IL FURTO DI DIEGO GARCIA

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DI JOHN PILGER

A volte capita che una tragedia, un crimine mettano in evidenza i meccanismi che regolano un intero sistema al di la’ della sua facciata democratica e ci aiutino a comprendere come il mondo sia regolato a beneficio dei potenti e come i governi mentano. Per comprendere la catastrofe dell’Iraq, e di tutti gli altri Iraq lungo la scia di sangue e lacrime della storia imperialista, non occorre cercare piu’ in la’ dell’isola di Diego Garcia.

La storia dell’isola Diego Garcia e’ scioccante, quasi incredibile. Colonia britannica nell’Oceano Indiano, a meta’ strada tra l’Africa e l’Asia, Diego Garcia e’ una delle 64 isole coralline facenti parte dell’arcipelago delle Chagos, un fenomeno di naturale bellezza, e un tempo anche di pace. Gli annunciatori ce ne danno notizia cosi’ : “ieri notte aerei da combattimento americani B-52 e Stealth sono decollati dalla disabitata isola britannica di Diego Garcia per andare a bombardare l’Iraq (o l’Afganistan)”. Proprio il termine “disabitata” ci svela l’orrore di cio’ che e’ stato commesso da quelle parti. Negli anni settanta, il Ministro della Difesa a Londra proferi’ questa epica menzogna: “Non risulta niente nei nostri archivi circa una popolazione ed una evacuazione”.Diego Garcia fu inizialmente insediata nel tardo diciottesimo secolo. Ci vivevano almeno 2000 persone: un’amabile nazione creola con fiorenti quartieri, una scuola, un ospedale, una chiesa, una prigione, una ferrovia, un porto, una piantagione di copra. A guardare un film girato da missionari negli anni sessanta posso capire perche’ ogni isolano delle Chagos che ho incontrato ne parla come del paradiso;c’e’ una sequenza significativa dove dei cani, tanto amati dalla gente del luogo, stanno nuotando e prendendo pesci nella laguna sotto fronde di palma.

Tutto cio’ comincio’ a finire quando un contrammiraglio americano ci mise piede nel 1961 e la indico’ quale luogo ideale ove fondare quella che sarebbe diventata la piu’ grande base militare americana nel mondo. Adesso vi si trovano piu’ di duemila truppe, un approdo per trenta navi da guerra, una discarica radioattiva, una stazione spia satellitare, centri commerciali, bar e un campo da golf. Gli americani la chiamano “Camp Justice”.

Durante gli anni sessanta, in tutta segretezza, il governo laburista di Harold Wilson conspiro’ con due membri dell’amministrazione americana di “ripulire” e “igienizzare” le isole: questi i termini impiegati nei documenti americani. Documenti trovati negli Archivi di Stato di Washington e di Londra delineano un quadro narrativo sbalorditivo fatto di bugie ufficiali che suonano fin troppo familiari per coloro che hanno fatto la cronaca delle bugie sull’Iraq.

Per sbarazzarsi della popolazione, agli Affari Esteri hanno pensato bene di far passare gli isolani per dei meri lavoratori in transito da poter “ricollocare” alle Mauritius, a 1000 miglia di distanza. In realta’, come testimoniano i loro cimiteri, le famiglie di molti isolani risalivano a ben cinque generazioni prima. L’obiettivo, scrisse un funzionario degli Affari Esteri nel gennaio del 1966, “e’ di convertire tutti i residenti attuali… in residenti temporanei a breve termine”. Detti documenti mettono in luce inoltre un imperioso atteggiamento brutale. Nell’agosto del 1966, Sir Paul Gore-Booth, sottosegretario permanente del Ministero degli Esteri, scrisse: “e’ senza dubbio necessario essere molto duri al riguardo. L’obiettivo dell’esercitazione era quello di appropriarci di qualche scoglio che rimarrà comunque nostro. Non resterà popolazione indigena, a parte qualche gabbiano”. Alla fine si legge una nota scritta a mano di DH Greenhill, divenuto poi il barone Greenhill: “insieme agli Uccelli mettiamoci qualche Tarzan o qualche selvaggio chiamato Venerdi’…” Sotto il titolo “mantenere la finzione”, un altro funzionario sollecita i colleghi a riclassificare gli abitanti dell’isola come “un popolo galleggiante” e di “stabilire le regole via facendo”.

Non una sola parola viene sprecata per le loro vittime. Un solo funzionario pare preoccupato di essere scoperto e scrive che e’ “alquanto insoddisfacente” il fatto che “si proponga di ufficializzare, in maniera piu’ o meno fraudolenta, l’appartenenza di un popolo ad un altro luogo”. Questa documentazione non lascia dubbi sul fatto che la copertura degli eventi fosse approvata dal Capo dello Stato e da almento tre Ministri di gabinetto.

