Vladimir Odintsov
journal-neo.org
Dopo il plateale assassinio del generale iraniano Qasem Soleimani, comandante delle forze speciali del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), ucciso la notte del 3 gennaio 2020 dagli Stati Uniti vicino all’aeroporto internazionale di Baghdad, un altro attacco era stato compiuto il 7 marzo vicino a Damasco. Secondo un comunicato del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, due ufficiali iraniani erano stati uccisi in un raid aereo israeliano: “I colonnelli dell’IRGC Ehsan Karbalaipour e Morteza Saibnejad sono diventati martiri, la responsabilità della loro morte è del regime sionista che ha lanciato un attacco missilistico su Damasco. I Sionisti risponderanno dei loro crimini.”
Già l’11 marzo, i media israeliani avevano riferito, citando l’intelligence statunitense, che “l’Iran potrebbe osare e colpire direttamente Israele. È così che la Repubblica Islamica vorrà far pagare allo stato ebraico la morte di due ufficiali dell’IRGC, avvenuta alla periferia di Damasco.”
E così, il 5 marzo, nello stato americano del Nevada, il 21enne Nike Nikubin ha accoltellato un cittadino americano nel tentativo di vendicare la morte del generale iraniano Qasem Soleimani per mano degli USA, ha riferito il canale televisivo locale KLAS, citando la polizia di Henderson City.
E la notte del 13 marzo, circa dodici missili balistici sono stati lanciati dalla zona di Hasanabad, nel territorio iraniano, contro la città curda di Erbil, nel nord dell’Iraq, dove si trova il consolato degli Stati Uniti. Alcuni media hanno sottolineato il fatto che il bombardamento è avvenuto esattamente all’1:20 del mattino, la stessa ora in cui il generale delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche Qasem Soleimani era stato ucciso in un attacco di droni statunitensi, il 3 gennaio 2020. L’Associated Press ha riferito, citando funzionari della sicurezza irachena e funzionari statunitensi, che nessuno dei missili esplosi vicino alla missione diplomatica statunitense in costruzione aveva causato gravi danni. Non ci sarebbero state nemmeno vittime. Dopo l’esplosione, gli aerei della US Air Force si erano alzati in volo.
Secondo i media israeliani, il canale saudita Al-Hadath ritiene che l’attacco missilistico iraniano contro il consolato generale degli Stati Uniti a Erbil sia avvenuto in risposta all’uccisione in Siria di due alti ufficiali del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, il 7 marzo. Gli Iraniani avrebbero quindi scelto di rispondere con un attacco missilistico non su Israele ma sulle strutture statunitensi in Iraq. Allo stesso tempo, è stato ammesso che l’obiettivo dei missili lanciati sulla capitale del Kurdistan iracheno non era solo il consolato statunitense, ma anche il centro di intelligence del Mossad israreliano di Erbil.
Questo fatto è stato poi riconosciuto da un canale statale iraniano, che ha riferito che l’obiettivo dell’attacco missilistico notturno erano le “basi segrete israeliane” a Erbil.
A questo proposito, Doron Kadosh, editorialista israeliano del Galei Zahal ha ricordato che, nell’ottobre 2021, in risposta ai bombardamenti israeliani in Siria, l’Iran aveva lanciato un attacco missilistico sulla base statunitense di Al-Tanf, al confine tra Iraq e Siria. Alla fine dell’anno scorso, l’esercito israeliano aveva previsto che Teheran non avrebbe tollerato oltre e che, la prossima volta, avrebbe risposto colpendo Israele. Ma questo non è ancora accaduto. “La parola “ancora” dovrebbe essere sottolineata,” scrive Doron Kadosh sul suo Twitter.
In queste circostanze, non si può escludere che, dopo l’attacco missilistico iraniano sull’area dove si trova il consolato americano in costruzione a Erbil, i negoziati sull’accordo nucleare iraniano possano essere interrotti. Questo, per inciso, è proprio ciò che Israele aveva cercato di ottenere, anche con il suo provocatorio attacco del 7 marzo, che aveva causato la morte due ufficiali di alto rango dell’IRGC.
Nel frattempo, in queste realtà, l’UE e Washington stanno perdendo la speranza di sostituire il petrolio russo con quello iraniano, con il risultato che i prezzi del greggio continueranno il loro imprevedibile aumento.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, non si può escludere una loro azione militare di ritorsione contro l’Iran, proprio nello stretto di Hormuz, che diventerà di nuovo insicuro per la navigazione. I preparativi per tale azione militare sono stati annunciati di recente all’Associated Press dal vice ammiraglio Brad Cooper, capo della Quinta Flotta della Marina statunitense. Secondo Cooper, gli Stati Uniti starebbero assemblando una flottiglia di più di 100 droni marini senza equipaggio – sia di superfice che sommersi – per contrastare l’Iran. Secondo la nuova strategia, questi UAV avranno il compito di pattugliare vaste aree marittime. Va ricordato che la Quinta Flotta della Marina statunitense ha incluso nella sua area di responsabilità lo Stretto di Hormuz, una stretta arteria nel Golfo Persico attraverso la quale passa più del 20% delle spedizioni mondiali di petrolio, con l’Iran e gli Stati Uniti che se ne contendono il controllo. La Repubblica Islamica controlla la costa settentrionale dello stretto, mentre gli Emirati Arabi Uniti (EAU) e l’Oman quella meridionale.
Sullo sfondo del bombardamento di Erbil del 13 marzo, bisogna anche ricordare che le truppe statunitensi di stanza in questo complesso internazionale erano già state precedentemente sottoposte ad attacchi missilistici effettuati per mezzo di UAV. In generale, comunque, la presenza militare statunitense in Iraq irrita sia gli Arabi sciiti che quelli sunniti.
Recentemente ci sono già stati diversi attacchi contro i convogli militari statunitensi in Iraq. Solo nell’ultimo mese, secondo i media iracheni, un convoglio logistico statunitense era stato attaccato nella provincia di Salah ad Din il 13 febbraio. Il 22 febbraio, una bomba sul ciglio della strada era esplosa vicino alla città di Nasiriya nella provincia di Dhi Qar, nel sud del Paese, proprio mentre passava un convoglio statunitense che trasportava attrezzature e rifornimenti destinati alle truppe americane. Il primo marzo, un convoglio militare statunitense era stato attaccato nella provincia irachena di Al Muthanna, tra le città di Samawah e Nasiriya, e diverse bombe erano state fatte esplodere sul percorso di un altro convoglio militare nelle province di Al Diwaniyah e Al Anbar. Un altro convoglio che trasportava attrezzature appartenenti all’esercito statunitense era stato attaccato nella provincia di Salah ad Din il 4 marzo. L’8 marzo, un convoglio che trasportava attrezzature era stato attaccato nella città di Nasiriya, circa 360 km a sud-est di Baghdad.
Il 7 marzo, il maggior generale iraniano Rahim Yahya Safavi ha detto alla Mehr News Agency che gli Stati Uniti dovranno andarsene in breve tempo da Siria e Iraq, proprio come si erano ritirati dall’Afghanistan. Secondo il comandante militare iraniano, gli Stati Uniti sono politicamente e moralmente in declino.
Vladimir Odintsov
Fonte: journal-neo.org
Link: https://journal-neo.org/2022/03/15/iran-unleashes-its-fury-against-us-and-israel-in-retaliation-for-provocations/
15.03.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org