Quello che cerchiamo negli altri è quello che abbiamo bisogno di vedere dentro di noi
di JOHN KAMINSKI
A volte è difficile, quando sei in mezzo alle macerie dell’ultima zona di guerra del Nuovo Ordine mondiale, capire se le cose avvengono come risultato di un’evoluzione sociale in qualche modo naturale, o se una mano nascosta in un angolo buio della psiche umana ci guida tutti incessantemente verso miseria e crisi.
In poche parole: È il testosterone o è il Tavistock? (sapete no, il think tank britannico che ha scritto la regia del femminismo, dei Beatles, di Timothy Leary et al per rendere passiva la popolazione.)
Il titolo del romanzo di Aldous Huxley del 1955, “Eyeless in Gaza,” (Cieco a Gaza)** fa riferimento al racconto biblico di Sansone, che rivelò a Dalila il segreto della sua forza, cioè i suoi capelli, e fu quindi consegnato ai Filistei suoi nemici. Deportato come schiavo nella loro città, Gaza, fu accecato, affinché diventasse innocuo, e venne dimenticato fino al giorno del sacrificio. Nel frattempo i suoi capelli erano ricresciuti, e nonostante la cecità riuscì a far crollare il tempio sulla testa dei Filistei in che stavano festeggiando (nel crollo morì anche lui).
È la parabola del futuro dell’uomo?
Oggi a Gaza è in scena una delle farse politiche più assurde della storia umana, dove è stato creato un presunto paese nel bel mezzo di un oppressivo stato di polizia. I palestinesi così imprigionati non hanno nemmeno accesso alla loro acqua, e i loro confini sono delineati dalla macchina da guerra ebraico israeliana pronta a sparare ai bambini da un momento all’altro.
Questo succede quando le persone si credono dèi.
I palestinesi sono i Navajo del XXI secolo, che devono essere relegati per sempre ai margini, dopo essere stati sterminati fino a raggiungere livelli accettabili, pari a quelli di uno zoo. I Palestinesi sono il prototipo dei futuri cittadini del mondo, non idonei a fare parte del paradiso collettivo, un gregge di cui ci si deve occupare e che a volte va sfoltito.
Finché non ci si rende conto che questo è stato il destino della maggior parte della specie umana nel corso della storia, probabilmente non si riuscirà a comprendere che questo è l’inevitabile futuro previsto per tutti noi.
Gaza rappresenta l’esempio vivido e sviscerato di una grossa fetta di mondo in questo momento – e a dire il vero è sempre stato così.
Gli ebrei privilegiati residenti a Gaza hanno ricevuto centinaia di migliaia di dollari A TESTA per liberare le loro case e lasciare spazio alla nuova megaprigione Gaza. I fradici sopravissuti di New Orleans hanno ricevuto un paio di centoni e qualche buono acquisto di Wal-Mart.
Osserviamo le nuove zone distrutte dagli americani, strategicamente devastate in tutto il mondo: la piaga imputridita di Israele inevitabilmente si diffonde e avvolge i suoi subumani non ebrei conquistati fra mura gigantesche, che probabilmente vedremo presto a New Orleans, dal momento che l’ultimissimo progetto per la ricostruzione del Nuovo Ordine Mondiale è incatenato per sempre da contratti con le stesse persone che hanno costruito Guantanamo.
Cinquanta anni fa l’architettura americana è finita nelle mani del gangster ebreo Bugsy Siegel Fifty, che ha progettato Las Vegas con il virus contagioso dei centri commerciali, che da allora hanno infettato tutto il mondo. Ora il nuovo standard di vita sarà stabilito dai campi nei quali finiranno molti rifugiati di New Orleans. Assomiglierà a Guantanamo e il codice etico che sarà in vigore lì sarà il manuale per il controllo della popolazione scritto nella prigione di Abu Ghraib a Baghdad. I film ebrei di Hollywood continueranno ad essere il pane quotidiano per tutti gli americani, e tutti gli altri cittadini del mondo “approvati”.
