Il politico antipolitico
DI NEWTON GARVER
La Bolivia non è solamente dotata di meravigliosi scenari che vanno dalla foresta vergine amazzonica alle Ande, ma è anche caratterizzata dall’essere generalmente ignorata dalla stampa dell’emisfero settentrionale. Se cerco “Bolivia” nel New York Times online, spesso passano mesi senza che appaiano nuovi risultati, salvo che per un articolo occasionale, nel quale la Bolivia viene elencata come uno dei paesi dell’America Latina. Negli ultimi 18 mesi, però, le cose sono cambiate. Nell’ottobre del 2003 il presidente eletto Gonzáles de Lozada, è stato costretto a dimettersi: l’utilizzo dell’esercito per sfondare una barricata di campesino nella capitale è fallito. Gli indio di tutto il paese, non solo intorno alla capitale, hanno reagito con manifestazioni di massa e marce pacifiche, dimostrando disciplina e determinazione, alle quali il presidente non ha saputo rispondere.
Ha abbandonato il paese ed è stato sostituito dal suo vicepresidente Carlos Mesa. Carlos Mesa ha dato prova di essere un creativo politico antipolitico, riuscendo a sopravvivere più a lungo di quanto qualsiasi esperto potesse immaginare.POLITICA E ANTIPOLITICA
È meglio che chiarisca questi termini. La politica si occupa di preservare, esercitare e mantenere il potere, dove con potere si intende dominazione e controllo delle istituzioni e delle risorse di una stato-nazione o altra entità politica, attraverso tutti i mezzi a disposizione. È proprio nello spirito di questa concezione di politica che Clausewitz ha detto che la guerra è un’estensione della politica attraverso mezzi diversi. Tramite il controllo di uno stato-nazione un politico ottiene il controllo su potenti strumenti di coercizione, inclusi la finanza, l’esercito, la polizia, i servizi segreti e le prigioni. Negli stati totalitari la stampa, le chiese e la magistratura fanno parte degli strumenti del potere politico, e anche negli Stati Uniti spesso vediamo l’amministrazione smaniare per il controllo di queste istituzioni che la nostra costituzione separa dall’esecutivo del potere politico. Per i presidenti ed altri leader politici è normale utilizzare qualsiasi strumento di persuasione e coercizione a disposizione.
Philip Pettit, il filosofo australiano, ha detto che non possiamo capire il funzionamento della società moderna, e soprattutto i meccanismi della democrazia, finché non integriamo questo concetto base di politica e potere con una comprensione dell’antipotere. L’antipotere consiste nella limitazione dell’utilizzo e l’applicazione dei comuni strumenti del potere politico. Si suddivide in due forme principali, limitare quello che fanno di fatto i politici, e limitare quello che sono autorizzati a fare. La costituzione americana non stabilisce solo i poteri politici, ma ne stabilisce anche i limiti, soprattutto attraverso la separazione dei poteri, gli States’ Rights, e i primi dieci emendamenti (la Carta dei Diritti). Questi provvedimenti hanno portato all’indipendenza della magistratura, della stampa e della religione, e i tribunali sono diventati uno strumento per assicurare ed elaborare queste limitazioni. La nostra democrazia è stata dotata anche di istituzioni indipendenti come per esempio l’ACLU, che ha come scopo la promozione dell’antipotere, cioè di essere antipolitica. Così come la politica è l’esercizio del potere, allo stesso modo l’antipolitica è l’esercizio dell’antipotere.
Nessuno dei nostri presidenti, tranne forse Washington e Jefferson, sono stati antipolitici. Se ci soffermiamo sulle recenti elezioni notiamo che il tentativo di rafforzare il potere è molto unilaterale e comporta un lavoro intenso e minuzioso da parte dei partiti politici ad ogni livello. Carl Schmitt ha detto (in The Concept of the Political) che la politica comincia con una distinzione tra amici e nemici. Lui si riferiva a stati-nazione, ma possiamo riconoscere chiaramente questo fenomeno nel carattere fazioso della politica elettorale. Washington divenne presidente senza ricorrere ad una campagna unilaterale, ma negli ultimi 200 anni non è accaduto nulla di simile. Le elezioni del 1800 tra Jefferson e Adams furono estremamente unilaterali e crearono divisioni, e oggi non possiamo immaginarci delle elezioni democratiche che non implichino i partiti politici e tutte le attività faziose e dispersive connesse.
