Elezioni Politiche 2022, fatte le regole trovato l’inganno

Verso il voto del 25 settembre, luci e ombre delle prime settimane. La fotografia del panorama politico.

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Di Massimo A. Cascone per ComeDonChisciotte.org

Rispettando le prerogative del ruolo che ricopre a tutela della Costituzione e dei principi in essa contenuti – tra cui il più importante: la sovranità appartiene al popolo – il nostro amato Presidente della Repubblica ha deciso di sciogliere le camere a metà luglio, consegnando a parte dell’estate la fase più calda del processo elettorale: la presentazione delle liste.

Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, gli italiani sono chiamati a votare a settembre, precisamente il 25. I partiti dovranno quindi fare tutto di fretta, mettere giù liste, scegliere gli alleati per chi si presenta in coalizione, raccogliere le firme (non tutti) e, ovviamente, nonostante sia quasi in disuso oramai confrontarsi con gli elettori, fare campagna elettorale per accaparrarsi i voti.

La campagna elettorale per un po’ è stata un lontano ricordo, quasi come se ci volessero abituare anche alla mancanza del rapporto partiti-elettorato. Ciò anche grazie alle forze parlamentari, tutte unite in un governo di unità nazionale, presieduto da Draghi, che non rispondeva a nessuna volontà se non quella della UE e della NATO.

Lui, ex banchiere, che mai ha partecipato alla corsa elettorale, messo a capo del governo per fare ciò che nessuno era in grado di fare: far avanzare a spron battuto l’agenda imposta dai poteri finanziari a prescindere dal consenso dei cittadini italiani. D’altronde chi non ha un partito non ha elettori di riferimento, e quindi non ha nessuno a cui dover dar conto sotto di lui (al massimo sopra di lui in questo caso).

Ci troviamo così a scrivere in un momento davvero concitato, dove alcune coalizioni non si sono ancora palesate, i rapporti di forza sono in fase di studio e c’è chi, a poco meno di un mese dalla presentazione delle liste, ancora è incerto sul da farsi. Prima di fare una panoramica politica e partitica, è importante capire bene l’attuale legge elettorale.

La legge Rosato, detta anche Rosatellum, è entrata in vigore il 12 novembre 2017 [1] in sostituzione delle precedenti leggi elettorali (Italicum e Porcellum) soggette a pronunce di incostituzionalità da parte della Corte, ed è stata utilizzata per la prima volta nelle elezioni del 2018. All’epoca, come vi ricordate, non ci fu nessun vincitore, nessun partito o coalizione riuscì ad ottenere la maggioranza per governare e, dopo vari tira e molla durati ben 80 giorni, nacque da un “contratto” tra M5S e Lega il primo governo Conte.

Scendendo nel dettaglio del suo funzionamento, il Rosatellum è un mix di proporzionale e maggioritario che favorisce la nascita di coalizioni, con soglie di sbarramento al 3% per chi corre da solo e al 10% per chi corre in coalizione, con almeno una lista della coalizione sopra al 3%.

Nello specifico, dopo il taglio dei parlamentari voluto dal 5 Stelle e raggiunto con la legge costituzionale del 19 ottobre 2020, circa due terzi dei seggi – il 61% – sono assegnati con criteri proporzionali in liste bloccate (245 alla Camera e 122 al Senato); il 37% dei seggi (147 alla Camera e 74 al senato) è assegnato in base al modello maggioritario in collegi uninominali e, infine, il restante 2% (8 alla Camera e 4 al Senato) è destinato al voto degli italiani all’estero, per i quali è previsto il voto di preferenza e non con liste bloccate.

Nonostante il mix di proporzionale e maggioritario, per l’elettorato il voto si esprime quindi univocamente.

All’interno della cabina si vota infatti la lista, e il voto è direttamente valido sia per l’assegnazione con metodo maggioritario (poichè va al candidato uninominale collegato a quella lista) sia per la parte proporzionale, visto che si vota la lista stessa. Se l’elettore invece vota solo il candidato nel collegio uninominale, ed esso è espressione di una coalizione, il voto è spalmato tra le diverse liste che lo sostengono.

Per questo motivo, non è possibile il voto disgiunto. In particolare, non è possibile scegliere un candidato all’uninominale non collegato alla lista scelta per il proporzionale.

