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La Redazione

 

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LA COSTRUZIONE DI UNA MOSCHEA NEI PRESSI DI GROUND ZERO:

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A cura di Das schloss
Il 23 Agosto 2010
45 Views

E’ SOLO UNA QUESTIONE DI POSIZIONAMENTO?

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DI CHEMS EDDINE CHITOUR
Mondialisation.ca

Le parole sono oggi delle battaglie: le parole giuste sono delle battaglie vinte, le parole false sono delle battaglie perse.
Erich Friedrich Ludendorff, Generale tedesco morto nel 1937

Dalla minaccia saracena evocata nella Chanson de Roland, testo base della letteratura francese, al pericolo islamico denunciato nei sondaggi occidentali e dai media: tutta una letteratura della paura. Ed è sorprendente constatare come il suo sguardo rivolto all’Islam non è cambiato. Ne risulta un discorso impregnato da pregiudizi millenari. Dall’espressione: «gentem perfidam sarracenorum» (la perfida nazione dei saraceni, ndt), utilizzata dalla Chiesa onnipotente nella prima metà del VIII secolo in Occidente, all’etichetta: « les Arabes, peuple brigand » [gli Arabi, popolo brigante, ndt] scritto da Montesquieu in De l’esprit des lois [Dello spirito delle leggi, ndt], gli Arabi sinonimo di musulmani presso gli Occidentali, sono percepiti come un pericolo per il mondo cristiano. Parecchi secoli dopo, questo discorso non ha fatto una piega. Barbarie, fatalismo, arcaismo, terrorismo. Mediante qualche idea forte in «ismo», la rappresentazione occidentale dei musulmani sembra scolpita nei secoli avvenire. L’Islam, il terzo escluso dalla rivelazione abramitica, ha regalato alla popolazione giudaico-cristiana, il modo per demonizzare i musulmani. Il saraceno è sostituito dal terrorista. Triste rappresentazione.Un esempio? Il grido generale dei benpensanti in Occidente relativo alle velleità di un’associazione americana di costruire una moschea a qualche isolato da « Ground Zéro », nella posizione che era occupata dalle twin towers distrutte l’11 settembre 2001.

Ma occupiamoci del vero significato di “Moschea”. La moschea è il luogo di culto dei musulmani. Il termine in lingua originale “Masdjid”, sarebbe un termine semitico nel senso di tempo e di preghiera. Si ritrova nel Corano che parla di Gerusalemme come «El Mesdjed El Aqsa» (Corano, capitolo 17, versetto 1). Ed è anche evocato a proposito della Kaâba « Al Mesdjed El Haram », l’oratorio sacro. In origine l’Islam non approva il bisogno di disporre un luogo di culto specifico. In un editto riportato da El Boukhari, il Profeta (Qsssl) dichiara di aver ricevuto la terra intera come Mesdjed. A titolo d’esempio, Mostefa Lacheraf, il rimpianto uomo di lettere, parla di cultura e tolleranza interreligiosa nella sua piccola citta di Sidi Aïssa:

«….E dopo, la scuola ufficiale della città di Sidi Aïssa era una scuola detta “indigena” dove non c’era un solo alunno europeo ma una grande maggioranza di musulmani e una dozzina di piccoli israeliani che parlavano l’arabo come lingua madre e fortemente arabizzati nel loro modo di vivere. (…). Forse la moda religiosa non era, all’epoca, quella del: “mi hai visto” e la spettacolarizzazione del culto esagerata come oggi, perché, in questo villaggio – ben situato e popolato da spirituali mistici o affermati monoteisti – non esistevano né una moschea ufficiale, né chiese o sinagoghe, né luoghi di culto specifici » (1)

La moschea, un luogo di incontro e di sapere all’aperto (il musulmano può pregare ovunque egli si trovi nell’ora della preghiera). Punto di clero e di decoro. Come dire che la preghiera ha più importanza del luogo dov’essa si svolge. D’altronde, la moschea di Medina servì all’inizio come luogo di ricevimento delle delegazioni straniere. Lo stesso Profeta (Qsssl) autorizzò una tribù arabo-cristiana, i Nadjranites, a pregare nella moschea. La moschea di Medina servì anche da rifugio dei poveri della città e anche come luogo di discussione e di scambio. Nel corso dei secoli, la moschea sarà sempre più sacra: i musulmani non potevano accedervi se non scalzi e purificati. Doveva restare in principio come un luogo di pace e di concordia. La Khotba doveva, secondo la tradizione, essere breve per non stancare il credente e permettergli di andare a lavorare, cioè, secondo il Corano: «andare a spargersi sulla terra».

