…non mi stupirei se gli sherpa del centrosinistra lavorassero un’operazione diplomatica simile a quella del ‘96: ritiro degli spot elettorali su Mediaset (che avevano fatto vincere le elezioni del ‘94), salvacondotto per l’azienda nel periodo del governo di centrosinistra. Tanto che diversi esponenti dell’Ulivo si sono vantati del fatto che, sotto il loro governo, Mediaset ha “risanato” i conti…
DI MCSILVAN
Con il tempismo tipico del grande giornale istituzionale, il Corriere della sera di ieri riportava nell’inserto economico le performance finanziarie del gruppo Mediaset. A un 2004 definito come il miglior risultato di un decennio dal punto di vista della distribuzione degli utili dovrebbe corrispondere, secondo il Corriere e le fonti Mediaset interpellate, un 2005 ancora migliore grazie alla crescita del digitale terrestre.
E questo nonostante la specificità del gruppo Mediaset, quella di essere un network televisivo principalmente nazionale. E qui, visto che nel portafoglio Mediaset di partecipazioni azionarie del nostro paese ci sta la proprietà della maggioranza politica che presiede Camera e Senato della repubblica , comincia la specificità della lettura dei risultati di questa tornata elettorale.
Mediaset sta perdendo la proprietà di questo anomalo pacchetto azionario che garantisce il controllo sul potere esecutivo e su quello legislativo di un paese (con, come sappiamo, pesanti intromissioni nel giudiziario). Fino ad adesso questo controllo ha garantito la realizzazione di una serie di desideri spesso proibiti per un altro operatore del settore: scriversi una legislazione che permette di mettere all’angolo la concorrenza , espandersi lungo nuovi rami di business, di praticare convenientemente e legalmente tutte le più favorevoli transazioni finanziare off-shore, usufruire di condoni, amnistie e sanatorie, di drenare tutte le risorse pubblicitarie possibili in un periodo -tra l’altro- di contrazione della crescita economica.
Come se non bastasse ha potuto tenere un ruolo importante come legislatore e arbitro in altri settori vicini al core business come nel caso della telefonia fissa e mobile. Insomma, gli investimenti per il controllo del pacchetto azionario di maggioranza del parlamento italiano hanno dato i loro frutti. C’è da chiedersi a questo punto come i vertici del gruppo Mediaset, che per adesso coincidono con quelli del governo, valuteranno quella che oggi è una concreta possibilità ovvero la perdita del controllo di maggioranza sul potere esecutivo e legislativo di questo paese.
E’ anche per questo che fino ad adesso il centrosinistra non ha chiesto le elezioni anticipate dopo l’evidente disfatta del centrodestra che si ripete da quattro tornate elettorali.
Certo è curioso vedere un cartello elettorale che giudica “pericolosa” la revisione costituzionale della maggioranza senza chiedere le elezioni anticipate quando oramai è evidente che il governo si tiene in piedi quasi per caso.
Ma ci sono due motivi, il primo palpabile e il secondo appartenente alla sfera degli affari discreti della politica italiana, che impongono questo atteggiamento e questa mancata richiesta di elezioni anticipate. Detto in soldoni, il primo riguarda la sfera della “pace sociale” e del conseguente understatement da tenersi nei confronti dei temi più delicati che è l’interfaccia pubblico del centrosinistra . Il secondo, che per ora sembra problema delle stanze più discrete della politica, è proprio quello dell’innominabile vicenda Mediaset. Chiedere elezioni anticipate ora significa, per il centrosinistra, perdere un importante accredito come potere politico che lavora alla concertazione tra poteri di ogni genere, apparire come nemico di un importante e influente bacino di affari come Mediaset , scatenare una guerra nel settore mediale nonchè rischiare un velenoso colpo di coda da parte di un potere mediatico-politico magari deciso a tutto.
Insomma, non mi stupirei se gli sherpa del centrosinistra lavorassero un’operazione diplomatica simile a quella preparata prima delle elezioni del ‘96, dove il duello era già tra Prodi e Berlusconi: ritiro degli spot elettorali su Mediaset (che avevano fatto vincere le elezioni del ‘94), salvacondotto per l’azienda nel periodo del governo di centrosinistra. Tanto che diversi esponenti dell’Ulivo si sono vantati del fatto che, sotto il loro governo, Mediaset ha “risanato” i conti. Alcuni sono arrivati a definire pubblicamente Mediaset “come patrimonio del paese”.
E’ sulla conservazione e sullo sviluppo di questo patrimonio aziendale che si gioca quindi, come da vent’anni a questa parte, la partita decisiva per gli assetti politici e istituzionali di questo paese. Il fatto che il modello mediale delle televisioni berlusconiane sia una sorta di McDonald della mente va quindi visto, in questo modo di pensare, come problema per eccentrici che non hanno capito come funzionano i meccanismi della politica in Italia.
E il fatto che l’ala “radicale” della coalizione non abbia speso una parola sul problema dovrebbe indurre qualche retropensiero. Non si tratta solo di incapacità di visione strategica che piaccia o meno questo tipo di approccio..
mcs
ps. in diversi avranno pensato che quando il controllore delle tv perde le elezioni, le tv non sono importanti. Almeno dagli anni ‘20, dai tempi della prima diffusione di massa della radio negli Usa, le teorie della comunicazione sanno che possesso dei mezzi di comunicazione ed egemonia culturale sono separate. Avere i mezzi di comunicazione garantisce un vantaggio competitivo per la costruzione dell’egemonia ma non una rendita comunicativa insopprimibile.
fonte: rekombinant