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La Redazione

 

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A night at the Garden

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A cura di Markus
Il 17 Agosto 2019
1308 Views

 

MARSHALL CURRY
anightatthegarden.com

Nel 1939, 20.000 Americani si erano radunati al Madison Square Garden di New York per celebrare l’ascesa del Nazismo, un evento in gran parte dimenticato dalla storia americana. A NIGHT AT THE GARDEN, realizzato interamente con filmati d’archivio girati quella notte, porta il pubblico a rivivere questo agghiacciante incontro e fa luce sul potere della demagogia e dell’antisemitismo negli Stati Uniti.

A NIGHT AT THE GARDEN è stato diretto e curato da Marshall Curry ed è stato patrocinato e diffuso da Field of Vision. Il film ha avuto la nomination al Premio Oscar 2019 come il miglior cortometraggio documentaristico, è stato anche una selezione ufficiale al Sundance Film Festival e ha fatto parte parte di una proiezione speciale e di una tavola rotonda al New York Film Festival. È stato distribuito in tutto il paese su 22 schermi della catena Alamo Theater e presso l’IFC Center di New York.

 

Domande/Risposte con il regista Marshall Curry

D: Come hai scoperto questo evento?
R: Un mio amico me ne aveva parlato l’anno scorso e non ero riuscito a credere di non averne mai saputo nulla. Quando ho scoperto che era stato filmato, ho chiesto ad un ricercatore di archivi, Rich Remsberg, di vedere che cosa riuscisse a trovare. Aveva scoperto che, fino ad ora, ne erano stati usati brevi spezzoni nei documentari storici, ma sembrava che nessuno avesse ancora messo insieme tutti i vari frammenti dei filmati: alcuni si trovavano negli Archivi Nazionali, altri nell’archivio dell’UCLA, altri ancora in diversi posti. Così, lui li ha raccolti, io li ho montati e ne ho ricavato un breve cortometraggio. Quando sono successi i fatti di Charlottesville, la cosa è diventata urgente. Allora l’ho inviato a Laura Poitras e a Charlotte Cook, alla Field of Vision e ho detto loro: “Avete mai sentito parlare di questo evento? Sareste interessati a patrocinare il film? ”E sono saltati a bordo.

D: Che cosa ti aveva colpito del filmato?
R: La prima cosa che mi aveva colpito era che un evento del genere fosse potuto accadere nel cuore di New York, una città diversa, moderna e progressista, anche nel 1939. La seconda cosa è stato il modo in cui questi Nazisti americani avevano usato i simboli dell’America per vendere un’ideologia contro cui, solo pochi anni dopo, sarebbero morti combattendo centinaia di migliaia di Americani.

[Questo evento] ha davvero dimostrato che le tattiche dei demagoghi sono sempre le stesse nel corso dei secoli. Attaccano la stampa, usando sarcasmo ed umorismo. Dicono ai loro seguaci che essi sono i veri Americani (o Tedeschi o Spartani o …) e incoraggiano i loro sostenitori a “riprendere il loro paese” da qualunque gruppo minoritario lo abbia rovinato.

D: Perché pensi che la maggior parte degli Americani non abbia mai sentito parlare di questo gruppo o di questo evento?
R: Il filmato è talmente intenso, sembra sorprendente che non sia parte integrante delle lezioni di storia delle scuole superiori. Io penso che questo raduno sia sfuggito alla nostra memoria collettiva anche perché è spaventoso e imbarazzante. Racconta una storia del nostro paese che preferiremmo dimenticare. Ci piacerebbe pensare che, quando il Nazismo era salito al potere, tutti gli Americani ne fossero rimasti subito inorriditi. Ma, anche se la stragrande maggioranza degli Americani era disgustata dai Nazisti, esisteva comunque un significativo gruppo di Americani che simpatizzava con il loro messaggio suprematista bianco ed antisemita. Quando si vedono 20.000 Americani radunarsi nel Madison Square Garden, si può essere sicuri che godevano del sostegno passivo di un numero molto più elevato di persone.