Dal medioevo in Occidente la Chiesa Cattolica, negando all’Islam la natura di religione abramitica, non mette la preghiera islamica sullo stesso piano di quella cristiana, indicando i luoghi di culto musulmani come “mahometterie” privi di essenza divina e semplicemente opere di un uomo: Moametto. Pertanto, è innegabile che nella religione musulmana, lo spirituale e il temporale sono di fatto in stretta simbiosi. E’ fin dall’inizio, una professione di fede di ogni musulmano. Lo stesso Profeta, che Sia lode a Lui, liberava i prigionieri che non avevano i mezzi per pagare la cauzione per la loro liberazione, domandando loro soltanto di istruire 10 musulmani.

Ogni moschea è una scuola di potere che forma alle missioni spirituali e temporali. Il numero così elevato di moschee ad Alger (176) è stato il bersaglio della colonizzazione e spiega l’ecatombe di demolizioni del potere coloniale. 30 anni dopo l’inizio dell’invasione coloniale, restavano ad Alger soltanto una dozzina di moschee.

Rittornando al progetto di realizzazione di una moschea nei pressi dell’attentato dell’11 settembre 2001, malgrado il sostegno di Michael Bloomberg, sindaco di News York, e il voto favorevole della commissione municipale incaricata della gestione del patrimonio comunale [e il manifesto e pubblico avallo di Barack Obama di pochi giorni fa, ndt] il progetto di costruzione di un centro culturale musulmano in prossimità di Ground Zero, suscita numerosi dibattiti oltre Atlantico. Il fabbricato, battezzato dai media americani come «la moschea di Ground Zero», è stato concepito sul modello delle YMCA (Young Men’s Christian Association), centri culturali cristiani molto popolari negli USA.

Questo progetto si trascinava da qualche anno nella testa di Feisal Abdul Rauf che predicava, dalla fine degli anni ’80, un Islam moderato in una moschea vicina a Ground Zero. Nel suo libro pubblicato nel 2004, “Quello che è buono per l’Islam è buono per l’America”, l’imam spiega che gli USA rappresentano la “società islamica ideale” in quanto permissivi di ogni libertà di religione, contrariamente all’operato di Bush in Medio Oriente, che ha del tutto inevaso tale presunta tolleranza e libertà di religione.

«L’imam – scrive Adèle Smith che beneficia di numerosi sostegni anche tra le comunità giudaiche – è il fondatore della “Maison Cordoba”. L’associazione, il cui nome si ispira alla città medievale spagnola dove vissero insieme per 800 anni, giudei, arabi e cristiani, afferma di avere la missione di “promuovere il dialogo interreligioso”. Il progetto di costruzione di un complesso islamico, stimato in 100 milioni di dollari, prevede un immobile di circa 14 piani con un luogo di preghiera per i musulmani, un auditorium di 500 posti, una piscina e un ristorante. L’influentissima “Lega antidiffamazione di lotta contro l’antisemitismo” ha qualificato il progetto come choccante in quanto troppo vicino al sito dell’attentato, considerato da molti, come sacro». (2)

Il sostegno di Barack Obama

Dopo aver accuratamente evitato per diverse settimane la controversa questione, Barack Obama si è finalmente pronunciato in favore della realizzazione della moschea, nei pressi di Ground Zero.

«Tanto come cittadino, quanto come presidente, credo che i musulmani abbiano il diritto di praticare la loro religione, come qualunque altro in questo paese », ha dichiarato venerdi Barack Obama in occasione di un pasto di fine digiuno del Ramadhan organizzato alla Casa Bianca.

