Le osservazioni di Xi Jinping a Davos dimostrano che è un fantoccio globalista? “Li riconoscerai dai loro frutti”

A volte la verità è una medicina amara. Ma una medicina amara che salva il paziente è sempre meglio di uno zuccherino avvelenato

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Matthew Ehret
strategic-culture.org

“Un albero buono non può dare frutti cattivi, né un albero cattivo dare frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco. Li riconoscerete dunque dai loro frutti.”
-Matteo 7:20

Il 17 gennaio, il presidente Xi Jinping ha tenuto un discorso al vertice annuale di Davos, dove un gruppo di miliardari con aspirazioni megalomani di rimodellare il mondo in una nuova distopia tecno-feudale si è riunito per diversi giorni di discorsi autocelebrativi e incontri a distanza.

Come ci si poteva aspettare, il discorso di Xi ha suscitato un notevole grado di isteria da parte di molti nazionalisti d’oltre Atlantico, che, ovviamente, non stanno reagendo bene al fatto che i loro governi sono stati sequestrati e le loro vite vengono minacciate da un’entità sovranazionale decisamente sociopatica che vuole resettare l’orologio della civiltà umana.

Una particolare testata giornalistica nazionalista chiamata LaRouche PAC, storicamente sostenitrice della Belt and Road Initiative (BRI), ha colto l’occasione del discorso di Xi per avere un tracollo di bile, con un editoriale del 22 gennaio scritto da Robert Ingraham che afferma:

“Il discorso di Xi è stato riprovevole. Nonostante i riferimenti alla ‘cooperazione globale’ e al ‘reciproco vantaggio’, le sue osservazioni possono essere lette solo come un velato attacco a Donald Trump ed un inequivocabile avallo dell’agenda di Davos. Ha appoggiato l’ambientalismo “olistico,” la neutralità del carbonio ed una “completa transizione verso un’economia verde.” Ha approvato la Trans-Pacific Partnership, lodato il libero scambio e condannato il protezionismo. Ha espresso una profonda ammirazione per l’agenda COP26, così come per l’OMC e l’OMS. Forse, più disgustoso di tutti è stato il suo fermo elogio (due volte nel suo discorso) della politica genocida delle Nazioni Unite dello ‘sviluppo sostenibile’.”

Anche se LaRouche PAC è solo uno dei tanti organi di informazione ad aver denunciato pubblicamente il discorso di Xi come prova del ruolo complice della Cina nel Grande Reset Globale del WEF, ho deciso di difendere il discorso di Xi per due ragioni.

*Sono comunque ottime idee, che credo davvero possano giocare un ruolo importante nello spegnere gli incendi che stanno divorando la civiltà… a patto che non si autosabotino, cedendo al populismo semplicistico nelle cose che importano di più.

*L’autore dell’editoriale ha condotto alcune delle migliori ricerche storiche che io abbia mai visto, e la cosa avrebbe dovuto impedirgli di commettere quegli imperdonabili errori di giudizio che faranno un gran danno alle menti dei suoi stessi lettori, alla sua organizzazione e alla causa della verità più in generale.

Forse le mie parole sono dure ma, con la mia risposta, spero di dimostrare di essere assolutamente serio quando dico che l’autore è stato fuorviato nella sua analisi delle morivazioni cinesi.

Affermazione 1: “La Cina sostiene la decarbonizzazione e quindi è cattiva”

Per coloro che sono arrivati a scoprire che gli obiettivi di de-carbonizzazione della COP26 sono, in realtà, guidati dall’intenzione di smantellare la civiltà industriale (e i mezzi per sostenere i livelli di popolazione moderni), congratulazioni. Avete l’intelligenza per non farvi fregare dalla disinformazione, quella che manca a quei cavernicoli che ancora credono che Greta Thunberg, il principe Carlo e Bill Gates siano degli esperti del clima o che il mondo finirà in un forno infernale tra 12 anni, a meno che non cambiamo radicalmente il nostro comportamento collettivo e aboliamo immediatamente la civiltà industriale.

