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La direttiva Bolkestein e i pizzini di Bruxelles all’Italia

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A cura di Gattonerosso
Il 11 Dicembre 2020
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5 dicembre 2020. Si torna a chiedere i compiti all’Italia dal docente Bruxelles. Bacchetta sulle mani del Belpaese “furbone”, poi eventualmente ginocchia nude – e non sui ceci ma – sui carboni ardenti: sanzioni pecuniarie da migliaia di euro.

La Commissione europea in tempo di pandemia invia all’Italia una lettera di messa in mora sul rinnovo automatico delle concessioni balneari vietato dalla direttiva Bolkestein.

E il Governo Conte? Sapeva e non ha provveduto, “lasciando l’intero comparto esposto a sentenze fantasiose di diversi tribunali, che hanno indotto molti funzionari comunali a negare l’estensione prevista dalla legge”, affermano Carlo Fidanza (capodelegazione di Fratelli d’Italia all’europarlamento) e il deputato Galeazzo Bignami. Conseguenza inevitabile: migliaia di stabilimenti all’asta.
Occorre un rewind partendo dalla L 145/2018.

La norma italiana a cui la Commissione Ue fa riferimento (L. 145/2018) dispone l’estensione delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2033. In realtà tale normativa sarebbe in contrasto con la “direttiva sui servizi” 2006/123/CE, detta “Bolkestein”, sulla liberalizzazione dei servizi, e anche con la sentenza della Corte di giustizia europea “Promoimpresa” del 14 luglio 2016, che dichiara illegittime le proroghe automatiche e generalizzate sulle concessioni balneari.

Quanto previsto dalla legge italiana in materia sarebbe “incompatibile” secondo Bruxelles “con il diritto dell’Ue”. La Commissione Ue ritiene infatti che “crei incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggi gli investimenti in un settore fondamentale per l’economia italiana e già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, causando nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane”. Una notizia, balzata sulle cronache nazionali – a bassa voce, d’altronde il tema che occupa h24 tg e quotidiani sono i numeri di contagi da Sars-cov-2 – di un paio di giorni fa, quando il 3 dicembre scorso la Commissione ha fatto richiesta all’Italia, con lettera di messa in mora, di “garantire trasparenza e parità di trattamento” sull’assegnazione delle concessioni demaniali marittime. Due mesi è il termine per l’Italia per rispondere alla missiva della Commissione, scaduto il quale infruttuosamente, dall’alto della seduta di Ursula von der Leyen, si procederà con la seconda fase della procedura d’infrazione: parere motivato e solo eventualmente sanzione pecuniaria.

Per comprendere meglio di cosa si stia effettivamente parlando è doveroso soffermarci, velocemente, su cosa sia la direttiva Bolkestein: approvata dalla Commissione europea nel 2006, con presidenza del “nostro” connazionale bolognese stimato da tutta la sinistra radical chic, Romano Prodi, la direttiva è stata recepita definitivamente nell’ordinamento italiano con il governo Berlusconi attraverso il decreto legislativo del 26 marzo 2010 N59; si configura come direttiva quadro che dispone norme di portata generale nonché princìpi operativi, ogni singolo Stato membro ha facoltà di stabilire la modalità ed i tempi di applicazione degli stessi. Tale direttiva mira a regolamentare la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri e la libertà di stabilimento delle attività economiche di servizi. In sostanza, si abbattono le barriere tra i vari Paesi dell’Ue: accesso ai vari mercati dell’Unione europea, in tal modo un’impresa francese o austriaca o tedesca e così via se vuole operare in Italia può farlo, senza accusare alcun svantaggio solo perché ha la sede in un altro Paese dell’Ue. Inoltre la direttiva Bolkestein stabilisce anche che le concessioni pubbliche (cioè beni di proprietà dello Stato), come spiagge, impianti sportivi comunali ecc, possano essere concesse ai privati solo per un tempo determinato, al termine del quale le concessioni devono essere messe pubblicamente a gara. Detto ciò, è evidente come già anni fa i titolari di concessioni in Italia abbiano sollevato obiezioni al riguardo: di fatto per decenni avevano goduto di concessioni rinnovabili automaticamente, con un accordo diretto pubblico-privato, quindi senza vere e proprie gare a cui potessero accedere altri operatori, mentre con la suddetta direttiva si sono visti spogliare del “vantaggio” che lo Stato italiano gli concedeva.

Non solo Bolkestein, ma anche la Corte di giustizia ha sanzionato la pratica del rinnovo automatico delle concessioni e su quest’onda il governo italiano è intervenuto con un disegno di legge delega approvato dal consiglio dei ministri, a fine gennaio 2020, per il “riordino della normativa sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico ricreativo per favorire, nel rispetto della normativa europea, lo sviluppo e l’innovazione dell’impresa turistico-ricreativa”. Ma la domanda sorge spontanea a questo punto: chi per decenni ha goduto di questi rinnovi automatici o quasi automatici, perderà il lavoro e/o i propri investimenti?