« Questo include il diritto di costruire un luogo di culto e un centro socio-culturale su un terreno privato nel quartiere di Manhattan, in rispetto delle leggi e dei decreti locali », ha aggiunto davanti ad un centinaio di invitati. « Noi siamo in America », ha insistito il capo della Casa Bianca. « Il nostro impegno in favore della libertà di religione deve essere irremovibile ». (3)

Ciò nonostante, temendo le ricadute politiche di una levata di scudi dopo i suoi propositi a difesa della realizzazione della moschea a due passi da Ground Zero, Barack Obama ha rapidamente cercato di limitare i danni, soprattutto dopo i forti mugugni registrati sabato negli USA. « Io non mi esprimevo non mi esprimerò sulla decisione di realizzare la moschea. Io mi esprimevo specificamente sul diritto che la gente ha dalla fondazione degli USA (…) ». Il tanto decantato tentativo del Presidente di restaurare i rapporti con il mondo musulmano è stato mitigato con una più cauta affermazione: « i musulmani hanno lo stesso diritto di praticare la loro religione di quello di chiunque altro in questo Paese », tenuta in occasione della cena di fine Ramadhan suddetta.

Due diverse scuole di pensiero, entrambe legittime, si scontrano, ci dice Ross Douthat:

«Un’America in cui la fedeltà alla Costituzione rispetta le differenze etniche, le barriere linguistiche e religiose. La stessa America, insomma, dove il nuovo arrivato è americano tanto quanto il pro-nipote dei Padri fondatori.

Ma c’è anche un’altra America che si vede come una cultura unica piuttosto che come insieme di regole politiche (…). Essa si riconosce in un’eredità religiosa in particolare: il protestantesimo inserito in un consenso giudaico-cristiano, comprendente anche giudei e cattolici. Quest’America si attende dai nuovi arrivati che adottino queste regole, e subito.

Queste due concezioni dell’America, l’una costituzionale, l’altra culturale, sono state in conflitto nel corso di tutta la nostra storia ».

Senza sorpresa, la prima America considera il progetto [di realizzare la moschea nei dintorni di Ground Zero, ndt] come espressione perfetta dei nobili ideali del nostro Paese. “Noi siamo in America” ha scandito il presidente Obama venerdi 13 agosto “e il nostro attaccamento alla libertà religiosa deve essere irremovibile”.

La seconda America non è di questo parere, vedendo il progetto suddetto come un affronto alla memoria del 13 agosto e come un segno di mancanza di rispetto per i valori di un Paese in cui l’Islam non è ancora pienamente accettato. Ma dietro queste inquietudini, si nasconde il sospetto che l’Islam è incompatibile con lo stile di vita americano ». (4)

Ian Gurvitz s’interroga sulla reale necessità di una moschea a Ground Zero, così ribattendo ai sostenitori dei fautori del progetto:

«Non si tratta di sapere se bisogna o meno autorizzare un’associazione a costruire una moschea-centro culturale così vicino a Ground Zero, ma di sapere perché lo si voglia fare. Anche se lo si sospettava, gli autori del progetto sembrano animati dalle peggiori intenzioni – di voler portare l’insulto al suo apice – in che l’insulto potrebbe raggiungere il livello delle sofferenze subite? (…). Se si accetta il principio che la compassione debba essere alla base di tutte le tradizioni religiose, e se l’intento anche parziale del progetto è quello di tendere la mano alle vittime e di mostrar loro compassione, ebbene questo progetto non è assolutamente compassionevole. Se le persone all’inizio del progetto premevano per rivelare sinceramente la vera natura dell’Islam, perché farlo con un edificio?». (5)

Al contrario, Fareed Zakaraya, editorialista del celebre settimanale internazionale Newsweek, ha preso netta posizione a favore del progetto. Nel suo editoriale del 16 Agosto, fustiga duramente la lega Anti-Defamation League (la principale lobby antirazzista della comunità giudaica del Paese), che si è schierata contro il delirante progetto. Questa ubicazione, scrive Joachim Véliocas, si fonda su fragili argomentazioni: la supposta moderazione dell’Imam pilota del progetto, e il pretesto che l’imam abbia condannato il terrorismo …. Anche se si è sempre rifiutato di condannare Hamas (…). Zakaraya ha mostrato vivo entusiasmo per l’ultimo libro dell’imam Rauf, colui che auspica che la promozione della diversità possa permettere una maggiore maturazione dell’Islam:

«His last book, what’s right with Islam is What’s Right With America, argues that the United States is actually the ideal Islamic society because it encourages diversity and promotes freedom for individuals and for all religions» (6) [“Il suo ultimo libro ‘Ciò che va bene per l’Islam va bene per l’America’ sostiene che gli Stati Uniti siano in realtà la società islamica ideale perchè incoraggiano la diversità e promuovono la libertà per gli individui e per tutte le religioni”. N.d.r.]

