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Manifestanti a Napoli: no al G20, sì al Grande Reset

Partecipazione quasi nulla, capitanate dai centri sociali Dema, le contestazioni napoletane inneggiano agli stessi valori del G20
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A cura di Marco Di Mauro
Il 22 Luglio 2021
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Un gruppetto di attivisti legati a Insurgencia è entrato ieri nella zona rossa a piazza del Plebiscito

Un gruppetto di attivisti legati a Insurgencia è entrato ieri nella zona rossa a piazza del Plebiscito

NAPOLI – Oggi e domani si sta tenendo il G20 a Palazzo Reale su “Ambiente, clima ed energia”,[1] in un clima che trasuda silenzio e ubbidienza. Già ieri, i celebri alberghi fronte mare (Continental, Vesuvio, Excelsior) erano fittamente presidiati, mentre oggi e domani è interdetto ai cittadini tutto il lungomare fino a piazza del Plebiscito compresa. Possiamo dire sin da ora che, oltre a qualche lamentela dei ristoratori della zona per i quali questi due giorni sono la beffa che si aggiunge al danno dei lockdown, non ci saranno contestazioni, nessuno proverà a varcare la zona rossa e andare a contestare i venti ministri dell’ambiente che si stanno riunendo per tirare le somme di mesi di lavoro (per conto dei loro padroni globalisti) sul nuovo business del Green New Deal – il passaggio dal capitalismo basato sul petrolchimico a quello basato su litio-cobalto e tecnologia avanzata – e la sua ideologia fabbricata ad arte per le masse, la Climate Justice. Chi scrive è tra chi ha provato a organizzare una contestazione di quelle vecchio stile, contattando i vari centri sociali napoletani, ma le risposte sono oscillate tra il “Veniamo solo se metti la mascherina” e il “Noi ce l’abbiamo già la nostra protesta, voi occupatevi della vostra”, ovvero tra l’accettazione acritica – e collaborazionista – della narrazione dominante sul Covid e il provincialismo da parrocchia. Niente di nuovo, è vero: ovunque nel mondo il movimentismo giovanile rosso è degradato nel fucsia. Nel caso degli USA, come mostravamo in un nostro lavoro precedente, il passaggio è stato “oliato” da Soros e Rockefeller. Così in America sono nati Antifa, Sunrise Movement, Unicorn Riot, ragazzini in età scolare o poco più, che non sanno cosa sia un operaio e men che meno la lotta di classe, ma sono pronti a farsi arrestare o a bruciare un intero quartiere in nome della Giustizia Climatica: concetto che è un capolavoro, in quanto proclama una lotta senza quartiere al capitale e nello stesso momento urla gli slogan dei fautori del Green New Deal. Non solo sposa perfettamente il catastrofismo escatologico della teoria del disastro climatico, ma ne attribuisce la responsabilità ai soggetti sbagliati (i boomers maschi bianchi invece del libero mercato via nave, l’iper-produzione e le pratiche coloniali delle cricche globaliste) e soprattutto condivide appieno le soluzioni al problema suggerite dai fautori del problema (la “transizione verde” dal petrolchimico al trittico litio-cobalto-terre rare, che di ecologico non hanno proprio nulla).

Vent’anni fa, nelle poco note “quattro giornate” 14-17 marzo 2001,[2] i napoletani si mossero in massa contro il Global Forum che precedé il G8: convegni, cortei, spettacoli, creatività, decine di migliaia di giovani in piazza, fu la prima vera contestazione No Global italiana di respiro internazionale. Che finì in un massacro: bloccati in piazza Municipio senza vie d’uscita, i manifestanti furono attaccati duramente dalle forze dell’ordine, in quella che fu una prova generale del luglio genovese. I manifestanti feriti furono prelevati dagli ospedali mentre ancora ricevevano i trattamenti e portati nella caserma Raniero: lì si provò anche la Diaz.[3] Vent’anni dopo, come allora, il Plebiscito è zona rossa. A guardare il programma[4] degli eventi attesi per contestare il G20 a Napoli, tutto è cambiato in modo surreale: gli eventi e i dibattiti che dovrebbero attaccare il meeting globalista sostengono le stesse affermazioni del G20. Giustizia climatica, Exit Strategy dal disastro ambientale globale, mentre la contestazione si limita contro generici “padroni”. Noi siamo andati ad uno solo di questi incontri: trenta persone nel cortile dell’università Federico II, che si sono rifugiate in un’aula quando ci hanno visti senza mascherina. Anche nel secondo caso, con ospiti del calibro di Vandana Shiva, Ashely Dawson, Jen Chantrtanapichate, Lucie Greyl e Dennis Van Berkel, era stata concessa ai “contestatori” un’aula della Federico II. Il primo dato importante è la diserzione pressoché totale della gioventù partenopea (differenza non da poco con il No Global Forum), ma non è il solo. Questi convegni hanno un sapore particolare, che solo chi ha frequentato la scuola in Italia può capire, quel sapore di “costruito”, di “fatto perché si doveva fare”, in cui il contorno è la cosa importante, poi, che si parli della pizza o della Giustizia Climatica, poco importa. Difatti, ogni sigla del movimentismo napoletano “in vista” ha voluto apporre la sua etichetta su una di queste contestazioni. Per comprendere a pieno lo strano clima di queste proteste climatiche, è necessaria una piccola digressione su centri sociali e movimentismo a Napoli.