All’inizio, gli abitanti dell’isola vennero raggirati e indotti a lasciare l’isola a mezzo di intimidazioni; coloro che si erano recati nelle Mauritius per ricevere trattamenti medici urgenti furono dissuasi dal farvi rientro. Con l’arrivo dei primi americani e la costruzione della base, Sir Bruce Greatbatch, governatore delle Seychelles, messo a capo dell’operazione di “pulizia”, ordino’ l’uccisione di tutti i cuccioli di cane dell’isola Diego Garcia. Almeno un migliaio di cuccioli finirono catturati ed eliminati con il gas di scarico dei veicoli militari americani. “Misero i cani in una fornace dove c’era della gente che lavorava” racconta Lizette Tallatte, ora sessantenne, “e mentre le bestiole venivano portate via sotto i loro occhi, i loro bambini piangevano disperati”.

Gli abitanti dell’isola lo presero come un avvertimento; in seguito la popolazione restante fu caricata su delle navi, con quell’unica valigia che era stato loro concesso di portare via. Si lasciarono alle spalle case, mobili e tutta la loro vita. Durante uno di quei viaggi sul mare grosso, i cavalli della compagnia coltivatrice di copra occuparono il ponte, mentre donne e bambini furono costretti a dormire distesi sopra un carico di concime di uccelli. Una volta giunti alle Seychelles, li condussero a passo di marcia su per la collina fino alla prigione dove rimasero detenuti in attesa del trasferimento alle Mauritius. La’ furono poi scaricati in banchina senza troppi complimenti.

Nei primi mesi d’esilio, mentre lottavano per sopravvivere, i suicidi e i decessi di bambini erano all’ordine del giorno. Lizette perse due figli. “Il dottore disse che non poteva curare la tristezza” ricorda. Rita Bancoult, ora settantanovenne, perse due figlie ed un figlio; mi racconto’ come il marito fu colto da infarto e mori’ dopo aver appreso la notizia che mai piu’ avrebbero fatto ritorno a casa loro. Furono devastati da disoccupazione, droga e prostituzione, mali fino ad allora sconosciuti alla loro societa’. Soltanto dopo piu’ di un decennio ricevettero un qualche risarcimento da parte del governo britannico: meno di 3000 sterline per ognuno, una somma insufficiente a coprire i loro debiti.

Il comportamento del governo Blair e’ stato, sotto molti punti di vista, il peggiore. Nel 2000, gli abitanti dell’isola giunsero ad una storica vittoria presso la Corte Suprema la quale giudico’ illegittima la loro espulsione. Poche ore dopo la sentenza, il Ministero degli Esteri fece sapere che un rientro della popolazione a Diego Garcia non sarebbe mai stato attuabile a causa di un “trattato” firmato con Washington – in realtà, un accordo preso all’insaputa di Parlamento e Congresso U.S.A. Per le restanti isole dell’archipelago, uno “studio di fattibilità” avrebbe fatto luce sulla possibilità di un ripopolamento di quelle terre. Quest’ultimo e’ stato definito “inutile” dal professor David Stoddart, autorita’ mondiale sulle Chagos, e descritto come “un’elaborata partita di sciarada”. Lo “studio” non consultava l’opinione di nessun abitante dell’isola; e rivelo’ che le isole stavano “affondando”, il che giunse nuovo agli americani che intanto continuavano a costruire attrezzature di supporto alla base; la Marina americana descrive le condizioni di vita sull’isola come “incredibilmente” notevoli.

Nel 2003, durante un ormai celebre ricorso alla Corte Suprema, agli abitanti dell’isola e’ stato negato ogni risarcimento, un giudice consenziente ha permesso ad un avvocato di governo di attaccarli ed umiliarli sul banco dei testimoni: Justice Ousley si esprimeva al plurale usando il “noi” a sottolineare come la Corte ed il Ministero degli Esteri fossero dalla stessa parte. Lo scorso giugno il Governo si e’ appellato alla vecchia prerogativa reale al fine di smontare la sentenza emessa nel 2000. E’ stato così varato un decreto nel quale agli isolani si vieta definitivamente di rientrare in patria. Sono stati impiegati quei medesimi poteri totalitari che erano stati usati per espellerli in segreto quaranta anni prima; Blair li ha usati per legittimare l’attacco contro l’Iraq.

Capeggiati da un uomo come pochi, Olivier Bancoult, un elettricista, e sostenuti da un valente e determinato avvocato di Londra, Richard Gifford, gli abitanti dell’isola si recheranno presso la Corte Europea dei Diritti Umani e magari oltre. L’articolo 7 dello Statuto del tribunale penale internazionale giudica “la deportazione e il trasferimento forzato di popolazioni….per espulsione o con altri mezzi coercitivi” un crimine contro l’umanita’. Mentre gli aerei da combattimento di Bush decollano dal loro paradiso, gli abitanti delle isole Chagos, riferisce Bancoult, “non permetteranno che questo grande crimine resti impunito. Il mondo sta cambiando; noi vinceremo”.

John Pilger
Fonte: http://www.counterpunch.org/
Link: http://www.counterpunch.org/pilger10062004.html
06.10.2004

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di KOLDER

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