di campagna di Zhdanov e gli diagnosticò un attacco cardiaco. Tuttavia, medici più esperti e di alto livello ignorarono le sue conclusioni, esclusero la diagnosi di infarto e prescrissero altri trattamenti. Timashuk scrisse ai suoi superiori spiegando la sua posizione, ma anche queste lettere furono ignorate. Tre giorni dopo, Zhdanov morì di infarto.

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Lydia Timashuk © Wikipedia

 

Questo incidente costituì in seguito la base del ‘Caso dei Medici‘. Tuttavia, non ricevette subito la giusta attenzione. In quegli anni, le autorità sovietiche avevano molti altri motivi per eliminare persone indesiderate. Ad esempio, l’epurazione del Comitato antifascista ebraico era allora in pieno svolgimento. Nel 1949, fu avviato un procedimento penale contro l’organizzazione e le autorità arrestarono l’intera leadership del JAC. Quindici persone furono accusate di “legami con organizzazioni nazionaliste ebraiche in America…“. Di queste, 13 furono fucilate nel 1952 e circa un altro centinaio di membri dell’organizzazione furono perseguitati.

Processi antisemiti ebbero luogo anche in tutta l’Europa orientale. Nel novembre 1952, in Cecoslovacchia si svolse il processo Rudolf Slansky. All’epoca, parte della leadership della Cecoslovacchia – una repubblica chiave del blocco orientale – cercò di stabilire legami diretti con la Jugoslavia socialista governata da Tito. La reazione di Mosca fu severa. Tredici persone furono processate, tra cui Slansky, il segretario generale del Comitato Centrale del PCC, il Ministro degli Esteri Vladimir Klementis e altri alti funzionari. Delle 13 persone, 11 erano ebrei, il che rendeva l’accusa direttamente antisemita.

Inoltre, durante il processo, Israele fu definito uno strumento nelle mani dei sostenitori di una nuova guerra mondiale e un centro internazionale di spionaggio.

In questo contesto, i rapporti di Timashuk furono visti sotto una nuova luce. Si scoprì che i suoi superiori che non appoggiavano le diagnosi erano per lo più ebrei. Molti di loro furono arrestati e un articolo intitolato ‘Vili spie e assassini sotto le spoglie di professori di medicina‘ fu pubblicato sulla Pravda e su altri giornali. Seguì un rapporto ufficiale dettagliato dell’incidente:

“L’indagine ha stabilito che i membri del gruppo terroristico, abusando dello status di medici e della fiducia dei pazienti, hanno deliberatamente e scelleratamente minato la loro salute, hanno fatto diagnosi errate e hanno ucciso i pazienti con trattamenti impropri. Con il pretesto dell’alto e nobile titolo di medici – uomini di scienza, questi demoni e assassini hanno calpestato la sacra bandiera della scienza. Intraprendendo un percorso di crimini mostruosi, hanno contaminato l’onore degli scienziati”.

 

Frammento di una vignetta dedicata al ‘caso dei medici’ dalla rivista ‘Crocodile’, inverno 1953.

 

Lo stesso rapporto della TASS affermava: “È stato stabilito che tutti i membri del gruppo terroristico lavoravano per i servizi segreti stranieri, ai quali vendevano anima e corpo, ed erano i loro agenti pagati”. Il rapporto prosegue affermando che il loro obiettivo era quello di “uccidere funzionari attivi dello Stato sovietico“.

Un’altra citazione dallo stesso rapporto:

“La maggior parte dei membri del gruppo terroristico – Vovsi, B. Kogan, Feldman, Greenstein, Etinger e altri – sono stati assunti dall’intelligence americana. Sono stati reclutati dall’organizzazione internazionale ebraico-borghese-nazionalista ‘Joint’ – un ramo dell’intelligence americana. La faccia sporca di questa organizzazione di spionaggio sionista, che nasconde le sue vili attività sotto la maschera della carità, è stata completamente smascherata”.

Joint‘ era effettivamente un’organizzazione di beneficenza che esisteva fin dalla Prima Guerra Mondiale e forniva assistenza agli ebrei di tutto il mondo. Due guerre mondiali, la Grande Depressione, l’ascesa al potere dei nazisti e la Guerra d’Indipendenza di Israele offrirono molte occasioni di aiuto umanitario. Non sorprende che i medici arrestati abbiano avuto contatti con un’organizzazione internazionale così potente.

