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La Redazione

 

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Il Bitcoin, denaro per un mondo limitato

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A cura di Rosanna
Il 4 Dicembre 2017
1487 Views

DI ALEXIS TOULET

noeud-gordien.fr

Quale potrà essere il futuro del Bitcoin, denaro crittografato privo di un centro di controllo, il cui valore è cresciuto in un anno di un fattore 10, da circa 700 € a 7000 €? La banca BNP Paribas ha redatto un rapporto che conclude che l’avvenire del Bitcoin sarà limitato, sia a causa della mancanza di un prestatore di ultima istanza, sia per la sua natura deflazionista: in quanto moneta sarà condannata al fallimento.

Contrariamente ad altre prese di posizione del mondo finanziario contro il Bitcoin, questa si basa su degli argomenti strutturati. Sono convincenti ? Quale avvenire per la regina delle monete crittografate ?

Il Bitcoin in poche parole.
Il sistema Bitcoin è contemporaneamente una moneta e un sistema di pagamento – ovvero lo stesso strumento, un software di “portafoglio” permette contemporaneamente di possedere dei Bitcoins e di effettuare dei pagamenti in questa unità di conto a chiunque possegga un analogo software, dovunque si trovi nel mondo, con la sola intermediazione della rete internet.

In comune con le monete classiche ha la caratteristica di essere essenzialmente elettronico: solo una piccolissima parte degli euro o dei dollari esiste sotto forma cartacea di biglietto di banca, la parte essenziale è costituita da cifre binarie dentro ai computer, ed è anche il caso del Bitcoin che non esiste che come sequenza di cifre binarie. Il Bitcoin fa intervenire degli algoritmi crittografici, ragione per cui la si chiama moneta crittografica o cripto-moneta. È ancora suddivisibile, proprio come le monete ordinarie, e si può trasformare in milly-Bitcoins (mBTC) e fino al centomilionesimo di Bitcoin, il “Satoshi “.

La sua originalità è che non fa intervenire nessun terzo garante e non è emessa da nessuna istituzione che possa servire come prestatore di ultima istanza :

⦁ Che cos’è un “terzo garante” ? È un’istituzione o un’impresa che serve da intermediaria durante una transazione. È in questo modo che qualunque pagamento tradizionale in moneta fa intervenire almeno una banca e alle volte due, che gestiscono il conto di colui che paga e il conto di chi riceve il pagamento. Al contrario, il sistema Bitcoin non suppone alcun intermediario – permette di evitare qualunque banca per realizzare un pagamento, come anche per conservare i propri averi sotto forma di Bitcoin.

⦁ Che cos’è un “prestatore di ultima istanza”? È quello che emette il denaro, la banca centrale che la crea a piacere. Al contrario, la rete Bitcoin crea automaticamente e seguendo un ritmo definito in anticipo, dei nuovi Bitcoins, senza che alcun individuo nel gruppo possa cambiare nulla al proposito, neanche il suo creatore. Il numero massimo di Bitcoins aumenta lentamente a partire dai 16,5 milioni del novembre 2017 e non andrà mai oltre 21 milioni.
Bitcoin è stato creato nel gennaio 2009 da parte di una persona o di un gruppo di persone dietro lo pseudonimo di “Satoshi Nakamoto” e la data – che cade poco dopo la grande crisi finanziaria – permette di indovinare facilmente i motivi del Creatore o dei Creatori e dei promotori iniziali:

⦁ Il fatto che si siano diffidenti a proposito del “garante terzo” vale a dire delle banche, è perché molte banche sono state colpite dalla crisi mentre altre banche dovevano affrontare delle accuse di malversazione;

⦁ se vedono un pericolo nel sistema del “prestatore di ultima istanza”, è perché la Banca Centrale Americana (Fed), seguita da molte altre, ha cominciato a creare dei dollari per centinaia e poi migliaia di miliardi per distribuirli a degli istituti la cui sola qualifica per riceverli era di aver perso gigantesche montagne di soldi a causa di prestiti irresponsabili.

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Dopo la crisi finanziaria, le grandi banche “troppo grandi per fallire” hanno ricevuto crediti praticamente illimitati dalla banca centrale statunitense, che ha creato per l’occasione tutti i dollari necessari.