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La marcia lungo la East 86th Street, 30 ottobre 1939.

 

In una parte del discorso che non è nel film, Fritz Kuhn plaude a Padre Coughlin, le cui trasmissioni radiofoniche in lode di Hitler e Mussolini raggiungevano un pubblico di 30 milioni di Americani. Henry Ford e Charles Lindbergh avevano espresso convinzioni antisemite. E il magnate della stampa William Randolph Hearst aveva dichiarato: “Ogni volta che sentite che un eminente Americano viene chiamato fascista, di solito potete mettervi il cuore in pace che quell’uomo è semplicemente un leale cittadino che sostiene l’americanismo.” (Con un piccolo tocco di ironia abbiamo preso una parte del filmato della German American Bund dalla collezione Hearst, all’UCLA).

Queste erano idee che, anche se non universalmente accettate, erano in ogni caso considerate dei legittimi punti di vista. Ma, due anni dopo questa manifestazione, il Giappone aveva attaccato Pearl Harbor e la Germania aveva dichiarato guerra agli Stati Uniti. A quel punto, questo tipo di filosofia era diventata inaccettabile. Quando i Nazisti avevano iniziato ad uccidere i soldati americani, abbiamo cominciato a cancellare il fatto che alcuni Americani avessero potuto condividere la loro filosofia.

Alla fine, l’America si è tirata indietro dal precipizio, ma questa manifestazione ricorda che le cose avrebbero potuto anche andare diversamente. Se Roosevelt non fosse stato presidente, se il Giappone non ci avesse attaccato, è possibile che ci saremmo passati in mezzo senza entrare in guerra? E se i Nazisti non avessero ucciso dei soldati americani, è possibile che la loro filosofia non sarebbe diventata così tabù qui da noi?

D: Chi era il tipo che era salito sul palco durante il raduno?
R: Era un garzone idraulico di 26 anni di Brooklyn, che si chiamava Isadore Greenbaum. Quando era salito sul palco per protestare, era stato picchiato e gli erano stati strappati i pantaloni mentre veniva gettato giù dal palco. Era anche stato arrestato per condotta disordinata e multato di 25 dollari.

All’epoca si era discusso se al Bund dovesse essere permesso di organizzare una manifestazione, una cosa che, come tanti altri particolari sull’evento, sembra stranamente contemporanea. Greenbaum, il giorno dopo l’evento, si era così giustificato davanti al giudice: “Sono andato al Garden senza alcuna intenzione di interrompere. Ma, dato che continuavano a parlare contro la mia religione e c’era così tanto accanimento, ad un certo punto ho perso la testa e ho sentito che era mio dovere parlare.” Il magistrato gli aveva chiesto: “Non si rende conto che persone innocenti avrebbero potuto rimanere uccise?” E Greenbaum aveva risposto: “Si rende conto che un sacco di Ebrei potrebbero essere uccisi dalle loro persecuzioni laggiù?” (New York Times, 22/02/39).

Ma sul New York Times, il Comitato Ebraico Americano aveva sostenuto che, sebbene il Bund fosse “completamente anti-americano e anti-democratico … proprio perché crediamo che i diritti fondamentali della libertà di parola e di libera associazione negli Stati Uniti non debbano mai essere alterati, siamo contrari a qualsiasi azione volta ad impedire al Bund la diffusione delle sue opinioni.” Il sindaco LaGuardia, da parte sua, aveva ridicolizzato l’evento definendolo “una rassegna di pidocchi internazionali ” e aveva affermato di credere nell’esposizione dei pidocchi alla luce del sole.

D: Cos’era successo al gruppo dopo questa manifestazione?
R: Il Bund Americano Tedesco, che aveva organizzato la manifestazione, negli anni ‘30 raccoglieva una presenza significativa, con campeggi per ragazzi e campi di addestramento nel New Jersey, nello stato di New York, nel Wisconsin e in Pennsylvania, e aveva tenuto un’enorme marcia lungo la East 86th Street a Manhattan. Ma il loro fascino generale era sminuito dall’accento e dalla cultura tedesca del loro leader.

