L'ORGOGLIOSA ORIANA È SEMPRE ''SÉ STESSA''

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DI MASSIMO FINI

Che Oriana Fallaci intervisti se stessa non può stupire. A una giornalista di settantasei anni che fustiga a sangue l’intero Occidente perché non sa e non vuole difendersi dall’Islam, identificato con la Bestia dell’Apocalisse (sorte già toccata a Nerone), che marchia a fuoco gli europei come “collaborazionisti”, vigliacchi, mollaccioni e “sgomentevoli”, che accusa Papa Wojtyla di non saper fare il suo mestiere eppoi, a scendere, striglia da par suo Jacques Chirac, Zapatero, Carlo Azeglio Ciampi, Romano Prodi, Magdi Allam, l’innocuo Beppe Pisanu e persino quel “Corriere della Sera” che un paio di stagioni fa, pubblicandole “La Rabbia e l’Orgoglio”, la riportò all’onor del mondo da cui era sparita da vent’anni, senza per la verità che qualcuno se ne fosse accorto, colpevole il “Corriere” di aver osato ospitare un “Manifesto dell’Islam moderato” (“ululando come un lupo impazzito giurai che sul Corriere non avrei pubblicato più neanche il mio necrologio”), per cui, alla fine di questo repulisti, a difendere i valori della cultura giudaico-cristiana non rimane che lei, l’intrepida, la coraggiosa, la fiera,l’orgogliosa Oriana.E lei si identifica, di volta in volta, in San Giovanni Evangelista, nella Madonna di Czetochowa e anche in Napoleone ma guardandolo dall’alto di alcune leghe, che cosa resta se non intervistarsi da sola? Del resto anche le ultime interviste della Fallaci, quelle a Gheddafi e Khomeini, che risalgono ormai a un quarto di secolo fa, non erano più interviste ma rappresentazioni di Oriana Fallaci nella parte di Oriana Fallaci che intervista se stessa. E poi una che pubblicizza i suoi libri con frasi come questa “Io ho il coraggio di scrivere ciò che gli altri pensano ma non dicono, cioè ciò che penso io”, che ha fatto scoperte decisive per l’umanità come i “Insch Allah”, “la formula matematica della felicità”, riassumendo e risolvendo in un sol colpo tutti gli sforzi della filosofia occidentale e orientale, o come quella, recentissima e d’una profondità sconcertante, che “l’omosessualità non permette di procreare”, non può star lì a perdere il proprio tempo ad ascoltare gli altri.

Che Oriana Fallaci intervisti se stessa è quindi scontato. Più problematico che possa pubblicare un libro dal titolo “Oriana Fallaci intervista sè stessa”, inserito, come ci informa diligentemente in una manchette pubblicitaria di prima pagina il “Corriere della Sera”, facendolo proprio, in una “Trilogia” che peraltro è una quadrilogia comprendendo anche “La Rabbia e l’Orgoglio”, “La Forza della Ragione” e “l’Apocalisse”. Il Palazzi recita infatti che il pronome sé “deve essere sempre accentato per distinguerlo dalla congiunzione;eccettoquando sia seguito dastessoomedesimo al singolare:se stesso, se medesimo”. Se il moderno Palazzi non basta c’è il Tommaseo, massima e riconosciuta autorità della lingua italiana, a consacrare questa linea citando e riprendendo dalle prediche di Frate Giordano scritte e recitate a Firenze fra il 1304 e il 1305: “Sapere se stesso per Conoscere se medesimo”. Ed è ovvio che sia così perché il pleonasmo stesso omedesimo, eliminando l’equivoco, toglie la necessità dell’accento sul se.

E qui le cose sono due. O la Fallaci ha fatto uno strafalcione trascinando con se medesima, nel ridicolo, il “Corriere”, i suoi redattori e i pubblicitari della Rizzoli, cosa particolarmente grave per una scrittrice di tanta boria, fiorentina per giunta, usa a dar lezioni a tutti su tutto, lingua compresa. Oppure la Fallaci ha deciso di violentare la grammatica a favore del suo Superego. Perché una che racconta di se medesima che voleva autoesiliarsi alle Tonga, schifata dell’Italia e dell’universo mondo, ma che poi ha deciso di rimaner qui, fra noi indegni mortali, per difendere il riottoso, vile e irriconoscente Occidente (“Io non voglio cedere”) e vedere “la vittoria dell’Angelo”, cui pare strettamente imparentata, e che scrive in uno stile così retorico, enfatico, ridondante, sempre sopra le righe e fuori dal vaso, non può parlare di sé se non in forma accentata, di se stessa comesé stessa.

Massimo Fini
Fonte:www.ilgazzettino.it
20.12.04

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