Guerra cognitiva e dominio umano

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di Pietro Lucania

La natura della guerra si è evoluta, dando luogo a nuovi tipi di guerre. Le campagne di disinformazione sono diventate armi di distruzione di massa. Il cervello umano è così diventato il campo di battaglia del 21° secolo.

La guerra cognitiva è anche una guerra per l’informazione in quanto si trasforma in conoscenza attraverso i processi cognitivi del nostro cervello. Negli ultimi anni, questa lotta ha svolto un ruolo molto più importante rispetto ai conflitti passati; a volte si sviluppa senza un contesto militare diretto e non è nemmeno guidata da corpi militari. La funzione della cognizione è percepire, memorizzare, ragionare, produrre movimenti, decidere. Agire sulla “cognizione” significa agire sull’essere umano. Mentre le azioni intraprese nei cinque domini vengono eseguite per avere un effetto sul dominio umano, l’obiettivo della guerra cognitiva è rendere ogni essere umano una potenziale arma.

Key words: guerra cognitiva, dominio umano, relazioni internazionali.

Introduzione

“Il cervello, per molti versi, rappresenta il nuovo campo di battaglia del ventunesimo secolo” (James Giordano, 2017)

e la ragione consiste probabilmente nel rapido progresso delle neuroscienze e delle neurotecnologie, e nel significato di tale progresso per il futuro della guerra. Ci si trova di fronte a una serie di nuove sfide, anche di natura etica che dovranno ragionevolmente essere affrontate e che vedono il “cervello”, come è da intendersi in questo contesto, propulsore di una nuova era, in cui il fenomeno guerra assume un nuovo aspetto: la guerra cognitiva.

Negli ultimi decenni sono stati compiuti progressi sostanziali nella comprensione del funzionamento del cervello. I nostri processi decisionali restano centrati sull’uomo, anche se l’evoluzione tecnologica, unita ad una mole di dati impressionanti da quantificare determinano in qualche modo l’incapacità dell’essere umano (da solo) di elaborare, fondere e analizzare la profusione di dati in modo tempestivo, così da richiedere una inevitabile interazione con le tecnologie AI (Artificial Intelligence) anch’esse sempre più pervasive. Per mantenere un equilibrio tra l’uomo e la macchina nel processo decisionale, diventa necessario essere consapevoli dei limiti e delle vulnerabilità umane. Oggi, le scienze cognitive e le neuroscienze hanno compiuto nuovi passi nell’analisi e nella comprensione del cervello umano e hanno aperto nuove prospettive in termini di ricerca sul cervello. Hanno dato un contributo importante allo studio della diversità dei meccanismi neuro-psichici che facilitano l’apprendimento e, di conseguenza, hanno sfidato l’intuizione delle “intelligenze multiple”.

Vulnerabilità e pregiudizi cognitivi

Conoscere sé stessi e gli altri è la chiave della guerra cognitiva. In effetti, gli esseri umani hanno sviluppato adattamenti per far fronte ai limiti cognitivi che consentono un’elaborazione più efficiente delle informazioni. Sfortunatamente, queste stesse scorciatoie introducono distorsioni nel nostro pensiero e nella comunicazione, rendendo gli sforzi di comunicazione inefficaci oltreché soggetti a manipolazione da parte di avversari che cercano di fuorviare o confondere. Questi pregiudizi cognitivi possono portare a giudizi imprecisi e processi decisionali inadeguati che potrebbero innescare un’escalation involontaria o impedire l’identificazione tempestiva delle minacce. Comprendere le fonti e i tipi di pregiudizi cognitivi può aiutare a ridurre le incomprensioni e informare lo sviluppo di strategie migliori per rispondere ai tentativi degli avversari di utilizzare questi pregiudizi a proprio vantaggio.

In particolare, il cervello:

  • non è in grado di distinguere se una determinata informazione è vera o falsa;
  • è portato a prendere scorciatoie nel determinare l’attendibilità dei messaggi in caso di sovraccarico di informazioni;
  • è portato a credere a dichiarazioni o messaggi che sono già stati percepiti come veri, anche se questi possono essere falsi;
  • accetta le affermazioni come vere, se supportate da prove, a prescindere dall’autenticità delle prove stesse.

