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DI WILLIAM BLUM

Il 20 gennaio 1969 durante la parata per l’insediamento di Richard Nixon, mi trovavo tra la folla di spettatori lungo la Pennsylvania Avenue e non appena la limousine di Nixon mi passò accanto gli scagliai contro una mela. Questa rimbalzò sulla vettura che sopraggiungeva, quella con a bordo Tricky Dick (che adesso a confronto di personaggi come George W., Bill Clinton e John Kerry pare un liberale, non scherzo). Allora nessun tutore dell’ordine si precipitò in mezzo alla folla per acciuffare il colpevole. Pensate un po’ se avessi ripetuto quel gesto alla cerimonia di oggi. Chiunque nel raggio di tre metri da me sarebbe stato scaraventato a terra, ammanettato – se non incaprettato – e trascinato via in qualche versione locale di Guantanamo con un elicottero a volteggiarci sulla testa.
La mala azione da me confessata sarà caduta in prescrizione credo. Come credo che il Dipartimento di Giustizia attribuisca maggior rispetto allo Statuto sulla Prescrizione dei Reati piuttosto che alla Convenzione di Ginevra.Racconto questo fatto non per difendere il mio gesto – non proprio sofisticato dal punto di vista politico – ma per cercare di mettere in evidenza quanto i tempi siano cambiati e le ragioni che mi spingono a ritenere che gli Stati Uniti si siano trasformati in uno stato di polizia. Magari non il peggior stato di polizia della storia; e nemmeno il peggiore stato di polizia nel mondo d’oggi; ma pur sempre uno stato di polizia punto e basta. La Guerra alla Droga ha fatto dell’America uno stato di polizia virtuale; La Guerra al Terrore ha eliminato il “virtuale”. Dall’espulsione da scuola di una ragazzina di 10 anni per aver portato con sè un paio di forbici alla morte dell’habeas corpus*, beneamato principio inviolabile della giurisdizione – malgrado un migliaio di fatidici passi falsi in qua e in là – la società americana sta rapidamente assumendo le caratteristiche di un mega aereoporto. Viviamo circondati da un centinaio di livelli di autorità – militari e civili, federali, statali, urbani e corporativi, in uniforme e in abiti civili.

Gli uomini non si fanno tutori dell’autorità per la loro bruciante passione volta a perorare la causa della giustizia. E quanto i tutori auspicano in campi quali la “sicurezza” o il “crimine” lo conseguono: con i PATRIOT Acts, la Homeland Security, gli arresti preventivi di massa, chi vogliono arrestare, come intendono arrestarli, quando vogliono catturarli, per quanto tempo vogliono trattenerli, le loro conversazioni telefoniche, il loro computer, la loro dichiarazione dei redditi, i loro dati anagrafici, i loro orifizi… i tutori della legge ottengono quello che vogliono, proprio come in uno stato di polizia. C’è qualcosa che l’amministrazione Bush o i loro compagni ideologici a livelli inferiori potrebbero fare per infierire sui diritti umani o sulle libertà civili che vi sorprenderebbe o scioccherebbe sul serio, a voi che seguite attentamente le notizie? E cosa sarebbe? Forse la nomina a Ministro della Giustizia del legittimo artefice della tortura politica?

 
“Guerra alla droga”… “guerra al terrore” – una terminologia che induce i tutori a ritenersi dei combattenti in guerra, e in guerra si usano tattiche belliche: tutto è lecito. “Ovviamente non si tratta di una vera e propria guerra” riferisce Sam Smith giornalista di Washington, “tuttavia è stato dichiarato un nuovo status quo, uno in cui la violenza, la paranoia e le perquisizioni corporali non costituiscono un mero scotto da pagare in previsione di un futuro migliore. Esse SONO il futuro”.

Il Washington Post (del 10 gennaio) riporta che, “gli agenti di polizia di Washington stanno adottando nuove tecniche di tracciatura di profili comportamentali nel corso dei pattugliamenti alle stazioni della metropolitana, individuando passeggeri sospetti e chiamandoli in disparte per interrogarli. Gli agenti rivolgono la loro attenzione ai soggetti che evitano il contatto con gli occhi, che gironzolano o che nelle stazioni di transito sembrano guardarsi intorno più di quanto non fanno gli altri passeggeri. Chi viene identificato come sospetto è fermato ed interrogato sul perchè si trovi lì e a che luogo  sia diretto. “Non si tratta di misure adottate per le celebrazioni dell’insediamento presidenziale ma di una vera e propria politica di polizia divenuta ormai norma nel distretto di Columbia e altrove.