Per coloro che sull’argomento sono usciti dalla caverna, le dichiarazioni pubbliche di Xi hanno certamente creato un po’ di confusione. Il presidente cinese sostiene davvero l’agenda “globalista” dello spopolamento? È a favore dello smantellamento della civiltà industriale avanzata?

Se ci concentriamo sulle azioni, al di là delle semplici frasi di circostanza usate da Xi a Davos, la risposta è un sonoro “NO.”

La “decarbonizzazione” eurasiatica contrapposta a quella transatlantica

Gli approcci della Cina alla “decarbonizzazione” e allo “sviluppo sostenibile” sono assai diversi, su molti livelli, da quelli dominanti nella gabbia NATO-Cinque Occhi. A differenza degli stati occidentali sotto occupazione, a cui viene detto di prepararsi ad una riduzione degli standard di vita, della produzione e persino della proprietà dei beni per affrontare una nuova era di scarsità, l'”agenda verde” della Cina è orientata allo sviluppo degli idrocarburi, con un’attenzione particolare al gas naturale, al carbone, al petrolio e al nucleare.

Per quanto riguarda il fiorente settore dell’energia nucleare cinese (che emette zero CO2), la Cina è l’unica nazione che attualmente utilizza TUTTI i reattori di terza e quarta generazione esistenti, compresi quelli a sali fusi di torio e i reattori autofertilizzanti, ed è molto più avanti di qualsiasi altro stato nello sviluppo della fusione nucleare commercialmente praticabile.

Anche se la Cina è uno dei principali investitori nelle cosiddette energie “rinnovabili,” comprese le pale eoliche e i pannelli solari, a differenza della comunità transatlantica, non ha fatto dipendere le sue basi produttive industriali ad alta intensità energetica da queste forme di elettricità a bassa intensità, inaffidabili e costose, preferendo utilizzare l’energia “verde” principalmente per il consumo residenziale.

Non è neanche un segreto che la Cina è diventata il principale utilizzatore mondiale di cemento, acciaio, ferro e di altri minerali vitali per la costruzione di megaprogetti su larga scala, indispensabili per lo sviluppo della Belt and Road Initiative.

Affermazione 2: “La Cina sostiene il TPP quindi rappresenta il male”

Dire che Xi “è pro-Trans-Pacific Partnership (TPP)” è molto più che semplicistico.

Come ha spiegato molto bene Pepe Escobar, c’è uno scontro in corso su chi modellerà le regole della globalizzazione 2.0.

La globalizzazione 1.0, che ha dettato legge in tutto il mondo per 50 anni, è definitivamente morta, come una nave che aspetta solo un’altra ondata per rompersi in due, come un nuovo Titanic che viene trascinato nelle profondità dell’abisso. Questo crollo, in realtà, non è dovuto ad un difetto del sistema, come pensano in molti, il sistema era già destinato a diventare una bomba ad orologeria nel 1971, nel momento stesso in cui il dollaro era stato fatto uscire dalla riserva aurea, fino ad arrivare all’attuale rottura della bolla sistemica.

La domanda non è quindi “se il vecchio sistema crollerà”, ma piuttosto: CHI darà forma al nuovo sistema e su quale sistema operativo si baseranno le sue regole?

Sarà un sistema aperto, capace di crescita creativa e di miglioramenti auto-diretti o sarà un sistema chiuso, definito dalle presunte leggi immutabili dell’entropia e dei rendimenti decrescenti? Il sistema sarà a somma zero (se tu vinci io perdo) o il tutto sarà più della somma delle parti (mutuo vantaggio)?

Il TPP dell’era Obama, che Trump aveva giustamente ucciso nel 2016, non era altro che un palese assalto economico sia alla Repubblica Popolare Cinese che al sistema degli stati nazionali sovrani in generale. Questo assalto era basato su diversi fattori:

A) La volontà di legare tutti i Paesi membri del TPP del Pacifico in un sistema calato dall’alto simile al NAFTA e controllato da Londra e Wall Street.

B) Dare alle multinazionali il diritto di citare in giudizio direttamente le nazioni per aver infranto le regole del “libero scambio” del TPP (che, in verità, non erano mai state libere, in quanto gli interessi privati delle multinazionali, coordinati tramite il World Economic Forum, erano sempre al lavoro per mantenere il controllo).