Questi sono, tra molti altri, i bias cognitivi, definiti come un modello sistematico di deviazione dalla norma o dalla razionalità nel giudizio; la maggior parte di essi sono rilevanti per l’ambiente informativo e ancor più nell’ambito di un conflitto cognitivo. Probabilmente tra quelli citati, il più comune e più dannoso è il bias di conferma, ovvero dell’effetto che porta le persone a cercare prove che confermino ciò che già pensano o sospettano, a considerare fatti e idee che incontrano come ulteriori conferme e a respingere o ignorare qualsiasi prova che sembri supportare un altro punto di vista.

I pregiudizi cognitivi, specie sul teatro operativo, influenzano tutti, dai soldati sul campo agli ufficiali di stato maggiore, e in misura maggiore di quanto tutti ammettano. Non è solo importante riconoscerlo, ma diventa determinante studiare i pregiudizi degli avversari per capire come si comportano e interagiscono. I progressi nella tecnologia informatica, in particolare l’apprendimento automatico, offrono ai militari l’opportunità di conoscere sé stessi come mai prima d’ora. Raccogliere e analizzare i dati generati in ambienti virtuali consentirà alle organizzazioni militari di comprendere la performance cognitiva individuale. In definitiva, i vantaggi operativi nella guerra cognitiva proverranno innanzitutto dal miglioramento della comprensione delle capacità e dei limiti cognitivi militari.

Il concetto di “guerra cognitiva” e i più recenti studi

Il concetto di guerra cognitiva, richiede una certa interpretazione nel contesto della sicurezza nazionale; in senso lato è un processo di disinformazione per logorare psicologicamente i destinatari delle informazioni. Si diffonde strategicamente attraverso risorse informative come social media, networking, risorse Internet, video, foto scattate fuori contesto, risorse semplicistiche come vignette politiche e persino siti Web ben pianificati che incoraggiano la disinformazione. È la

“…manipolazione del discorso pubblico da parte di elementi esterni che cercano di minare l’unità sociale o danneggiare la fiducia politica nel sistema politico” (Rosner & Siman-Tov, 2018).

Nel contesto militare, la guerra cognitiva è considerata una guerra di quinta generazione (stante diversi studi settoriali elaborati nel corso di varie epoche e tenuto conto di una schematizzazione che è il frutto dell’evoluzione del pensiero strategico e del parallelo sviluppo tecnologico, prescindendo dal rapporto controverso che la guerra ha con le relazioni internazionali). Si tratta quindi di un tipo di guerra che si sviluppa più frequentemente di quanto si possa immaginare e che viene utilizzata come forma di potere duro pur apparendo (agli occhi dei non addetti) innocua.

Nell’autunno del 2021 in Canada in occasione del NATO Innovation Challenge 2021 si è discusso di guerra cognitiva e in particolare di uno studio realizzato dall’Innovation Hub canadese.

Secondo questo studio, la guerra cognitiva è una guerra anche per l’informazione in quanto si trasforma in conoscenza attraverso i processi cognitivi insiti nel nostro cervello e usa la conoscenza in modo conflittuale a lungo termine. L’obiettivo è spezzare la fiducia della popolazione nei processi elettorali, nelle istituzioni, nei politici, nelle alleanze e nei partner. Si tratta di indebolire la coesione, influenzare i cuori e le menti e deteriorare la volontà di combattere e la resilienza delle nostre società (legittimità e autorità delle istituzioni democratiche). Nella guerra cognitiva, il centro di gravità è, quindi, soprattutto la popolazione all’interno delle società democratiche, in un circuito in cui non è possibile distinguere tra guerra e pace, tra combattente e non combattente: tutti sono un potenziale bersaglio e le società sono diventate facili bersagli di continui attacchi provenienti da diversi avversari (attori statali e non, gruppi economici, moderne oligarchie).

Cognitive Warfare è diventato un termine ricorrente nella terminologia militare negli ultimi anni sia perché provoca una sfida insidiosa e sia perché interrompe le normali comprensioni e reazioni agli eventi in modo graduale e sottile, ma con significativi effetti dannosi nel tempo. La guerra cognitiva ha portata universale, dall’individuo agli Stati e alle organizzazioni multinazionali; si nutre delle tecniche di disinformazione e propaganda volte ad esaurire psicologicamente i recettori dell’informazione. Tutti vi contribuiscono, in misura diversa, consciamente o inconsciamente, e fornisce una conoscenza inestimabile sulla società, in particolare le società aperte, come quelle occidentali. Questa conoscenza può quindi essere facilmente armata.

