di Snikett e Moravagine per Comedonchisciotte.org
Gli occhi d’Italia sono tutti su Trieste. Oggi, 21 ottobre, migliaia di persone tra triestini e solidali che continuano ad arrivare da tutto il paese, presidiano piazza Unità d’Italia, la piazza principale del capoluogo giuliano . L’ anima di tutto è il Comitato No Green Pass No Obbligo Vaccinale di Trieste, che dal 24 luglio ogni sabato, come in tutta Italia, scende in piazza contro il lasciapassare verde. Gli animi, ci fanno sapere dal Coordinamento No Green Pass, si stanno risollevando dopo lo sgombero forzato, lunedì 18 ottobre, del presidio di 150 portuali e migliaia di attivisti solidali al Varco 4 del Molo VII: le immagini di anziani e donne seduti per terra a mani alzate, e ciononostante attaccati con idranti, manganelli e lacrimogeni, hanno fatto il giro del mondo innescando una spirale di indignazione. Il 15 ottobre 8000 persone avevano sostenuto i portuali nel presidio contro il ricatto di dover pagare per garantirsi la possibilità di lavorare, e nei due giorni a seguire, tra canti, interventi di personaggi noti e comunicati stampa un po’ sgangherati, avevano raccolto a poco a poco il sostegno di tutti i resistenti della nazione. Il mainstream intanto, mentre ci assicurava che nulla era cambiato nell’attività logistica del porto e il flusso di merci continuava indisturbato, ci deliziava con il solito giuoco delle parti, Puzzer il “buono” di qua e Tuiach il “cattivo” di là, finché la notte tra il 17 e il 18 la Lamorgese ha avviato la sua, di logistica, facendo consegnare da Roma a Trieste camionette con idranti, lacrimogeni e manganelli. Alle 6:30 del 18 la celere era già schierata, alle 8 hanno iniziato con gli idranti, e alle 10 coi lacrimogeni e i manganelli. Tra le 11 e mezzogiorno vedevamo su Local Team gli ultimi manipoli di manifestanti braccati per le vie di Trieste. Perduto il presidio, restano gli strascichi del teatrino mediatico che ha preceduto la violenza poliziesca. Si è verificata una doppia spaccatura all’interno del CLPT; prima, fra l’ala “dura” di Tuiach che voleva proseguire a oltranza il blocco del varco 4 e una più incline al compromesso e ad “accontentarsi” dell’incontro al Senato del 30 ottobre; successivamente, fra coloro che hanno seguito Puzzer fino a Piazza Unità d’Italia e coloro che invece sono rimasti al porto, dove Tuiach non era presente, a prendersi stoicamente le ultime cannonate (ad acqua, almeno per ora) della polizia. Alla fine, con la creazione del “Comitato 15 ottobre” da parte di Puzzer e Giacomini il CLPT è stato di fatto esautorato ed ha prodotto un ultimo comunicato in cui si prendono le distanze da tutte le iniziative dello stesso Puzzer. Gli errori di comunicazione sono stati tanti e, in certi casi, imperdonabili. Sul disastro, troneggia la figura di Puzzer, autoproclamatosi capo dei portuali – con l’aiuto forse un po’ troppo palese dei media nazionali, ma certamente, come ci dicono più contatti in loco, non riconosciuto né dagli attivisti, né dal CLPT – che colleziona una serie di contraddizioni così infantili che in molti hanno sollevato il sospetto di disonestà. Il 16 annuncia il contrordine: fine dello sciopero; viene smentito, quasi immediatamente, da un nuovo comunicato, mentre tanti affluivano a Trieste da tutta Italia. Durante lo sgombero, girano immagini che lo mostrano circondato dalla polizia, e subito dopo lo si vede in piazza Unità d’Italia ad alzare il livello delle rivendicazioni, cosa assurda dopo esser stati sgomberati, e a promettere l’arrivo di Patuanelli e Speranza in città per un incontro risolutivo. Ulteriore nebbia scaturisce dalla consapevolezza, ormai di dominio pubblico, che Puzzer sia stato pesantemente minacciato e intimidito, e non dai colleghi “oltranzisti”, ma dagli sgherri dei Padroni del Discorso.Tuttora aleggia il mistero su quali siano e siano stati effettivamente gli interlocutori di Puzzer. Altro dato che emerge con evidenza è la sostanziale assenza di dialogo tra portuali e attivisti No Green Pass, in cui ha prevalso, come il 9 ottobre a Roma, la classica strategia del divide et impera. Infine, la ciliegina di regime su una torta già avvelenata: nella serata di lunedì scorso, con la piazza stracolma di gente, la webcam “dal vivo” la mostrava invece vuota come in un qualunque giorno feriale. Del resto, sono solo quattro gatti.