Nel corso degli ultimi dieci anni, mentre nel resto d’Italia si affermava la tendenza a smantellare e chiudere tutti i centri sociali, la giunta De Magistris a Napoli andava in netta controtendenza, regolarizzando i centri sociali e dandogli in concessione gli spazi pubblici. Questo non solo perché i premi di maggioranza Made in Porcellum avevano dato alle sacche parassitarie comuniste una rilevanza in consiglio comunale assai maggiore rispetto al consenso elettorale reale, ma anche perché Luigi De Magistris aveva fiutato in ex-OPG occupato (dove è nato “Potere al Popolo!”), Insurgencia, Iskra, Villa Medusa, una base elettorale non da poco.[5] Difatti, la sua seconda vittoria elettorale è dipesa in larga parte da queste realtà. Così, si è consolidata in città una sorta di lobby territoriale dell’assistenzialismo, sancita in campo artistico dall’emergere di figure come Jorit e dal proliferare di centri occupati, tutti o quasi in relazione con istituzioni culturali locali. Credendo di fare un salto di qualità, i centri sociali si sono mischiati nella gestione di una fettina del patrimonio comunale e si sono spogliati di tutto ciò che rimaneva della loro anima No Global. Ma non si tratta di una lobby unita e coerente: da un lato c’è “Potere al Popolo!”, con la sua farraginosa retorica tra il vetero-marxismo e il globalismo spinto, che li rende molto vicini agli Antifa americani, che si è avvicinata sempre di più all’Assessore al patrimonio, ai lavori pubblici e ai giovani Alessandra Clemente, fino ad appoggiarne la candidatura a sindaco per le vicine amministrative di questo ottobre. E proprio questa candidatura, scelta da De Magistris in persona, ha spaccato la lobby, facendo infuriare quelli di Insurgencia, che già avevano iniziato a fare la voce grossa verso la fine di questo secondo mandato Dema, quando avevano obbligato Giggino a defenestrare l’assessore alla cultura Nino Daniele per farvi mettere la propria militante e compagna del loro capo Egidio Giordano, Eleonora De Majo, poi a sua volta defenestrata dallo stesso sindaco uscente a causa di un’inchiesta che la vedrebbe coinvolta addirittura con uno dei ragazzini del pallonetto di Santa Lucia, in odore di camorra, che fecero sfociare nella violenza le proteste anti-lockdown del 23 ottobre. E proprio la De Majo è spuntata ieri sera tra i 43 ragazzini che hanno violato la zona rossa di piazza Plebiscito per il movimento “Bees Against G20”, creato ad hoc da Insurgencia ed altri, e che è la cosa più inquietante di queste afose e tranquille giornate napoletane. Quando hanno fatto irruzione, noi di Comedonchisciotte siamo stati i primi ad arrivare a telecamera accesa. Stretti in un angolo da un cordone di celerini che ci superavano di numero, abbiamo assistito ad un vero e proprio dejà vu delle proteste americane del Sunrise Movement dello scorso maggio: persino gli slogan e gli striscioni erano gli stessi, cantati e scritti in inglese. Medesimo discorso per la compagine: tanti ragazzini, tutti con la mascherina, diretti da tre persone (tra cui la nostra De Majo) che avevano tra i quindici e i vent’anni più di loro. Esattamente come nelle proteste tenutesi negli USA, finanziate dai Dem e i globalisti. Mentre questi ragazzini agitavano a piena voce le false bandiere della Giustizia Climatica e del Rojava e dicevano parolacce contro il G20, mentre inneggiavano alla transizione ecologica, sapevano di star affermando esattamente gli stessi valori, quando non gli stessi termini, dei loro nemici che intanto si rilassavano negli hotel fronte mare? Subito dopo, a poche centinaia di metri, è comparsa Alessandra Clemente con 30 esponenti di “Potere al Popolo!” tutti in bici elettrica, parlando contro il capitale e i potenti della Terra responsabili dell’inquinamento globale, inneggiando a Greta comodamente seduti sulle loro batterie al litio.

Marco Di Mauro per Comedonchisciotte

Video di Bagony Snikett

[1] https://www.g20.org/it/a-napoli-il-g20-su-ambiente-clima-ed-energia.html

[2] https://vimeo.com/11220839; https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/17/17-marzo-2001-prima-di-genova-ci-fu-napoli/533591/

[3] https://www.repubblica.it/online/cronaca/questurana/testimonianza/testimonianza.html

[4] https://contropiano.org/altro/2021/07/20/le-iniziative-contro-il-g20-sullambiente-a-napoli-0140858

[5] https://napoli.repubblica.it/cronaca/2021/05/27/news/centri_sociali_sindaco_napoli_de_magistris-303006475/

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