IL PRESIDENTE CHE NON È STATO ELETTO
Ma torniamo alla Bolivia. Carlos Mesa è presidente di un paese democratico, ma non è stato eletto alla presidenza. Né è alla guida di un partito politico che possa costituire la sua base politica. Non ha una base politica. Ci sono parecchi partiti in Bolivia, una mezza dozzina hanno svolto un ruolo significativo nelle recenti elezioni. Nessuno di questi partiti ha proposto Mesa come candidato alla presidenza, perché ognuno ha proposto il proprio candidato. Gonzáles de Lozada lo ha scelto come candidato alla vicepresidenza nel 2002, probabilmente nel tentativo di attirare un sostegno dall’esterno del suo partito e fuori dalla politica. Mesa era uno storico e un giornalista televisivo, il pubblico lo aveva conosciuto attraverso i suoi scritti e attraverso la televisione. Non era stato alla guida di nessun partito, né aveva mai svolto alcun compito politico, non aveva mai avuto alcun tipo di esperienza di gestione di una qualsiasi grande istituzione. Nessuno si aspettava che diventasse presidente, e pochi pensavano che ne fosse capace. Per cui è entrato in politica dall’esterno della politica – non-politico ma non ancora antipolitico.
Gonzáles de Lozada
Dopo gli incidenti dell’ottobre 2003, Mesa criticò immediatamente l’utilizzo dell’esercito per sfondare le barricate, e il giorno successivo revocò il suo appoggio a Gonzáles de Lozada. Comunque quest’ultimo non diede le dimissioni. Quando Gonzáles si ritirò, fu quindi Mesa a prendere il potere, per diritto di successione cosituzionale. Non cercò l’appoggio del partito del presidente uscente né di nessun altro partito, ma rimase un presidente senza la capacità di controllare un blocco di voti in parlamento attraverso l’affiliazione ad un partito. Molti dubitavano che potesse conservare a lungo l’incarico, dal momento che, nonostante la sua legittimità costituzionale, gli mancavano sia la legittimità democratica (elettorale), sia un supporto politico.
CARLOS MESA E GLI INDIO
Erano stati gli indio boliviani a fare fuori Gonzáles, e Mesa ha intrapreso tre misure importanti per cercare di difendere la sua politica dall’opposizione degli indio. La prima è stata di promettere un referendum sullo sfruttamento delle grosse risorse di gas naturale, e il referendum si è tenuto puntualmente l’anno scorso. La seconda è stata il miglioramento delle infrastrutture nella città indio EL Alto. Non è riuscito a trovare il modo di fornire acqua potabile e fognature a causa dei costi elevati, ma sia le strade principali che quelle secondarie di EL Alto sono notevolmente migliorate negli scorsi 18 mesi. Nel novembre 2004, ho visitato una scuola quacchera su una di queste strade secondarie, e la vecchia carreggiata in terra battuta era stata sostituita – con maestría e rapidità – da un ciottolato di grande effetto. Per questo progetto sono stati usati solo materiali locali, e ora non solo l’aspetto è migliore, l’accesso dai dintorni più facile, ma questo progetto ha prodotto anche molti posti di lavoro, aiutando a ridurre la disoccupazione. Il terzo provvedimento di Mesa è stato antipolitico: ha deciso di non usare l’esercito o la polizia per disperdere le manifestazioni pacifiche o gli sbarramenti.
Quando la Bolivia, nel febbraio/marzo 2005 ha fatto di nuovo notizia sul New York Times, è stato a causa del braccio di ferro tra il presidente Mesa ed Evo Morales, il più importante politico indio in Bolivia, leader del partito socialista conosciuto come MAS (Movimiento al Socialismo), leader anche dei sindacati dei minatori e dei cocalero, e candidato che arrivò secondo a Gonzáles de Lozada nelle elezioni del 2002. La questione, oltre ad essere una lotta di potere, riguardava anche l’amministrazione delle riserve di gas naturale.
