Aveva una colpa Ahmad, ventisettenne palestinese ucciso ieri, 23 giugno, da soldati israeliani al check point “container” vicino Betlemme: era in ritardo per il matrimonio di sua sorella e correva per andar a prendere sorella e mamma che lo aspettavano dal parrucchiere per poi dirigersi velocemente al matrimonio. Questa la sua colpa, punita senza processo con la pena capitale.
Aveva fretta Ahmad, è arrivato al check point, ha urtato il cordolo. E’ sceso per vedere che danno avesse fatto alla macchina, ma i militari israeliani erano nervosi e hanno agito come fanno di solito con i palestinesi: gli hanno sparato. Una loro dichiarazione afferma che il ragazzo si sarebbe buttato con la macchina contro una militare e per questo lo avrebbero ucciso.
L’andamento dei fatti mostra che la dichiarazione dei militari è una vergognosa bugia e poi, se pure fosse la verità, in uno Stato di diritto si blocca, eventualmente si ferisce il presunto criminale, ma non lo si lascia a terra per un’ora e mezza a morire dissanguato. Inoltre, se Ahmad si fosse buttato con la macchina addosso ai militari, perché il suo corpo, come mostra il video (vedi in calce) sarebbe fuori dell’abitacolo?
E’ di tutta evidenza che si tratta di uno degli oltre mille palestinesi assassinati per capriccio, per “nervosismo”, forse anche per paura, ma sapendo che quel sangue non vale nulla e non porterà alcuna sanzione per chi lo ha versato, anzi, la famiglia della vittima dovrà ringraziare se l’esercito “più morale del mondo” non andrà a demolire la sua casa come punizione post mortem verso chi ha creato tanto disturbo.
I media mainstream non si curano di una notiziola tanto comune, ma è interessante, sebbene umanamente disgustoso, andare sui social gestiti dai più beceri ebrei sionisti nostrani e scoprire che non solo non c’è critica verso gli assassini (ma quella non c’era da aspettarsela) ma si deride la vittima e si giubila per la sua uccisione. Sono italiani questi signori, italiani di fede ebraica che evidentemente non hanno assorbito i valori democratici che prescindono dalla fede. Una passeggiata sulle pagine FB di questi sionisti filo-Netanyahu basterà a capire a quale infima categoria morale appartengono questi individui anche se, all’occorrenza, avranno la sfacciataggine di definirsi antirazzisti ed antifascisti. Non è così. Vedere per credere, le loro pagine sono aperte. Aperte alla vergogna e non censurate dai famosi algoritmi di Zuckenberg sebbene incitanti all’odio.
Le continue azioni dello Stato ebraico ricordano l’Argentina di Videla o il Cile di Pinochet e chi le sostiene, addirittura deridendo le loro vittime, è intriso di quel fascismo caratteriale che fa sparire ogni rispetto per l’altro, fino a cancellare la pìetas umana verso chi ormai è morto, e nutrire il proprio odio di quel sangue che tanto, essendo palestinese, non costa niente.
Si chiama razzismo, non importa il colore della pelle. Si chiama razzismo. Razzismo sionista verso chi non appartiene al “popolo eletto”. Definizione biblica che assunta dogmaticamente batte alla grande anche le criminali follie tedesche del secolo scorso.
Se non avesse avuto fretta e fosse stato più prudente, Ahmad Mustafa Erekat avrebbe preso mamma e sorella dal parrucchiere e avrebbero passato insieme una giornata felice. Il matrimonio di sua sorella sarebbe stato allegro, chiassoso e divertente come lo sono i matrimoni palestinesi, sia musulmani che cristiani. Poi, tra poche settimane lo sposo sarebbe stato lui e ad attenderlo per la grande festa e magari per parlare del proprio futuro matrimonio c’era anche la sua fidanzata. Ma i militari dell’esercito occupante lo hanno falciato a colpi di mitra e lo hanno lasciato morire dissanguato come un mucchio di stracci. Non ci sarà più matrimonio. Crimine su crimine, comportamento degno di uno Stato fascista e non di uno Stato di diritto.
Ahmad ha pagato la sua imprudenza con una morte lenta, più lenta del soffocamento subito dal povero George Floyd sotto il ginocchio del poliziotto assassino statunitense che ha giustamente indignato il mondo antirazzista grazie anche al tam tam dei media, gli stessi che scaldavano l’opinione pubblica sull’ennesimo omicidio di un afro-americano innocente a Minneapolis, ma che ignoravano completamente l’ennesimo omicidio, lo stesso giorno, di un ragazzo palestinese innocente e per di più disabile a Gerusalemme.
Dove sono e a chi rispondono quei media mainstream che commuovono a comando l’opinione pubblica? Quale la ragione del loro silenzio di fronte allo stillicidio di vite palestinesi e di diritti umani operato da Israele, lo Stato ebraico nel quale molti ebrei incorrotti non si riconoscono, ma lo stesso che troppi ebrei e sionisti internazionali sostengono?
Se la giustizia non vale per tutti non è giustizia, è corruzione, e finché l’ONU, la UE e ogni governo di paesi sedicenti democratici, Italia compresa, non interromperanno i lucrosi affari con Israele e non applicheranno le sanzioni dovute ai sensi della legalità internazionale, Israele non verrà fermato.
I richiami di facciata o i telegrammi di disappunto sono pura colpevole ipocrisia. Ormai risulta ineludibile scegliere: o si sta con la giustizia e si sottopone Israele a serie sanzioni, o si sta coi criminali, incoraggiandoli tacitamente a perpetuare i loro crimini macchiandosi di quella stessa corruzione morale, giuridica e politica alimentata da un personaggio come Trump e propria, da sempre, dei vari rappresentanti istituzionali israeliani, si chiamino essi Netanyahu o Ganz o Sharon, Begin Shamir e via dicendo.
Ma forse i media mainstream parleranno il 1° luglio, data in cui dovrebbe avverarsi l’illegittima e illegale annessione, o rapina, di altri territori palestinesi. La loro voce è importante, rappresenta ancora “il quarto potere”, ma si sa che di norma il quarto potere è fedele alleato e cassa di risonanza delle narrazioni dettate dal signore di turno. Staremo a vedere.
Mancano pochi giorni, forse ci saranno altri omicidi “di poco conto” e poi vedremo quale sarà la narrazione dettata ai media mainstream per capire se si è scelto finalmente di stare dalla parte della giustizia o dalla parte della corruzione e della collusione con le pratiche criminali dello Stato sionista.
di Patrizia Cecconi – 24 giugno 2020