Problema: di solito non guardo negli occhi gli agenti di polizia perchè non mi va di vedere il volto dell’ essere umano tramutato in poliziotto.

La Dragon Lady ha quel che si merita, un po’

Noi dissenzienti, gente al margine in America, noi poveracci, non abbiamo molte occasioni di pubblica rivendicazione e soddisfazione nell’arena politica di primo piano. I “cattivi” sembrano sempre arrivare per primi e pure incolumi. Eppure ho provato un sottile piacere per lo smacco verbale subito il 18 gennaio da Condoleeza Rice ad opera della senatrice Barbara Boxer durante le udienze al Senato per la nomina della Rice alla carica di Ministro degli Esteri. Boxer ha documentato dettagliatamente diverse tra le gravi bugie e contraddizioni in cui la Rice è incappata nel tentativo di giustificare la guerra in Iraq; nulla che noi dissenzienti non avessimo già fatto presente in innumerevoli occasioni; tuttavia spiattellare tutto in faccia alla Dragon Lady è stato un’altra cosa.

Adesso è col chiaro tono di chi è messo a dura prova che chiedeva che le venissero rivolte delle domande “che non ledessero la sua credibilità o la sua integrità”. Ha proseguito in difesa delle sue affermazioni passate e così facendo ha riscritto nuove pagine di storia – affermando che le zone con divieto di passaggio aereo, impiegate dagli Stati uniti e dalla Gran Bretagna per bombardare l’Iraq ripetutamente negli anni, erano state autorizzate dalle Nazioni Unite. Niente affatto, si trattò di una creazione personale di Washington e Londra. E poi ha detto che gli Stati Uniti avevano delle buone ragioni per temere Saddam Hussein in quanto eravamo a conoscenza del suo potenziale armamento biologico. Ha solo tralasciato di dire che sapevamo di questo potenziale per esserne stati proprio noi i fornitori durante gli anni ’80.

 
Ho pensato che magari se queste nuove dichiarazioni della Rice fossero messe in discussione dai Senatori, come pure le tante altre dichiarazioni discutibili rilasciate a proposito di Cuba, Haiti e Venezuela (ha detto che non poteva pensare a niente di positivo da dire riguardo al governo Chavez), la Dragon Lady potrebbe mostrare qualche piccolo segno di cedimento. Mi è venuto in mente Humphry Bogart nell’Ammutinamento del Caine quando, sottoposto a duri interrogatori da parte della commissione d’inchiesta, improvvisamente tira fuori dalla tasca un paio di palline di metallo e nervosamente comincia a giocarci in modo ossessivo. E quella fu la fine del Capitano Queeg.

Ebbene, un povero dissenziente avvilito può sognare, o no?

 
Sfida ai bulletti del cortile della scuola

Il recente articolo di Seymour Hersh apparso sul The New Yorker a proposito dei piani di invasione dell’Iran da parte degli Stati Uniti mi ha ricordato un episodio accaduto esattamente cinquantuno anni fa.

Nel gennaio del 1954, gli Stati Uniti erano indaffarati nei preparativi per l’invasione del Guatemala con un esercito delegato per ribaltare il governo progressista che era stato eletto democraticamente. (In quanto quel governo non si stava adeguando ai voleri di Washington, ecco perchè. Non ti pare una ragione abbastanza valida? Sarai mica uno di quei terroristi pacifisti in cerca di guai?) Di colpo, l’operazione sembrò aver subito un grave intoppo quando documenti chiave approdarono nelle mani del governo guatemalteco,  alcuni dei quali vennero persino pubblicati dalla stampa locale, rivelando l’esistenza di piani preparatori, d’addestramento ed d’invasione ed il coinvolgimento degli americani.

 
Il Dipartimento di Stato etichettò le accuse come “ridicole e false” e dichiarò di non voler rilasciare ulteriori commenti per evitare di concedere loro una dignità che non meritavano. Questo il commento di un portavoce: “Gli Stati Uniti promuovono una politica di non ingerenza negli affari interni di altre nazioni. Questa politica è stata ribadita più volte dall’attuale amministrazione Eisenhower”.

 
La rivista Time concluse che l’intera faccenda era stata “orchestrata a Mosca”. Il New York Times fu dello stesso parere. [1]

 
Così la CIA proseguì con i preparativi come se niente fosse accaduto. Nel mese di giugno l’invasione ebbe luogo, il governo venne soverchiato ed i guatemaltechi furono condannati ad un futuro di miseria nera, squadroni della morte e torture.

