L’illusorio effetto-verità: come milioni di persone sono state gabbate dal Russiagate

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CAITLIN JOHNSTONE
medium.com

“Mueller non trova nessuna cospirazione Trump-Russia”, si legge nel titolo in prima pagina dell’edizione domenicale del New York Times. Un po’ alla volta, la coscienza americana ufficiale sta lentamente iniziando ad accettare la dipartita dell’entusiasmante teoria del complotto, secondo cui i più alti livelli del governo americano sarebbero stati infiltrati dal Cremlino e sta venendo a patti con la dura realtà, che gli organi di informazione e il Partito Democratico hanno passato gli ultimi due anni e mezzo a monopolizzare l’attenzione del pubblico con una narrativa che non ha mai avuto un fondo di verità.

C’è ancora chi, ovviamente, oppone resistenza. Molte persone hanno investito enormi speranze, credibilità e messo in gioco il proprio ego nella convinzione che Robert Mueller avrebbe tratto in arresto alcuni alti funzionari dell’amministrazione Trump e i membri della sua stessa famiglia, convincendo qualche personaggio di dubbia fama a “tradire” il presidente per proprio tornaconto personale, fornendo così le prove che avrebbero portato all’ impeachment. Alcuni insistono a dire che il Procuratore Generale William Barr non sta divulgando alcuni elementi chiave del rapporto Mueller, un’affermazione basata sull’assurda convinzione che Mueller avrebbe permesso a Barr di essere reticente sui risultati dell’inchiesta, non parlandone pubblicamente. Altri continuano a sperare che ulteriori indagini, da parte di altri organi legali, possano portare alla luce quegli imbrogli fatti dai Russi che Mueller non era stato in grado di scoprire, ignorando l’enorme capacità di citazione testimoniale di Mueller e i suoi impareggiabili poteri investigativi. Ma si stanno riprendendo.

La domanda tuttavia rimane: cosa diavolo è successo? Come ha potuto una teoria cospirativa assolutamente non supportata dai fatti guadagnare così tanto seguito tra gli Americani comuni? Come sono stati persuasi milioni di persone a prestare fede ad una narrativa che chiunque avesse analizzato obiettivamente i fatti avrebbe riscontrato essere completamente falsa?

La risposta è che era stato ripetuto, più e più volte, dai politici e dagli esperti dei mass media che la storia del Russiagate era autentica e, a causa di un fenomeno tipico dell’apprendimento umano, questa continua reiterazione l’ha fatta apparire reale.

L’assai poco descrittivo termine ‘effetto- verità illusorio’ descrive il modo in cui le persone, con tutta probabilità, saranno indotte a credere alla veridicità di una qualsiasi affermazione dopo averla sentita ripetere molte volte. Questo è dovuto al fatto che la sensazione di familiarità che proviamo quando ascoltiamo qualcosa che abbiamo già sentito in precedenza è molto simile alla nostra esperienza del sapere che una certa cosa è vera. Quando ci troviamo di fronte a qualcosa di conosciuto, questa familiarità ci dà quella che viene definita “facilitazione cognitiva”, quello stato di rilassatezza e di tranquillità che proviamo quando le nostre capacità mentali non vengono impegnate a fondo. Sperimentiamo la facilitazione cognitiva anche quando ci viene presentata un’ipotesi che già sappiamo essere vera.

Abbiamo la tendenza inconscia a preferire la facilitazione cognitiva, ed è per questo motivo che esiste il pregiudizio di conferma; credere ad idee che non causano fatica o dissonanza cognitiva ci dà più facilitazione cognitiva che fare il contrario. Con l’evoluzione, i nostri antenati si sono adattati a ricercare la facilitazione cognitiva per potersi concentrare sulle decisioni rapide, essenziali per la sopravvivenza, piuttosto che rimuginare meticolosamente se tutto ciò in cui crediamo è proprio vero come sembra. Questo andava più che bene in epoca preistorica, quando era importante non essere divorati da qualche tigre dai denti a sciabola, ma non è molto utile quando bisogna districarsi nei meandri di un mondo moderno e cognitivamente complesso. Inoltre, una cosa del genere non è utile quando si sta cercando di capire quale sia la verità, mentre si è circondati da teleschermi che ripetono in continuazione sempre le stesse argomentazioni fasulle.

Ho a che fare, proprio in questo momento, con un perfetto esempio dei pericoli che riguardano la facilitazione cognitiva. Per la stesura di questo articolo ho dovuto uscire dalla mia familiare zona di confidenza, che riguarda le cronache politiche,  leggere un sacco di studi e saggi scientifici, concentrarmi su nuovi concetti, e poi capire come trasmetterli nel modo più chiaro e conciso possibile per non annoiare i miei lettori. Questo allontanamento dalla mia facilitazione cognitiva mi ha costretta a controllare Twitter molto più spesso del solito e a cercare così tante distrazioni che questo articolo probabilmente finirà per essere pubblicato almeno dodici ore più tardi del previsto. Anche il dover leggere le argomentazioni di un gruppo di esperti che spiegano i motivi precisi per cui mi sto comportando come una testa vuota non ha giovato alla mia facilitazione cognitiva.

