Douglas MacGregor – The American Conservative – 9 agosto 2022
Nel 1979, il Presidente Carter abbandonò formalmente il Trattato di mutua difesa con Taiwan del 1954. L’azione di Carter pose bruscamente fine all’impegno di Washington di difendere Taiwan da attacchi provenienti dalla Cina continentale. Eppure, rispondendo alla domanda di un giornalista se avrebbe usato la forza militare in risposta a un’invasione cinese di Taiwan, il Presidente Biden ha affermato: “Sì, è questo il nostro impegno“.
Quando si parla di politica estera e di difesa, nei circoli politici di Washington ci sono pochi realisti incalliti. Dal 1945, con poche eccezioni degne di nota, nelle relazioni dell’America con gli altri Stati nazionali la maggior parte dei presidenti americani tende ad anteporre la celebrità politica a breve termine o le effimere cause liberali agli interessi nazionali tangibili e concreti. Biden non fa eccezione alla regola.
Guidato più dall’impulso e dall’emozione che dalla ragione o dalla conoscenza dei fatti, il Presidente Biden, come la maggior parte della classe politica dominante di Washington, può essere privatamente soddisfatto della visita della Presidente [della Camera dei rappresentanti] Pelosi a Taipei. Tuttavia, se si considera la visita di Pelosi a Taiwan nel contesto dell’osservazione evidentemente sconsiderata di Biden, è chiaro che la combinazione ha avuto un impatto negativo in tutta l’Asia.
Hiroakazu Matsono, portavoce del governo giapponese, ha espresso un’opinione ampiamente condivisa in tutta l’Asia quando ha detto: “La pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan sono importanti non solo per la sicurezza del Giappone, ma anche per il mondo intero“. Alla domanda se il Giappone, probabilmente il più importante partner strategico dell’America in Asia, sostenga la visita di Pelosi a Taiwan, Matsuno ha risposto: “Non possiamo fare commenti“. Il Presidente della Repubblica di Corea (ROK) Yoon ha semplicemente rifiutato di incontrare Pelosi.
Questi sviluppi non dovrebbero sorprendere gli americani. Il presidente della Camera non ha voce in capitolo in politica estera se non è autorizzato dal Presidente e dal Segretario di Stato. In un’epoca in cui i commenti del Presidente sono spesso smentiti dai suoi portavoce, questa mancanza di chiarezza si aggiunge alla tensione che deriva da senatori e membri del Congresso che non hanno alcuna responsabilità per gli eventi al di fuori dei confini americani. Gli americani dovrebbero anche diffidare dei politici che sfruttano le crisi all’estero per conquistare i titoli dei giornali a spese degli interessi strategici nazionali degli Stati Uniti. Questo comportamento è pericoloso per la nazione.
Una sana politica estera e una strategia militare non devono limitarsi a trattare ogni potenziale conflitto come una grande causa morale in cui sono in gioco tutti i valori della civiltà americana. In altre parole, non impegnarsi in gesti vuoti che potrebbero sfociare in un conflitto armato per il quale le forze armate statunitensi non sono preparate. Non iniziare un’azione militare se non si comprende il vero scopo del conflitto, se non si identifica con precisione il suo impatto sul popolo americano e se l’esito finale desiderato del conflitto è non solo definito ma anche raggiungibile. Sebbene questi punti sembrino evidenti a un osservatore casuale, la storia dimostra che non lo sono.
Il 1° agosto 1914, il giorno in cui la Germania si mobilitò per la guerra con la Russia e la Francia, i principali membri del Gabinetto britannico si opposero all’entrata in guerra contro la Germania. La decisione finale di combattere, tuttavia, non fu il prodotto di un processo decisionale lungo e complesso. Sir Edward Grey, il Ministro degli Esteri, sostenne che la Gran Bretagna aveva l’obbligo morale di sostenere la neutralità del Belgio.
