Erdogan cavalca la tigre dell’inflazione e la Turchia va

Ankara sta imparando a convivere con l'inflazione e pare proprio ci stia riuscendo. Ciò dimostra che la strada dell'aumento dei tassi intrapresa dai banchieri centrali dell'Occidente è sbagliata o quantomeno inutile a fermare il fenomeno inflattivo in corso.

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Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Mentre tutti i banchieri centrali del mondo occidentale, di fronte al comparire dell’inflazione, si sono precipitati ad aumentare i tassi di interesse, il presidente della Repubblica turca Recep Tayyip Erdogan (tra i pochi governanti al mondo che ancora ha un controllo diretto sulla banca centrale del suo paese), al contrario, ha deciso di tagliarli.

Sembra quasi che Erdogan si sia prestato a fare da cavia per riportare sul sentiero della verità dottrinale la politica sui tassi, che i banchieri centrali occidentali, ormai da tempo immemore usano interpretare al contrario.

Sul fatto che ormai questa usanza, da Powell alla Lagarde, sia ormai un “dogma” di dominio pubblico, non ci sono più dubbi. Nell’ultimo anno, non è passato giorno che il main-stream non invocasse tale misura, sventolando lo spauracchio dell’inflazione come l’avvento degli alieni sulla terra.

Noi, che negli ultimi quindici anni della nostra vita, un po’ la materia economica l’abbiamo approfondita e purtroppo vissuto le conseguenze sulla nostra pelle delle frodi in materia applicate da altri, sappiamo benissimo che le politiche monetarie delle banche centrali ed in questo caso l’innalzamento dei tassi, a niente servono e serviranno, per fronteggiare l’attuale fenomeno inflattivo. Fenomeno, oggi per lo più esogeno e fortemente caratterizzato dalla libertà che i governi lasciano ai “diavoli” della speculazione, di agire per il loro esclusivo interesse.

Anzi, a dirla tutta, stante la forte recessione che persiste in certi paesi dell’Occidente e per l’Italia in particolare, il rialzo dei tassi certamente contribuirà in modo deciso a rendere la situazione ancora più grave.

In Turchia, nonostante che da mesi i prezzi crescano a ritmi elevati, il presidente Erdogan, come dicevamo è contrario a mettere in atto tali misure per controllare l’inflazione, proprio perché rallenterebbero l’economia. Per questo, ormai da tempo le aziende e i cittadini si sono adattati a vivere in un paese ad inflazione altissima: il loro sistema economico sembra ancora tenere e si sta dimostrando eccezionalmente resiliente, tanto per usare un aggettivo caro agli ideatori del fallimentare progetto europeo.

In agosto, i prezzi al consumo sono cresciuti dell’80,2 per cento rispetto a un anno fa, il che significa che sono quasi raddoppiati. Il dato è in linea con la costante crescita dell’inflazione registrata nell’ultimo anno e rappresenta l’aumento dei prezzi più alto dal 1998. La lira turca in un anno ha perso oltre la metà del suo valore nel cambio con il dollaro.

La classica risposta ad un’inflazione così alta, fornita dagli economisti ortodossi è l’aumento dei tassi di interesse di riferimento, ossia i tassi a cui le banche centrali prestano alle altre banche e rappresentano quindi il costo del denaro. L’obiettivo è “raffreddare” un’economia che sta crescendo troppo, in cui si vuole consumare molto di più di quanto il sistema riesca a produrre, con un conseguente aumento dei prezzi e quindi dell’inflazione.

Se guardiamo, come detto al pensiero diffuso nel main-stream, la Turchia sta perseguendo una sorta di esperimento economico: Erdogan sta tenendo forzatamente bassi i tassi di interesse perché vuole preservare la crescita economica in ogni modo, anche a costo di far raddoppiare i prezzi. Bassi tassi di interesse invogliano infatti a prendere a prestito denaro per comprare beni o investire. Per esempio, le persone comprano più case, così si assumono più operai per costruirle o ristrutturarle, questi a loro volta spendono e l’economia cresce. In più, il fatto che la lira turca sia così debole rappresenta un incentivo alle esportazioni: per chi acquista in valuta estera è relativamente meno costoso comprare beni turchi perché può avvantaggiarsi di un cambio favorevole.

