di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Ci risiamo! Come nei palinsesti dei canali televisivi ci vengono riproposti più volte i remake dei famosi kolossal del cinema, anche la politica americana – con il mondo dell’informazione di tutto il globo a farne da megafono – ripropone ai più fessi – e tediando invece chi ha ben compreso la frode – la novella dell’innalzamento al tetto del debito pubblico degli Stati Uniti.
La scadenza dopo la quale tutto il pianeta sarà invaso dalle cavallette, se il Congresso USA (Camera e Senato), non voterà l’ennesimo innalzamento del tetto, è il primo giugno prossimo.
Ma cosa è il “tetto al debito” degli Stati Uniti?
Il tetto al debito USA è stato introdotto nel 1917 attraverso il Second Liberty Bond Act, secondo cui il Congresso non doveva autorizzare più il governo per emettere buoni del Tesoro al fine di finanziare la spesa. La ragione di quell’atto fu dettata dal fatto che si era nel pieno della prima guerra mondiale, per cui si ritenne opportuno consentire all’allora presidente Woodrow Wilson di indebitarsi quanto necessario per sostenere le spese del conflitto in modo snello e senza intoppi burocratici. Tuttavia, si fissò un limite ai prestiti, di modo che non si desse il potere al presidente di farsi prendere la mano e andare oltre misura.
Quindi, si decise che per aumentare quel tetto al debito ci dovesse essere un passaggio parlamentare autorizzativo. In buona sostanza, il Congresso doveva legiferare per consentire il superamento del limite. Il Second Liberty Bond Act, che si rifaceva a una misura urgente, divenne definitivo e ogni anno negli USA si è determinato una stretta all’indebitamento. Il tetto al debito USA dunque non è altro che un limite di emissione di titoli di Stato per finanziare la spesa pubblica.
Visto che si parla di tetto al debito pubblico, il cui superamento ci viene presentato come l’approssimarsi del più grande meteorite esistente nella galassia verso il pianeta Terra, andiamo a vedere, attraverso un grafico, l’andamento storico del debito pubblico Usa.
Come potete ben notare, dagli anni 80′, il debito pubblico degli Stati Uniti ha iniziato una vera e propria scalata degna del miglior free Climber al mondo, che lo ha portato da meno di 2 trilioni di dollari a superare i 16 trilioni.
Nonostante i continui innalzamenti al tetto votati dal Congresso, niente cavallette ne’ meteoriti si sono abbattuti sulle vite degli americani e nel resto del mondo.
Dal 2012 a forza di innalzamenti (nell’era Trump l’operazione è stata eseguita per ben tre volte per un totale di 8 mila miliardi di deficit), siamo arrivati al 2021, quando il tetto del debito è stato fissato dal Congresso Usa a 31.400 miliardi di dollari.
Pensate un po’, con una scalata che a livello grafico potrebbe essere equiparata ad una performance in parete verticale, in meno di 10 anni il valore totale del debito è stato addirittura raddoppiato. E nonostante ciò, il nuovo sforamento ci viene presentato come una serissima minaccia allo status del mercato dei bond come rifugio sicuro ed allo status del dollaro Usa come valuta di riserva del mondo.
Ad ascoltare le reciproche dichiarazioni politiche sul tema esposto, tra democratici e repubblicani – del tutto identiche a quelle che ascoltiamo in Italia – ci è ancora più chiaro quanto, la farsa sul debito pubblico, sia opera di poteri che agiscono a livello globale.
I repubblicani hanno di recente acconsentito a un innalzamento del tetto di 1500 miliardi, ma a una condizione: che venga concesso un taglio di 4500 miliardi di dollari in dieci anni. In questo modo, si legge su QuotidianoNazionale, verrebbero colpiti i progetti del presidente Usa attuale in numerosi settori. [1]
Non è difficile cogliere nelle righe appena riportate, la totale assonanza di intenti con il meccanismo di rientro per i paesi europei ad alto debito, oggetto dell’attuale riforma del Mes.
