Le funzioni cognitive tendono a declinare con l’invecchiamento, ma un’alimentazione ricca di frutta e verdura può preservarle, come confermano vari studi. Ci sono, infatti, tantissime ricerche in merito e una, in particolare, condotta dall’Università di Exeter, in Gran Bretagna, mette in evidenza l’efficacia del mirtillo sulla memoria: secondo gli autori due cucchiai al giorno di succo sarebbero sufficienti per migliorare l’afflusso di sangue alla corteccia cerebrale e l’attivazione delle aree legate alle funzioni cognitive.
La ricerca ha coinvolto persone tra i 65 e i 77 anni. Un primo gruppo ha assunto quotidianamente per tre mesi 30 millilitri di succo concentrato di mirtilli (equivalente a circa 230 grammi di frutti freschi), mentre gli altri partecipanti hanno ricevuto un placebo. Ogni volontario prima e dopo la sperimentazione è stato sottoposto a test cognitivi e a una risonanza magnetica del cervello per valutarne l’attività e la circolazione del sangue in condizioni di riposo. Alla fine, è risultato che il concentrato di mirtilli è un vero e proprio elisir di giovinezza per il cervello: migliora l’afflusso di sangue, le funzioni cognitive e la memoria operativa a breve termine.
Non solo. Attraverso altre ricerche è stato anche visto che mangiare mirtilli contribuisce a ridurre il rischio di diabete di tipo 2 che, a sua volta, rappresenta un importante fattore di rischio per contrarre l’Alzheimer, da alcuni chiamato “diabete di tipo 3”.
Se con il passare degli anni la memoria, soprattutto quella che riguarda gli eventi recenti, può naturalmente diminuire, non è da trascurare il ruolo negativo che possono avere alcuni farmaci come le benzodiazepine comunemente prescritte per trattare ansia ed insonnia (troppo spesso senza particolare cautela e senza considerazione di una già presente fragilità cognitiva o psico-emotiva): uno studio pubblicato sul BritishMedical Journal ha evidenziato che il loro uso potrebbe essere associato ad un maggior rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, in particolare per i pazienti che sono trattati con questi farmaci in maniera prolungata. Il dottor Peter Breggin, psichiatra e autore di decine di articoli scientifici, ha dichiarato espressamente che le benzodiazepine peggiorano la memoria e altre capacità mentali portando ad atrofia e demenza in seguito a uso prolungato e che, anche dopo averne interrotto l’utilizzo, gli individui che sono stati esposti per troppi giorni a questi farmaci continuano a sperimentare disfunzioni della memoria e cognitive e molteplici altri problemi persistenti, come instabilità emotiva, ansia, insonnia e disagi muscolari e neurologici. Motivo per cui molte persone non riescono a smettere di prenderli diventandone dipendenti in maniera cronica, cosa che può accadere anche dopo solo sei settimane di esposizione.
La soluzione più sicura, secondo il noto psichiatra, sarebbe quella di evitare di iniziare ad assumere benzodiazepine e basarsi su approcci psicologici, educativi e sociali (Breggin è stato chiamato “La Coscienza della psichiatria” per i suoi decennali sforzi di riformare il campo della salute mentale). Se, invece, si vuole smettere di assumerle quando già se ne sta facendo un uso continuato, è bene rivolgersi a un medico competente poiché sospenderle di colpo in modo autonomo può essere pericoloso a causa dei significativi e pericolosi effetti dell’astinenza.
Bisogna anche dire che la maggior parte delle volte la sensazione di avere meno memoria del solito può avere cause meno preoccupanti e derivare in realtà da stress, studio eccessivo, lavori impegnativi e ansia. In questo caso, per risolvere, basterà intervenire adeguatamente sulle cause correggendo alcuni comportamenti errati e abitudini di vita scorrette.
Quando la diminuzione della capacità di ricordare si associa a debolezza e disturbi del sonno, invece, può dipendere anche da una carenza di vitamina B6 che andrà integrata. Per migliorare le capacità di concentrazione e aiutare la memoria un supporto può arrivare anche dagli Omega Tre (lavorano per ridurre l’infiammazione) e dalla Fosfatidilserina (si trova principalmente nella carne e nel pesce e ha un effetto importante di contrasto del cortisolo, l’ormone dello stress che è particolarmente dannoso a livello dell’ippocampo, una delle aree del cervello preposta alla memorizzazione).
E poi sono da considerare alcune piante. Ad esempio, l’Eleuterococco Senticosus (conosciuto anche come ginseng siberiano), è un buon tonico adattogeno che potenzia anche la memoria. Io preferisco utilizzare l’estratto integrale liquido che si ottiene dalle radici: se ne possono fare alcuni cicli assumendolo per 10 giorni al mese. In alternativa, si può ricorrere alla Betulla Verrucosa (semi) sotto forma di macerato glicerico e, anche in questo caso, si fanno dei cicli (di un mese) più volte l’anno. Il MG di Betulla è un buon sostegno anche per gli studenti in vista degli esami, ma in questo caso il trattamento va iniziato dal mese prima. Infine, ricordo la Bacopa Monnieri, pianta della medicina tradizionale ayurvedica che ha effetto specifico sui processi cognitivi e sulla memoria, va assunta per un periodo abbastanza lungo.