L’Iraq rimane un tizzone ardente, avvelenato. Il Giardino dell’Eden, o almeno i Giardini Pensili di Babilonia sono ora rinchiusi in una zona di veleno radioattivo con cancro assicurato: davvero uno splendido omaggio alla filosofia e alla tecnologia occidentali.
In Afghanistan si spara liberamente, è avvelenato anch’esso. E’ nella natura del potere il desiderio di continuare a soffiare sul fuoco, perché genera profitti costanti per i suoi membri col flusso continuo di munizioni e armamenti. E questo è il motore che crea il nostro benessere, e il nostro status di privilegiati per poter discutere di queste questioni in rete e quindi il nostro tentativo di diffonderle nel mondo a tre dimensioni senza gran successo.
I nomi delle nazioni e dei popoli macinati nel tritacarne della corporatizzazione ci scorrono davanti agli occhi, troppo immensi per essere compresi. In qualche luogo fra Kisangali e Kampala, qualcuno sta davvero mangiando i pigmei. Due milioni di anime ogni giorno vivono nelle discariche di Rio de Janeiro. A New Orleans, queste stesse persone vivono a Houston.
La guerra è dove ci sono i soldi grossi, comunque anche la ricostruzione di intere società come Sumatra è estremamente remunerativa. Questo è il dono che ci ha fatto la civiltà occidentale. Possiamo far soldi dalla distruzione del pianeta.
In quale luogo nel nostro intimo più oscuro riusciamo a rielaborare questa informazione? A quale stratagemma o scusa filosofica facciamo riferimento per spiegare tutto questo a noi stessi?
Come reprimiamo l’immagine che stiamo mangiando noi stessi, quando l’impulso primordiale cannibalesco brilla misteriosamente sul fondo del calice della comunione?
Oppure, come le vittime dell’attentato di Londra, ci limitiamo a rifugiarci aspettando che passi la tempesta? Come vecchia volpe degli uragani posso dirvi che è decisamente meglio vivere per combattere un altro giorno.
Ma la fuga può essere definita prudenza solo entro certi limiti. Se qualcosa ti dà fastidio per un lungo periodo è sempre meglio agire in maniera determinata per risolvere il problema, piuttosto che continuare all’infinito fino all’esasperazione.
Si avvererà la parabola? Questo è il punto. Nella sua furia cieca e frustrata Sansone strapperà le catene con tanta violenza che l’intera società umana crollerà in un mucchio di orribili macerie?
Ma la colpa è dei nostri antenati. Sono loro che lo hanno reso possibile. Noi lo abbiamo solo ereditato. Ora l’autobus si sta muovendo inarrestabile verso la sua destinazione. Se ci stai davanti, verrai investito. Mi piacerebbe dire mettiti comodo e goditi lo spettacolo, ma probabilmente sarà doloroso.
Basta chiedere a quelli che vivevano a New Orleans. O agli abitanti cacciati ed abbruttiti di Fallujah, e di tanti altri posti onorati dalla presenza di quei sionisti guerrafondai conosciuti come mercenari della Blackwater. Sono piazzati sia a Baghdad che sulla linea costiera cajun, e scortano i consulenti israeliani nelle zone circostanti per aiutarli nei loro nuovi piani di fortificazione.
E ora rifletti sulla visione del tuo futuro, lo sguardo fisso e assente da dietro il filo spinato nella tua mente. Cieco a Gaza.
John Kaminski [ [email protected] ] è uno scrittore che vive sulla costa della Florida. I suoi scritti sono pubblicati su centinaia di siti Internet nel mondo. www.johnkaminski.com
** ndt. “Eyeless in Gaza (pubblicato in italiano col titolo “La Catena del Passato”) in realtà è del 1936″
15 settembre 2005
Fonte: http://www.uruknet.info/
Link: http://www.uruknet.info/.?p=15761&hd=0&size=1&l=x
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da Olimpia Bertoldini