Come dicevamo, questo metodo favorisce le coalizioni e ciò lo si intuisce soprattutto per la parte che riguarda i seggi assegnati con il maggioritario. I partiti uniti in coalizione faranno confluire i voti verso candidati forti scelti di comune accordo per aggiudicarsi il seggio, inoltre le liste che prendono tra l’1% e il 3% riversano i loro voti nelle altre liste coalizzate, voti che altrimenti andrebbero persi. Sotto l’1% invece, non si contano. I partiti che corrono da soli e non superano il 3% non prendono seggi.

Dato il marasma e la proliferazione dei partiti, è chiaro che lo scontro è soprattutto tra coalizioni. Ecco quindi che la grande alleanza Lega-Fratelli d’Italia-Forza Italia sembra essere in grado di imporsi, risultando l’avversario più forte da battere. In questa prospettiva, senza alleanze competitive dall’altra lato, la partita per l’assegnazione del 37% dei seggi potrebbe vedere un risultato scontato, portando l’Italia ad essere governata dalla destra dopo tanti anni.

Per questo motivo, il PD sta cercando in tutti i modi nuovi amici e, in questa prospettiva, dopo aver dato vita alla lista “Democratici e Progressisti” insieme ad Articolo Uno di Speranza, è fresca l’alleanza con Azione/+Europa.

Dopo giorni di discussioni sulle rispettive posizioni che devono essere tutelate, Letta, Calenda e Della Vedova hanno raggiunto un’intesa elettorale che riapre la corsa al governo. [2] L’opera di costruzione portata avanti dal segretario del PD di un blocco più grande possibile per contrastare la destra – come dicevamo, la coalizione da battere – potrebbe aver spostato però troppo il PD verso una riconferma delle politiche draghiste ora che anche Calenda è parte del progetto, politiche avversate invece da Europa Verde e Sinistra Italiana, oggi più di prima incerte su come posizionarsi.

Chi sicuramente non ha accolto con piacere la nuova alleanza PD-Azione/+Europa è Di Maio, che ha presentato in questi giorni il nuovo soggetto politico “Impegno Civico”, di cui è fondatore insieme a l’ex presidente della Regione Lombardia Tabacci. [3] Letta ha promesso infatti ai nuovi alleati che nessun segretario di partito e nessun fuoriuscito da Forza Italia e M5S potrà essere candidato nei collegi uninominali, dove invece Di Maio sperava di posizionarsi se ad apparentarsi con il PD fosse stato lui prima degli altri. Stando così le cose, il progetto di Di Maio rischia di naufragare pochi giorni dopo la sua nascita. Conscio che il suo partitino difficilmente potrà superare il 3% se corre da solo, l’unica via d’uscita oggi è accettare l’offerta del PD: candidarsi nei collegi assegnati con il proporzionale sotto l’insegna Democratici e Progressisti. Così potrebbe assicurarsi un posticino nel prossimo Parlamento, mentre non sarà così semplice per coloro che lo hanno seguito fuoriuscendo dal M5S.

Anche Renzi è stato tagliato fuori dall’apparentamento Letta-Calenda, che ha visto tramontare così il sogno del cd. Terzo Polo. Da quanto ci raccontano, il PD non ha fatto pervenire alcun offerta di alleanza all’ex Presidente del Consiglio, che pare sia abbastanza sicuro di potercela fare anche correndo da solo, vedremo.

Renzi ci ha dimostrato di avere 9 vite come i gatti e difficilmente rinuncerà ad entrare in Parlamento.

Il M5S, nel frattempo, con i consensi che viaggiano intorno al 10% [4], sembra un pesce fuor d’acqua senza amici e senza alleati, eppure Conte si mostra sicuro che possano essere loro la vera sorpresa di questa elezione estiva… convinto lui! [5] Probabilmente sta soltanto cercando di ricostruire la fiducia dell’elettorato.

Stesso discorso per la coalizione “Unione popolare“, nata dalla convergenza di Potere al popolo, Dema (il movimento dell’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris), Rifondazione comunista e la componente parlamentare di ManifestA. Nonostante si considerino gli unici veri oppositori del governo Draghi, e per questo forse vorrebbero che li ponessimo nel capoverso successivo – quello riguardante i partiti “del dissenso” – in realtà, proprio come tutti gli altri, sulla pandemia hanno totalmente piegato la testa ubbidendo ai diktat imposti.