L’antipatia personale di Stalin nei confronti degli ebrei giocò un ruolo importante in questi eventi. Il 1° dicembre 1952, Stalin dichiarò:

“Ogni ebreo nazionalista è un agente dell’intelligence americana. Gli ebrei nazionalisti credono che la loro nazione sia stata salvata dagli Stati Uniti… Tra i medici, ci sono molti ebrei nazionalisti”.

Il tono delle accuse nei media come Pravda e TASS, così come l’alto rango degli ‘assassini in abito bianco’ arrestati, non lasciavano dubbi sul fatto che si stesse preparando un processo pubblico su larga scala. Solo che questa volta gli accusati non erano militari o trotzkisti, ma medici e soprattutto ebrei.

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© RIA News

Fine del gioco

L’imputato principale era Miron Vovsi. Nel 1941-1950, Vovsi fu il medico capo dell’Esercito sovietico, ricoprì i titoli di accademico e di maggiore generale ed era uno specialista di medicina militare da campo. Dopo il suo arresto alla fine del 1953, fu identificato quale leader del gruppo dei ‘medici assassini’.

Oltre a Vovsi, tra gli accusati c’erano il capo del Dipartimento di Terapia Ospedaliera del Primo Istituto Medico di Mosca Boris Kogan, il creatore e capo del Dipartimento di otorinolaringoiatria dell’Istituto Centrale di Formazione Medica Avanzata Alexander Feldman, il medico di Joseph Stalin Vladimir Vinogradov, il capo del dipartimento medico e sanitario del Cremlino e il principale medico di Stalin Pyotr Egorov, e Yakov Etinger – il medico personale dei commissari del popolo Georgy Chicherin, Sergo Ordzhonikidze, Semyon Budyonny, Maxim Litvinov e Palmiro Togliatti.

Questi medici, insieme a diversi altri famosi professori di medicina, furono imprigionati dalla fine del 1952 all’inizio del 1953. Tutti gli imputati furono interrogati attivamente e furono avviati i preparativi per un processo pubblico. Fondamentalmente, tutti furono accusati delle stesse cose: maltrattamenti deliberati di importanti funzionari di partito.

Tuttavia, l’udienza non ebbe mai luogo, perché all’inizio di marzo del 1953, Stalin stesso si ammalò improvvisamente e presto morì.

Nikolai Mesyatsev, ex investigatore di casi speciali del Ministero della Sicurezza di Stato dell’URSS, ha dichiarato che il legame tra la morte di Stalin e la ravvicinata chiusura del caso dei medici è basato su speculazioni. Secondo Mesyatsev, la decisione di chiudere il caso fu presa a metà febbraio 1953. Questa sua versione è però contraddetta dalle allora crescenti accuse contro i medici e le storie antiebraiche apparse sulla stampa a metà febbraio e cessate solo dopo la morte del dittatore.

Gli storici concordano sul fatto che Lavrentiy Beria abbia avviato la chiusura del caso il 13 marzo, una settimana dopo la morte di Stalin.

Tutti gli arrestati del ‘Caso Medici’ furono rilasciati e reintegrati un mese dopo. Il giorno seguente, un annuncio ufficiale dichiarò che le confessioni erano state ottenute con “metodi investigativi inaccettabili“. Il tenente colonnello Ryumin, il funzionario incaricato del caso, era stato licenziato dal Ministero della Sicurezza di Stato e fu immediatamente arrestato su ordine di Beria. Fu fucilato nell’estate del 1954 durante i processi di Krusciov contro i responsabili delle repressioni di massa.

Il caso fu rapidamente oscurato dal lutto nazionale per la morte di Stalin e dagli inevitabili cambiamenti di politica interna.

All’improvviso, ci fu un senso di sollievo. In Unione Sovietica, la retorica anti-israeliana si attenuò fino alla Guerra dei Sei Giorni del 1967.

Nel frattempo, i viaggi di Kruscev negli Stati Uniti misero fine alla persecuzione dei “cosmopoliti”. Tra l’altro, egli stesso, non molto tempo prima sarebbe stato sicuramente accusato di “inchinarsi davanti all’Occidente“.

Di Anatoliy Brusnikin, rt.com

17.04.2023

Anatoliy Brusnikin è uno storico e giornalista russo.

Fonte: https://www.rt.com/russia/574532-stalin-against-jews-doctors-case/

Tradotto dalla Redazione di ComeDonChisciotte.org

 

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