Altro nodo della questione è la gestione della piazza: una piazza pacifica non significa necessariamente una piazza debole, impreparata all’assalto della celere. Fino a vent’anni fa, mai ci si sarebbe sognati di presidiare uno snodo logistico di tale importanza senza i caschi per parare le manganellate, occhialini, bandana e limoni per attenuare l’effetto dei lacrimogeni, gli impermeabili per fronteggiare i cannoni ad acqua. Le piazze No Green Pass, non solo a Trieste ma in tutta Italia, sembrano aver dimenticato come si resiste agli assalti della celere, confidando ingenuamente in una solidarietà degli uomini in divisa che mai, prima dei video virali di Facebook in cui si vede un poliziotto fraternizzare coi portuali genovesi, si è vista nelle piazze italiane. Lungi da chi scrive inneggiare alla violenza: chi attacca passa dalla parte del torto e fa un assist perfetto all’inasprimento della repressione. Fino a vent’anni fa, tuttavia, si sapeva almeno come fare in modo che un presidio resistesse per più di venti minuti. È inutile, dopo le botte, sfogarsi acriticamente contro il soldatino “fascista” che ordina la carica, come è stato fatto da alcuni via social contro Leonardo Boido, capo di gabinetto della questura di Trieste definito “bestia pezzente” quando nemmeno era presente sul posto, perché in effetti la foto che gira è quella del dirigente della polizia di frontiera Fabio Soldatich, effettivo mandatario delle cariche.1
C’è un altro dubbio che scaturisce dalla disamina della narrativa dei professionisti dell’informazione: come mai una linea tanto dura, se le attività del porto non si erano mai fermate? Quando, una settimana prima, era stato annunciato lo sciopero del CLPT (Coordinamento Lavoratori Portuali di Trieste) dal 15 al 21 ottobre, Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, aveva fatto la voce grossa, minacciando addirittura le dimissioni,2 prontamente revocate il giorno dopo lo sciopero perché, a suo dire, l’esiguo numero dei partecipanti testimoniava automaticamente un tacito appoggio alla sua figura.3 Eppure, il presidente D’Agostino, che davanti ai microfoni della Rai mette la produttività del porto al di sopra della sua stessa poltrona, non ha esitato a far sollevare dal lavoro un centinaio di portuali per dare sostegno proprio alla sua poltrona, minacciata l’estate scorsa da un provvedimento dell’ANAC.4 Chi lo conosce, infatti, sa che l’uomo decantato dai media come la massima autorità portuale triestina in realtà non ne è più il presidente sin dal 6 giugno 2020, quando l’anticorruzione, su segnalazione delle forze dell’ordine, aveva avviato un’istruttoria con la quale si acclarò l’inconferibilità a D’Agostino della carica di presidente, poiché, essendo commissario straordinario del porto giuliano sin dal 2015, era stato nominato lo stesso anno presidente della Trieste Terminal Passeggeri, e l’anno successivo, pur mantenendo ancora questa carica, aveva ottenuto la nomina a presidente dell’ASP.5 Nella tarda mattinata del 5 giugno 2020, i cento portuali suddetti si presentarono (indovinate…) proprio al molo VII rivendicando l’immediata revoca del provvedimento ANAC nei confronti di D’Agostino, e in suo sostegno attuarono (udite udite…) il blocco totale del passaggio merci fino al 6 giugno, quando il presidente destituito, tra l’acclamazione degli astanti, invitò i suoi a terminare