DI WILLIAM BLUM
Killing Hope
La buona notizia è che i repubblicani hanno perso.
La cattiva notizia è che hanno vinto i democratici.
Il problema scottante – il ritiro degli USA dall’Iraq – resta lontano dalla soluzione come prima.
Una chiara maggioranza di americani è contraria alla guerra e quasi tutti sarebbero contentissimi se i militari USA cominciassero a lasciare l’Iraq domani, se non oggi. Il resto del mondo tirerebbe un gran respiro di sollievo e la sua lunga storia d’amore con il luogo nel mondo delle fiabe chiamato “America” potrebbe cominciare a rivivere.
Un sondaggio del Dipartimento di Stato condotto in Iraq l’estate scorsa ha affrontato l’atteggiamento della popolazione nei confronti dell’occupazione americana. A parte i curdi – che hanno aiutato gli USA prima, durante e dopo l’invasione e l’occupazione, e non si considerano iracheni – la maggior parte delle persone favoriva un ritiro immediato, con una percentuale che a seconda della zona andava dal 56% all’80%.
A seguito, Il loro prossimo massacro (Abdul Ilah Al Bayaty, Hana Al Bayaty, Ian Douglas, Dirk Adriaensens – BRussells Tribunal); La guerra è già persa (Tariq Ali – The Guardian); Afferra questa Guerra e Gettala Via (Ron Jacobs – Alt Press Review)Il rapporto del Dipartimento di Stato aggiungeva come in tutte le regioni eccetto le zone curde la maggioranza delle persone ha detto che la partenza delle forze della coalizione le avrebbe fatte sentire più sicure e avrebbe fatto diminuire la violenza. [1]
George W. ha dichiarato pubblicamente che se il popolo iracheno chiederà agli Stati Uniti di andare via, gli USA andranno via. Ha anche dichiarato che gli Iracheni “non sono contenti di essere occupati. Neanch’io sarei contento se fossi occupato”. [2]
Eppure, malgrado tutto ciò, e molte altre cose, gli Stati Uniti restano, con previsioni fatte da funzionari del Pentagono che le forze americane staranno in Iraq per anni. Grandi basi militari USA vi vengono costruite; non sono progettate come strutture temporanee. Ricordate che 61 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti hanno ancora importantissime basi in Germania. Cinquantatré anni dopo la fine della guerra di Corea gli USA hanno decine di migliaia di soldati nella Corea del Sud.
Washington insiste di non poter lasciare l’Iraq finché non avrà completato l’addestramento e l’armamento di una forza di polizia e di un esercito che mantengano l’ordine. Questo non solo introduce migliaia di altri uomini armati – spesso in uniforme – nelle atrocità quotidiane che imperversano, ma implica che gli Stati Uniti siano preoccupati del benessere e della felicità del popolo iracheno, un’asserzione resa bizzarra dall’infliggere da quasi quattro anni a questa stessa gente mille e una varietà di inferno sulla terra, distruggendo letteralmente la sua civiltà antica e moderna. Ci viene chiesto di credere che i militari americani non partono perché delle cose terribili accadrebbero ai loro amati fratelli iracheni. (“Vi bombardiamo perché ci preoccupiamo per voi” … adatta per scriverla sulla fiancata di un missile cruise.) Proprio mentre scrivo queste cose, il 14 novembre, leggo: “Un’incursione notturna USA ha ucciso sei persone a Baghdad est, popolata principalment! e da sciiti, innescando rabbiose proteste antiamericane. Funzionari iracheni hanno detto che trenta persone sono morte in un’incursione USA sulla roccaforte sunnita di Ramadi”. [3]
Allo stesso tempo l’occupazione americana alimenta l’ostilità dei sunniti verso i “collaborazionisti” sciiti, e viceversa. E naturalmente ciascun attacco chiama la rappresaglia. E i cadaveri si accumulano. Se gli americani se ne andassero, le due parti potrebbero negoziare e partecipare alla ricostruzione dell’Iraq senza essere marchiate come traditori. Il governo iracheno perderebbe il suo marchio da Quisling. E le forze di sicurezza non avrebbero più l’handicap di essere percepite come chi lavora a favore di infedeli stranieri contro compatrioti Iracheni.
E allora perché gli Yanquis non se ne vanno a casa e basta? Tutto questo non è piuttosto strano? Tremila di loro morti, decine di migliaia criticamente menomati. Eppure restano. Diamine, si rifiutano assolutamente anche solo di proporre una tabella di marcia per il ritiro. Nessun piano di uscita. Niente di niente.
No, non è strano. È petrolio.
