Requiem per un Impero: Prequel

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Pepe Escobar
strategic-culture.org

Dominato dalla dissonanza cognitiva in tutto il suo spettro, l’Impero del Caos si comporta  come un detenuto maniaco e depressivo, marcio fino al midollo, un destino più spaventoso che dover affrontare una massiccia rivolta delle satrapie.

Solo degli zombie senza cervello ora credono alla sua autoproclamata missione universale come Nuova Roma e Nuova Gerusalemme. Non c’è alcuna cultura unificante, economia o geografia che ne tenga insieme il nucleo, in un “paesaggio politico arido, disseccato, smorto sotto il sole soffocante della ragione apollinea, privo di passione, mascolino e senza empatia umana”.

Gli sprovveduti guerrieri della Guerra Fredda sognano ancora i giorni in cui l’asse Germania-Giappone minacciava di dominare l’area euroasiatica e il Commonwealth mordeva la polvere, offrendo così a Washington, timorosa di trasformarsi in isola, l’opportunità di approfittare della Seconda Guerra Mondiale per erigersi a capo del supremo paradigma mondiale e salvatrice del “mondo libero”.

E poi ci sono stati gli unilaterali anni ’90, quando l’ancora una volta auto-proclamata Città Risplendente sulla Collina si era crogiolata nelle pacchiane celebrazioni della “fine della storia” – proprio mentre i tossici Neoconservatori, nati nel periodo tra le due Guerre Mondiali dalla cabala gnostica del trozkismo newyorkese, tramavano la loro presa del potere.

Oggi, non è l’asse Germania-Giappone, ma lo spettro di un’intesa Russia-Cina-Germania che terrorizza l’egemone, perchè questa triade eurasiatica è capace di gettare il dominio globale americano nella pattumiera della storia.

Fa il suo ingresso la “strategia” americana. E, prevedibilmente, è un prodigio di mentalità ristretta, non aspirando nemmeno allo status di (infruttuoso) esercizio di ironia o disperazione, dipendente com’è dal pedestre Carnegie Endowment, con il suo quartier generale in Think Tank Row tra Dupont e Thomas Circle lungo Massachussets Avenue in DC.

Making U.S. Foreign Policy Work Better for the Middle Class è una sorta di rapporto bipartisan che guida l’attuale, disorientata amministrazione del Manichino in Capo. Uno degli 11 autori coinvolti non è altri che il consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan. L’idea che una strategia imperiale globale e, in questo caso, una classe media profondamente impoverita e infuriata condividano gli stessi interessi non è nemmeno una pessima battuta.

Con “pensatori” come questi, l’egemone non ha nemmeno bisogno di “minacce” eurasiatiche.

Volete parlare con il Sig. Kinzal?

Nel frattempo, in un copione degno di Desolation Row di Dylan riscritto dai Tre Marmittoni, i proverbiali chihuahua atlantisti stanno farneticando che il Pentagono ha ordinato la spartizione della NATO: l’Europa occidentale conterrà la Cina, e l’Europa orientale si occuperà della Russia.

Ma ciò che sta realmente accadendo nei corridoi del potere europeo che conta davvero – no, baby, non è Varsavia – è che non solo Berlino e Parigi si rifiutano di inimicarsi Pechino, ma riflettono su come avvicinarsi a Mosca senza far infuriare l’Egemone.

Alla faccia del Kissingeriano Divide et Impera. Una delle poche cose che il noto criminale di guerra aveva veramente capito era quando aveva notato, dopo l’implosione dell’URSS, che senza l’Europa “gli Stati Uniti diventerebbero una lontana isola al largo della costa dell’Eurasia”: si ritroverebbero “in solitudine, in uno status minore.”

La vita è uno strazio quando il pranzo gratuito (globale) è finito e in più devi affrontare non solo l’emergere di un “concorrente alla pari” in Eurasia (copyright Zbig “Grande Scacchiera” Brzezinski) ma anche una partnership strategica globale. Temete che la Cina vi stia mangiando il pranzo – e la cena, e il bicchiere della staffa – ma avete ancora bisogno di Mosca come nemico designato di scelta, perché è questo che legittima la NATO.