C) Isolare la Cina dai Paesi confinanti, dato che la versione pre-2016 del TPP aveva sempre escluso la Cina.

Il “TPP 2.0” a cui si riferisce Xi è “TPP” solo di nome.

Per quanto riguarda il suo sistema operativo, questa versione sembra più un’estensione della RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership), lanciata nel 2020 come il più grande accordo commerciale della storia, che coinvolge 15 nazioni del Pacifico che rappresentano il 30% della popolazione mondiale.

Comporta il libero scambio? SÌ. Questa versione del libero commercio viene usata per giustificare lo stupro imperiale delle nazioni povere? NO.

Libero commercio governato da quali intenzioni?

Dovrebbe essere un fatto ovvio che, da quando Adam Smith nel 1776 aveva scritto il suo famigerato La ricchezza delle Nazioni, parecchi misfatti sono stati commessi in nome del “libero commercio.”

Dalle guerre dell’oppio, alle carestie delle patate, ai ripetuti genocidi indiani, ai moderni casi di saccheggio nell’ambito della globalizzazione, il “libero scambio” britannico è stato spesso usato come mezzo per indurre gli stati nazionali a disattivare i loro sistemi di sicurezza, mentre venivano spolpati fino all’osso.

La differenza tra la versione cinese e quella anglo-americana del libero scambio si riduce all’INTENZIONE.

Questo perchè le varianti anglo-americane erano progettate per distruggere lo sviluppo nazionale, le varianti cinesi (o il precedente sistema hamiltoniano degli Stati Uniti) sono inestricabilmente legate al miglioramento industriale di tutte le nazioni partecipanti. Dove uno intende dividere, conquistare e distruggere, l’altro vuole unire, cooperare e creare. Una grande differenza.

Qualcuno potrebbe obiettare a gran voce: “NON PUOI CONOSCERE LE SUE INTENZIONI!”

Gesù una volta aveva così risposto alla domanda: “li riconoscerete dai loro frutti.” Un materialista non saprebbe cosa pensare, ma chiunque guardi la storia del mondo riconoscerebbe rapidamente che, in politica, usare parole che rendono trasparente le proprie intenzioni quasi sempre annullerà la possibilità di realizzarne gli obiettivi. Amiamo il robusto candore di John F. Kennedy, ma il suo assassinio, dopo solo 1000 giorni di mandato, aveva portato alla distruzione di molte cose buone, una distruzione che un uomo di stato più saggio ed esperto come Benjamin Franklin non avrebbe mai permesso.

Lasciatemelo dire in un altro modo: a volte uomini cattivi impegnati in atti cattivi usano parole buone e, a volte, uomini buoni impegnati in atti buoni usano parole cattive. Come si fa a conoscere la loro intenzione o la loro bontà? Non attraverso le loro parole, ma attraverso i loro frutti.

I frutti hamiltoniani della Cina

La Cina è stata in grado di far uscire dalla povertà più di 800 milioni di individui, mentre il sistema unipolare dell’impero aveva creato solo fame, povertà e guerra. La Cina ha impegnato trilioni di dollari di credito produttivo a lungo termine attraverso banche statali legate non alla speculazione sul debito, ma alla costruzione di infrastrutture reali, sia all’interno della propria nazione che a livello internazionale.

Se il nostro sistema occidentale è interamente dipendente da tassi iperbolicamente crescenti di capitale speculativo/fittizio, il sistema cinese è basato su sistemi FISICI di produzione e di valore. Una bolla Evergrande che scoppia in Occidente sarebbe una forza di distruzione atomica, mentre in Cina è un’aberrazione facilmente contenibile.

Se l’autore affiliato al LaRouchePAC che attacca Xi avesse effettivamente letto le opere originali dell’economista Alexander Hamilton (cosa che dice di aver fatto), saprebbe che il sistema americano che tanto ammira non è intrinsecamente contro il libero scambio, né è sempre a favore del protezionismo.