Il petrolio non è stata l’unica motivazione dell’invasione e occupazione americana, ma gli altri obiettivi sono stati già raggiunti – eliminare Saddam Hussein a beneficio di Israele, cancellare l’uso iracheno dell’euro al posto del dollaro per le transazioni petrolifere, espandere l’impero in Medio Oriente con nuove basi.
Le compagnie petrolifere americane sono state attive sotto l’occupazione, e ancor prima dell’invasione, preparandosi per un massiccio sfruttamento delle enormi riserve petrolifere irachene. Chevron, ExxonMobil e altri sono tutti pronti a partire. Quattro anni di preparativi ora stanno arrivando a maturazione. La nuova legge irachena sul petrolio – scritta in un luogo chiamato Washington, DC – sta per essere applicata: istituirà accordi con compagnie petrolifere straniere, privatizzando buona parte delle riserve petrolifere irachene a condizioni estremamente vantaggiose. L’unico problema sarà la sicurezza, proteggere gli investimenti delle compagnie petrolifere in un paese senza legge. Per questo hanno bisogno dei militari americani lì vicino. [4]
Che giurassico pazzo furioso che sono!
I leader del partito democratico pensano che le elezioni legittimino il loro perseguimento di un percorso centrista. Arnold Schwarzenegger attribuisce la sua rielezione come governatore della California al suo spostamento al centro (o almeno al suo fingerlo). Loro e i loro colleghi ci farebbero credere a tutti che il popolo americano si sia risolutamente spostato al centro, abbandonando gli “estremi”. Ma è davvero così? Io sostengo che la maggior parte degli americani sono liberali, e molti anche più a sinistra. Penso che questo sarebbe rivelato se al pubblico venissero poste comande sulle seguenti linee:
Vi piacerebbe avere un servizio di cure sanitarie gestito dallo Stato, che ponga termine agli ospedali e alle aziende sanitarie a fine di lucro, e che copra tutti i residenti per tutte le malattie a prezzi accessibilissimi?
Pensate che quando le aziende si trovano di fronte alla scelta se ottimizzare le loro entrate o fare quel che è meglio per l’ambiente e la sanità pubblica, dovrebbero scegliere sempre a favore dell’ambiente?
Pensate che l’aborto sia una questione che è meglio lasciare a una donna e al suo medico?
Pensate che gli Stati Uniti dovrebbero essere ufficialmente una nazione del tutto secolare oppure una basata su credenze religiose?
Pensate che le grandi aziende e i loro comitati di azione politica esercitino troppo potere politico?
Pensate che i salari dei dirigenti aziendali siano molto esagerati?
Pensate che i tagli alle tasse per i super ricchi stabiliti dall’amministrazione Bush dovrebbero essere cancellati e le loro tasse dunque aumentate?
Pensate che il salario minimo dovrebbe essere aumentato a quello che viene chiamato un “salario vivibile”, che sarebbe di almeno 10 dollari l’ora?
Pensate che tutta l’educazione, comprese le scuole mediche e di diritto, dovrebbero essere gratuite, sovvenzionate dal governo?
Pensate che il governo dovrebbe prendere tutte le misure necessarie a garantire che le aziende abbiano piani pensionistici per tutti i lavoratori e che i fondi pensionistici siano salvaguardati?
Pensate che l’invasione e l’occupazione dell’Iraq siano state uno sbaglio?
Pensate che l’appoggio che gli Stati Uniti danno a Israele sia eccessivo?
Approvate il trattamento delle persone catturate dagli Stati Uniti come parte della loro cosiddetta Guerra al Terrore – la perdita completa dei diritti umani e legali, e l’assoggettamento alla tortura?
Per quei lettori che pensano che stia presumendo troppo quanto al disincanto degli americani verso il loro sistema economico, suggerisco loro di dare un’occhiata al mio saggio: “The United States invades, bombs, and kills for it, but do Americans really believe in free enterprise?” (Gli Stati Uniti invadono, bombardano, e uccidono per lei, ma gli americani credono davvero nella libera impresa?) [5]
E per quei lettori che si chiedono da dove verrebbero tutti i soldi per pagare l’educazione, le cure mediche, ecc., tenete presente che un anno del budget militare degli USA – dico un anno – è pari a più di 30.000 dollari l’ora per ogni ora da quando è nato Gesù Cristo.
Il grande giudice
All’inizio di questo mese il Dipartimento di Stato USA ha tolto il Vietnam dalla sua lista mera di nazioni che giudica siano gravi violatrici della libertà religiosa. Ciò è accaduto pochi giorni prima di una visita del presidente Bush in Vietnam. Il Dipartimento ha negato ogni connessione fra i due eventi. Tuttavia, per citare George Bernard Shaw: “Manco per sogno”.