Gli strumenti della guerra dell’informazione, in aggiunta all’uso di “neuro-armi”, caratterizzano una nuova fase, suggerendo che il campo cognitivo sarà uno dei campi di battaglia di domani. Questa prospettiva è ulteriormente rafforzata dai rapidi progressi delle NBIC (nanotecnologia, biotecnologia, tecnologia dell’informazione e scienze cognitive) e dalla comprensione del cervello.

Per certi versi, la guerra cognitiva può essere in parte paragonata alla propaganda. Lo scopo della propaganda non è “programmare” le menti, ma influenzare atteggiamenti e comportamenti inducendo le persone ad adottare l’atteggiamento giusto, che può consistere nel fare determinate cose o, spesso, smettere di farle. La guerra cognitiva è metodicamente sfruttata come componente di una strategia globale all’interno della quale si combinano informazioni reali e distorte, fatti esagerati e notizie inventate.

La disinformazione sfrutta le vulnerabilità cognitive dei suoi bersagli sfruttando ansie o convinzioni preesistenti che li predispongono ad accettare informazioni false.

Ciò richiede che l’aggressore abbia un’acuta comprensione delle dinamiche socio-politiche in gioco e sapere esattamente quando e come penetrare per sfruttare al meglio queste vulnerabilità. Dove la guerra cognitiva differisce dalla propaganda è nel fatto che tutti partecipano, per lo più inavvertitamente, all’elaborazione delle informazioni e alla formazione della conoscenza in un modo senza precedenti. Questo è un cambiamento sottile ma significativo. Mentre gli individui finora sono stati passivamente sottoposti alla propaganda, ora contribuiscono attivamente ad essa. Lo sfruttamento della cognizione umana è diventata un’enorme industria. E si prevede che gli strumenti emergenti di intelligenza artificiale (AI) forniranno presto ai propagandisti capacità radicalmente migliorate per manipolare le menti umane e cambiare il comportamento umano.

Studiare e comprendere il comportamento umano in relazione alla tecnologia è fondamentale poiché la linea tra il cyberspazio e il mondo reale sta diventando sempre più sottile. Il crescente impatto della cibernetica, delle tecnologie digitali e della virtualità può essere misurato solo se considerato attraverso i conseguenti effetti sulle società, sugli esseri umani e sui rispettivi comportamenti. In funzione di ciò, nell’ambito degli studi di guerra cognitiva si registra un maggiore interesse nei confronti della cyberpsicologia, che è al crocevia di due campi principali: la psicologia e la cibernetica. Centrata sulla chiarificazione dei meccanismi del pensiero e sulle concezioni, usi e limiti dei sistemi cibernetici, la cyberpsicologia sta assumendo una certa rilevanza per la difesa e la sicurezza; è considerata utile per verificare in che modo l’uomo dovrà rimodulare l’approccio psicologico in relazione alle macchine, ai software di intelligenza artificiale o ai robot ibridi. Si tratta di un campo scientifico complesso che comprenderà tutti i fenomeni psicologici associati o influenzati da tecnologie in evoluzione rilevanti; esaminerà il modo in cui gli esseri umani e le macchine si influenzeranno a vicenda ed esplorerà come la relazione tra umani e intelligenza artificiale sarà in grado di modificare le interazioni umane e la comunicazione tra macchine. Ma la questione non si esaurisce in questi termini in quanto suscettibile di ulteriori aperture, in un insieme concettuale antropotecnico sempre più mutevole.