Dopo la crisi finanziaria le grandi banche “troppo grandi per fallire “ hanno ricevuto dei crediti praticamente illimitati da parte della Banca Centrale Americana, che ha stampato per l’occasione tutti i dollari necessari.
Dai suoi inizi nel 2009, il sistema Bitcoin si è ingrandito, passando da qualche gruppo di appassionati a numerose decine di milioni di possessori su scala mondiale, dall’acquisto di pizza presso un ristoratore compiacente all’accettazione da parte di centinaia di migliaia di commercianti e da un valore di meno di un centesimo di euro per Bitcoin fino a circa 7000 € al 22 novembre 2017.

È una semplice bolla finanziaria irrazionale ?
Numerosi alti dirigenti bancari hanno preso posizione contro il Bitcoin. Jamie Dimon, Amministratore Delegato di JP Morgan Chase, una delle più grandi banche mondiali sia per gli attivi di bilancio, sia per la capitalizzazione di borsa, era senza dubbio il più feroce, e metteva in guardia lo scorso settembre perché il Bitcoin era “una frode”, destinata a “esplodere in volo” e (diceva) “che avrebbe licenziato immediatamente” qualunque impiegato abbastanza “stupido” da acquistarne.

Senza dubbio, Dimon si è attirato qualche sarcasmo. Non solo, ma non era la prima volta che si lasciava andare ad imprecare contro il Bitcoin, dato che aveva detto più o meno la stessa cosa due anni prima, assicurando che i fautori della moneta crittografica “stavano perdendo il loro tempo”, perché “nessun governo avrebbe tollerato questo a lungo” ; però nel frattempo non solo il corso del Bitcoin era esploso partendo dai suoi 300 € dell’epoca ma soprattutto il numero dei suoi utenti è aumentato tanto che un governo e non dei più piccoli, quello del Giappone, lo riconosce come mezzo di pagamento a tutti gli effetti.

Ma di più JP Morgan Chase è la banca che ha accettato di pagare il totale più elevato di multe per evitare le cause seguite alla crisi finanziaria, un totale largamente superiore a 25 miliardi di dollari dal 2014, senza contare anche le recenti condanne a pagare parecchi miliardi in aggiunta, per frode e altri reati.

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Jamie Dimon, Amministratore Delegato di JP Morgan Chase, dice che il Bitcoin “E’ una frode”.

Inutile dire che quando Jamie Dimon, AD di questa banca dal 2005, ha deciso a sua volta di utilizzare il termine di frode per denunciare la moneta crittografata ovvero il Bitcoin si è attirato qualche sprezzante dileggio.
Comunque, quali che siano le amenità degli uni e degli altri, resta che le inquietudini sulla valore del Bitcoin sono ben comprensibili. Un aumento di un fattore 10 nel giro di un anno assomiglia furiosamente a una bolla finanziaria, ovvero a un aumento smisurato, dato che nuovi acquirenti sono attirati dall’idea che, poiché il valore è aumentato così rapidamente, sia probabile che continui a crescere, mentre la maggior parte degli detentori di Bitcoin rifiutano di vendere nella speranza che il valore cresca ulteriormente, e lo squilibrio tra la domanda e l’offerta aumenta ancora il valore della moneta. Questo genere di eventi normalmente si conclude con un clamoroso crac.

Perché è più complicato di così – Il Bitcoin ha un valore reale.

L’interpretazione del Bitcoin come una semplice bolla irrazionale – il cui prototipo sarebbe la speculazione sui bulbi di tulipano in Olanda nel 1637- pone però parecchi problemi.

Intanto una vera bolla finanziaria non si verifica che una volta sola e dopo che è scoppiata non può ricominciare nessuna nuova infatuazione, soprattutto non per lo stesso prodotto. Non abbiamo mai sentito parlare di una nuova bolla finanziaria sui valori Internet dopo il crac del 2000, e neanche su i crediti “subprime” dopo il crac del 2007. Invece il Bitcoin ha già visto numerose bolle… e vi è sopravvissuto. Così sono andate le sue quotazioni:

⦁ Ha raggiunto un picco superiore a 20 € nel giugno 2011… prima di cadere di più del 50%.
⦁ Nuova crescita furiosa fino a più di 200 € nell’ aprile 2013 … poi perdita brutale di più del 60% di quel valore;
⦁ Ancora un boom fino a passare i 900 € nel dicembre 2013… seguito da una rovinosa caduta verso il basso, a meno di 200 € nel gennaio 2015;
⦁ Infine un aumento più o meno continuo partendo dall’inizio del 2016 fino a circa 1200 € nella primavera 2017, seguito da una salita verticale a 7000 € nel novembre 2017.