Per almeno due anni, Morales ha richiesto che la percentuale di guadagno sull’estrazione di gas naturale venisse alzata al 50 %, e le barricate del 2003 avevano lo scopo di sostenere questa richiesta. Il presidente Mesa, pur trovando inaccettabile questa richiesta, credeva tuttavia, soprattutto dopo il referendum, che i proventi della Bolivia per lo sfruttamento del gas dovessero aumentare. Per questo ha avuto lunghe discussioni con i funzionari del consorzio internazionale ed altri, ed ha proposto una legge che inaugura una nuova politica energetica. Questa nuova legge non prevede una diversa suddivisione dei proventi, ma propone un drastico aumento della percentuale sui profitti dello sfruttamento gas al 32%. Ed è stato a questo punto che Morales ha smesso di appoggiare il presidente Mesa.
IL TRIONFO DELL’ANTIPOLITICA
E fin qui, tutto normale, politicamente parlando.
La novità in Bolivia però è stata che il presidente Mesa ha risposto con un gesto antipolitico: ha mandato all’assemblea una lettera di dimissioni. Secondo una certa concezione torbida della politica, una lettera del genere può essere considerata un gesto politico o una tattica. Tuttavia, osservandola seriamente, ci si accorge che non è un esercizio di potere o l’utilizzo degli strumenti del potere, quanto piuttosto una dimissione dal potere e dai suoi strumenti. Alla fine questo gesto ha procurato al presidente Mesa dichiarazioni di appoggio da parte di tutti i maggiori partiti politici fatta eccezione del MAS. Evo Morales e i suoi sostenitori delle popolazioni indio impoverite dell’altipiano, hanno ricostruito le barricate, che sono state il loro strumento politico più efficace nei precedenti cinque o sei anni, una potente forma di coercizione. Di fronte a questo confronto, il presidente Mesa si è fermamente rifiutato di diventare politico. Ha continuato a scartare l’ipotesi di ordinare all’esercito lo sgombero delle strade, dichiarando di aver fatto tutto quello che era in grado di fare, e che il paese non era governabile se le sue strade principali erano bloccate, per cui avrebbe chiesto al congresso di andare alle elezioni anticipate per trovare qualcuno che lo sostituisse.
A questo punto Morales ha cominciato a veder svanire il suo potere. Durante uno sciopero di due giorni che aveva indetto per protestare contro la nuova legge entergetica, gli insegnanti hanno continuato a partecipare alle loro lezioni nonostante costituiscano il terzo o quarto maggior sindacato; e così gli è scivolato il terreno sotto i piedi. Inoltre Morales non voleva che Mesa lasciasse la presidenza, ben consapevole che qualsiasi sostituto avrebbe usato le forze armate per distruggere le barricate e riaprire le strade. In questo modo i blocchi stradali sono stati rimossi dagli stessi indio che li avevano messi in piedi. Il presidente Mesa ha ritirato la proposta di legge per andare a elezioni anticipate ed è rimasto al suo incarico con una percentuale di preferenze del 60%.
Se la Bolivia non fosse un paese tanto sconosciuto, Carlos Mesa sarebbe un buon candidato al Premio Nobel per la pace. La politica per sua natura crea divisioni, e nonostante non sappiamo farne a meno, non potrà mai condurre alla pace. Nè ci possiamo aspettare che ci saranno molti, se ce ne saranno, politici antipolitici ad occupare posizioni di rilievo. Simone Weil ha detto che è una necessità naturale che i politici utilizzino il potere politico, e quindi è un miracolo quando un politico agisce in maniera antipolitica. Forse lo è. Sicuramente non possiamo aspettarci da altri politici che seguano l’esempio di Carlos Mesa, lui comunque merita riconoscenza e ammirazione.
Newton Garver
è Distinguished Service Professor e UB Professor of Philosophy Emeritus alla SUNY. È co-autore di Derrida & Wittgenstein (1995) e scrive spesso per Buffalo Report.
Fonte: www.counterpunch.org
Link:http://www.counterpunch.org/garver03282005.html
28.03.05
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di OLIMPIA BERTOLDINI
Note:
L’American Civil Liberties Union, ovvero ACLU, è un’organizzazione non governativa orientata a difendere i diritti civili e le libertà individuali negli Stati Uniti (N.d.T.)