Israele ed Hezbollah erano arrivati sull’orlo dell’abisso…e poi hanno fatto un passo indietro

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Andre Vltchek
journal-neo.org

Ci sono rari momenti nella storia in cui anche i nemici più determinati possono improvvisamente riconoscere l’inutilità di una battaglia. A volte, solo per un momento o due. A volte, per più tempo. Tali momenti di sanità mentale possono salvare migliaia, persino milioni di vite umane. E questi episodi non sono espressioni di debolezza o di viltà, al contrario, sono veri e propri atti di coraggio.

Voglio credere che quello che è successo al confine libanese-israeliano nell’agosto 2019 sia stato proprio uno di questi rari momenti di sanità mentale.

Non cambia nulla nel quadro geopolitico della situazione: Israele è un avamposto occidentale in Medio Oriente. Tormenta il popolo palestinese, occupa illegalmente le alture del Golan, bombarda la Siria e antagonizza l’Iran.

Ma è stato stabilito un punto importante: ci sono dei limiti! Israele non andrà “fino in fondo,” rischiando l’auto-annientamento e la devastazione dell’intera regione. Questo fatto, da solo, offre una fragile, ma almeno tenue, speranza per un futuro migliore di questo territorio da troppo tempo sofferente.

Che cosa mi ha spinto a scrivere tutto questo?

Alla fine di agosto, sembrava che Israele avesse perso la testa. Aveva attaccato contemporaneamente e senza preavviso quattro paesi in sole 24 ore: Iraq, Palestina, Siria e Libano. Aveva usato droni suicidi imbottiti di esplosivo e aerei da combattimento.

La Palestina e la Siria vengono da anni, da decenni, regolarmente attaccate. L’Iraq, ancora di fatto sotto occupazione americana, è una storia completamente diversa. Lì, alcuni parlamentari oltraggiati, erano letteralmente “esplosi,” chiedendo il ritiro immediato degli Stati Uniti e definendo l’attacco israeliano una “dichiarazione di guerra.”

Anche il Libano aveva avuto la sua parte. I droni israeliani avevano danneggiato l’ufficio stampa di Hezbollah a Beirut. [Israele] aveva anche attaccato una formazione palestinese comunista nella Valle della Beqaa. Per anni, l’aviazione israeliana ha violato lo spazio aereo libanese durante i bombardamenti sulla Siria. Ma questa volta è stato diverso.

Perfino il Primo Ministro libanese Hariri, nemico di Hezbollah, e possessore di doppia cittadinanza (saudita e libanese), aveva protestato, chiedendo protezione agli Stati Uniti e alla Francia. Il Presidente del Libano aveva giustamente definito l’attacco una dichiarazione di guerra.

Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, era andato in diretta in televisione e, in una agghiacciante dichiarazione, aveva promesso una “risposta commisurata.”

A quel punto, era chiaro che l’intera regione avrebbe potuto ben presto ritrovarsi in preda alle fiamme.

Durante la copertura mediatica dell’evento, avevo messo in guardia, su Press TV e su RT, dell’esistenza di questo grosso pericolo: Israele stava bombardando tutti i gruppi armati sciiti della regione e si tratteneva solo dall’attaccare lo stesso Iran. Ancora qualche altro attacco come questi e l’intera regione avrebbe potrebbe esplodere, trascinando nel conflitto paesi come l’Arabia Saudita, dalla parte di Israele e l’Iran, dalla parte di Siria, Palestina ed Hezbollah. Realisticamente, una cosa del genere avrebbe potuto portare all’annientamento di intere aree e nazioni.

In quel periodo, mi ero recato in zona ed ero riuscito ad entrare nella regione di confine. Ero arrivato dapprima nella città di Naqoura, sulla costa del Mediterraneo, e poi avevo guidato fino al confine libanese e sulle alture del Golan occupate, seguendo la cosiddetta Linea Blu, controllata dall’UNIFIL.

In diversi punti alla mia destra, il mastodontico muro di frontiera israeliano era ora chiaramente visibile. Le pattuglie dell’UNIFIL erano costituite da veicoli blindati, guidati sopratutto da soldati indonesiani dall’aspetto indifferente. Alcuni di loro si facevano i selfie, con Israele alle spalle. Per le Nazioni Unite, non sembrava esserci alcuna urgenza nella regione. In effetti, subito dopo gli attacchi israeliani, le Nazioni Unite avevano iniziato a discutere la possibilità di ridurre il numero delle truppe dell’UNIFIL e anche il bilancio dello stesso UNIFIL.

Come sempre succede ogni volta che mi avvicino a questa linea di confine, quello che mi aveva colpito era la vicinanza dei villaggi israeliani e libanesi; in alcune zone solo poche decine di metri.

Ciò che era seguito era stato un silenzio agghiacciante e teso.

Poi, circa una settimana dopo gli attacchi israeliani, Hezbollah aveva reagito.

Ero stato chiamato da una stazione TV e mi era stato chiesto di analizzare gli eventi. Mentre parlavo, i giornalisti stavano ricevendo le ultime notizie dal confine.

Hezbollah aveva lanciato alcuni missili anticarro contro un veicolo israeliano di pattuglia vicino alla Linea Blu. Aveva colpito un carro armato israeliano (altri rapporti parlavano di un “veicolo blindato“). Secondo Hezbollah, tutti i soldati israeliani all’interno del veicolo erano morti o erano rimasti feriti. Presumibilmente, tra le vittime, c’era un comandante israeliano di alto livello, descritto come un “generale.”

