di Zory Petzova, ComeDonChisciotte.org
Sarebbe stato mai pensabile che la liberazione da un governo disastroso e incompetente, ossia Conte/Zingaretti, sarebbe arrivata come un ragalo di Befana proprio da Renzi? Il senatore di Firenze che voleva abolire il senato, e che fu rinnegato anche dai propri commensali. Una situazione che ha dell’inverosimile – fra intrighi di corte e la parabola del figlio prodigo in versione moderna, che dopo un lungo oblio ritorna alla ribalta mediatica e all’accoglienza perduta del popolo, lo statista incompreso che dovrà tirarci fuori dal pericolosissimo buco di crisi d’identità in cui stiamo sprofondando.
Per il governo Conte l’emergenza della pandemia ha fatto il gioco sia della carta buona che di quella cattiva. Perché, se da una parte ha conferito all’esecutivo un potere assoluto, sospendendo l’iter parlamentare e derogando de facto la stessa Costituzione, dall’altra parte ha evidenziato una serie di inaccettabili incompetenze, di decisioni e azioni opache, irragionevoli, in mala fede, pericolose, passibili di denunce legali, che stanno spezzando il già logorato filo fra politica e realtà. E se è vero che pochi primi ministri si sarebbero tirati indietro all’occasione di poter dettare regole pastorali a un intera nazione, accarezzando come mai la propria vanità, è altrettanto vero che non si può sfruttare l’eccezionalità di un evento per coprire le incompetenze del proprio governo, e per nascondere i veri problemi e questioni da affrontare per il futuro di un paese. Un governo che in una crisi sanitaria senza precedenti vanta come ministro della sanità un Speranza, il cui Cv non ha nulla a che vedere con il merito, e in un contesto geopolitico di grande incertezza e difficoltà – ha come ministro degli esteri un di Maio, a cui mancano rudimentali conoscenze diplomatiche e geo-politiche.
Per fare un breve prologo – resterà incomprensibile la crisi di governo paventata da Matteo Salvini l’estate scorsa: fra l’ipotesi di voler portare gli elettori a nuove elezioni con cui legittimare la sopravvenuta maggioranza, togliendosi d’impaccio i partner cinquestellati, e l’ipotesi di aver avuto un presentimento della pandemia in arrivo e di essersene tirato fuori, riservandosi il comodo ruolo di opposizione – non ci è dato di sapere. Ma al netto di ogni ipotesi, quel suo gesto ci ha ‘regalato’ il ritorno del PD al governo, il che è stato un vero e proprio paradosso rispetto all’ultima volontà elettorale. E a pensare, con un Zingaretti che giurava di non volere mai e poi mai un’alleanza di governo con i 5Stelle, è stato proprio Renzi a “metterci la faccia” e a far nascere l’attuale governo, sotto lo slogan di “prima gli interessi del paese”. Così, grazie al senatore di Firenze, molti piddini – ministri, sottosegretari, parlamentari – hanno ritrovato una cara poltrona, e altri cinquestellati, come di Maio, l’hanno conservata.
Ma la vera mossa vincente di Renzi, anche se a primo giudizio sembrava un vero e proprio suicidio, è stata la nascita dell’Italia viva, poche settimane dopo la formazione del governo Conte/Zingaretti. Nell’incredulità di media e analisti politici, e degli stessi colleghi parlamentari, Renzi si vantava alla Stampa: “Dal punto di vista tattico ho fatto un capolavoro, li ho messi tutti con le spalle al muro.” Chi a quei tempi aveva sorriso con sarcasmo di questa esternazione, presa come l’ennesima stravaganza dello statista di Rignano, forse oggi dovrebbe rivalutare la notevole lungimiranza strategica di questo atto. Strategia intesa nelle logiche del potere interno, ovviamente, e non sul piano delle soluzioni dei problemi del Paese. Ma non è detto che a volte, per pura coincidenza, le due cose non possano anche coincidere.