Cancellando il Vietnam, il Dipartimento di Stato stava ignorando la Commissione sulla libertà religiosa internazionale del governo USA, un organo consultivo con mandato del Congresso, che aveva chiesto che il Vietnam fosse mantenuto sulla lista. La Commissione ha anche chiesto vi vengano aggiunti Pakistan e Turkmenistan. Anche questo è stato ignorato dalla Casa Bianca. [6]
Di solito considerazioni di politica estera svolgono un ruolo decisivo nel determinare chi è incluso e chi no sulle varie liste del Dipartimento di Stato. Non è cosa da poco, poiché l’inclusione in una delle liste può portare a sanzioni economiche e di altro genere. Così è un’altra arma che Washington ha a disposizione per piegare il mondo alla sua volontà.
Oltre al rapporto sulla libertà religiosa, il Dipartimento di Stato pubblica moralisticamente dei rapporti annuali che classificano i paesi del mondo quanto a diritti umani, guerra alle droghe, traffico di persone e guerra al terrorismo, oltre a mantenere una lista di gruppi “terroristi”. Il Dipartimento ha posto il Venezuela nella peggiore categoria della lista sul traffico di persone, affermando che “il Venezuela è una fonte, transito e paese di destinazione per donne e bambini trafficati a fini di sfruttamento sessuale e lavoro forzato” e che “Il governo del Venezuela non soddisfa gli standard minimi per l’eliminazione del traffico e non sta facendo sforzi significativi per farlo”. [7]
È tutto piuttosto arbitrario e la maggior parte di quanto il rapporto del Dipartimento di Stato dice del Venezuela si potrebbe dire anche degli Stati Uniti e di altri paesi sviluppati. A Washington da molti anni ci sono stati regolarmente casi di diplomatici stranieri che hanno “schiavizzato” e violentato giovani che avevano portato con sé dall’estero per lavorare in casa propria. Questo continua a ripetersi e non sembra ci sia una politica chiara e dura del Dipartimento di Stato per assicurarsi che ciò non avvenga più. Le storie vengono riferite ogni volta che una giovane, dopo anni di “schiavitù” in un quartiere residenziale di Washington, fugge. “Schiavitù” è il termine veramente usato dalle autorità legali.
Classificare così il Venezuela è arbitrario come includere Cuba sulla lista dei sostenitori del terrorismo perché alcune Black Panther americane dirottarono degli aerei a Cuba 25 o 30 anni fa, e per via di un attivista basco che vive a Cuba, che per la Spagna non è un problema, ma che gli USA vogliono sfruttare politicamente.
Attenzione: segue asserzione estremista. (Potreste non vederla più stampata, quindi ritagliate e conservate)
La Francia è sul punto di approvare una legislazione che renda un crimine negare il genocidio degli armeni ad opera dei turchi all’epoca della prima guerra mondiale.
Negare l’olocausto degli ebrei ad opera dei tedeschi è un crimine in Germania, Belgio, repubblica ceca, Francia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Spagna, Svizzera e Israele.
Negli Stati Uniti non è un crimine negare l’olocausto americano, anche se questo particolare fenomeno storico abbraccia Vietnam, Laos, Cambogia, Corea del Nord, Guatemala, El Salvador, Grenada, Indonesia, Iraq, Brasile, Cile, Cuba, Grecia, Timor Est, Angola, Nicaragua, Afghanistan, Haiti, Jugoslavia, Colombia, e vari altri paesi cui Washington ha concesso i suoi preziosi doni di libertà e democrazia.
Ma quanto ci vorrà prima che i neo-Con e i neo-Dem d’America metteranno insieme le loro teste e renderanno un crimine affermare l’olocausto americano? Politici e media vanno in giro con pali lunghi tre metri per non toccarlo.
Il caso che non è ancora chiuso
Ho seguito da vicino il caso del volo PanAm 103, fatto esplodere da una bomba terrorista su Lockerbie, in Scotland, nel 1988, uccidendo 270 persone, e ne ho scritto spesso. Per più di un anno dopo l’evento USA e Regno Unito insistettero che Iran, Siria e un gruppo palestinese erano stati dietro l’attentato, finché nel 1990 non arrivò la preparazione alla Guerra del Golfo e per l’operazione si desiderò l’appoggio di Iran e Siria. Improvvisamente, nell’ottobre del 1990, gli USA dichiararono che dopo tutto dietro l’attentato c’era la Libia – lo stato arabo che appoggiava di meno la preparazione USA alla Guerra del Golfo e le sanzioni imposte contro l’Iraq.