Il presidente Biden ha ipotizzato addirittura di invocare il 14esimo emendamento della Costituzione, che gli consentirebbe di ignorare il tetto del debito e continuare a versare denaro nelle casse dello stato. Ma la segretaria del Tesoro non è d’accordo e considera il piano “non solo discutibile da un punto di vista legale, ma anche poco efficace”.
Insomma, sembra di essere veramente dentro un film da “fine del mondo”, dove tra la gente si crea la spasmodica suspense del più grande disastro in arrivo, per far dimenticare loro le immani sofferenze che vivono giorno dopo giorno da decenni nel loro quotidiano.
Tutti i costituzionalisti americani, sono al lavoro per valutare se a livello legale Joe Biden potrà superare lo stallo ricorrendo al 14esimo emendamento, ovvero un qualcosa che ci farebbe tornare indietro nei secoli. Ratificato nel 1868, l’emendamento che estese agli schiavi liberati il Bill of Rights, ha anche una sezione che fa riferimento al debito pubblico: “la validità del debito pubblico degli Stati Uniti, autorizzato dalla legge – recita l’emendamento – non può essere messa in discussione”. In queste settimane diversi esperti, tra i quali costituzionalisti come Tribe, hanno espresso la convinzione che Biden possa appellarsi a questo emendamento per risolvere la crisi senza bisogno di raggiungere un accordo con i repubblicani.
Ma il ruolo dell’attore che inscena alla perfezione nell’animo della gente, la catastrofe perfetta, in perfetta simbiosi con il politici europei, è affidato all’amica di Mario Draghi, l’attuale segretario del Tesoro Janet Yellen. La quale profetizza il classico conto alla rovescia da qui al primo giugno, con tanto di sprint finale per evitare un “catastrofico default”, nel caso non si alzi o non si sospenda il tetto al debito.
Una data che potrebbe scatenare un vero terremoto e che costerebbe – secondo la Casa Bianca – 8 milioni di posti di lavoro, drastici tagli alla spesa pubblica e perturbazioni finanziarie globali, dato che finora il mondo ha considerato il debito pubblico Usa l’asset sicuro per eccellenza.
Yellen, in Giappone per una riunione dei ministri finanziari del G7, ha sottolineato che “anche senza arrivare al default, il rischio politico ‘calcolato’ sul tetto del debito può comportare costi economici gravi” e ha avvertito che se gli Stati Uniti non riescono a soddisfare ai loro obblighi finanziari, sarebbe una “catastrofe economica e finanziaria”. [2]
“Come abbiamo già sperimentato nel 2011 – ha dichiarato ancora la ministra del Tesoro Usa dal Giappone -, anche la semplice minaccia di default può condurre a un declassamento del nostro rating finanziario e a un indebolimento della fiducia dei consumatori con un innalzamento dei tassi di interesse sui crediti”.
In definitiva, ad ascoltare la Yellen, pare proprio che dopo che dal 1960 per ben 80 volte il Congresso ha alzato o sospeso il tetto al debito, l’ottantunesima volta non ci possa essere e che alla Federal Reserve non abbiano la minima intenzione di premere con il dito indice su quel tasto del computer che permette loro di creare dal nulla quei dollari in più che servono al governo per far fronte ai propri impegni.
Il contatore elettronico del debito pubblico Usa è fermo a 31,4 trilioni di dollari e farlo ripartire pare sia più difficile che scalare l’Everest d’inverno a piedi ed in costume.
Una domanda: ma chi li possiede tutti questi 31,4 trilioni? almeno fateci un elenco dei primi 50 possessori al mondo. Perché se il contatore non riparte, urge una redistribuzione…. se non vogliamo una guerra!
di Megas Alexandros
Fonte: Il tetto al debito pubblico USA: una novella senza fine! – Megas Alexandros
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