La struttura è evidentemente diversa da quella di una semplice bolla finanziaria. Sono stati toccati dei piani successivi sempre più alti, inframezzati da periodi di rapido ribasso, ma ogni volta il valore del Bitcoin ha finito per riprendere la sua crescita. La progressione è paragonabile a una sequenza “Tre passi avanti seguiti da un passo indietro”  – o piuttosto tre salti in avanti e uno indietro, dato che sia le progressioni, sia i passi indietro sono ogni volta massicci, se si esprimono in percentuale. O molti milioni di persone stanno sbagliando pesantemente e per giunta in modo ostinato, dato che ricominciano e ricominciano ogni volta… oppure vi è un vero valore sottostante al sistema Bitcoin.

Bisogna ancora ricordare che la moneta crittografica -come le sue sorelle minori costruite su principi analoghi- dà evidentemente dei servizi concreti, indipendentemente dal fatto che abbia o no un futuro come moneta. Questi servizi danno alla rete Bitcoin un innegabile valore. Il Bitcoin permette in effetti dei trasferimenti rapidi di denaro a bassissimo prezzo e ovunque nel mondo.

Mentre i servizi di trasferimento di denaro più conosciuti e utilizzati per esempio da decine di milioni di lavoratori immigrati, usciti da Paesi poveri per sostenere le loro famiglie che sono rimaste in patria, possono correntemente fatturare il 2% o anche il 3% di aggio, in funzione delle destinazioni, lo stesso accredito può essere realizzato a un costo trascurabile se viene fatto unicamente in Bitcoin, e conteggiando anche il cambio avanti e indietro tra Bitcoin e la moneta classica, -sia dalla parte del mittente sia da quella del destinatario del trasferimento di fondi-, si arriva a oneri dell’ordine di 0,5- 0,6 per cento.

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La fila davanti ad un ufficio di una nota società di trasferimento di denaro, in un paese povero.

È difficile considerare un mezzo di trasferimento dei soldi che costa assai meno della concorrenza come una semplice “frode”.

La coda davanti all’agenzia di un’azienda di trasferimento di denaro molto nota, in un paese povero, dove anche la maggior parte dei clienti è povera, e paga dei costi per il servizio che in funzione della destinazione possono superare il 3%.

Ma il valore aggiunto più importante che i creatori e i fautori del Bitcoin sperano di ottenere è un altro. Si tratterebbe di fare sì che prenda il suo posto a fianco delle monete fiduciarie -ovvero emesse da uno Stato e dalla sua banca centrale- come alternativa protetta contro ogni tentativo di controllo e di manipolazione. Si potrebbe pagare un abito, un libro o un pasto al ristorante in Bitcoin. Si potrebbe risparmiare e investire in Bitcoin. Questo è credibile ?

Gli argomenti dello studio BNP Paribas – Il Bitcoin ha forse un avvenire limitato ?

Contrariamente ad altri scettici nei confronti del Bitcoin, lo studio fatto da BNP Paribas ha prodotto una relazione organizzata. Anche se il rapporto completo non è disponibile in internet, le descrizioni che ne fa la stampa economica riducono le obiezioni sollevate sostanzialmente a due punti fondamentali: la questione del prestatore di ultima istanza e la questione della deflazione.

La questione principale che bloccherebbe un l’utilizzo del Bitcoin su grande scala sarebbe quella del “prestatore di ultima istanza”. È giusto dire che se si prestano dei Bitcoins a una istituzione e questa fa fallimento, non c’è nessun rimedio possibile. Durante la crisi finanziaria del 2008 le banche centrali hanno stampato dei dollari nuovi, degli euro, eccetera, ma nessuno sarebbe in grado di creare dei nuovi Bitcoin per compensare il fallimento di un “intermediario di fiducia”, che sia una banca o un’altra istituzione finanziaria, perché il sistema Bitcoin è stato precisamente concepito perché ciò sia impossibile!