lo sciopero con tanto di lacrimuccia. Di coccodrillo, se si pensa alla caccia all’uomo contro chi lo aveva denunciato che annunciò proprio in quel comizio,6 a cui erano presenti anche il sindaco di Trieste col suo vice, oltre al braccio destro di D’Agostino Mario Sommariva, appena proclamato commissario al suo posto.7 Stabiliamo un parallelo: stesso numero di scioperanti, stesso blocco dei tir. Quando a farlo è stato l’ex direttore dell’Autorità Portuale accusato di corruzione e col fine di mantenere la poltrona, abbiamo avuto il plauso mediatico incondizionato, la presenza delle massime autorità cittadine al presidio, l’appoggio generale a una dichiarata caccia all’uomo contro chi aveva semplicemente denunciato uno stato di corruzione. Quando a farlo è stata una rappresentanza dei 900 lavoratori sotto ricatto vaccinale insieme a migliaia di cittadini solidali con lo scopo di difedere un loro basilare diritto costituzionale, abbiamo avuto la gogna mediatica generale, l’immediata sostituzione degli scioperanti con lavoratori senza green pass (in aperta e palese contraddizione con la legge stessa), la violenta repressione poliziesca su manifestanti pacifici e inermi. E tra i due presidi c’è solo un anno di distanza. Ma questo ancora non ci fornisce la risposta alla domanda: se la logistica non aveva subito danni gravi ed era stata immediatamene ripristinata, perché agire con tanta tempestività e violenza? Difatti, gli scioperanti sono stati prontamente sostituiti, oltre che dai colleghi non greenpassati, come da loro stessi denunciato nella rettifica al comunicato stampa del 16 ottobre, anche, come apprendiamo da più fonti in loco, da altri lavoratori portuali inviati dalla Germania a sostegno del regolare svolgimento del lavoro logistico. No, non si tratta di un sostegno dei globalisti tedeschi a quelli italiani, bensì a loro stessi: difatti, il colosso di Amburgo Hhla (Hamburger Hafen und Logistik Ag) ha acquisito il controllo del porto giuliano l’anno scorso,8 anche se questo dato non basta a delineare il contesto geopolitico. Se Hhla è il principale azionista, hanno una loro fetta anche Turchia, Danimarca e Svizzera. Quello di Trieste, snodo cruciale dell’approvvigionamento dell’Europa centro-orientale, è stato nell’ultimo decennio il porto italiano che ha attratto maggiormente gli investimenti stranieri. Tenendo conto che, nella guerra economica tra le talassocrazie americana e cinese, la logistica occupa un posto di primo piano, sullo sfondo di questa vicenda si gioca una complessa partita geopolitica. Il porto triestino gode di uno status particolare in virtù del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 e del Memorandum d’Intesa del 5 ottobre 1954.9 Per dirla in soldoni, è un porto franco – creato per garantire il libero scambio tra i paesi della Three Seas Initiative (Europa centro-orientale) e dal quale transita gran parte delle merci provenienti dal Canale di Suez e dirette verso l’Austria e la Germania – sotto la tutela delle Nazioni Unite, che ne affidano però la giurisdizione a USA e Gran Bretagna. È presto per tirare le somme, ma appare chiaro che la vicenda non coinvolge solo l’Italia e la storiaccia del lasciapassare verde potrebbe essere, in quest’ottica, solo un elemento marginale. Tutto si complica infatti quando il governo giallo-verde avvia le trattative per la Via della