Nel suo articolo Hersh afferma che almeno dall’estate scorsa si sono susseguite missioni di ricognizione segrete all’interno dei confini iraniani condotte dagli Stati Uniti al fine di individuare obiettivi da attaccare. Una delle fonti di Hersh dichiara che “I civili al Pentagono vogliono entrare in Iran e distruggere tutte le infrastrutture militari che possono”.

 
Non si tratta della prima rivelazione circa piani di Washington d’invasione dell’Iran, e non sarà neanche l’ultima. E, triste a dirsi, non rallenterà i preparativi bellici più di quanto non sia accaduto con le divulgazioni in Guatemala nel 1954 o le numerose rivelazioni emerse circa i preparativi d’invasione dell’Iraq, mentre ci veniva continuamente detto che nessuna decisione era stata presa fino ad allora.

L’arroganza dei governanti d’America è tale da risultare a prova d’imbarazzo. A loro non frega niente se vengono additati come bugiardi, a meno che non sia faccia-a-faccia, o se hanno infranto tanto la legge degli USA quanto quella internazionale.

Eppure negli ultimi anni ci sono stati casi in cui l’amministrazione Bush ha fatto marcia indietro riguardo talune posizioni o progetti, o concesso delle modifiche. Ciò si è verificato quando l’Unione Europea, la Cina o altre nazioni hanno provato a tenere testa ai bulletti del cortile di scuola. Interventi del genere da parte di paesi esteri risulterebbero maggiormente efficaci se solo si potesse contare anche sul sostegno dei Democratici di casa nostra.

 
La preoccupazione dei Democratici, tuttavia, rimane quella di tener testa ai Repubblicani piuttosto che di confrontarsi con essi. A questo proposito le scorse settimane il Senatore Edward Kennedy ha dichiarato che sarebbe utile che un candidato dei Democratici “parlasse di Dio”; Il capo del governo di minoranza Nancy Pelosi ha citato un paio di passaggi tratti dalla Bibbia in un discorso alla Camera, asserendo che le Scritture “ci dicono che servire alla causa della creazione di Dio costituisce un atto di fede”; e durante una riunione al Senato i Democratici hanno invitato come loro oratore di punta un ministro del culto il quale ha incitato i Democratici a parlare più apertamente di questioni riguardanti la religione. “Hanno dedicato più tempo alla religione che a qualsiasi altro argomento”, ha affermato in seguito il prete. [2]

A causa dei ridotti contributi governativi, lo stato del Tennessee sta riducendo drasticamente il proprio programma di assistenza sanitaria a largo raggio particolarmente apprezzato ed altamente innovativo rivolto alla classe operaia – ne sono stati tagliati fuori 323.000 adulti di cui 67.000 affetti da condizioni cliniche gravi e 97.000 con altissimi conti medici da pagare. Quando ho letto la notizia ho subito pensato che mi piacerebbe incontrare alcune di queste persone per domandare loro se hanno votato per Bush. In caso di risposta affermativa mi piacerebbe scuoterli e poi rivolgere  loro il mio sarcasmo migliore. Ma è sopraggiunta una seconda riflessione – che del resto neanche i Democratici hanno proposto niente di vagamente prossimo ad una copertura sanitaria garantita.

Come precedentemente riferito in questo spazio, Harry Truman non ebbe torto nell’affermare: “Se la scelta dell’elettore è tra un Repubblicano ed un Repubblicano, egli sceglierà sempre un Repubblicano.” Chissà quanti liberali e radicali sono rimasti a casa il giorno delle elezioni perchè Kerry non è riuscito ad offrire un’alternativa decente a Bush?

 
Lo Tsunami

Sono sorpreso di non aver letto finora di alcun sopravvissuto che abbia ringraziato dio (o Dio, se preferite) per avergli salvato la vita e lo abbia considerato un “miracolo”. Se un lettore sentisse di un tizio del genere, dovrebbe provare a contattarlo e dirgli che l’amministrazione Bush avrebbe da offrirgli un posto di lavoro piuttosto ben retribuito in Iraq presso il Dipartimento della Distruzione basato sulla Fede.