Un proprietario di Bitcoins che li avesse prestati a una banca non avrebbe più nessuna speranza (di recuperarli), contrariamente al caso dei conti in euro che sono garantiti fino a un massimo di 100.000 €, anche se sarà bene non prendere questa garanzia per oro colato (letteralmente).

Ma gli argomenti dello studio inducono a varie osservazioni. Vi sono almeno due punti che possono indurre in un grave errore :
⦁ Se si posseggono dei Bitcoins, contrariamente a quello che lo studio sembra implicare, non si è obbligati a prestarli a una banca! Evidentemente al contrario degli euro o di qualunque altra moneta fiduciaria che non si può possedere se non prestandola a una banca, che li inscrive come “Avere” su un conto bancario (salvo trattenere qualche banconota presso di sé, ma è una cosa molto limitata). Dunque se una banca o un intermediario finanziario fallisce, questo non avrà conseguenze se non per colui che ha prestato i suoi Bitcoins, cosa che da parte sua è stata una decisione senza dubbio volontaria perché c’è un’alternativa semplice: tenerseli.

⦁ Suggerire che pagare una casa con dei Bitcoins metterebbe in pericolo chi ha preso il prestito, è un’inversione pura e semplice della realtà. È la banca che ha imprestato i fondi che sarà al contrario in pericolo! In effetti in caso di fallimento di un numero eccessivo di operatori immobiliari con relative linee di credito, non potrà contare sulla Banca Centrale per crearle dei Bitcoins di rimpiazzo – ovviamente se il prestito era in Bitcoins. Invece è proprio questo di cui le grandi banche coinvolte nei prestiti “subprime” hanno avuto bisogno, per evitare il fallimento dopo il 2008.

D’altra parte può essere auspicabile prestare i propri Bitcoins, perché è auspicabile imprestare il proprio denaro per “farlo lavorare” sostenendo l’attività economica, così come ci si può augurare di acquistare delle obbligazioni e delle azioni – il che significa in definitiva imprestare dei fondi a istituzioni e imprese perché li facciano rendere. Ed è comunque vero che obbligazioni valutate in Bitcoins non potrebbero beneficiare di nessuna garanzia da una banca centrale -se colui che prende a prestito non può rimborsare, il denaro è perso.

Sì ma… è così grave?
Da una parte c’è sempre il rischio di perdere il proprio investimento – salvo certamente quando si è una grande banca “troppo grande per fare fallimento” (“too big to fail”) e quindi si può dire agli Stati e alle loro banche centrali: “se non create moneta per prestarcela, andrà a fondo tutta l’economia insieme a noi”.

D’altra parte, che c’è di male a far sì che il rischio inerente a qualunque investimento sia reso chiaro e netto agli occhi di qualunque prestatore? Non è una ragione per non prestare, è invece un sano incentivo a prestare con gli occhi aperti, accettando esplicitamente il rischio piuttosto che illudersi su un investimento totalmente sicuro che nella realtà non può esistere. Questo significa anche che non si presteranno i risparmi per le emergenze, destinati a fronteggiare gli imprevisti, e che si chiederà una giusta remunerazione per il rischio che ci si accolla.

Bitcoin deflazionista – è un inconveniente un vantaggio in un mondo limitato?

Lo studio sottolinea ulteriormente e a ragione l’effetto deflazionista del numero massimo non superabile di Bitcoins fissato definitivamente.
Il problema è il seguente: se cresce l’economia, mentre la quantità di unità monetaria resta costante o quasi costante, il valore di ogni unità monetaria avrà tendenza ad aumentare, ovvero il prezzo dei beni espresso in questa unità monetaria avrà tendenza a diminuire. Si tratta dell’inverso dell’inflazione, da qui il nome di deflazione. Ma la deflazione ha per conseguenza di rallentare l’economia, perché tutti sono indotti a rimandare i propri acquisti quanto più possibile, per approfittare di prezzi ancora più bassi, e da qui una domanda più debole, minori attività e minore impiego, Dunque meno reddito e dunque ancora meno domanda, eccetera, in una spirale negativa.

Questa conseguenza legata alla generalizzazione del Bitcoin è uno scenario credibile. Dovremmo allora augurarci che il Bitcoin non si trasformi in moneta corrente accettata in tutto il mondo e non soltanto in Giappone, per evitare il rallentamento della crescita economica?