Come aveva affermato Halford E. Luccock: “Quando e se il fascismo arriverà in America, non sarà etichettato  ‘made in Germany,’ non sarà contrassegnato da una svastica, non sarà nemmeno chiamato fascismo, si chiamerà, naturalmente, ‘americanismo.’” Il leader del gruppo, Fritz Kuhn, alla fine, era stato arrestato per appropriazione indebita di fondi del Bund, messo in prigione e privato della cittadinanza. Dopo la guerra, era stato deportato nella Germania Occidentale, dove era morto alcuni anni dopo. Il Bund si era sciolto subito dopo l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, ma le persone che lo avevano sostenuto erano rimaste al loro posto.

D: Come hai deciso l’approccio al montaggio?
R: All’inizio avevo pensato di realizzare un documentario tradizionale, con una voce narrante che spiegasse il background storico del gruppo. Ma, quando ho iniziato a tagliare e a mettere insieme il filmato, mi sono reso conto che la sua vera forza consisteva nel vederlo così com’era, senza spiegazioni. Quando la maggior parte della gente lo guarda, all’inizio sono perplessi: “Cos’è questo?” Vedono George Washington e le bandiere americane e ascoltano il Giuramento alla Bandiera (c’è da notare che la frase “Under God” è stata aggiunta nel 1954), ma poi vedono le svastiche e la gente che fa il saluto nazista, ed è davvero inquietante. Così ho deciso di mantenerlo puro, cinematografico e non mediato, come se tu fossi lì, a guardare e a lottare con ciò che stai vedendo. Volevo che fosse più provocatorio che didattico: una gelida spruzzata di storia gettata nella discussione che, proprio adesso, stiamo avendo sulla supremazia bianca.

D: Qual’è il messaggio del film che vorresti rimanesse nel pubblico?
R: Il film non ha narrazioni o interviste per sottolineare il messaggio in modo chiaro, ma penso che la maggior parte del pubblico troverà parecchia carne al fuoco. Per me, la parte più sorprendente e sconvolgente del film non è l’antisemitismo dell’oratore principale né la violenza delle sue guardie del corpo. Quello che mi colpisce di più è la reazione della folla. Ventimila Newyorkesi che amavano i loro figli e probabilmente erano gentili con i vicini, quel giorno erano tornati a casa dal lavoro, si erano vestiti in giacca o gonna ed erano usciti per esultare e ridere e cantare mentre un oratore disumanizzava esseri umani che, di lì a pochi anni, sarebbero state assassinati a milioni.

Questo punto non è tanto un atto d’accusa per le cose brutte che gli Americani hanno fatto in passato, quanto un racconto cautelativo sulle cose cattive che potremmo fare in futuro. Quando il manifestante viene picchiato, c’è un ragazzino nella folla che ho ingrandito in fase di montaggio. Si può vederlo strofinarsi le mani, fare qualche sfrenato passo di danza, incapace di contenere l’eccitazione vertiginosa che deriva dall’essere parte di una folla. E, quando il manifestante viene alla fine buttato giù dal palco, c’è una lunga e lenta panoramica sulla folla che ride, applaude, fa il tifo, come se fossero tutti ad un incontro della Federazione Mondiale di Wrestling.

Ci piacerebbe credere che esistono linee divisorie nette tra le persone buone e le persone cattive. Io invece penso che la maggior parte degli esseri umani abbia dentro di sè passioni oscure, che aspettano solo di essere eccitate da un demagogo, magari divertente, ma cattivo, che può convincerci che la decenza è per i deboli, che la democrazia è una cosa ingenua e che la gentilezza e il rispetto per gli altri sono solo ridicola correttezza politica. Eventi come questo dovrebbero ricordarci di non dormire sugli allori, che le cose a cui teniamo devono essere coltivate e difese con regolarità, perché anche le persone apparentemente buone hanno la possibilità di fare cose orribili.

Marshall Curry

Fonte: anightatthegarden.com
Link: https://anightatthegarden.com/
17.08.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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