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La Redazione

 

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A capofitto verso un Armageddon ‘di principio’

Gli imperi sono esistiti per millenni, ma la loro caratteristica era quella di essere guidati da una vigorosa energia culturale, fino a quando questa spinta non era svanita in un fruscio tra le foglie
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A cura di Markus
Il 9 Novembre 2022
19344 Views

Alastair Crooke
english.almayadeen.net

Tutti noi abbiamo vissuto secondo un modello mentale che era servito ad anticipare gran parte di quello che è successo nel dopoguerra: tra l’America e qualche Stato recalcitrante le tensioni geopolitiche aumentano. La leadership del Paese viene demonizzata. Una coalizione di vassalli statunitensi riprende fedelmente il discorso d’odio. Vengono imposte sanzioni e iniziano i preparativi per il cambio di regime con la scelta di un “tipo in gamba” come nuovo leader. Sembra che la guerra appaia inevitabile, ma poi la tensione inspiegabilmente smonta. Il pallone si sgonfia (con un altro Stato riportato “all’età della pietra”). Ma il mondo è tornato al “business as usual.”

Potrebbe essere diverso questa volta? I presupposti per l’attuale ciclo geopolitico sembrano molto diversi da quelli che ognuno di noi ha sperimentato nella propria vita. Dovremmo quindi abbandonare il modello in cui abbiamo investito così tanto?

Piuttosto, dovremmo prestare attenzione alle tendenze imminenti che si comportano in modo diverso da quello previsto dal nostro vecchio modello: più le sorprese appaiono persistenti, più è probabile che abbiamo bisogno di un nuovo modello.

Una differenza fondamentale è che numerosi cicli – sia lunghi che brevi – si stanno concludendo, in modo sincrono.

Il “grande ciclo” oggi in discesa verso lo “zero netto” è quello che era iniziato in Europa con le politiche identitarie radicali della Rivoluzione Francese. Aveva cominciato con l’uccisione della vecchia élite, poi aveva continuato divorando i suoi stessi autori – prima di installare finalmente un imperatore (Napoleone). I Francesi avevano deposto un’élite, ma si erano ritrovati con una nuova élite manageriale, ottusa, autocompiaciuta e burocratica.

Certo, gli imperi sono esistiti per millenni, ma il loro pregio è sempre stato quello di essere stati animati da una vigorosa energia culturale, fino a quando questa energia non era svanita in un fruscio tra le foglie. L’eredità della Rivoluzione Francese si è effettivamente diffusa in Occidente, ma più che altro nella forma negativa dell’insofferenza per il senso della vita. La vita era diventata piuttosto esistenziale, nichilista, amorale e predatoria: in una parola, la nuovo “Imperialità.”

Questo ciclo si sta concludendo proprio perché il resto del mondo lo vede “nudo”: un imperatore nudo, una supremazia predatoria, giustificata da una superiorità auto-attribuita, che un tempo poteva avere una certa validità, ma che oggi è scesa nel narcisismo e nella sociopatia, nell’anti-cultura woke e nella disfunzionalità armata, usate come strumenti coercitivi con cui “governare.”

Non c’è da stupirsi che il resto del mondo stia opponendo resistenza. Ne hanno abbastanza del meme binario occidentale “con noi o contro di noi.” Per dirla con Sinatra: “Ho fatto a modo mio.” Loro sono dalla loro “parte.” Proprio la settimana scorsa, il ministro dell’Energia saudita, il principe Abdulaziz, ha dichiarato tra gli applausi: “Continuo ad ascoltare: siete con noi o contro di noi? Non c’è spazio per Siamo per l’Arabia Saudita e per il popolo dell’Arabia Saudita?’”

Il manifesto del Presidente Putin al Valdai Club ha articolato questi sentimenti in modo succinto: Stati sovrani che perseguono il proprio modello di civilizzazione.

Ma anche le altre precondizioni attuali sono, in effetti, molto diverse dal nostro modello mentale predefinito: Questa volta l’America non sta portando avanti una politica punitiva sul modello “Libia.” Sta affrontando sia la Russia che la Cina, e allo stesso tempo!

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti erano l’officina manifatturiera del mondo. L’Occidente “possedeva” energia e risorse (prese da tutto il mondo). Ora è il contrario: L’Occidente possiede una montagna di “beni” cartacei, ma è il resto del mondo che possiede le materie prime.

Quindi, i cicli complementari del dominio energetico, del dominio del dollaro e del dominio con le sanzioni sono tutti in discesa. Come se non bastasse, le economie occidentali stanno sfiorando un fallimento sistemico (e ancora sconosciuto) nella sfera finanziaria enormemente indebitata. In parole povere, per i Democratici statunitensi è la fine. Se dovesse verificarsi una grave rottura finanziaria, sono “fritti.”

Il Presidente Putin, nel suo discorso al Valdai Club, lo ha detto chiaramente:

“Il mondo unipolare sta per finire. Il mondo si trova ad una tappa storica prima del decennio più pericoloso e importante dalla Seconda Guerra Mondiale… la situazione è, in una certa misura, rivoluzionaria… poiché le classi superiori non possono e le classi inferiori non vogliono più vivere così.”

Tutto è in gioco. E a Washington lo sanno. Non vogliono che Biden sia un altro Luigi XVI, né che loro siano metaforicamente ammassati in un carro diretto alla ghigliottina.

Per questo il Presidente Putin avverte del pericolo e offre all’Occidente una via d’uscita: il riconoscimento di altri poli di civilizzazione.

Il mondo sta uscendo dal globalismo guidato dagli Stati Uniti e va verso sfere commerciali separate e autonome. Si sta anche allontanando dalle strutture centraliste, dall’intergovernativismo. Persino in Occidente questo sta diventando evidente, mentre le antiche rivalità e animosità europee si agitano sulla superficie di un progetto europeo postbellico concepito proprio per lavare via i sentimenti nazionali sotto una coltre di “prosperità per tutti” e blandi valori “liberali.” L’Europa sta diventando silenziosamente multipolare!

In Europa, il riconoscimento delle polarità nazionali e il ritorno alle tradizione del libero scambio possono rivelarsi una via d’uscita dalle fratture sempre più profonde dell’Unione Europea.

Tuttavia, la Washington di Biden non sembra disposta ad ascoltare. Sembra determinata a dimostrare che è “al comando,” anche se questo significa comandare sulle rovine (cioè sull’Europa), mentre Biden procede barcollando verso il suo Armageddon “di principio” per salvare l'”ordine liberale.”

Alastair Crooke

Fonte: english.almayadeen.net
Link: https://english.almayadeen.net/articles/analysis/stumbling-towards-principled-armageddon
06.11.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico, è fondatore e direttore del Conflicts Forum di Beirut, un’organizzazione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occidente.In precedenza è stato una figura di spicco dell’intelligence britannica (MI6) e della diplomazia dell’Unione Europea.

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