DI GIULIETTO CHIESA
Tutti i media occidentali hanno celebrato la “riconciliazione” tra Bush e l’Europa, tra l’America e l’Europa, la ripresa delle relazioni euroatlantiche, eccetera eccetera.
Chi lo ha fatto – e sono gli europeisti convinti – dicendo che il presidente Usa ha finalmente riconosciuto che l’Europa è ormai un gigante mondiale, un co-protagonista, cioè sottolineando che gli Stati Uniti sono venuti a Canossa…
E c’è stato chi lo ha fatto, al contrario, mettendo in risalto che l’Europa ha finalmente smesso di fare i capricci, ha cessato di criticare gli Stati Uniti per la loro guerra in Irak, ha accettato il nuovo ordine mondiale preconizzato dalla squadra bellicosa dei neo-con americani . C’è del vero in entrambe queste piccole follie quotidiane della politica-spettacolo. Ma la versione sintetica che entrambe sottendono è invece sostanzialmente falsa. Non c’è stata nessuna “riconciliazione” tra Europa e Stati Uniti, al di là delle scenografie obbligatorie che devono essere disegnate per tranquillizzare il grande pubblico. Non c’è stata perchè non può esserci, nelle attuali condizioni del pianeta, tra interessi divergenti.
Anzi: sempre più divergenti.
Basta affrontare singolarmente i dossier dove il contenzioso tra Stati Uniti ed Europa è cresciuto in quest’ultimo decennio, per vedere come le prospettive divergano, nonostante si faccia di tutto – da una parte e dall’altra – per nasconderlo. Sull’Iran gli europei (non solo Chirac e Schroeder, ma perfino Tony Blair, l”americano” per eccellenza) si muovono prudenti sul terreno della diplomazia, mentre l’Imperatore (e la sua prefica Condoleeza Rice) hanno continuato a ripetere che l’opzione militare è esclusa, ma solo “per il momento”, spiegadoci così che si stanno preparando “per il futuro”.
Sulla Siria si addensano nubi di guerra, specie dopo l’assassinio dell’ex premier libanese (che, chissà perchè, tutti i media occidentali hanno immediatamente addebitato a Damasco, sebbene sia evidente che proprio Damasco – che non aveva affatto bisogno di quella morte – è stata la più danneggiata da questi sviluppi) ed è chiaro che gli europei sono molto preoccupati di dover di nuovo alzare le barricate per distinguersi da Washington nel caso di una nuova avventura militare ai confini del tritacarne iracheno.
Ma le dispute inter-atlantiche non si fermano ai dossier particolari. L’Europa, per esempio, ha scelto Kyoto, gli Stati Uniti di Bush respingono Kyoto. Non è un dettaglio secondario: è il futuro del pianeta Terra che giace su quel tavolo. Per il momento non tutte le conseguenze sono chiare a tutti, ma tra pochi anni apparirà in tutta la sua enorme portata la differenza dei comportamenti. I pubblici europei pensano che bisogna fermare l’effetto serra, allontanare la catastrofe incombente, mentre gli americani (quelli che sanno come stanno le cose, cioè un’infima minoranza, ma quella che conta) sono convinti che si possa e si debba mangiarsi il pianeta come fosse un gelato al limone, per giunta tutto da soli, o insieme a noi, tutti i potenti e i ricchi. Si tratta di due filosofie, di due visioni del mondo. Inconciliabili perchè una (lo si veda oppure no) porta alla guerra e l’altra potrebbe (forse) portare alla pace.
E lo stesso vale per una miriade di trattati e accordi internazionali che gli Stati Uniti rifiutano e l’Europa promuove. Per esempio il Tribunale penale internazionale, o una parte cospicua dei dossier del commercio internazionale.
Infine c’è un dossier , dove Stati Uniti e Europa sembrano invece convergere nel giudizio negativo di un partner che fino all’altro ieri era considerato amico e, per così dire, al di sopra di ogni sospetto. Parlo, è evidente, della Russia. Che non piace all’occidente, e viene oggi guardata, da Washington e da Bruxelles, come un commensale con cui non si sa che linguaggio parlare e le cui maniere a tavola sono giudicate non eleganti, per non dire di peggio.
Ora lungi da me l’idea di addossare all’occidente tutte le responsabilità per l’attuale raffreddamento in corso. La Russia ne ha fatto – come si dice dalle mie parti – di cotte e di crude. Ma non da sola. Il fatto è che, quattordici anni dopo la fine dell’Unione Sovietica, al Cremlino qualcuno si è accorto che gli Stati Uniti hanno giocato una partita doppia verso la nuova Russia.
Da un lato mostrandosi amici, incoraggiando riforme devastanti che avrebbero dovuto portare mercato e libertà, dall’altro facendo quanto era in loro potere per indebolire la Russia, ridurre la sua area d’influenza in Asia centrale, tagliarla fuori dal passaggio del petrolio del Mar Caspio verso gli utilizzatori occidentali, con oleodotti improbabili (ma che si stanno costruendo) in Afghanistan e in Turchia-Georgia. Fino alla vicenda dell’Ucraina, che ha lasciato a Mosca un pessimo strascico, i cui effetti sono destinati a prolungarsi nel tempo, minacciando di trasformarsi in una nuova guerra fredda.
Errore strategico di Washington. Ma errore doppio, triplo, per l’Europa. Purtroppo su questo errore, a quanto sembra, si registra l’unica “riconciliazione” che emerge dal viaggio europeo dell’Imperatore.
Giulietto Chiesa
Fonte:www.giuliettochiesa.it
del 22 febbraio 2005, in uscita sul settimanale russo Kompania