Chiamate i Tre Marmittoni! Mandiamo gli Europei a pattugliare il Mar Cinese Meridionale! Prendiamo quelle nullità baltiche più i patetici Polacchi e mettiamoli a fare la guardia ad una nuova Cortina di Ferro! E schieriamo la Britannia russofoba che-domina-i-mari su entrambi i fronti!

Controllate l’Europa – o saltate per aria. Da qui il Brave New NATO World: il fardello dell’uomo bianco rivisitato – contro Russia-Cina.

Finora, Russia-Cina avevano esibito un’infinita pazienza taoista nel trattare con quei pagliacci. Ora non più.

Gli attori chiave dell’Heartland hanno visto chiaramente attraverso la nebbia della propaganda imperiale; sarà una strada lunga e tortuosa, ma l’orizzonte alla fine svelerà un’alleanza Germania-Russia-Cina-Iran che riequilibrerà la scacchiera globale.

Questa è l’ultima notte imperiale da incubo dei morti viventi – da qui arrivano gli umili emissari americani che si affannano freneticamente a più latitudini, cercando di tenere in riga le satrapie.

Nel frattempo, dall’altra parte dello stagno, Cina e Russia costruiscono sottomarini come se non ci fosse un domani, equipaggiati con missili allo stato dell’arte – e i Su-57 invitano i saggi ad una conversazione ravvicinata con un ipersonico signor Khinzal.

Sergey Lavrov, come un aristocratico Gran Signore, si è preso la briga di illuminare i pagliacci con una netta ed erudita distinzione tra lo stato di diritto e il loro autodefinito “ordine internazionale basato sulle regole.”

Questo è troppo per il loro QI collettivo. Forse tutto quello che riusciranno a capire è che il trattato russo-cinese di buon vicinato, amicizia e cooperazione, inizialmente firmato il 16 luglio 2001, è stato appena rinnovato per cinque anni dai presidenti Putin e Xi.

Mentre l’Impero del Caos viene progressivamente e inesorabilmente espulso dall’Heartland, Russia e Cina gestiscono insieme gli affari dell’Asia centrale.

Nella conferenza sulla connettività dell’Asia centrale e meridionale a Tashkent, Lavrov ha illustrato in dettaglio come la Russia stia guidando “il Grande Partenariato Eurasiatico, un profilo unificante e integrativo tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico, il più libero possibile per il movimento di beni, capitali, lavoro e servizi ed aperto ad ogni Paese del continente comune dell’Eurasia e alle unioni di integrazione create qui.”

Poi c’è la strategia di sicurezza nazionale russa aggiornata, che sottolinea senza mezzi termini che costruire una partnership con gli Stati Uniti e ottenere cooperazione win-win con l’UE è una ardua impresa: “Le contraddizioni tra la Russia e l’Occidente sono serie e difficili da risolvere.” Al contrario, la cooperazione strategica con la Cina e l’India sarà ampliata.

Un terremoto geopolitico

Tuttavia, la svolta geopolitica decisiva nel secondo dei “Ruggenti Anni ’20” potrebbe essere la Cina che dice all’Impero: “Adesso basta.”

Era iniziato più di due mesi fa ad Anchorage, quando il formidabile Yang Jiechi aveva messo in riga l’impotente delegazione americana. Il pezzo di resistenza è arrivato questa settimana a Tianjin, dove il viceministro degli esteri Xie Feng e il suo capo Wang Yi hanno ridotto la mediocre burocrate imperiale Wendy Sherman allo status di gnocco stantio.

Questa bruciante analisi di un think tank cinese ha passato in rassegna tutte le questioni chiave. Ecco i punti salienti:

1) Gli Americani volevano assicurarsi che venissero stabiliti “guardrail e confini” per evitare un deterioramento delle relazioni USA-Cina e per “gestire” la relazione in modo responsabile. Questo non ha funzionato, perché il loro approccio è risultato “terribile.”