Seta, il famoso “memorandum” del gennaio 2020,10 cui segue un vero e proprio Accordo di Cooperazione commerciale,11 stipulato dallo stesso Zeno D’Agostino con la China Communications Construction Company, in base al quale l’ASP del Mare Adriatico Orientale dà in concessione ai cinesi per periodi che vanno dai 30 ai 90 anni tutte le principali aree strategiche del porto franco, negligendo completamente tutti gli accordi internazionali, come se fosse territorio italiano a tutti gli effetti.12 Inoltre D’Agostino, che, non abboffandosi mai, è pure presidente del consorzio COSELAG, stava per vendere ai cinesi aree del Porto Vecchio necessarie alla costruzione di uno dei due scali ferroviari che, secondo l’Accordo, diventeranno di proprietà della CCCC, aiutato in questo anche dal sindaco Dipiazza. Questa vicenda ha suscitato aspre reazioni da parte atlantica,13 ed è forse legata alla fine del primo governo Conte. Non essendo questa la sede per approfondire la spinosa questione (per la quale vi rimandiamo alle fonti in nota), questo breve excursus potrebbe aprire prospettive rispetto all’interpretazione del “pugno duro” da parte del Governo contro una protesta che non aveva scalfito più di tanto la logistica del porto franco, ma che forse col suo prolungarsi avrebbe potuto dare fastidio a quella zona grigia di magheggi e di intrallazzi planetari nella quale sguazza Zeno D’Agostino. Ci si chiede infine come mai costui, dopo essere stato destituito dall’ANAC, continui a essere de facto il presidente dell’Autorità Portuale triestina, e definito ancora tale da tutti i media.
Questa è la prima parte di un’inchiesta che abbiamo (colpevolmente) scritto da casa, avvalendoci di fonti più o meno indirette. Nei prossimi giorni saremo a Trieste per toccare con mano. La gente come noi non molla mai.
(continua)
1https://www.triesteprima.it/cronaca/leonardo-boido-questura-trieste.html
2https://www.triesteallnews.it/2021/10/blocco-porto-di-trieste-zeno-dagostino-se-daro-le-dimissioni-sara-colpa-di-clpt-e-stefano-puzzer/
3https://www.rainews.it/tgr/fvg/video/2021/10/fvg-protesta-portuali-zeno-d-agostino-trieste-0d5cacb9-93c7-4e4f-a60d-bb5124f4c603.html
4https://www.ilfriuliveneziagiulia.it/lanac-dichiara-decaduto-il-presidente-del-porto-di-trieste-dagostino-proteste-dei-lavoratori-e-solidarieta/
5https://www.ilsole24ore.com/art/anac-cancella-presidente-porto-trieste-d-agostino-annuncia-ricorso-ADNrUpV
6https://www.lavoceditrieste.net/2020/06/10/trieste-caso-dagostino-emerge-unampia-rete-di-corruzione-e-disinformazione-sul-porto-franco/
7https://www.trasportoeuropa.it/notizie/marittimo/sommariva-commissario-straordinario-del-porto-di-trieste/
8https://www.huffingtonpost.it/entry/i-tedeschi-entrano-nel-porto-di-trieste-prima-dei-cinesi-il-colosso-pubblico-di-amburgo-rileva-la-nuova-piattaforma_it_5f72ec37c5b6f622a0c3eff3
9https://ipr-ftt.one/onewebmedia/IPR%20FTT%20Expertise%20V%20IT.pdf
10https://www.governo.it/sites/governo.it/files/Memorandum_Italia-Cina_IT.pdf
11https://www.lavoceditrieste.net/wp-content/uploads/2019/03/Accordo_AdSPTM-CCCC.pdf
12https://www.lavoceditrieste.net/2018/11/29/il-problema-degli-investimenti-della-cina-nel-porto-di-trieste/
13https://www.lavoceditrieste.net/2020/01/14/porto-franco-internazionale-di-trieste-governo-italiano-ed-autorita-portuale-citati-a-giudizio-per-violazioni-di-legge-e-accordi-con-la-cina/