Gilad Atzmon – The UNZ Review – 20 febbraio 2021
Il più grande organo di informazione israeliano, Ynet, ha riferito poche ore fa che nel paese, che si è trasformato volontariamente nel campo di prova di Pfizer, “il 75,4% delle persone diagnosticate ieri aveva meno di 39 anni. Solo il 5,5% aveva più di 60 anni.”Il numero di pazienti critici è sceso a 858 – il più basso dal 4 gennaio. Tuttavia, questo numero è più del doppio di quello di metà dicembre, appena prima che Israele iniziasse il suo esperimento “pionieristico” di vaccinazione di massa. Ynet riporta oggi che “In Israele il 59,9% dei pazienti critici ha più di 60 anni. Il 18,2% ha un’età compresa tra i 50 e i 59 anni. Inoltre, il 10,8% ha tra i 40 e i 49 anni e il 7,5% ha 30 anni. Ad oggi, più di un terzo dei pazienti critici ha un’età compresa tra i 30 e i 59 anni“.
Il significato di quanto sopra può difficilmente essere negato o almeno richiede un’attenzione immediata. Il paese che guida la gara delle vaccinazioni di massa evidenzia un cambiamento radicale nella natura della pandemia. Non ci vuole un genio per sospettare che ci possa essere una correlazione tra la campagna di vaccinazione di massa e la crescente vulnerabilità delle fasce di età più giovani, compresi i neonati e le donne incinte. La biologia qui è anche lontana dall’essere troppo complicata. Il virus, che inizialmente mieteva vittime tra gli anziani e i vulnerabili, si è trasformato attraverso la mutazione e ora è abbastanza adatto per attaccare altri segmenti della società e in particolare i gruppi di età più giovani.
Fino al 20 dicembre, il giorno in cui Israele ha lanciato la sua campagna di vaccinazione di massa, il paese aveva registrato 3.074 morti. In meno di due mesi di “successo” della vaccinazione di massa quel numero è quasi raddoppiato. Al momento di scrivere questo articolo, si trova a 5.526. Questo spettacolare aumento dei decessi (80% in meno di due mesi) è avvenuto quando il paese era in isolamento; quindi, non si può proprio dire che sia stato “l’incontrarsi socialmente” a favorire la diffusione del virus. L’unica cosa che si stava diffondendo in Israele in questi due mesi erano i vaccini della Pfizer e il cosiddetto mutante britannico che, apparentemente, è più popolare a Bnei Brak che nel Kent. La domanda inevitabile qui è se c’è una connessione tra la vaccinazione e le mutazioni, ma questa è l’unica domanda che, in Israele, nessuno è autorizzato a fare.
Nel novembre 2020 i dati del Ministero della Salute israeliano segnalavano che Israele aveva rilevato 400 casi di coronavirus in bambini di età inferiore a due anni. Nel febbraio 2021, quel numero è cresciuto fino a 5.800. Abbiamo a che fare con un aumento netto di circa il 1.300%, decisamente impressionante. Il sito Ynet riporta che in tutto il mondo si segnala questo tipo di aumento della di morbilità dei neonati per Covid-19. Ho tentato di approfondire il tema ma non sono riuscito a trovare alcuna conferma se ciò sia vero. In Gran Bretagna, per esempio, tutto quello che ho trovato sono rapporti su un “baby boom di Covid-19” e alcune preoccupazioni riguardanti un aumento dell’obesità infantile. In effetti, nessuno riferisce di un aumento del 1.300% di Covid-19 nei neonati, tranne Israele.
Non sono in grado di determinare cosa ha portato gli israeliani a diventare cavie per un gigante farmaceutico con una storia dubbia in materia di etica e di sicurezza. Bisogna considerare la possibilità che in Israele il successo di una campagna di vaccinazione di massa potrebbe essere la manovra primaria di Netanyahu e del suo partito in vista delle prossime elezioni. Netanyahu affronta una seria battaglia legale, e vincere le elezioni va ben oltre la politica per lui. È una battaglia esistenziale per la sopravvivenza. Credo che Bibi abbia dovuto scegliere tra la guerra con l’Iran e un vaccino Pfizer. Aveva sicuramente buone ragioni per supporre che la Pfizer fosse di gran lunga un’opzione migliore e più pacifica.
Netanyahu ha probabilmente capito che il successo di una campagna di vaccinazione di massa gli avrebbe assicurato la vittoria. Questa era effettivamente una considerazione ragionevole da parte sua, e potrebbe rivelarsi corretta. Vale la pena menzionare che nessuno degli avversari politici di Netanyahu nella sinistra o nel centro israeliano, ormai in via di estinzione, ha osato sfidare la politica dei vaccini di Netanyahu. Inoltre, non una sola istituzione di sinistra in Israele ha preso le difese dei molti israeliani riluttanti a farsi vaccinare (attualmente più del 50%). Non un solo politico si è schierato dalla loro parte e ha difeso i loro diritti elementari.
Nel frattempo, il governo vuole disperatamente assicurarsi che l’intera nazione sia vaccinata e non esiterà a introdurre misure totalitarie. Il Jerusalem Post ha riportato oggi che “verrà richiesto un passaporto verde per entrare in determinati luoghi e per partecipare a determinate attività. Solo persone state vaccinate o guarite dal coronavirus potranno ottenerlo. Come parte del programma, “palestre, teatri, hotel, concerti e sinagoghe registrate potranno operare a partire dalla prossima settimana“. Israele ha già firmato accordi con paesi che consentiranno l’accesso solo agli israeliani in possesso di passaporto verde.
Ci si può chiedere perché il governo israeliano sia così ossessionato dal vaccinare l’intera popolazione, compresi i giovani, l’esercito e altri segmenti che non sono necessariamente ad alto rischio. Una possibilità è che il governo israeliano conosca ormai le reali implicazioni del vaccino. Israele non può chiudere un occhio sull’aumento del 1.300% dei casi di Covid-19 nei neonati. Non può nemmeno ignorare che il numero di morti per Covid-19 dall’inizio della campagna di vaccinazione è uguale a quello dei militari caduti nella guerra dello Yom Kippur del 1973, una guerra da cui il paese è ancora traumatizzato.
È possibile che la leadership israeliana riconosca ora l’errore fatale che ha fatto distribuendo il vaccino su larga scala. Può essere plausibile che l’unica soluzione che ha trovato sia quella di vaccinare l’intera popolazione, sperando che questo possa fornire una protezione almeno temporanea, che possa durare fino alla data delle elezioni di marzo.
Se c’è qualche validità nella mia oscura rappresentazione della realtà israeliana, è ragionevole concludere che, con Bibi al timone e Pfizer con un ago, gli israeliani non hanno davvero bisogno di nemici.
Link: https://www.unz.com/gatzmon/bibi-pfizer-and-the-election/
Traduzione di Arrigo de Angeli per ComeDonChisciotte