2) Il viceministro degli Esteri cinese Xie Feng ha colpito nel segno quando ha detto che la triade statunitense “competizione, cooperazione e confronto” è un “cappuccio” per contenere e sopprimere la Cina. Il confronto e il contenimento sono essenziali, la cooperazione è opportuna, e la competizione è una trappola del discorso. Gli Stati Uniti esigono la cooperazione quando hanno bisogno della Cina, ma nelle aree in cui pensano di avere un vantaggio, si sganciano e tagliano le forniture, bloccano e sanzionano, e sono disposti a scontrarsi e confrontarsi con la Cina per contenerla.”

3) Xie Feng “ha anche presentato alla controparte statunitense due elenchi, una lista di 16 voci come richiesta alla parte statunitense di correggere le sue politiche sbagliate e le sue parole e azioni verso la Cina, e una lista di 10 casi prioritari che preoccupano la Cina (…) se queste problematiche anticinesi dovute ai pregiudizi della parte statunitense non vengono risolte, di cosa dovrebbero parlare Cina e Stati Uniti?”

4) E poi, la ciliegina sulla torta: le tre linee di fondo di Wang Yi a Washington. In poche parole:

– Gli Stati Uniti non devono sfidare, denigrare o anche solo tentare di sovvertire la strada e il sistema socialista della Cina. La strada e il sistema della Cina sono la scelta della storia e la scelta del popolo, e riguardano il benessere a lungo termine di 1,4 miliardi di Cinesi e il destino futuro della nazione cinese, che è l’interesse centrale a cui la Cina deve tendere.”

– Gli Stati Uniti non devono cercare di ostacolare o addirittura interrompere il processo di sviluppo della Cina. Il popolo cinese ha certamente il diritto ad una vita migliore e la Cina ha anche il diritto alla modernizzazione, che non è il monopolio degli Stati Uniti e coinvolge la coscienza fondamentale dell’umanità e la giustizia internazionale. La Cina esorta gli Stati Uniti a revocare rapidamente tutte le sanzioni unilaterali, i dazi doganali, il long arm Statute [*] e il blocco scientifico e tecnologico imposto alla Cina.”

– Gli Stati Uniti non devono violare la sovranità nazionale della Cina, e tanto meno minarne l’integrità territoriale. Le questioni relative a Xinjiang, Tibet e Hong Kong non riguardano i diritti umani o la democrazia, ma piuttosto i grandi diritti e torti della lotta contro “l’indipendenza dello Xinjiang”, “l’indipendenza del Tibet” e “l’indipendenza di Hong Kong”. Nessun Paese permetterà che la sua sicurezza sovrana venga compromessa. Per quanto riguarda la questione di Taiwan, è una priorità assoluta (…) Se [gli Stati Uniti] osassero provocare “l’indipendenza di Taiwan,” la Cina avrebbe il diritto di prendere qualsiasi mezzo necessario per fermarla.”

L’Impero del Caos registrerà tutto questo? Naturalmente no. Così l’inesorabile putrefazione imperiale continuerà, una faccenda pacchiana senza alcun pathos drammatico ed estetico degno di una Gotterdammerung [ultimo destino] che a malapena richiama un’occhiata da parte degli Dei,

“dove sorridono in segreto, guardando le terre desolate/Flagello e carestia, peste e terremoto, profondi fragorosi e sabbie infuocate/Combattimenti fragorosi, città in fiamme, navi che affondano e mani in preghiera,”

come l’aveva immortalata Tennyson.

Eppure, ciò che conta davvero, nel nostro regno della realpolitik, è che Pechino se ne frega. Quello che bisognava dire è stato detto: “È un pezzo che i Cinesi ne hanno abbastanza dell’arroganza americana, e il tempo in cui gli Stati Uniti cercavano di fare i prepotenti con i Cinesi è ormai finito.”

Questo è l’inizio di un nuovo coraggioso mondo geopolitico – e il prequel di un requiem imperiale. Seguiranno molti sequel

Pepe Escobar

[*] Legge che permette ad uno stato di esercitare la propria giurisdizione su un non residente

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2021/07/28/requiem-for-an-empire-a-prequel/
28.07.2021
Scelto e tradotto da Francesco Paparella per comedonchisciotte.org

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