Conclusioni

Sono trascorsi molti anni da quando nel 2002, l’Ecole de Guerre Economique ha intrapreso un pionieristico studio, dedicato alla guerra cognitiva e a una visione strategica del fenomeno che non fosse solo quella derivante da oltre oceano. E non è certamente un caso che la Francia si dimostra da tempo interessata a questa dimensione strategica, rispetto alla quale occorre stare al passo con i tempi. Un’ulteriore conferma la si trova nelle dichiarazioni del Ministero delle Forze Armate francesi Florence Parly, al Forum Innovation Defènse, nel mese di novembre 2021, in occasione del quale annunciò l’avvio del progetto “Myriade” che mira a esplorare le potenzialità della guerra cognitiva. La ricerca scientifica è stata demandata a vari “red teams” che come sempre avranno il compito di elaborare e testare le migliori soluzioni su un settore di ricerca estremamente interessante. La Francia è consapevole che la guerra cognitiva è una nuova forma di minaccia che combina la capacità di manipolazione dell’informazione, disinformazione, cibernetica, psicologia e ingegneria sociale, biotecnologia.

Ricerche analoghe sono attualmente condotte delle forze armate di Israele, Regno Unito, Russia e Cina, nonché da altri paesi che già da tempo si sono approcciati a questo tema.

I dati rilevabili (per quelli già conclusi e resi pubblici) indicano che la dimensione cognitiva introdotta da questo approccio conflittuale, crea un nuovo spazio di competizione, al di là dei domini terrestre, marittimo, aereo, cibernetico e spaziale, che gli avversari hanno già integrato.

La sua vera essenza è prendere il controllo degli esseri umani (civili come militari), delle organizzazioni, delle nazioni, ma anche delle idee, della psicologia, soprattutto comportamentale, dei pensieri, nonché dell’ambiente. Inoltre, i rapidi progressi nella scienza del cervello, come parte di una guerra cognitiva ampiamente definita, hanno il potenziale per espandere notevolmente i conflitti tradizionali e produrre effetti a costi inferiori. Lo studio del dominio cognitivo, quindi centrato sull’essere umano, costituisce una nuova grande sfida indispensabile a qualsiasi strategia relativa alla generazione di potenza da combattimento del futuro.

La funzione della cognizione è percepire, memorizzare, ragionare, produrre movimenti, decidere.

Agire sulla “cognizione” significa agire sull’essere umano.

Mentre le azioni intraprese nei cinque domini vengono eseguite per avere un effetto sul dominio umano, l’obiettivo della guerra cognitiva è rendere ogni essere umano una potenziale arma.

 

Pietro Lucania

 

Bibliografia

Libri

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  • AA.VV.: “The Red Teams handbook – The Army’s guide to making better decisions”; University of Foreign Military and Cultural Studies, TRADOC G-2 Intelligence Support Activity, Fort Leavenworth, Kansas, 2019
  • Harbulot C., Lucas D., Baumard P., Huyghe F.B., Moinet N., Prats C., Rainaudi C., Triffeau A., Valantin J.M.: “La guerre cognitive”, promotion 2022 de l’Ecole de Guerre Economique
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Codici, Documenti, Riviste o Periodici

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  • Backes O., Swab A.: “Cognitive warfare – The Russian Threat to Election Integrity in the Baltic States” – Harvard Kennedy School, Belfer Center, for Science and International Affairs, paper, novembre 2019
  • Claverie B., Kowalczuk B.: “Cyberpsychology Topics proposal”, Study for the Innovation Hub, July 2018, https://www.innovationhub-act.org/content/cyberpsychology-topics-proposal
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  • Giordano J.: “Intersections of big data, neuroscience and national security: Technical issues and derivative concerns. In: Cabayan H et al. (eds.) A New Information Paradigm? From Genes to “Big Data”, and Instagrams to Persistent Surveillance: Implications for National Security, p. 46-48. Department of Defense; Strategic Multilayer Assessment Group- Joint Staff/J-3/Pentagon Strategic Studies Group, 2014.
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  • Orinx K. e de Swielande T.S.: “Cognitive warfare and the vulnerabilities of democracies” – Université Catholique de Louvain – n.79 – 12 may 2021

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  • Ministère des Armées: “Parly, F. Innover, c’est protéger les Français aujourd’hui et demain” https://www-defense-gouv-fr.translate.goog/portail/actualites2/florence-parly-innover-c-est-proteger-les-francais-aujourd-hui-et-demain _x_tr_sl=fr&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=sc

link fonte: https://liberopensare.com/guerra-cognitiva-e-dominio-umano/

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Massimo A. Cascone

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