Se il quadro quindi è abbastanza chiaro tra i partiti “del consenso”, il discorso non è molto diverso quando si passa ad analizzare la situazione dei partiti “del dissenso”, oggi incredibilmente disuniti nonostante l’alta posta in gioco.

Dopo essersi punzecchiati vicendevolmente per mesi e mesi, i leader di questi partiti, ora che sono stati chiamati ad assolvere al ruolo di vera opposizione, non sono riusciti a essere all’altezza del momento storico, frastagliandosi piuttosto che compattandosi in un’unica grande coalizione, che avrebbe potuto avere una speranza non solo di entrare in Parlamento, ma anche di imporsi conquistando una buona fetta di seggi.. insomma la vera sorpresa potevano essere loro, andando oltre anche le antipatie caratteriali, ma purtroppo non sarà così.

Al momento il panorama che abbiamo sotto i nostri occhi vede presenti quattro coalizioni:

  • VITA, fondata da R2020 (Cunial-Barillari), No Paura Day (Sensini), 3V (Teodori), Alleanza Italiana Stop 5G (Martucci) e Sentinelle della Costituzione (Avv. Polacco);
  • ITALIA SOVRANA E POPOLARE, che riunisce Ancora Italia (Toscano), Partito Comunista (Rizzo), Riconquistare l’Italia (D’Andrea), Azione Civile (Ingroia), Italia Unita (Nappi) e Comitati No Draghi;
  • ALTERNATIVA PER L’ITALIA, che vede insieme Il popolo della Famiglia (Adinolfi) e Movimento Exit (Di Stefano);
  • Il matrimonio tra Italexit (Paragone) e Alternativa (Cabras).

Poi abbiamo quelle forze che non sono state volute da nessuna coalizione o, molto più semplicemente, hanno preferito correre da sole come:

  • UCDL: Unione per le cure, i diritti e le libertà, fondata da Erich Grimaldi;
  • Forza del Popolo, fondata da Massimiliano Musso.

Un totale di sei realtà che si sono auto-attribuite la rappresentanza del dissenso dei cittadini, dimostrando attraverso le azioni e i programmi elettorali la contrarietà alle posizione assunte da Conte prima e Draghi poi, hanno deciso quindi di presentarsi a questa tornata elettorale.

Tra queste, secondo i sondaggi, la più forte e favorita risulta quella costruita da Toscano, Rizzo e gli altri. Subito dopo quella di 3V e Sara Cunial, diventata la paladina no green pass dell’ultima legislatura; da non dimenticare, per la coalizione di Cabras e Paragone, il sostegno al governo Conte durante i primi mesi di pandemia.

Tutte queste formazioni “anti sistema”, come d’altronde avevamo accennato prima parlando di Unione Popolare, non sono sicure di poter presentare le liste in tempo per poter essere presenti sulla scheda elettorale.

Una delle macchie più grandi di queste elezioni riguarda infatti la disuguaglianza tra i partiti e partitini che non devono raccogliere le firme per presentare le liste e quelli che invece (e guarda caso sono le realtà “del dissenso”) devono farlo, in appena un mese, per giunta, non proprio in un mese qualunque ma d’agosto.

Qui, come non mai, si palesa la volontà dolosa del Presidente della Repubblica di sciogliere le camere a luglio. Una “normativa irragionevole” contraria al principio di uguaglianza, come ha sottolineato il costituzionalista Gaetano Azzariti, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università la Sapienza di Roma, intervistato da Adnkronos. [7]

Lo spauracchio della raccolta delle firme, da svolgere nelle varie circoscrizioni entro il 22 agosto [8] è un’impresa ardua, proprio per delle piccole formazioni politiche sicuramente non strutturate uniformemente su tutto il territorio nazionale, e che – in appena un mese –  devono portare a casa ben 36.750 firme per la Camera e 19.500 per il Senato [9], ovviamente autenticate.

La cosa ancora più incredibile è che questa disuguaglianza è stata creata a regola d’arte proprio nei mesi precedenti la caduta del governo. Si è voluta creare una spaccatura mai vista tra chi è già dentro le istituzioni e ha tutte le intenzioni di restarci e chi sta fuori, andando ad acuire un distanziamento sociale oramai sempre più evidente tra governanti e governati.