Cosa aveva creato Hamilton?

L’argomentazione esposta da Hamilton nel 1791 davanti al Congresso sosteneva che ogni stato in bancarotta e sottosviluppato della nuova nazione americana era condannato ad una disastrosa divisione interna e al caos. Durante i suoi primi 7 anni, l’America era un relitto finanziario, in attesa di essere riconquistata dall’Impero Britannico. Ogni stato controllava le proprie priorità economiche, l’emissione di moneta e non esisteva libero scambio per nessuno dei 13 stati membri, il che non la rendeva affatto un’unione.

Questa mancanza di unità nella prima confederazione aveva reso impossibile la possibilità di un’azione comune. Senza la possibilità di un’azione comune, non c’erano armi a sufficienza per andare in battaglia contro l’oligarchia finanziaria altamente centralizzata ed estesa a livello globale, con sede nel cuore di Londra.

Hamilton aveva evitato la crisi federalizzando i numerosi e impagabili debiti statali locali contratti durante la guerra e convertendoli in beni di un nuovo sistema bancario nazionale, che aveva iniziato ad emettere credito per obiettivi infrastrutturali a livello nazionale. Anche se ogni stato aveva perso parte della propria libertà personale “di fare quello che voleva,” le barriere commerciali erano state abbattute, era stata lanciata una moneta nazionale e questo salto di qualità aveva permesso alla giovane nazione non solo di sopravvivere, ma anche di prosperare. Sotto Hamilton, i debiti avevano cessato di essere macchine da inflazione usuraria, trasformandosi in “benedizioni nazionali” autoliquidanti che servivano gli interessi di tutto il popolo. Anche il fatto che gli organi di stampa cinesi citino spesso Hamilton non è una coincidenza.

Nei primi decenni del programma hamiltoniano, la popolazione americana si era quadruplicata, le conoscenza tecniche, la produttività industriale, l’interconnettività e le invenzioni avevano fatto passi da gigante sfidando presto il più grande impero del mondo.

Il signor Ingraham potrebbe essere sorpreso di sapere che Hamilton non era dogmaticamente a favore dei dazi e che sosteneva il libero scambio, almeno finché dotato della volontà unificante di sviluppare le molte parti del tutto, portandole al loro massimo potenziale industriale e creativo. Questo era lo scopo essenziale della clausola della Costituzione riguardante il benessere generale, compreso l’importante articolo I sezione VIII.

Un seguace di Hamilton, Friedrich List (che, nel 1828 aveva coniato il termine “Sistema Americano di Economia Politica”) aveva usato, per la prima volta nella storia, questo sistema per unire i vari stati regionali della frammentata Germania in una “Zollvereine” (unione doganale) guidata dal libero scambio. Sotto il programma di List, il credito nazionale legato ai miglioramenti interni (ferrovie, canali, nuove industrie e scienza pura) aveva lanciato la Germania nell’era moderna.

In tutti i Paesi in cui era stato applicato questo sistema (compresa la Russia del XIX secolo) si era verificata una crescita della popolazione in quantità e qualità, erano migliorate le relazioni tra gli stati membri, l’oligarchismo aveva perso la presa e il cambiamento creativo aveva portato all’autoperfezionamento di questi sistemi sempre più aperti.

Questi erano stati buoni frutti.

Il Libero Commercio Britannico, così come la “Globalizzazione 1.0” ha SEMPRE usato belle parole, ma ha generato frutti marci.

Ovunque è stato applicato, il libero scambio britannico ha distrutto le economie degli stati nazionali sovrani, paralizzato la pianificazione a lungo termine, smantellato la regolamentazione del capitale privato e imposto il divide et impera.

Gli aderenti a questo sistema, indottrinati nelle università anglo-americane della Ivy League, si sono gradualmente trasformati in miopi fanatici del capitale, incapaci di vedere un tutto al di là delle loro identità locali… esattamente come voluto da un’élite oligarchica che gestisce l’intero sistema come un videogioco infernale.