Sir Winston Churchill, primo Lord dell’Ammiragliato, sosteneva che l’elettorato britannico richiedeva un’azione. In seguito avrebbe affermato che la Royal Navy era l’unica forza che avrebbe potuto far perdere la guerra alla Germania in un pomeriggio; in altre parole, una singola perdita decisiva della flotta britannica avrebbe determinato l’esito dell’intera guerra. L’atteggiamento di Churchill incoraggiò i ministri del Gabinetto a credere che la Germania avrebbe scelto di combattere in mare, in condizioni che avrebbero favorito l’Impero britannico.
Il primo ministro britannico, Herbert Henry Asquith, giunse infine alla conclusione che se il suo governo non avesse dichiarato guerra alla Germania e all’Austria-Ungheria, i suoi avversari politici avrebbero sostituito il suo governo con uno nuovo che lo avrebbe fatto. Il 4 agosto, dopo che il governo britannico aveva dichiarato guerra, il generale Kitchener, appena nominato capo dello stato maggiore imperiale britannico, diede la cattiva notizia: la guerra, insistette Kitchener, sarebbe durata almeno tre anni e avrebbe richiesto l’impegno di milioni di soldati britannici in un lungo ed estenuante impegno sul continente. I ministri rimasero sbalorditi.
La decisione britannica di entrare in guerra con la Germania e l’Austria-Ungheria non è stata guidata da una valutazione obiettiva dei rispettivi punti di forza e di debolezza strategica delle due parti. Anche coloro che a Washington sollecitano il confronto con la Cina sono guidati più dalle emozioni che dalla ragione.
Pechino si aspetta che la minaccia immediata per la Cina provenga dalla Flotta del Pacifico della Marina statunitense e dall’aviazione americana. Di conseguenza, negli ultimi due decenni Pechino ha investito molto nella combinazione di difese aeree stratificate e di un vasto arsenale di missili tattici e di superficie a gittata intermedia a guida di precisione, di razzi e di munizioni a perdere, collegati a piattaforme persistenti di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR-Strike) spaziali e terrestri.
In un confronto su Taiwan, la flotta di superficie della Marina statunitense dovrebbe operare lontano dalle coste cinesi per evitare gli attacchi missilistici del PLA (People’s Liberation Army), limitando fortemente la capacità della flotta di superficie di influenzare gli eventi a terra all’interno della Cina. Washington potrebbe ancora bloccare la costa cinese del Pacifico, ma per farlo dovrebbe affidarsi principalmente ai suoi sottomarini d’attacco a propulsione nucleare in acque profonde.
Ma un blocco non annullerebbe il principale vantaggio strategico della Cina. La profondità della sua posizione continentale, con una Russia amica e ricca di risorse a nord, suggerisce che è improbabile che un blocco abbia successo. In base ai tassi di consumo delle munizioni e dei sistemi d’arma a guida di precisione di tutti i tipi in Ucraina, le attuali scorte statunitensi di missili e munizioni a guida di precisione si esaurirebbero rapidamente. Una visione irrealistica delle esigenze della guerra moderna, unita a un falso senso di superiorità morale, ha danneggiato irrimediabilmente l’Impero britannico, riducendo alla fine la Gran Bretagna a una potenza di secondo piano. La domanda che gli americani si pongono è se la leadership di Washington D.C. non sia diversa da un brontosauro con un corpo lungo 50 metri e un cervello grande come uno spillo. Ogni giorno che passa, diventa sempre più importante per gli americani dotati di buon senso sostituire i cervelli formato spillo, che dirigono lo spettacolo all’interno della tangenziale (Washington Beltway, indica il centro direzionale della capitale, N.d.T.), prima che facciano percorrere agli americani la strada rovinosa che hanno intrapreso gli inglesi nel 1914.
Douglas Macgregor, Col. (in pensione), è senior fellow di The American Conservative, ex consigliere del Segretario alla Difesa nell’amministrazione Trump, veterano decorato e autore di cinque libri.
Link: https://www.theamericanconservative.com/will-biden-stumble-into-a-new-world-war/
Scelto e tradotto (IMC) da Arrigo de Angeli per ComeDonChisciotte