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La Redazione

 

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La Scuola come frontiera

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A cura di Redazione CDC
Il 28 Aprile 2023
9354 Views

Riceviamo e pubblichiamo.

Di Marco Bonsanto

Da oltre due decenni il sistema italiano dell’Istruzione sta subendo un estenuante processo di riforma. Dopo aver funzionato ottimamente per più di mezzo secolo, la Scuola della Repubblica è divenuta improvvisamente “vecchia” e piena di problemi, inadatta a preparare alla vita le nuove generazioni. Solerti governi di Destra e di Sinistra si sono volenterosamente alternati nell’implementare con fantasia “aggiustamenti” mirati sempre più estranei ed invasivi, suggeriti da istituzioni internazionali come il FMI e l’UE.

Questa specie di psicanalisi interminabile della Scuola italiana, funzionale al suo allineamento complessivo con la propria immagine pilotata di carrozzone desueto e fallimentare (la “scuola tradizionale”), ha progressivamente modificato finalità, impianto e strumenti del nostro modello educativo in direzione di una società sempre più mercatista e sempre meno democratica.

Il grimaldello utilizzato per far accettare alle famiglie questo risultato è stato quello del Lavoro, divenuto improvvisamente l’unico scopo del percorso d’istruzione. Il sofisma sotteso dalla propaganda istituzionale è evidente: se i cittadini non trovano lavoro la colpa è della scuola che non li prepara a dovere, non dell’apertura selvaggia dei mercati e della precarizzazione indotta dallo sgretolamento dei diritti lavorativi.

Su questa falsariga si muove oggi il Governo Meloni, che anche in questo settore ha trasformato in legge novità ereditate dell’Agenda Draghi. Lo ha fatto nottetempo e senza più la minima preoccupazione di giustificare all’opinione pubblica nazionale la necessità di questa ennesima riforma, passata nel silenzio pressoché generale dei sindacati, degli organi di stampa, del mondo universitario e intellettuale.

E’ la riforma che introduce nelle scuole superiori di secondo grado (domani in quelle di primo) le figure congiunte del docente-tutor e del docente-orientatore, nonché l’insegnamento dell’Economia Finanziaria come materia trasversale.

Le due figure dovranno seguire lo Studente nel suo percorso di studi personalizzato e indirizzarlo verso le figure professionali più adeguate al suo profilo. In altre parole, dovranno assecondare le sue pigrizie e plagiarlo secondo i desiderata delle aziende territoriali che si offriranno di finanziare corsi di formazione e open-day direttamente nelle scuole.

Nel frattempo, gli spiegheranno le magnifiche sorti offerte dalla finanza per incrementare il suo futuro, magro stipendio, a fidarsi cioè delle tresche criminali di banche e assicurazioni. Del resto, è uno Studente che svolge già un percorso di Alternanza Scuola-Lavoro, si costruisce un portfolio di esperienze da valorizzare anno dopo anno, e compila un curriculum da presentare all’esame di Maturità. In altre parole, già abituato allo sfruttamento lavorativo, al servaggio della formazione continua, alla vendita di sé al peggior offerente.

Se si aggiunge alla riforma Meloni la cornice dell’Autonomia differenziata in arrivo, il punto di fuga di queste riforme apparentemente sconclusionate non è difficile da individuare: destrutturare il modello italiano (umanistico e scientifico) per sostituirlo con quello anglosassone (scuola unica e lineare fino a 16 anni e poi percorsi “a piacere”). E’ una scuola che non serve più ad educare la persona, a farle acquisire consapevolezza di sé e della società attraverso saperi alti e metodi critici, ma a fornire manodopera inconsapevole e sottopagata alle aziende. Non a formare il cittadino libero e responsabile, ma un suddito prono ai voleri dei suoi padroni. E’ del resto quello che avviene ad ogni paese colonizzato: gli si rifila il know-how dismesso dallo Stato egemone.

Le ricadute saranno molteplici. Anzitutto, la trasformazione della scuola da luogo di formazione della persona (bildung) a luogo di formazione-lavoro (vocational training). Poi il condizionamento del lavoro dell’insegnante, sempre meno libero (art. 33 Cost.) dalle richieste governative, perché monitorato e valutato rispetto all’ausilio che fornirà ai docenti tutor/orientatore. Infine, la trasformazione dello stesso insegnante da educatore ai saperi specifici a coordinatore di progetti, motivatore aziendale, selettore del personale, curatore professionale.

Del resto, la penetrazione indisturbata di queste novità nel mondo della Scuola è già conseguenza di una generale confusione del corpo docente, che da tempo ha smarrito il significato profondo della sua professione: il valore della cultura per la formazione della persona e del cittadino democratico. Occupati a rincorrere la didattica delle competenze, gli insegnanti non hanno più la preparazione di un tempo, né sono in grado di informarsi, elaborare una critica, opporsi alla distruzione del loro mondo vocazionale. In una parola, hanno tutti i difetti che imputano ai loro allievi! I più anziani mirano ad arrivare alla pensione dribblando le novità, mentre i più giovani sono già il frutto di questo sistema scolastico, al quale sono affezionati come alla caverna di Platone. In mezzo, la gran massa dalle “ambizioni sbagliate”, che in queste riforme vede l’occasione – finalmente remunerata! – di cambiare mestiere senza uscire dalla Scuola.

Come potranno i pochi a cui ancora sta a cuore l’avvenire dei giovani mobilitare le famiglie a resistere contro queste storture, alla deriva della nostra società verso un declino senza ritorno?

Occorrerà spiegare loro che la Scuola non rende un buon servizio rincorrendo le novità di una società che muta ogni sei mesi. Il suo compito non è orientare lo Studente, cioè trasformarsi in un Ufficio di collocamento, ma fornirgli le dotazioni culturali e gli strumenti intellettuali perché egli possa elaborare da sé, con consapevolezza e responsabilità, il proprio percorso esistenziale. Poiché essere liberi significa saper selezionare da sé i propri fini e i percorsi più efficaci per realizzarli – ed è a questa libertà che, nel suo complesso, deve mirare l’istruzione.

Viceversa, il paternalismo di una politica che considera il futuro cittadino un incapace che deve essere orientato per il suo bene, è l’espressione di una società sempre più autoritaria che infantilizza la nazione per dominarla meglio. Scuola e Università sono la frontiera di questo tentativo. Espugnate loro, aperta la via al Regime stabile divenuto normalità.

Marco Bonsanto

insegnante di Storia e Filosofia a Padova

25.04.2023

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