Rivendicazione 3: “Xi ha parlato bene del WTO e quindi rappresenta il male”

L’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), proprio come la Carta delle Nazioni Unite, incorpora molte belle parole e ottime regole di condotta economica. Se tali regole e tali parole venissero seguite alla lettera, nessuna delle due organizzazioni farebbe del male a nessuno, anzi potrebbero, a tutti gli effetti, fare addirittura del bene.

Il problema non è quindi nelle belle parole, che promuovono una sana concorrenza, l’equità o la libertà di commercio.

Il problema si trova nelle MENTI di quelle forze che hanno scritto molte di quelle regole già con l’intenzione di infrangerle.

Le regole del WTO, proprio come le richieste britanniche di obbedienza nazionale al libero scambio, che avevano mantenuto la piccola isola nella posizione alfa dominante sulla maggior parte del mondo durante il XIX secolo, erano destinate ad essere osservate da vittime credulone, quando, in realtà, erano solo altro strumento per il colonialismo e la schiavitù utilizzato dai pianificatori del Grande Gioco.

In questo senso, l’OMC del 1999 ha molto in comune con La ricchezza delle nazioni di Adam Smith, scritto nel 1776.

Adam Smith esaltava forse le virtù del male o il diritto di un egemone a controllare i deboli?

Niente affatto.

Nel suo testo si potrebbero trovare molte belle parole e, se il mondo fosse veramente un campo di gioco leale di nazioni che coesistono aspirando a migliorare la loro qualità di vita e senza alcuna oligarchia finanziaria estesa a livello internazionale, allora sarebbe difficile trovare qualcosa di sbagliato in ciò che dice.

Il problema, come avevano capito Ben Franklin, Hamilton e molti dei più insigni padri fondatori (o Friedrich List in un secondo tempo), è che Adam Smith era solo uno scribacchino politico, che non credeva nemmeno a ciò che scriveva. Come sottolinea lo storico Anton Chaitkin nel primo volume di Chi siamo, Adam Smith era direttamente legato ai vertici dell’Impero Britannico ed era stato istruito per anni nientemeno che da Lord Shelburne stesso prima di pubblicare la sua Ricchezza delle nazioni (non a caso nello stesso anno della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti).

Smith e i suoi padroni oligarchici di Londra avevano sempre saputo di essere i veri proprietari della sua “mano nascosta” che, dalle loro vittime avrebbe dovuto invece essere vista come i “magici principi ordinatori” del mercato non regolamentato.

Le zone di libero scambio orientate al BRI, come le abbiamo viste applicare negli ultimi sette anni, sono plasmate dall’intenzione di costruire reali infrastrutture misurabili e relazioni industriali tra tutti gli stati partecipanti. Se guardiamo l’accordo di libero scambio Africa-Cina, il corridoio economico Cina-Pakistan, il RCEP della Cina, gli accordi Cina-UE o gli accordi di libero scambio Cina-Sud America, vediamo l’opposto di qualsiasi cosa fatta durante gli anni bui dell’Impero Britannico o nel periodo post-JFK del capitale imperiale. Invece che saccheggio e schiavitù del debito, abbiamo visto la più grande esplosione di crescita industriale, infrastrutture su larga scala, manifattura e istruzione spuntare ovunque questi trattati siano stati applicati. L’intenzione è semplicemente molto diversa da qualsiasi cosa vista nell’era della globalizzazione 1.0.

La Cina sa che se la Carta delle Nazioni Unite e le regole del WTO potranno essere effettivamente applicate, anche solo per una volta, nel contesto plasmato dalla Belt and Road Initiative da oltre 3.000 miliardi di dollari, allora la globalizzazione 2.0 sarà governata da regole fondamentalmente anti-oligarchiche, pro-crescita della popolazione, pro stato nazione, pro-cooperazione e anti-depopolamento.

Un buon frutto.

Affermazione 4: “Xi ha detto cose buone sull’OMS e sulla cooperazione COVID e quindi è malvagio”

Un’ultima parola deve essere detta sulle osservazioni di Xi sull’Organizzazione Mondiale della Sanità e sulla risposta alle pandemie.

Potrebbe non essere popolare affermarlo, ma lo farò.

