DI JAMES COGAN
informationclearinghouse.info
L’Ecuador lascia intendere che potrebbe consegnare Julian Assange alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti
Julian Assange è in grave pericolo. Secondo quanto riferito in settimana dal Ministro degli Esteri dell’Ecuador, il governo ecuadoriano si starebbe preparando a riconsiderare l’asilo politico concesso nel 2012 all’editore di WikiLeaks e potrebbe riconsegnarlo alle autorità inglesi e, di conseguenza, a quelle americane.
Il 28 marzo, in seguito alle forti pressioni esercitate dai governi di Stati Uniti, Gran Bretagna e di altri paesi, l’Ecuador aveva imposto il veto totale ai contatti, sia telematici che telefonici, di Assange con il mondo esterno, bloccando anche le visite personali di amici e simpatizzanti. Da 45 giorni non si sa più nulla di lui.
Il Ministro degli Esteri ecuadoriano, Maria Fernanda Espinosa, ha dichiarato, venerdi scorso, in un’intervista in spagnolo che il suo governo e la Gran Bretagna “hanno l’intenzione e l’interesse che questa [storia] venga risolta.” Erano già stati fatti i passi opportuni, aveva detto, per raggiungere un “accordo definitivo” su Assange.
Se Assange dovesse cadere nelle mani del governo inglese, la sua prospettiva è quella di essere estradato negli Stati Uniti. L’anno scorso, il Procuratore Generale americano Jeff Sessions aveva dichiarato che incriminare Assange per spionaggio era una “priorità.” Il direttore della CIA Mike Pompeo, ora Segretario di Stato, aveva asserito che WikiLeaks era un “servizio di intelligence non governativo di natura ostile.”
Nel 2010, WikiLeaks aveva coraggiosamente pubblicato informazioni ottenute tramite il soldato semplice Bradley [ora Chelsea] Manning, che avevano reso di pubblico dominio i crimini di guerra commessi dalle forze americane in Iraq e in Afganistan. WikiLeaks aveva inoltre pubblicato, in collaborazione con alcuni dei più importanti quotidiani mondiali, decine di migliaia di dispacci diplomatici segreti, smascherando le trame antidemocratiche, praticamente quotidiane, dell’imperialismo statunitense e di numerosi altri governi.
Per questo motivo, Assange era stato perseguitato incessantemente dall’amministrazione Obama. Nel novembre del 2010 [Obama] aveva convocato in segreto un gran giurì, che aveva emesso un mandato di arresto nei suoi confronti con l’accusa di spionaggio, accusa che può comportare la pena capitale. Subito dopo, in Australia, il governo del Partito Laburista, guidato dal Primo Ministro Julia Gillard, aveva gettato Assange, cittadino australiano, in pasto agli squali. Si era rifiutato di fornirgli qualsiasi tipo di difesa e aveva dichiarato che avrebbe collaborato con gli Stati Uniti per far sì che [Assange] venisse incarcerato e sottoposto a giudizio.
Il 19 giugno 2012, nel momento in cui rischiava l’estradizione in Svezia, dove era stato pretestuosamente accusato di violenza sessuale, con la prospettiva di essere poi estradato negli Stati Uniti, Assange aveva cercato asilo nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra.
Da allora, per quasi sei anni, è stato per lo più confinato in una piccola stanza non soleggiata. Non ha mai potuto uscire, neanche per cure mediche, a causa dell’ostinazione del governo inglese, che lo avrebbe arrestato, per mancato pagamento di cauzione, appena avesso messo piede fuori dall’ambasciata.
Ora, da sei settimane e tre giorni, gli è anche stato negato il diritto di comunicare.
Jennifer Robinson, l’avvocatessa australiana residente in Inghilterra che ha difeso Assange fin dal 2010, ha rilasciato questo mese un’intervista al Times di Londra in cui afferma: “Il suo stato di salute è terribile. Ha da molto tempo un problema alla spalla. Ha bisogno di una risonanza magnetica che non può essere eseguita all’interno dell’ambasciata. Ha problemi dentali. E poi ci sono i danni a lunga scadenza dovuti alla segregazione in uno spazio ristretto, i suoi problemi visivi. Non riuscirebbe a vedere più in là di questa stanza.”
Gli sforzi di trascinare Assange davanti ad una corte statunitense vanno di pari passo con la assai più vasta campagna messa in opera dall’America e dai governi suoi alleati per imporre la censura totale su Internet. Le insinuazioni scandalose sulle “interferenze russe” nelle elezioni americane del 2016 e le denunce di “fake news” sono state utilizzate per costringere Google, Facebook e gli altri aggregatori sociali a precludere ai loro utenti l’accesso ai siti web troppo critici (o indiscreti) della classe diringente e delle sue istituzioni, compresi WikiLeaks e il World Socialist Web Site.
