DI MASSIMO FINI
Il nostro ministro degli
Esteri, Gianfranco Fini,
in visita a Belgrado, ha
lanciato un vago e blando
ammonimento ai Kosovari
albanesi a non pretendere
“un’indipendenza rapida”.
Ammonimento che suona
patetico, se si pensa che il
Kosovo è già, di fatto, indipendente.
Il governo di Belgrado
non ha più alcun
poter su quella regione, gli
tocca solo la beffa di dover
pagare i funzionari e gli
impiegati pubblici, albanesi,
cosovari.
Come ha scritto Gigi Riva in
una bella inchiesta, condotta
sul campo, pubblicata
dall’Espresso “Il Kosovo è
una sorta di territorio franco
per bande criminali, fortemente
legate ai politici di
primo piano, dedite indifferentemente
al traffico di
droga, armi e persone”.Per il Kosovo passa l’80%
del traffico di eroina che si
riversa in Europa insieme a
20 mila prostitute. I mercati
più importanti, destinatari
di questi traffici, sono la
Francia, la Germania, l’Austria,
l’Olanda, (…)
se
la Svezia e soprattutto,
l’Italia, territorio privilegiato
dalla mafia Kosovara
strettamente legata a quella
albanese quasi a costituire
al posto della temutissima
‘Grande Serbia’, una sorta
di ‘Grande Albania’ del
malaffare che comprende
anche la Bosnia musulmana
e frange dei territori macedone
e bulgaro. Del resto,
almeno a quanto dicono le
statistiche, il malaffare i
Kosovari c’è l’hanno nel
sangue se è vero che è Kosovaro
il 14% del totale degli
arrestati per droga nel
mondo su una popolazione
di meno di due milioni di
persone. In Kosovo l’80%
del Pil è frutto del crimine e
il resto è rappresentato dai
due miliardi di euro (dati
Ue) che la comunità internazionale
ha investito in
questo Paese e che finiscono
direttamente nelle mani dei
mafiosi, perché tali sono
tutti i leader politici locali.
Insomma con la “guerra
santa” contro la Jugoslavia
e la presunta ‘pulizia etnica’
di Milosevic, abbiamo
creato nel centro dei Balcani
un vero e proprio ‘Stato
del malaffare’ che non
risponde a nessuno tantomeno
alle forze della Kfor
che lo dovrebbero controllare.
In più la vera ‘pulizia etnica’
non è stata quella di
Milosevic (finché è esistita
la Jugoslavia, albanesi e
serbi convivevano in Kosovo,
sia pur a fatica e, certamente,
in una condizione di
minoranza dei primi), ma
quella che è avvenuta dopo
la guerra della Nato: dei
360 mila serbi che vivevano
in Kosovo ne sono rimasti
solo 60 mila, asserragliati in
enclaves da cui non possono
uscire senza essere ammazzati.
Infine la guerra del 1999 è
andata a rafforzare nei
Balcani proprio quella componente
islamica che oggi ci
fa tanta paura e che suscita
isterie Fallaci-style. In
Kosovo e in Bosnia, Al
Quaeda ha alcune delle sue
basi più importanti utilizzate
soprattutto per il reclutamento
e l’addestramento dei
terroristi che possono avvenire
indisturbati perché,
essendo crollata ogni reale
struttura statale, non esiste
alcuna autorità di controllo.
Questi sono i bei risultati
dell’intervento umanitario
del 1999 (5500 morti civili,
fra le altre cose) voluto dal
presidente democratico e
veltroniano Bill Clinton,
appoggiato dal governo
progressista di Massimo
D’Alema col conforto entusiasta
della destra italiana.
Mortificare i serbi, ortodossi
e vicini alla nostra cultura,
a favore dei musulmani
dei Balcani è stata davvero
una trovata geniale. Del
resto i serbi se lo meritavano,
anche storicamente. Si
deve infatti all’imprevista e
indomita resistenza dei serbi
(che sul terreno, a detta
di chi si intende di queste
cose, sono i migliori combattenti
del mondo) alle armate
naziste se Hitler dovette
ritardare di tre settimane
l’attacco alla Russia, indugio
che gli fu fatale perché
permise al ‘generale inverno’,
che già aveva sconfitto
Napoleone, di fare il suo
lavoro. Vuol dire che se si
dovesse ripresentare l’occasione
– lo dico da slavo quale
per metà sono da parte di
madre – resisteremo di
meno.
Anzi non resisteremo affatto
e ci schiereremo dall’altra
parte.
Massimo Fini
Fonte:Linea
28.01.05
Segnalato da:”AriannaEditrice”