Tutto questo Erdogan lo può fare perché, come già detto, il suo governo ha il controllo della Banca Centrale. Questo aspetto fondamentale, come è ben noto, contrasta con il falso pensiero, che da decenni vede invece il mondo occidentale, propagandare come necessaria l’indipendenza delle banche centrali dal potere politico.

Uno stato democratico moderno per essere tale, deve avere delle precise caratteristiche; e tra queste la sovranità monetaria esercitata attraverso il controllo, da parte dell’esecutivo, di una banca centrale che emette la moneta in regime di monopolio, è imprescindibile.

Gli effetti drammatici di cosa significa una banca centrale indipendente dal potere politico, li stiamo vedendo in quello che è forse il più devastante esperimento di distruzione economica e sociale mai vissuto nella storia del mondo, rappresentato dall’Unione Europea.

L’indipendenza, trasferisce alla Banca Centrale, tutto il potere relativo alle decisioni di politica fiscale di fatto tolte ai governi. In pratica, togliendo ogni capacità di spesa ai governi,  il Governatore della Banca Centrale, di fatto assurge al ruolo di Imperatore unico, il quale può decidere le sorti di ogni paese membro e del suo popolo.

Quanto avvenuto con Draghi a capo della BCE nei confronti della Grecia è già scritto nei libri e la storia può già formulare il suo giudizio, su come quel popolo sia stato massacrato ingiustamente e senza nessun reale motivo.

Se guardiamo all’esperimento in corso, i numeri pare proprio diano ragione ad Erdogan e a noi MMTers. Al netto di eventuali politiche fiscali errate presenti e future che il governo turco possa mettere in atto, effettivamente il PIL turco è cresciuto dell’11 % lo scorso anno e nel secondo trimestre di quest’anno del 7,6 % rispetto ad un anno prima. La disoccupazione diminuisce, pur rimanendo sempre ad un livello alto (10% circa – guarda strano lo stesso dato dell’Italia) e la crisi energetica sembra non sfiorarli. Tanto per rendervi edotti, alla pompa si fa il pieno con 1,00 euro al litro.

E’ proprio il livello di disoccupazione ancora elevato, ovvero la forza di lavoro inutilizzata, che permette ad Erdogan di perseguire le sue politiche espansive, dando appunto priorità alla crescita e alla domanda interna rispetto a contenere l’inflazione. Una volta sistemata la struttura economica interna del paese, il fisiologico riequilibrio della bilancia commerciale avverrà di conseguenza, facilitato anche dalla svalutazione della Lira.

Il ragionamento appena esposto dovrebbe farci riflettere su quanto accade nel nostro paese, dove con la stessa percentuale di forza lavoro inutilizzata ed una domanda interna ormai distrutta da anni, si continua con le stesse politiche economiche fatte di austerità infinita, oggi aggravate dal maggior costo del denaro e dal caro-prezzi in corso, che non fanno altro che peggiorare la situazione. Questo, nonostante il tessuto industriale più avanzato che il nostro paese vanterebbe nei confronti della Turchia, il quale, a fronte di una riabilitazione dei deficit governativi, consentirebbe una immediata ripresa economica nel nostro paese.

Sul tema dei “deficit governativi”, dogma assoluto del sistema-euro e visti come il diavolo in chiesa dalla Commissione Europea e da ogni suo adepto (politici locali ed informazione di regime su tutti); oggi, nel nostro paese alla vigilia della tornata elettorale, siamo arrivati addirittura alla farsa: allo sdoganamento de parte dei ragionieri di Draghi che attraverso un documento ufficiale presentato alla UE, dove si ammette chiaramente l’errore sui deficit– fa da contraltare l’improvvisa e religiosa (già programmata), conversione al dogma stesso da parte di Giorgia Meloni e Giulio Tremonti, ormai prossimi a ricoprire ruoli di governo.

Insomma, se ancora non lo avete compreso, nei nostri politici la conversione e l’abbandono alla religione dell’euro, si manifesta a fasi alterne e a seconda che i loro padroni li posizionino al governo oppure alla oppo-finzione.

Il 6 settembre scorso, ora locale, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha affermato che quest’inverno l’Europa affronterà un grave problema di approvvigionamento energetico, ma che l’Europa ha recato danno a se stessa.