Se volete capire come i mass media hanno ingannato milioni di persone facendo credere che il Cremlino si fosse infiltrato ai più alti livelli del governo degli Stati Uniti, cercate l’illusorio effetto-verità, il fenomeno che induce le persone a confondere le asserzioni ripetute con la verità.

La scienza studia l’illusorio effetto-verità fin dal 1977, quando un lavoro aveva scoperto che alcuni soggetti erano più propensi a ritenere vera una affermazione se, per almeno un paio di settimane, questa veniva ripetuta in continuazione, anche se poi gli stessi soggetti non ricordavano a livello conscio di averne già sentito parlare. Questi risultati sono stati in seguito replicati in numerosi altri studi e nuove ricerche negli ultimi anni hanno dimostrato che il fenomeno è ancora più drastico di quanto si credesse inizialmente. Un lavoro del 2015, intitolato “La conoscenza non protegge dalla verità illusoria” ha scoperto che l’ingannevole effetto-verità è così forte che la semplice ripetizione può cambiare le risposte date dai soggetti sottoposti all’esperimento, anche quando questi ultimi erano già in possesso di dati che avrebbero consentito di dare la risposta giusta. Questo studio aveva lo scopo di verificare il presupposto, fino a quel momento incontestato, secondo cui il falso effetto-verità entrerebbe in gioco solo quando non è disponibile una previa conoscenza dell’argomento.

“Sorprendentemente, la ripetitività ha aumentato la verità percepita delle affermazioni, indipendentemente dal fatto che la conoscenza archiviata potesse essere utilizzata per rilevare la contraddizione,” è riferito nel lavoro. “Il leggere una frase come ‘Sari è il nome del corto gonnellino plissettato indossato dagli Scozzesi’ aveva fatto aumentare nei partecipanti la sensazione che ciò fosse vero, anche se erano in grado di rispondere correttamente alla domanda: qual’è il nome del corto gonnellino a pieghe indossato dagli Scozzesi?’”

In base alla conoscenza archiviata, tutti i soggetti avrebbero dovuto sapere che la “gonna corta e plissettata indossata dagli Scozzesi” è il kilt, non il sari, ma il solo fatto di ripetere l’affermazione sbagliata era stato sufficiente a convincerli del contrario.

Questo spiega perché tutti noi conosciamo persone straordinariamente intelligenti, che però si sono fatte abbindolare dalla narrativa del Russiagate, tanto quanto i nostri amici e conoscenti meno mentalmente performanti. La loro intelligenza non li ha salvati dal credere a questa teoria complottistica ormai smascherata, li ha resi solo più scaltri nel trovare i modi per difenderla. Questo perché l’illusorio effetto-verità quasi sempre bypassa le funzioni cognitive e anche la conoscenza immagazzinata, proprio perchè istintivamente noi tendiamo a dare la preferenza alla facilitazione cognitiva.

Un altro studio intitolato “Incriminazione tramite insinuazione: le domande dei media possono diventare risposte pubbliche?” ha scoperto che i soggetti possono essere manipolati e indotti a credere ad un’affermazione semplicemente per esposizione a insinuazioni o a domande incriminanti nei titoli dei media. Domande come, ad esempio, “E se Trump fosse un agente russo fin dal 1987?”, titolo apparso sul New York Magazine nel luglio dello scorso anno.

Si può quindi capire come una popolazione che viene quotidianamente e più volte al giorno rimpinzata dai teleschermi con asserzioni ripetitive, insinuazioni e domande tendenziose possa essere manipolata a credere che un giorno Robert Mueller rivelerà prove che porteranno allo smantellamento dell’amministrazione Trump. La ripetizione porta al credere, il credere porta alla fiducia, e prima che uno se ne renda conto, le persone che hanno paura del presidente leggono tutti i giorni il Palmer Report, guardano tutte le sere Rachel Maddow e lasciano che tutto ciò che dicono aggiri il loro filtro anti scetticismo, tranquilli e beati nel loro bagno di sedazione cognitiva.

E tutte quelle ripetizioni non sono state casuali. Il produttore della CNN John Bonifield era stato ripreso in video, circa due anni fa, mentre ammetteva che l’amministratore delegato della CNN, Jeff Zucker, aveva dato personalmente ordini al suo staff affinchè rimanessero concentrati sulla Russia, anche in presenza di notizie più importanti.