WikiLeaks è stata assurdamente incolpata di essere “filo-russa” perché aveva pubblicato dati riservati provenienti dal Comitato Nazionale del Partito Democratico, che mettevano in luce le manovre assai poco democratiche dei dirigenti del partito, volte a danneggiare la campagna di Bernie Sanders nelle elezioni primarie presidenziali del 2016. Aveva anche pubblicato alcuni colloqui riservati del candidato alla presidenza, Hillary Clinton, che evidenziavano ancora di più i suoi rapporti con le banche e gli affaristi di Wall Street.
A parziale giustificazione della censura su Internet, le agenzie di intelligence americane presuppongono, senza nessuna prova, che queste informazioni siano state hackerate da agenti russi e poi girate a WikiLeaks, allo scopo di sabotare la Clinton e favorire Trump, che Mosca presumibilmente considerava il “male minore.”
In risposta a queste isteriche fantasticherie, WikiLeaks ha infranto la sue stessa regola di non fare commenti sulle proprie fonti di informazione. Ha negato pubblicamente che fosse stata la Russia a dare origine alle indiscrezioni. Questo non ha impedito il prosieguo della campagna [diffamatoria], che ha anche visto Assange essere etichettato, negli ambienti favorevoli al Partito Democratico, come “l’utile idiota del Kremlino”. Della sconfitta della Clinton è stata accusata WikiLeaks, non la realtà, il fatto che decine di milioni di lavoratori americani abbiano rigettato la sua campagna elettorale, di destra e guerrafondaia, e si siano rifiutati di votare per lei.
Visto il modo in cui il governo ecuadoriano ha capitolato di fronte alle pressioni delle grandi potenze e collabora con le agenzie inglesi ed americane per spezzare Julian Assange, c’è un vergognoso e quasi universale silenzio da parte di quelle decine di organizzazioni e centinaia di individui che un tempo asserivano di voler difendere lui e WikiLeaks.
Lo United Nations Working Group on Arbitrary Detention [OHCHR – Gruppo di Lavoro sulla Detenzione Arbitraria] che, nel febbraio del 2016, aveva definito la persecuzione nei confronti di Assange una “forma di detenzione illegale” ed aveva auspicato il suo rilascio, non ha fatto alcun commento sulla sua situazione attuale.
In Gran Bretagna, il Partito Laburista e il suo leader, Jeremy Corbin, non hanno rilasciato nessuna dichiarazione riguardo alle azioni dell’Ecuador. Neppure si sono opposti alla determinazione del governo conservatore di arrestare Assange nel momento in cui uscisse dall’ambasciata.
In Australia, l’attuale governo liberal-nazionale e la dirigenza del Partito Laburista sono complici allo stesso modo. I Verdi, che asserivano di volersi opporre alla persecuzione di Assange, non hanno fatto nessuna dichiarazione in parlamento o rilasciato comunicati stampa, ancora meno appelli per manifestazioni pubbliche di protesta. Centinaia di editori, giornalisti, accademici, artisti ed avvocati, in tutta la nazione, che avevano pubblicamente difeso WikiLeaks nel 2010 e nel 2011, ora sono muti.
Una situazione simile si sta verificando in Europa e negli Stati Uniti. I cosiddetti partiti di “sinistra” e i sindacati stanno tacitamente avallando questa brutale campagna contro Assange.
In tutto il mondo, le organizzazioni della finta sinistra, staliniste e pabloiste, ansiose di non compromettere i loro sordidi rapporti con la classe politica e le organizzazioni sindacali si mantengono, allo stesso modo, silenti.
Il World Socialist Web Site [WSWS – Sito Web per il Socialismo Mondiale] e l’International Committee of the Fourth International [ICFI – Comitato Internazionale per la Quarta Internazionale] difendono incondizionatamente Julian Assange e WikiLeaks. Se l’elite al potere riuscisse a trascinarlo davanti ad un tribunale, farà di lui un esempio di ciò che succede a chi osa parlare contro le ineguaglianze sociali, il militarismo, le guerre, e gli ordinamenti di uno stato di polizia. Il suo processo avrebbe lo scopo di cercare di intimidire e di silenziare ogni forma possibile di dissenso.
Se Assange fosse imprigionato, o peggio, e se WikiLeaks venisse soppressa, sarebbe un serio colpo ai diritti democratici dell’intera classe lavoratrice internazionale.
I lavoratori e i giovani dovrebbero unirsi al WSWS e all’ICFI, per chiedere e battersi per l’immediata liberazione di Julian Assange.
James Cogan
Fonte: www.informationclearinghouse.,nfo
Link: http://www.informationclearinghouse.info/49401.htm
12.05.2018
Scelto e Tradotto da Markus per www.comedonchisciotte.org