 
“Sono stato in guerra e mi sono trovato coinvolto in numerose operazioni di soccorso seguite ad uragani, tornadi e quant’altro, ma non ho mai visto niente di simile” ha dichiarato Colin Power al termine di un perlustramento in elicottero delle zone devastate dallo Tsunami in Indonesia. “Non riesco lontanamente ad immaginare l’orrore che devono aver provato le famiglie e tutta quella gente all’udire quel rumore incombente e poi l’onda che infrangendosi ha posto fine alle loro vite”. [3]

E gli orrori di Fallujah? Può cominciare ad immaginarli? Oppure l’orrore di Panama nel 1989 e dell’Iraq del 1991, visto che in entrambi i casi vi svolse dei ruoli determinanti?

Quanto detto è rivolto ai molti della sinistra i quali ritengono che Powell sia in un certo senso un imperialista meno indecente di Cheney, Bush, Rumsfeld e il resto della banda. Oh, ho forse tralasciato di citare i crimini di guerra insabbiati da lui commessi in Vietnam?

George nel Paese delle Meraviglie

“La comunità ebraica in Germania ha respinto le recenti aperture da parte del governo nazista volte al miglioramento dei tesi rapporti esistenti, invitando Berlino a rispondere con una politica più dura verso gli Ebrei, hanno riferito ieri funzionari dell’amministrazione di Hitler.”

Questo annuncio è stato diffuso in Germania nel 1934. No.

 
Però, quanto segue è stato annunciato negli Stati Uniti nel 2005. Si.

 
“Il Presidente venezuelano Hugo Chavez ha respinto le recenti aperture degli Stati Uniti volte al miglioramento dei tesi rapporti esistenti, invitando Washington a rispondere con una più severa politica nei confronti del paese, hanno riferito ieri funzionari dell’amministrazione Bush”.

“E’ fuor di dubbio che la reiterata ostilità di Chavez nei confronti degli Stati Uniti impedisce di instaurare dei rapporti normali” ha dichiarato un funzionario d’alto grado dell’amministrazione. Lo stesso ha inoltre espresso preoccupazione per la “militarizzazione della società venezuelana”, notando come Caracas stia cercando di acquistare più di 100.000 AK-47 “in dotazione ad un esercito di neanche 40.000 unità.” [4]

 
Dichiarazioni giunte dopo che gli Stati Uniti sono rimasti direttamente coinvolti nel colpo di stato per rovesciare Chavez nel 2002, hanno espresso pubblica soddisfazione per l’iniziale successo e sono diventati tra i principali finanziatori del movimento per defenestrare Chavez nel referendum tenutosi due anni dopo.

Che gli Stati Uniti critichino un altro paese per l’eccessiva militarizzazione… l’assurdità e l’ipocrisia di un concetto del genere è in grado di far venire un acuto mal di testa a qualunque individuo pensante.

 
La favola dei due tipi di dottori

Sul New England Journal of Medicine (del 6 gennaio) si legge come dottori dell’esercito USA abbiano violato la Convenzione di Ginevra aiutando incaricati dell’intelligence nella conduzione di interrogatori abusivi nei centri di detenzione militari, con “fondate ragioni per sospettare” che gli stessi abbiano preso parte alle torture.

Altri dottori negli Stati Uniti hanno perduto la loro licenza per molto ma molto meno. Se i nominativi dei medici coinvolti negli abusi/torture dei prigionieri potessero essere accertati, forse alcuni fra i miei lettori aventi legami con la professione medica si sentirebbero tenuti a denunciarli. La Physicians for Social Responsibility (Dottori per la Responsabilità Sociale) e la Physicians for Human Rights (Dottori per i Diritti Umani) potrebbero essere due associazioni altrettanto interessate alla questione.

Nel 1990-91, un dottore di nome Yolanda Huet-Vaughn da obiettore di coscienza si è rifiutata di sottoporre a mobilitazione la propria unità di Guardia Nazionale nel Kansas per l’azione militare americana in quella che divenne la Guerra del Golfo. Ne parlò pubblicamente a sfavore alla TV nazionale e ai raduni anti-guerra prima di far rientro a Kansas City e consegnarsi volontariamente alle autorità per affrontare la corte marziale per diserzione. “Tutto quello che ho fatto negli anni 1990-91 è stato dettato dai miei più profondi convincimenti morali ed il mio impegno a rispettare i più elevati principi etici in medicina,” ha affermato in una dichiarazione successiva. “Allora cercavo con tutte le mie forze di impedire l’inutile disastro sanitario pubblico della Guerra del Golfo Persico.”