Secondo la Cna, l’estensione al 2033 è “una misura fondamentale per garantire stabilità al comparto, in un momento di crisi gravissima per il settore, e rilanciare gli investimenti parzialmente ripartiti nella scorsa estate e in particolare ad agosto, grazie alla presenza sulle spiagge italiane di oltre dieci milioni di turisti nostri connazionali, quasi 20mila in più del 2019”. Nella nota si legge inoltre che la “Cna chiede al governo di difendere la misura contenuta nel decreto rilancio, e convertita in legge dal parlamento, che estende al 2033 le concessioni demaniali marittime attualmente valide”.

Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari aderente a Fipe-Confcommercio, subito dopo aver preso conoscenza della lettera di Bruxelles, ha commentato così: “ci riserviamo una valutazione più approfondita quando potremo leggere la richiesta di chiarimenti al governo italiano da parte della Commissione europea sulla legge n. 145/2018, ma non possiamo non rilevare che il comunicato odierno che l’annuncia sia lacunoso, contraddittorio e offensivo”, spiegando come la Commissione non menzioni la necessità di “tutelare il legittimo affidamento delle aziende attualmente operanti contenuta nella citata sentenza della Corte di giustizia Ue (a tal proposito giova ricordare come le sentenze della Corte siano vincolanti, oltre che per gli Stati, anche per la stessa Commissione)” per questo motivo “lacunoso”. “Contraddittorio nel contestare l’incertezza giuridica che sarebbe stata creata dalla legge n. 145/2018 la quale, al contrario, dà certezza al settore, favorisce gli investimenti bloccati e avvia un processo di riforma”. Infine, “offensivo per l’ingerenza, del tutto irrituale, su aspetti di esclusiva competenza statale, come la redditività delle concessioni”. Così conclude il presidente del Sib-Confcommercio: “saremo vigili e attenti affinché ciò avvenga con la forza, la serenità e la consapevolezza che la tutela del diritto alla continuità aziendale dei balneari costituisce un interesse del nostro paese nel fornire, in questo momento storico più che mai, quei servizi di qualità ed eccellenza che l’Europa e il mondo ci invidiano”.

Anche il mondo della politica non le manda a dire di certo, seppur solo oggi sembra svegliarsi dal profondo sonno trentennale: la Lega con Gian Marco Centinaio, capodipartimento turismo del partito e ideatore della legge 145/2018 sull’estensione delle concessioni balneari fino al 2033, accusa “l’Europa” di “affossare il settore balneare” dichiarando con sorpresa ed amarezza dell’iniziativa della Commissione europea che “in piena formulazione della nostra legge di bilancio e nel mezzo di una drammatica pandemia, affossa un settore importantissimo come quello dei balneari italiani”… “Da Bruxelles arriva un attacco senza precedenti non già contro i principi della legge, ma contro le inefficienze, i ritardi nella sua applicazione”. Ed infine il leghista chiede: “ma lo sa il governo, lo sa Conte che è loro responsabilità dare attuazione completa alla norma, si rendono conto che senza estensione lasciano migliaia di famiglie sulla strada del fallimento? E i nostri rappresentanti in Europa dove sono?”.

Ancora una volta è il partito di Salvini, attualmente nelle minoranze, a fare la voce grossa e come riferisce un suo europarlamentare, Massimo Casanova, “in piena pandemia, mentre si pensa a come affrontare la crisi e sostenere famiglie e imprese, la priorità dell’Ue è verificare se l’Italia rispetta direttive! L’atteggiamento ostile dell’Ue è consentito, ancora una volta, dall’inaccettabile assenza del governo italiano…” una comunicazione che trova conferma nella storica posizione dei 5stelle a favore delle gare e incuranti, purtroppo, nel mettere in salvo migliaia di micro imprese che orbitano nel settore e quindi di intere famiglie che vivono grazie all’attività balneare. E il Pd? Per una volta ritiene (finalmente) che quanto accaduto sia solo l’occasione definitiva per mettere mano sul settore.

La direttiva Bolkestein agita ormai da anni il comparto turistico dei titolari delle concessioni balneari, mina gli investimenti della piccola impresa familiare, ciò che chiedono tutti è dunque la proroga della sua sospensione, a maggior ragione in tempo di crisi sanitaria. Una missiva, quella della Commissione Ue, che se osservata avrà conseguenze distruttive sul comparto turistico italiano, nello specifico, sulle concessioni balneari già sacrificate a causa delle misure restrittive anti-contagio.

Ilaria Muccetti

Fonte: CSEPI – Centro Studi Economici per il Pieno Impiego

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