“Il mio capo, non dovrei dirlo, con il mio capo ieri stavamo discutendo di questo dentista e lui se ne esce con ‘vorrei proprio che tu sappia cosa stiamo affrontando qui'”, aveva detto Bonifield ad un collega che stava collaborando segretamente al Progetto Veritas di James O’Keefe. “E continua, tanto per farti capire, il presidente Trump si è ritirato dagli accordi sul clima e, per un giorno e mezzo, abbiamo parlato solo degli accordi sul clima. E l’amministratore delegato della CNN ha detto, durante la nostra riunione di lavoro, avete fatto tutti un buon lavoro coprendo gli accordi sul clima, ma ora basta, torniamo a parlare di Russia.”

(E prima che mi parliate della dubbia fama di O’Keefe, la CNN aveva confermato in un comunicato l’autenticità del video e non ne aveva contestato il contenuto, dicendo solo che si sarebbe schierata dalla parte di Bonifield e che “le differenze di opinione sono ciò che rende forte la CNN, noi diamo loro il benvenuto e le condividiamo”).

Zucker, da parte sua, ha detto al New York Times, in un articolo pubblicato ieri, di essere “completamente a suo agio” con il ruolo avuto dalla CNN nel promuovere la teoria della cospirazione sul Russiagate nel modo in cui era stato fatto.
“Non siamo investigatori. Siamo giornalisti e il nostro compito è quello di riportare i fatti così come li conosciamo, ed è esattamente ciò che abbiamo fatto,” ha detto Zucker. “Lo stesso Dipartimento di Giustizia di un presidente in carica ha indagato sulla sua campagna elettorale per cercare le prove della sua collusione con una nazione ostile. Non è un’enormità perché lo dicono i media. È un’enormità perché non ha precedenti.”

“Non siamo investigatori”? Che razza di stronzata è questa? Quindi non è il vostro lavoro indagare se quello che state scrivendo è vero o falso? Non è il vostro lavoro indagare se le fonti anonime su cui basate i vostri rapporti potrebbero mentire oppure no? Non è il vostro lavoro chiedervi se potreste incorrere in una negligenza professionale, con tutte le storie piene di cazzate da cui il vostro organo di informazione è stato umiliato negli ultimi due anni? Non è il vostro lavoro pesare le conseguenze della  deliberata monopolizzazione dell’opinione pubblica su un unico argomento basata solo su insinuazioni e affermazioni che trasudano falsa sicurezza?

“Non siamo investigatori.” E allora? Non siete nemmeno dentisti o vigili del fuoco, che cosa vorreste dire? Che questo non ha nulla a che vedere con la montagna di scorrettezze giornalistiche che avete commesso spingendo questa teoria del complotto, e neanche con l’imperdonabile violenza che avete inflitto alla psiche collettiva americana con la vostra deliberata e continua ripetizione di false asserzioni, insinuazioni e domande tendenziose?

La scienza della propaganda moderna ha alle sue spalle più di un secolo di ricerca e sviluppo. Se pensate a quanti progressi sono stati fatti negli ultimi cento anni in altri campi della scienza militare, questo dovrebbe essere un chiaro esempio di quanto sia sofisticata la comprensione che gli ingegneri sociali hanno dei metodi di manipolazione della psicologia umana a livello di popolazione. Potremmo essere assolutamente certi che ci sono persone che lavorano ad indirizzare la narrazione pubblica contro i paesi rivali dell’Occidente, come la Russia, e che lo stanno facendo con una conoscenza dei concetti che abbiamo trattato in questo articolo molto più avanzata della nostra.

I manipolatori comprendono la nostra psiche molto meglio di quanto noi riusciamo a capire la loro, e stanno diventando sempre più scaltri, non meno. L’unica cosa che possiamo fare per rimanere lucidi, mentre siamo immersi in una società satura di propaganda è essere sempre il più onesti possibile, con noi stessi e con il mondo. Non saremo mai in grado di manipolare i maestri manipolatori, ma possiamo essere sinceri con noi stessi e riconoscere se stiamo andando alla ricerca della facilitazione cognitiva, piuttosto che pensare in modo rigoroso e chiaro. Possiamo essere leali con gli amici, con i familiari, con i colleghi di lavoro e con chi ci segue sui social-media, dovunque sembri prendere piede la non-verità. Possiamo fare del nostro meglio per far risplendere la luce della verità sui burattinai, ovunque essi siano, e rovinare a tutti l’intero dannato spettacolo.

Potrebbe non sembrare molto, ma la verità è l’unica cosa che non possono manipolare, che sia la verità su di loro, la verità sul mondo o la sincerità con se stessi. I manipolatori bugiardi ci hanno messo in questo pasticcio e solo la verità potrà liberarcene.

Caitlin Johnstone

Fonte: medium.com
Link: https://medium.com/@caityjohnstone/the-illusory-truth-effect-how-millions-were-duped-by-russiagate-61199bfbe325
26.03.2019
Tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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