Vi fu un tentativo da parte dei conservatori di revocare la licenza medica alla Huet-Vaughn, ma fallì. Ad ogni modo, fu detenuta otto mesi in un carcere militare, redarguita e multata per 5.000 dollari dallo Stato del Kansas che sovrintende alla pratica medica. [5]
 

Quello che in America non costituisce una barriera al successo

Lawrence Summers, presidente di Harvard, ha sollevato un modesto scalpore per delle sue considerazioni circa la scarsità di scienziati di sesso femminile attribuibile al fatto che le donne non possiedono la stessa “abilità innata” o “abilità naturale” degli uomini in determinati campi. I commenti alla notizia che ho visto hanno mancato di ricordare un’altra dichiarazione di Summers di intensità anche maggiore.

Nel dicembre 1991, mentre era capo economista per la Banca Mondiale, fu autore di un memo interno in cui si invitata la Banca ad incoraggiare la migrazione delle “industrie inquinanti” nei paesi meno sviluppati perchè, tra l’altro, sarebbero stati minori i costi da sostenere per danni alla salute e decessi imputabili a contaminazioni ambientali. Per quanto questi costi fossero basati sul mancato guadagno della forza lavoro ammalatasi, in un paese di salari estremamente bassi i costi calcolati sarebbero risultati notevolmente inferiori. “Ritengo impeccabile”, scrisse, “la logica economica alla base dello scarico di rifiuti tossici in un paese dove i salari sono particolarmente bassi e la cosa non dovrà essere ignorata.” [6]

Nonostante tale memo abbia ricevuto ampia divulgazione nonchè condanna, Summers, nel 1999, è stato nominato Ministro del Tesoro dal Presidente Clinton. Si è trattata di una promozione da Sottosegretario al Tesoro – agli affari esteri. Di lì a poco, Harvard lo sceglierà per la presidenza.

In caso tu non sia abbastanza cinico o fissato con le cospirazioni

 
Un articolo sul Washington Post del 19 dicembre riguardo gli ingenti contributi versati per l’insediamento Bush riporta come lo stesso quotidiano abbia donato 100.000 dollari per il primo mandato Bush nel 2001. Non si danno spiegazioni circa le ragioni dietro questo contributo al bisognoso.

Frank McKenna è stato appena nominato ambasciatore del Canada negli Stati Uniti. E’ inoltre presidente del comitato di consiglio canadese per il Gruppo Carlyle. Carlyle si autodefinisce come la compagnia privata di investimento equo più grande al mondo. Si è specializzata nell’investimento in armamenti promosso dai corrotti legami politici esistenti tra i suoi dirigenti ed i membri del consiglio di amministrazione tra i quali spiccano George Bush Senior, l’ex Ministro degli Esteri James A. Baker III, l’ex primo ministro britannico John Major; l’ex Ministro della Difesa ed ex vice direttore della CIA Frank Carlucci. McKenna ha dichiarato di voler vedere affluire maggiori investimenti da parte del Canada in Carlyle, promuovendo la produzione bellica quale propulsore economico per la sua area d’origine. E’ già marcato per aver difeso l’investimento di 60 milioni di dollari del Piano Pensionistico del Canada prelevati dai contributi pensionistici accumulati e versati in un fondo Carlyle.

Nel 2002, McKenna ha ospitato una riunione Carlyle in Canada alla quale sono intervenuti George Bush Sr, e molti altri tra i personaggi più influenti. Nel corso di una conferenza stampa McKenna smorza le perplessità emerse circa il legame esistente tra gli investimenti militari Carlyle ed elementi di spicco della politica. “Non siamo qui per discutere di cospirazioni industriali-governative-militari o di globalizzazione” ha detto ai giornalisti: “Siamo qui semplicemente per dare il nostro contributo all’economia atlantica. Nè più. Nè meno”. Infatti. [7]

I gioielli di famiglia dell’Agenzia

Dei numerosi scheletri nell’armadio della CIA, pochi sono custoditi strettamente quanto i dati relativi ai vari libri la cui pubblicazione è stata caldamente promossa dall’Agenzia nei primi trent’anni di guerra fredda. Il Comitato Ecclesiastico al Senato, tra le altre sue tante rivelazioni, ha scoperto che nel 1976 “ben oltre mille libri” erano stati prodotti, sovvenzionati o sponsorizzati dalla CIA fino al 1967, con altri 250 titoli circa da quell’anno al 1976. Buona parte dei libri furono venduti negli Stati Uniti ed anche all’estero. Come molti altri ricercatori, ho compilato la richiesta della Freedom of Information Act (Legge sulla Libertà d’Informazione) per ottenere i titoli di tali libri ma invano. Ad un certo punto l’Agenzia mi ha inviato 84 pagine di materiale, nelle quali non vi era citato un solo titolo. A seguito della mia protesta proprio il mese scorso, dopo più di due anni, ho ricevuto una risposta, che in parte dice:
 

“L’Agenzia non può condurre una ricerca dei dati richiesti in quanto non in grado di individuare un sistema di record d’Agenzia dove le informazioni pertinenti la sua domanda possano ragionevolmente essere localizzate”.