Chi conosce bene le tattiche israeliane in Palestina e sulle alture del Golan sa che le “ritorsioni” israeliane in tali scenari includono il bombardamento di obiettivi civili e la distruzione di case o di interi isolati di abitazioni.

Tutto Libano aveva trattenuto il respiro.

Questa volta era chiaro che Hezbollah non avrebbe fatto un passo indietro. E il Libano, in generale, aveva chiaramente raggiunto il punto in cui era pronto a confrontarsi con Israele, se era quello era ciò che serviva per mantenere la propria dignità.

Avevo parlato con molti Libanesi. Erano spaventati, preoccupati, in particolare quelli con famiglia e figli. Ma erano anche sorprendentemente calmi. “Se questo è ciò che porta il destino, allora così sia!

Poi, di colpo, gli eventi erano diventati strani e confusi.

I giornali israeliani, incluso il Jerusalem Post, avevano iniziato a riportare le dichiarazioni delle forze di difesa israeliane, che sostenevano che “sì, c’era stato un attacco contro Israele, ma non si contavano vittime israeliane.”

Quasi contemporaneamente, i video trapelati da Israele avevano iniziato ad apparire su YouTube e su altre piattaforme, mostrando i soldati israeliani che trasportavano i commilitoni feriti agli elicotteri. Successivamente, gli stessi video erano stati bloccati da YouTube, per “violazione dei termini e delle condizioni.”

Qualche giorno dopo, l’intera discussione si è completamente fermata, da entrambe le parti.

Israele aveva “reagito” prontamente. Anche in modo molto singolare: aveva lanciato un centinaio di missili sul Libano. Ma tutti i razzi erano caduti nei campi. Nessun bersaglio era stato colpito. Significato: considerando le capacità israeliane di colpire con grande precisione, era stato evidentemente deciso di non prendere di mira nessun obiettivo. Più precisamente: era stato deciso di essere sicuri che nessun bersaglio fosse colpito. Alla fine, nessuno era stato ucciso e nessuno era rimasto ferito.

Come ho già scritto sopra, villaggi, insediamenti e alcune città sono costruiti proprio vicino alla linea di confine. Sia Israele che Hezbollah dispongono di un’enorme potenza di fuoco. Se lo volessero, potrebbero infliggersi a vicenda danni incalcolabili ed enormi perdite di vite umane.

Per qualche ragione, hanno deciso di non farlo.

Penso, che questo sia ciò che è successo: bombardando contemporaneamente quattro paesi, Israele ha fatto male i suoi conti. Iraq e Libano non erano pronti ad accettare l’umiliazione di attacchi veri e propri contro i propri territori.

Ci sono stati chiari segnali inviati in direzione di Tel Aviv. E Netanyahu ha capito.

Per giorni, dopo gli attacchi israeliani, Hezbollah e Israele si sono fronteggiati in un’agghiacciante sfida, separati solo da un muro di cemento e dalle inette truppe dell’UNIFIL. Puntandosi contro a vicenda un enorme arsenale di missili e di altre armi.

Una mossa sbagliata e l’intera regione sarebbe potuta andare in fiamme. Una piccola, mossa sbagliata e chissà quante vite di persone innocenti sarebbero andate perdute.

Credo, o forse voglio credere, che entrambe le parti abbiano improvvisamente visto un enorme “buco nero,” che cosa sarebbe potuto accadere a questa parte del mondo. Hanno immaginato fumo, distruzione e morte, inevitabili se non avessero deciso di arretrare immediatamente.

All’ultimo momento, lo hanno fatto. Sono arretrati. Non so come, non so chi abbia preso per primo la decisione. Stavano comunicando, anche coordinando la de-escalation?

E’ quello che in Asia si chiama “salvare la faccia.”

Sono stati sparati un po’ di colpi. Molto probabilmente nessuno è morto. Halas! [Fatto!]

E’ stato ucciso un “generale” israeliano? Non lo so. In realtà, non voglio saperlo. Mi va benissimo il risultato: nessuna guerra totale in Medio Oriente. Per ora, questo è il meglio che possiamo avere.

Certo, una cosa del genere dovrebbe essere solo l’inizio. La follia deve finire. Non sono convinto che succederà. Ma quello che è successo alla fine di agosto 2019 indica chiaramente che potrebbe.

Purtroppo viviamo in un mondo in cui solo la forza garantisce la sopravvivenza. Se Hezbollah non fosse forte come è ora, molto probabilmente Israele non ci avrebbe pensato due volte, avrebbe già invaso l’intero Libano, pur di distruggere il suo avversario sciita all’interno del paese.

Ma Hezbollah è forte.

Inoltre, abbiamo appena visto che ci sono almeno alcune “linee rosse” che Israele non è disposto a superare. In breve: Netanyahu è brutale, ma non suicida. Per ora, il Libano, Israele e il resto del Medio Oriente sono sopravvissuti. Per ora.

Andre Vltchek

Fonte: journal-neo.org
Link: https://journal-neo.org/2019/09/05/both-israel-and-hezbollah-imagined-a-horrid-black-hole-and-stopped/
05.09.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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