Alla fine, nel 2001, un libico, Abdelbaset al Megrahi, è stato condannato all’ergastolo per il crimine, anche se il suo coimputato libico, accusato dello stesso crimine e con le stesse prove, è stato assolto. Il processo è stato la proverbiale parodia della giustizia, che altrove ho discusso nei dettagli. (“Sono assolutamente sbalordito, stupefatto”, ha detto il professore scozzese di diritto che è stato l’architetto del processo. “Ero estremamente riluttante a credere che qualsiasi giudice scozzese avrebbe condannato chiunque, perfino un libico, sulla base di simili prove”.)[8] Il principale testimone dell’accusa, il disertore libico Abdul Majid Giaka, preparato e presentato dalla CIA, era un personaggio totalmente equivoco che non sapeva granché né aveva accesso a granché, e che fingeva di essere altro solo per ricevere più pagamenti dalla CIA. E la CIA lo sapeva. L’Agenzia ha rifiutato di desecretare integralmente i documenti su di lui, usando la sua scusa standard –! che questo avrebbe rivelato metodi e fonti riservate. È emerso che era riluttante perché i documenti mostravano come la CIA lo considerasse inaffidabile.
Poi nel 2005 abbiamo saputo che una prova chiave che collegava la Libia al crimine era stata messa lì dalla CIA.[9] Proprio come nei film gialli. Proprio come nelle teorie cospirative.
Per chiunque abbia ancora dubbi sulla natura farsesca del processo, ecco che arriva Michael Scharf, un procuratore che ha lavorato sul caso del volo 103 al Dipartimento di Stato ed era consulente legale dell’ufficio antiterrorismo quando i due libici furono incriminati per l’attentato. Nell’ultimo anno ha formato giudici e pubblici ministeri in Iraq nel processo che ha portato alla condanna a morte di Saddam Hussein. Scharf ha recentemente affermato che il caso della PanAm “era largamente basato su questo informatore [Giaka]. Solo al processo ho saputo che questo tizio era un matto e che la CIA non aveva alcuna fiducia in lui e che sapeva che era un bugiardo. Era un caso così pieno di buchi che sembrava formaggio svizzero”. Dice che il caso aveva un obiettivo “diplomatico piuttosto che puramente legale”. [10]
Victor Ostrovsky, che ha lavorato nel servizio segreto israeliano Mossad, ha scritto del Mossad ciò che si può dire con altrettanta correttezza della CIA: “Questa sensazione che puoi fare quello che vuoi a chiunque vuoi per tutto il tempo che vuoi perché hai il potere”. [11]
Così speriamo che Abdelbaset al Megrahi sia davvero colpevole. Sarebbe una terribile infamia se passasse il resto della sua vita in carcere semplicemente perché nel 1990 i piani egemonici di Washington per il Medio Oriente avevano bisogno di un capro espiatorio comodo, che capitò fosse il suo paese. Comunque nei prossimi mesi la Commissione scozzese per il riesame dei casi criminali dovrà riferire se ritiene che in questo caso ci sia stato un errore giudiziario.
E a proposito, il mio solito promemoria, la Libia non ha mai confessato di aver compiuto questa azione. Se ne è solo accollata la “responsabilità”, nella speranza di ottenere l’abolizione di varie sanzioni di cui è oggetto.
William Blum
Fonte: http://www.killinghope.org/
Link: http://members.aol.com/bblum6/aer39.htm
24.11.2006
Traduzione a cura di LUCA TOMBOLESI
Note:
[1] Washington Post, 27 settembre 2006, p.22, articolo più tabella; anche 4 agosto 2006, p.10 per il desiderio degli iracheni che gli USA se ne vadano.
[2] Washington Post, 14 aprile 2004
[3] BBC, 14 novembre 2006
[4] Antonia Juhasz, “The Bush Agenda: Invading the World, One Economy at a Time”, capitolo 6; Greg Muttitt, “Oil Pressure”, Foreign Policy In Focus, 28 agosto 2006, www.fpif.org; Joshua Holland, “Bush’s Petro-Cartel Almost Has Iraq’s Oil”, AlterNet, 16 ottobre 2006, www.alternet.org/story/43045
[5] http://members.aol.com/superogue/system.htm
[6] Agence France Presse, 13 novembre 2006
[7] State Department report on Trafficking in persons, dal sito web del Dipartimento, visionato il 21 novembre 2006
[8] http://members.aol.com/bblum6/panam.htm