E se l’effetto deflattivo dato da una generalizzazione del Bitcoin non fosse in effetti un inconveniente… ma un vantaggio ?

Una moneta fiduciaria che si può espandere all’infinito come il dollaro o l’euro è molto adatta ad un periodo di crescita economica rapida come quella degli anni che vanno dal 1945 al 2008, ma l’umanità dopo la grande crisi finanziaria è entrata lentamente in un periodo di crescita più debole, che dovrebbe essere seguito da un rallentamento ulteriore della crescita, o anche dalla decrescita pure semplice, questo per delle ragioni di fondo che non hanno niente a che vedere con il denaro.

⦁ Esaurimento progressivo delle risorse, in particolare quelle energetiche, con un aumento strutturale continuo del costo di estrazione dell’energia, ovvero dell’energia che deve essere investita per estrarre un barile di petrolio o un metro cubo di gas in più: questo diminuisce progressivamente la percentuale dell’energia estratta che costituisce un vero guadagno.
⦁ Carenza nel dominare la complessità, sempre più evidente dalle difficoltà enormi per prendere decisioni importanti su scala mondiale – aumento del disordine politico – ed anche nella palese degenerazione dei “grandi progetti”.
⦁ Senza parlare ulteriormente dell’impatto sull’ambiente, i crescenti disagi che riguardano anche gli uomini, i danni alla natura provocati dall’attività industriale che tendono sempre più a superare i vantaggi che vengono dallo sviluppo.

Insomma l’umanità incontra e incontrerà sempre più dei limiti alla sua attività, per il semplice fatto che il nostro mondo è limitato e così pure le sue risorse.  Bitcoin è in quantità strutturalmente limitata ed è ben adatto ad un mondo limitato, a un’economia mondiale che sempre più trova dei limiti e che dovrà ulteriormente adattarsi se vuole evitare improvvise decrescite brusche e catastrofiche.

Dunque è una moneta che potrebbe adattarsi a un mondo che dovrà limitarsi per non andare in rovina – cioè un mondo dove specialmente le reti elettrica e internet resteranno complessivamente funzionanti dato che l’esistenza stessa del sistema Bitcoin ne è evidentemente dipendente.

La crescita infinita dei consumi materiali, in un mondo limitato, è impossibile. (E.F. Schumacher)

Solo se un collasso economico portasse a una riduzione brutale della società strutturata, sarebbe in pericolo l’esistenza e l’affidabilità delle reti – tal quale il collasso dell’economia post-Sovietica dopo il 1991 anche se per differenti ragioni- in tal caso Bitcoin non potrebbe più servire nè come moneta nè come sistema di pagamenti- ma in questo scenario estremo soltanto i metalli preziosi potrebbero prenderne il posto.

Nota finale sul Bitcoin come investimento…

Non c’è dubbio che in periodi di forti aumenti dei valori la domanda “bisogna comprare?” oppure “bisogna vendere?” riveste un grande interesse! (per chi ne ha).

Insistiamo su due punti essenziali :
⦁ Il sistema Bitcoin è in pieno sviluppo, ha già avuto un certo successo, presenta delle prospettive future attraenti, ma è tuttora sperimentale. La possibilità di estenderlo su una dimensione non di qualche milione ma di centinaia di milioni o anche di miliardi di utenti non è ancora dimostrata. Si può immaginare anche il fallimento del Bitcoin nel tentativo di diventare una vera moneta, oppure l’avvento di un’altra criptomoneta che lo soppianti.
⦁ Il valore di cambio della moneta Bitcoin dopo il 2011 ha già conosciuto almeno tre fenomeni di bolla, come abbiamo già detto. Niente garantisce che il valore raggiunto un giorno lo sarà ancora il giorno dopo, il mese dopo o l’anno dopo.

Ad ogni buon conto, nessuna persona ragionevole investirà in un sistema innovativo ma sperimentale più “di quanto non possa permettersi di perdere”.

 

Alexis Toulet

Fonte: http://www.noeud-gordien.fr

Link: http://www.noeud-gordien.fr/index.php?post/2017/11/23/Le-Bitcoin%2C-monnaie-pour-un-monde-fini

23.11.2017

Tradotto per comedonchisciotte.org da Giakki49

 

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