In definitiva, noi non possiamo non militare per la pace e al rischio di essere monotoni, è bene ricordare i periodi di intesa tra le due grandi religioni. A titolo di esempio, è innegabile che lo spirito di tolleranza che ha animato i sovrani musulmani ha permesso alla spiritualità delle altre religioni di fiorire all’ombra dell’Islam. Anche a Béjaïa, la storia racconta che il sovrano aveva chiesto al Papa di nominare un vescovo a Béjaïa, sua capitale, per la sua piccola comunità cristiana il cui prete era morto. La vera essenza delle relazioni tra Islam e Cristianesimo che la storia ci racconta può sintetizzarsi nella celebre lettera del Papa Gregorio VII, scritta di suo pugno, indirizzata al sovrano ammadita Al Nacir: “Vostra Eccellenza ci ha scritto quest’anno per pregarci di consacrare vescovo, secondo gli statuti cristiani. Il Dio Onnipotente che vuole che tutti gli uomini siano salvati e che nessuno perisca, non vuole niente di più che l’amore dei nostri simili, dopo l’amore che noi gli dobbiamo e l’osservazione del precetto: ‘Fate agli altri quello che voi vorreste sia fatto a voi’. Noi dobbiamo, più degli altri popoli, praticare la virtù della carità, voi e noi che, in modi diversi, adoriamo lo stesso Dio unico, e che ogni giorno lodiamo e veneriamo come creatore dei secoli e il Maestro della Terra ….” (7)

Sarebbe curioso conoscere la sua posizione su questo problema della moschea. Sul sito di Agoravox Phileas che dichiara di non comprendere il perché proprio a “Ground Zero”, vi vede una manipolazione dell’amministrazione (…). Io non penso che una moschea in quella posizione sia la più propizia per rappacificare gli animi (…). In altre parole. I dirigenti americani non sarebbero sul punto di lanciare un messaggio languidamente ammiccante verso paesi come Pakistan, Marocco, Arabia Saudita, Egitto, per meglio preparare un attacco sull’Iran che sembrerebbe sempre più ineluttabile e che causerebbe solo vittime militari? (8)

Questa ipotesi sarebbe portatrice dei peggiori orrori!!! E’ vero che il luogo scelto può, dal nostro punto di vista, risvegliare l’inquietudine occidentale, spinta dai media occidentali, ad attribuire all’Islam la distruzione del WTC senza prove decisive, come fu nel caso delle armi di distruzione di massa in Iraq.

Ma è eccessivamente ecumenico immaginare, in termini di tolleranza universale, una nuova epoca in cui le religioni dei tre monoteismi, ma anche tutte le altre spiritualità, potrebbero incontrarsi a pregare, perché no, in una moschea nei pressi di Ground Zero? Io sono sicuro che gli uomini di buona volontà potranno riconoscersi in questa utopia.

Note

(1) Mostefa Lacheraf: “Des noms et des lieux” p. 19-30. Editions Casbah 1998.

(2) Adèle Smith: “Un projet de mosquée à : Ground Zero divise l’Amérique”, 04/08/2010

(3) Obama défend le projet de mosquée près de Ground Zero, Le Figaro.fr, 14/08/2010

(4) Ross Douthat: Une mosquée, deux Amériques, The New York Times, 17.08.2010

(5) Ian Gurvitz: A quoi bon une mosque à Ground Zero? The Huffington Post, 11.08.2010

(6) Joachim Véliocas: http://www.islamisation.fr/archive/2010/08/17/newsweek-defend-mordicus-la-mosquee-de-ground-zero.html, 17.08.2010

(7) Mas Latrie: Relations et commerce de l’Afrique septentrionale ou Maghreb avec les nations chrétiennes Paris. p.42-43. Revue Africaine 1886

(8) Une mosquée près de “Ground Zero”? Phileas Agoravox,17 agosto 2010

Chems Eddine Chitour, Ecole Polytechnique Alger, enp-edu.dz

Titolo originale: “La construction d’une mosquée près de Ground Zéro : Est-ce seulement une question d’emplacement ?”

Fonte: http://www.mondialisation.ca
Link
19.08.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANTONIO PANTO’

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