Se capisco l’inglese, mi stanno dicendo che non hanno potuto trovare le informazioni da me richieste perchè non sanno dove cercarle. Hmmm. Bene, potrebbero cominciare dal nome di uno degli editori che hanno usato più spesso, Praeger (ex F.A. Praeger), che ha messo in circolazione la metà dei libri della seguente lista di titoli protetti dalla CIA, titoli che negli anni sono venuti fuori, in un modo o nell’altro:   The Dynamics of Soviet Society (Le Dinamiche della Società Sovietica) by Walt Rostow; The New Class (La Nuova Classe) by Milovan Djilas; Concise History of the Communist Party (Breve Storia del Partito Comunista) by Robert A. Burton; The Foreign Aid Programs of the Soviet Bloc and Communist China (I Programmi di Assistenza Esteri del Blocco Sovietico e della Cina Comunista) by Kurt Muller; In Pursuit of World Order (Alla ricerca dell’Ordine Mondiale) by Richard N. Gardner; Peking and People’s Wars (Pechino e la Guerra del Popolo) by Major General Sam Griffith; The Yenan Way (La Via Yenan) by Eudocio Ravines; Life and Death in Soviet Russia (Vita e Morte nella Russia Sovietica) by Valentin Gonzalez; The Anthill by Suzanne Labin; The Politics of Struggle: The Communist Front and Political Warfare (La Politica della Lotta: Il Fronte Comunista e la Politica Bellica) by James D. Atkinson; From Colonialism to Communism (Dal Colonialismo al Comunismo) by Hoang Van Chi; Why Viet Nam? (Perché Viet Nam?) by Frank Trager; e Terror in Vietnam (Terrore in Vietnam) by Jay Mallin.

L’operazione Gladio costituisce un altro gioiello di famiglia, la stupefacente campagna terroristica nell’Europa Occidentale condotta da CIA, NATO, e diverse altre organizzazioni d’intelligence per decenni dopo la II Guerra Mondiale, di cui ho parlato nei miei libri. [8]  Quello che promette di essere la bibbia sul tema è appena uscito: Operation Gladio: NATO’s Top Secret Stay-Behind Armies and Terrorism in Western Europe (Operazione Gladio: I segretissimi eserciti della NATO e il Terrorismo nell’Europa Occidentale), in inglese edito da Frank Cass Publishers (Londra) e Amazon, e presto in italiano edito da Fazi Editore (Roma). L’autore svizzero, Daniele Ganser, è singolarmente tagliato per il compito essendo in grado di leggere fluentemente l’italiano, il tedesco, il francese e l’inglese, tutte lingue chiave nella documentazione Gladio.

NOTE

[1] William Blum, “Killing Hope: US Military and CIA Interventions Since World War II”, capitolo 10

[2] Washington Post, 17 gennaio, 2005

[3] Associated Press, 5 gennaio, 2005

[4] Washington Times, 14 gennaio, 2005

[5] Associated Press, 6 marzo 1998; The Humanist (American Humanist Association), Mar/Apr 2002, articolo di John Swomley

[6] The Economist (Londra), 8 febbraio 1992, p.66 (Edizione USA)

[7] Daron Letts, www.rabble.ca, 10 gennaio 2005

[8] Freeing the World to Death: Essays on the American Empire, p.7

William Blum – The Anti-Empire Report, No.17
Fonte: www.killinghope.org/
20.01.05

 

*Legge inglese, pilastro del diritto penale anglosassone, promulgata dal parlamento contro il re Carlo II, al fine di evitare gli abusi perpetrabili ai danni dei cittadini tratti in arresto. Sanciva il diritto, già esistente dal 1627, di ogni imputato a conoscere le cause del suo arresto e a ottenere la libertà provvisoria dietro pagamento di adeguata cauzione.

Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Kolder

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