Ad oggi, la Cina non ha ancora epurato completamente la sua quinta colonna transumanista filo-occidentale, attivatasi negli anni ’80 sotto il regime dell‘agente di Soros, Zhao Ziyang.

Durante il periodo di influenza di Zhao sul governo cinese, vaste infusioni di transumanisti, monetaristi e tecnocrati avevano formato il moderno stato profondo della Cina. Molti di questi parassiti erano stati fortunatamente e gradatamente eliminati a partire dal 1989, poi nel 1997, e, più di recente, con l’epurazione lanciata con l’ascesa di Xi nel 2012; attualmente oltre 1,5 milioni di funzionari sono accusati di corruzione.

Nonostante queste epurazioni, la presenza del World Economic Forum/Anglo-Americano si sente ancora all’interno di alcuni circoli, come il “gruppo di Shanghai,” centrato intorno all’ex presidente Jiang Zemin e alla sua cricca di miliardari di orientamento occidentale, come Jack Ma, che hanno più volte tentato di sovvertire la sovranità economica della Cina.

Anche la Russia ha i suoi problemi di stato profondo, iniziati durante gli anni di Gorbaciov-Yeltsin.

A differenza della Cina che ha mantenuto i controlli nazionali sulle banche, lo stato profondo tecnocratico di Mosca gode ancora di una maggiore influenza sul sistema bancario centrale liberale russo, infestato dai keynesiani, strettamente legato ai giganti farmaceutici russi (vedi: Sberbank come uno dei tanti esempi).

A differenza del Nord America o dell’Europa, la Cina ha sempre fornito rimedi COVID alternativi non focalizzati unicamente sui vaccini o sulla demolizione della propria economia in nome di [dubbi] modelli informatici. L’uso da parte della Cina del trattamento a base di idrossiclorochina-zinco e di vari rimedi della medicina orientale è stato precoce e di grande effetto, risultando in un tasso di mortalità per COVID dello 0,6% rispetto a quello dell’America. La Cina ha chiarito di non avere idea se la COVID sia fuoriuscita da uno degli oltre 200 biolaboratori collegati al Pentagono o se, in futuro, un’altra creazione geneticamente mirata verrà rilasciata all’interno del Paese, come era stato delineato in crudi dettagli nel documento del PNAC del 2000, Rebuilding America’s Defenses. Ciò che è chiaro è che, dal gennaio 2020, hanno risposto alla COVID come in un possibile scenario di guerra.

Proprio come nel caso della Russia, abbiamo visto numerosi scontri tra vari poteri regionali e il governo federale sulla questione dei protocolli di vaccinazione obbligatoria.

A differenza della maggior parte dei governi occidentali, le cui istituzioni federali sono diventate le principali esecutrici dei tirannici obblighi di vaccinazione (contro la resistenza dei governi regionali/statali), in Russia e in Cina succede l’opposto.

In questi stati eurasiatici, è stato il governo federale ad intervenire contro gli eccessi tirannici delle autorità locali, che trattano come bestiame i loro cittadini.

I leader di Russia e Cina stanno combattendo non solo per la sopravvivenza delle loro civiltà, ma per qualcosa di molto più grande. Inoltre, intendono non solo superare questo conflitto, ma uscirne in una posizione dominante, mentre il sistema si sgretola e la globalizzazione 2.0 avanza su tutta la linea.

È difficile per alcuni Americani accettare il fatto che la loro amata repubblica sia caduta per un colpo di stato fascista. È difficile accettare che Donald Trump potrebbe non avere la capacità morale o intellettuale di fare qualcosa al riguardo ed è difficile accettare che gli Stati Uniti non hanno attualmente la forza d’animo interna per cambiare se stessi, prima che un più ampio cambiamento globale venga loro imposto esternamente dalle nazioni dell’Eurasia.

A volte la verità è una medicina amara. Ma una medicina amara che salva il paziente è sempre meglio di uno zuccherino avvelenato.

Matthew Ehret

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2022/01/31/do-jinpings-davos-remarks-prove-he-globalist-shill-by-their-fruits-ye-shall-know-them/
31.01.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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