Oggi, per la gravità delle circostanze in cui ci troviamo, ci interessa meno giudicare da quale profonde motivazioni Renzi sia stato condotto, ma i fatti vogliano che fin dall’inizio dell’emergenza Renzi si sia distinto per il meglio dalla banda di Conte, Zingaretti, Rocco Casalino, Boccia, Franceschini e di Maio. Intanto, a differenza di Zingaretti e il suo “abbraccia un cinese” e gli aperitivi con i compagni a Milano bene, il neo senatore aveva proposto ancora a febbraio di chiudere i collegamenti d’Italia con la Cina e con il resto d’Europa, forse influenzato dalla tempestiva e ragionevole decisione di Trump che oltre l’oceano cercava di prendere i primi provvedimenti. In tempi non sospetti, quando Fauci e l’esperto nazionale Burioni ci tranquillizzavano che l’epidemia cinese non ci avrebbe riguardato, il leader di Italia viva, se fosse stato il primo ministro, l’avrebbe indovinata. Poi, alla prima chiusura delle scuole a marzo, è stato l’unico a voler discutere un piano per la loro riapertura dopo le festività pasquali.
In luglio, quando sui rotocalchi imperversavano le foto intime di di Maio e Rocco Casalino, e gli unici segnali di vita politica che i 5Stelle davano nel torpore estivo erano quelle degli intrighi interni, Renzi chiedeva in anticipo cose concrete, come un piano vaccinale e la discussione per il Recovery fund. A prescindere della sostenibilità di tali proposte, l’effetto che aveva ottenuto è di essersi reso una voce solitaria in mezzo all’inerzia di un governo che tirava a sopravvivere senza alcun piano di lungo termine.
Ma sicuramente la goccia ha traboccato quando Renzi e Italia viva hanno voluto evidenziare il modo clientelare e poco trasparente con cui Conte e PD intendevano a gestire i soldi europei del Recovery fund. Nel momento in cui Renzi fu criticato e osteggiato dallo stesso mainstream nell’evidenziare i limiti e i personalismi della classe dirigente 5Stelle- PD, egli ha riacquistato la propria credibilità. E a pensare, il suo punto forte è proprio quello – di non aver alcuna poltrona da difendere.
“A oggi non c’è più fiducia tra la maggioranza e il premier”– dichiara E. Rosato, coordinatore di Italia viva, che suona come la morte preannunciata che lascia al governo giusto il tempo fisiologico fino il 6 di gennaio. In realtà i renziani hanno ragione, perché la sospensione istituzionale non può essere un alibi per un governo che, visti i risultati, non può essere giustificato nemmeno dai partiti di governo. “Il nostro paese è quello con il tasso di mortalità più alto di Europa” – inferisce Rosato. Alcuni penserebbero subito alla mera tattica dei renziani di fare un rimpasto di governo, cercando di infilare qualche proprio ministro, ma sottovalutano l’astuzia del leader che, così facendo, rischierebbe il suicidio politico.
Forse in Italia viva prevale un’altra consapevolezza, quella che un governo così disastroso e fallimentare non può gestire la grande emergenza economica in cui è piombato il Paese, e quindi sarebbe imperdonabile farlo lasciare a tirare avanti fino al 2023. Ma allo stesso tempo non sono da prospettare nemmeno le elezioni anticipate, perché le vorrebbero solo la Lega e FdI. E qui viene il fulcro della strategia renziana – di lanciare un governo Draghi (ipotesi già largamente preannunciata), un governo di “alto profilo” per uscire dall’emergenza sanitaria e affrontare “con alta competenza” l’emergenza economica, dove Italia viva e il suo leader avranno la centralità politica, con la prospettiva di creare un polo moderato intorno a cui costruire la crescita del proprio partito, che oggi conta 4%, ma sogna il ritorno a quei 40% mai dimenticati di 6 anni fa.
Duole riconoscerlo, ma lo statista di Rignano ha centrato di nuovo.
22 dicembre 2020