Anche gli Oligoelementi sono efficaci. Il Magnesio è indicato negli stati di affaticamento psichico e intellettuale, mentre il Fosforo è più specifico per i deficit di memoria. Ragazzi e studenti richiederanno invece combinazioni particolari di oligoelementi che dovranno essere individuate in base alla situazione individuale.
Sono tutte sostanze sicure, ma sempre bene parlane con il proprio medico di fiducia, soprattutto se si stanno assumendo altri farmaci.
Al di là degli integratori, uno stimolo importante per ottimizzare la memoria e le funzioni cognitive è dato dall’alimentazione quotidiana, come evidenziato a inizio articolo: frutta e verdura (in particolare le verdure a foglia verde ricche in folati, necessari alla costruzione di neurotrasmettitori e al corretto sviluppo del sistema nervoso) non devono mancare. Indispensabili per una buona memoria e per migliorare la capacità di concentrazione anche cereali integrali in chicchi, semi oleosi (di zucca, sesamo, lino, girasole), legumi, uova, alimenti fermentati (yogurt, kefir, crauti, kimchi sono cibi ricchi di batteri ed enzimi con un ruolo chiave per la digestione e la salute sia intestinale che cerebrale), pesce ricco di EPA e DHA (ad esempio salmone selvatico, alici, triglie, sardine, sgombro), mandorle, noci, nocciole e pistacchi.
Ovviamente va data la preferenza a cibi freschi, biologici e di stagione ed è importante masticare bene ogni boccone: questa è, forse, la più importante regola di igiene alimentare. Quella di mangiare velocemente è una pessima abitudine molto difficile da cambiare. È bene però applicarsi quanto basta per invertire la rotta. Per digerire e assimilare bene le sostanze introdotte con il cibo, in primo luogo, ma soprattutto per salvaguardare la salute perché mangiare troppo velocemente può favorire la comparsa della sindrome metabolica, condizione che predispone a malattie cardiache, ictus e diabete. Lo ha evidenziato qualche tempo fa una ricerca giapponese condotta da ricercatori dell’Università di Hiroshima e pubblicata dalla rivista Circulation dell’American Heart Association che ha messo in luce il legame tra masticazione scarsa, allargamento del girovita, aumento dello zucchero nel sangue, dei trigliceridi e del colesterolo ‘cattivo’. Masticare bene il cibo, tra l’altro, aiuta anche il sistema immunitario: uno studio statunitense della University and National Institutes of Health (che è stato pubblicato sulla rivista Immunity) ha evidenziato, infatti, che quando mastichiamo stimoliamo un tipo specifico di cellule immunitarie, i linfociti Th17, che aiutano a proteggerci da infezioni di funghi e batteri.
Se da un lato è indispensabile mangiare bene, dall’altro è pure vero che anche il digiuno intermittente, ovvero alleggerire l’organismo dall’onere della digestione per un periodo di tempo, aiuta a preservare la memoria: l’energia risparmiata può essere così impiegata in altri importanti scopi come la detossificazione e la rigenerazione (il processo di autorinnovamento coinvolge anche l’espressione di geni legati alla longevità e alla salute del cervello favorendo la memoria a lungo termine, come dimostrato da uno studio del King’s College London).
Attenzione, però, al fai da te: in certe condizioni (ad esempio diabete, cancro o altre importanti patologie) non si può procedere autonomamente, ma è bene chiedere consiglio al proprio medico e farsi seguire da un professionista preparato se si vogliono inserire nella routine alimentare fasi di digiuno, in modo da accostarsi a questa pratica in modo consapevole e scegliere il metodo più appropriato e adeguato alla propria situazione.
Infine, ricordiamoci sempre che il cervello è un organo altamente allenabile che si adatta agli stimoli che gli arrivano: stimoli positivi faranno sviluppare connessioni e migliorare, al contrario stimoli negativi aumenteranno di molto il declino cognitivo.
Da qui l’importanza di certe abitudini giornaliere: muoversi (l’esercizio fisico impatta notevolmente su freschezza ed elasticità mentale); ascoltare musica (secondo uno studio pubblicato su NeuroImage: Reports la pratica e l’ascolto attivo della musica migliorano la materia grigia cerebrale e la memoria di lavoro uditiva), avere una appagante vita di relazione (particolarmente interessante è uno studio pubblicato su Plos Medicine condotto dai ricercatori della Divisione di Psichiatria dell’University College of London che è durato ben 28 anni: i risultati hanno evidenziato che un contatto sociale più frequente durante la mezza età è associato a una migliore salute cognitiva successiva).
La nostra salute (quella mentale e fisica sono intimamente legate) è il bene più importante abbiamo: non ha senso pensarci solo quando l’abbiamo persa, va considerata come qualcosa da preservare nel corso degli anni.
E il compito è principalmente nostro.
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VB