Seguendo l’iter di come si è arrivati a ciò, leggiamo che inizialmente l’esclusione della raccolta delle firme, come previsto dal Testo unico [10], riguardava solo “i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi” – quindi PD, M5S, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.

Successivamente, durante il governo Draghi, nella legge di conversione del “decreto Elezioni” datata 4 maggio 2022, è stato introdotto l’articolo 6-bis [11] che allarga l’esclusione

anche ai partiti o gruppi politici in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021 o che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno  due terzi delle circoscrizioni e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione  proporzionale o abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti  validi  superiore all’1% del totale

Così facendo, la platea di coloro che non devono passare le ferie d’agosto a cercare persone sotto l’ombrellone per fargli firmare la lista elettorale è allargata anche ai piccoli partiti come Italia Viva, +Europa, Liberi e Uguali, Coraggio Italia e Noi con l’Italia.

Infine, la ciliegina sulla torta: anche di Di Maio, tramite un escamotage, è riuscito a sfilarsi dal procacciare adesioni. Grazie all’apparentamento con Tabacci, fondatore di Centro Democratico – partito che ha già partecipato alle elezioni nel 2018 – la lista Impegno Civico (che unisce Insieme per il Futuro al partito di Tabacci), rispetta così i canoni per l’esclusione dalla raccolta delle firme. Tana libera tutti quindi.

Alla fine, a dover far fronte a questa immane sfida rimangono giusto giusto soltanto i partiti “del dissenso” (e Unione popolare), per i quali il mese di agosto si prospetta più che rovente.

Per chiudere in bellezza, a ostacolare la raccolta firme ci si è messo anche il Ministero degli Interni, che fino a qualche giorno fa non aveva ancora fornito i moduli necessari ai partiti, come denunciato da Gianluigi Paragone di Italexit [12] e dalle tante altre segnalazioni che ci sono pervenute in redazione.

In poche parole: una lotta contro il tempo per portare in Parlamento determinate istanze altrimenti senza alcuna rappresentanza.

Eppure se avessero dimostrato unità avrebbero magari potuto raccogliere le firme molto più facilmente; avrebbero dimostrato unione di fronte a tutti gli italiani contro certi poteri. E chissà, lasciatemi sognare, avrebbero magari anche abbassato l’asticella dell’astensionismo ai minimi storici. Peccato che la realtà si riveli essere l’esatto opposto.

roadmap-elezioni-2022


Di Massimo A. Cascone per ComeDonChisciotte.org

05.08.2022

NOTE

[1] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/11/11/17G00175/sg

[2] https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2022/08/02/elezioni-ce-accordo-letta-calenda-tensione-con-si-e-verdi-_7635d8f2-7776-4f09-bf4b-6f3352febe70.html

[3] https://www.ilgiornale.it/news/politica/maio-presenta-impegno-civico-no-chi-vuole-sfasciare-tutto-2055571.html

[4] https://www.panorama.it/news/ultimi-sondaggi-politica-voto-lega-m5s-pd-forza-italia-voto-elezioni

[5] https://www.adnkronos.com/elezioni-2022-conte-convinto-che-m5s-sara-la-sorpresa_hAN7Z8SiuNMMiyLqiXIws

[6] https://ilmanifesto.it/ci-vogliono-escludere-dal-voto-con-cavilli-giuridici

[7] https://www.adnkronos.com/elezioni-costituzionalista-azzariti-norma-raccolta-firme-contraria-a-principio-uguaglianza_2rRnmF0OBOln4LgF53lEr2

[8] https://www.pmi.it/economia/mercati/389214/elezioni-2022-il-calendario-prima-e-dopo-il-25-settembre.html

[9] https://www.ilsussidiario.net/news/simboli-partiti-elezioni-raccolta-firme-come-funziona-liste-esentate-spid-e/2381729/

[10] https://leg16.camera.it/146?indice_legge_elettorale=4&legge_elettorale_numeroarticolo=Art.%2018-bis

[11] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2022-05-04;41

[12] https://www.ilparagone.it/attualita/niente-moduli-per-la-raccolta-firme-ecco-come-il-governo-draghi-sta-tentando-di-cancellare-la-democrazia/

 

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