Erdogan ha detto che “l’Europa raccoglierà ciò che ha seminato”, la Russia sta rispondendo alle sanzioni dell’Europa tramite mezzi simili. “Quest’anno l’Europa avrà problemi molto gravi, mentre la Turchia non li avrà.” [1]

Laddove l’Europa è alle prese con una crisi energetica che si prospetta come la più terribile dal secondo conflitto mondiale, il presidente turco sfoggia tutta la sua abilità nello sfruttare a suo vantaggio ogni crisi che esplode nel suo vicinato e cerca dunque di trarre il massimo beneficio anche dalla guerra tra i suoi due vicini del Mar Nero.

Oggi, per un italiano, una vacanza in Turchia costa meno che una bolletta. I prezzi stracciati per i mesi più freddi, fanno esplodere le prenotazioni dall’Europa.

La già dichiarata corsa alla prenotazione delle vacanze natalizie in addivenire, degli europei in Turchia, non farà certo fare i salti di gioia agli operatori del settore turistico delle nostre città d’arte.

Insomma, la Turchia ci sta dimostrando coi fatti che l’inflazione elevata è un fastidio che può comunque essere affrontato – o almeno, per coloro ai quali ancora non sta simpatica la Modern Monetary Theory (MMT) e si rifiutano di accettare come unico responsabile del fenomeno inflattivo, le politiche fiscali dei governi – dovranno pur ammettere che un inflazione alta in pieno boom economico è pur sempre migliore del nostro folle caro-prezzi attuale, che inserito in un tessuto economico recessivo (stagflazione), potrebbe addirittura dare il colpo di grazia al nostro sistema economico.

Basterebbe avere la memoria leggermente più lunga e tornare ai nostri anni 70/80 per vedere in che modo i governi di allora affrontarono l’inflazione scaturita dalla crisi petrolifera: politiche di spesa espansive a sostegno dei salari, quale appunto fu l’introduzione della scala mobile, la crescita del sistema previdenziale ed il varo del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), e sono solo alcuni esempi.

Il fenomeno inflattivo e la conseguente svalutazione della Lira fu usato per garantire i margini alle imprese: più inflazione equivalse a più esportazioni, i nostri prodotti erano meno costosi. La ricetta ricorda molto da vicino, quanto sta facendo Erdogan.

In definitiva, come potete vedere dal grafico sotto, i grossi deficit governativi e le relative politiche fiscali, messe in atto in quegli anni furono determinanti per riportare il fenomeno nella normalità:

In conclusione e per essere ripetitivi, solo una corretta politica fiscale dei governi può fronteggiare il fenomeno inflattivo e Megas sarebbe anche a corto di esempi, in questa eterna ricerca mentale per trovare quello più semplice, affinché più gente possibile possa comprendere.

Proviamo così: se il vostro stipendio mensile è di 1.000 euro e la vostra bolletta da 100 sale a 300 euro al mese, chiaramente vi ritroverete con una minore capacità di spesa di euro 200.

Chi altro, può farvi recuperare questa capacità di spesa, se non lo Stato monopolista della moneta?

La famosa scala mobile fu uno strumento economico in tema di politica del fiscale volto ad indicizzare automaticamente i salari in funzione degli aumenti dei prezzi di alcune merci, al fine di contrastare la diminuzione del potere d’acquisto dovuto all’aumento del costo della vita, secondo quanto valutato con un apposito indice dei prezzi al consumo.

Ora, i vari Salvini, Meloni, Letta e Renzi, non ci vorranno mica raccontare che non sanno cosa sia la scala mobile! E cosa è cambiato rispetto a quegli anni, oppure rispetto a quanto sta facendo la Turchia, per non poter, oggi, in Italia prendere in considerazione questa semplice misura, che quantomeno, solleverebbe le famiglie italiane di questo peso che stanno portando sulle loro spalle ormai dai più di un anno.

Come vedete le soluzioni ci sono e la dottrina economica non è cambiata, quello che manca è la volontà politica di fare le cose giuste, da parte di quelli stessi personaggi appena citati, che senza faccia, addirittura pretenderebbero di scomodarci per andare a riconfermare loro la nostra fiducia.

Not in my name…

Di Megas Alexandros

Fonte: Il Presidente turco Erdogan cavalca l’inflazione abbassando i tassi….. – Megas Alexandros

NOTE:

[1] Turchia: la crisi energetica in Europa è autoinflitta

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