“Il pareggio di bilancio in costituzione”, come tutta la politica si è unita per ingabbiare il paese

L'unanimità in democrazia è preoccupante, soprattutto quando la si ottiene su leggi o provvedimenti che vanno contro l'interesse del popolo. Questo è quello che è avvenuto 10 anni fa quando è iniziato il percorso politico che ci ha portato ad inserire il "pareggio di bilancio" nella nostra Costituzione.

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di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

L’ennesima campagna elettorale è già iniziata e tutta la classe politica del nostro paese è già pronta a fare quello che riesce loro fare meglio, ovvero ingannare il popolo italiano attraverso promesse, che mai e poi mai, manterranno una volta seduti sulle comode poltrone del parlamento.

La partita è molto semplice a livello tattico, da una parte appunto i politici e dall’altra il popolo che dovrà decidere a chi credere per poi omaggiare, attraverso il voto, quel poco (per non dire niente) di democrazia che ancora resta nel nostro paese.

Se la scelta nelle ultime tornate elettorali è sempre stata caratterizzata dal principio del “si va per esclusione”, ovvero si è sempre arrivati a scegliere colui che apparentemente, ancora non avesse tradito; tale principio non potrà certo essere applicato nel segreto delle urne il prossimo 25 Settembre, stante il fatto concreto che ad oggi non esiste un politico, un partito o un movimento che non abbia tradito o si sia adeguato alla deliberata distruzione economico-sociale ed istituzionale del nostro paese, ormai in atto da tre decadi.

Potremmo farvi mille e più esempi in riferimento ai tanti tradimenti oppure all’essersi adeguati in stile “Ponzio Pilato” e lo faremo nei prossimi due mesi, proprio per facilitare il popolo italiano in quello che è il suo slalom tra i paletti delle false promesse che si vedranno fare durante la campagna elettorale in corso.

Ma intanto oggi vorrei parlarvi, della storia di quello che è stato il percorso che ha portato alla scellerata introduzione del pareggio di bilancio nel nostro testo costituzionale. Un percorso che ha visto ottenere – su un provvedimento che come vedremo lega mani e piedi ai governi nelle loro determinazioni di politica economica – l’unanimità tipica di una dittatura, da parte di tutta la nostra classe politica.

Se proprio vogliamo partire dalla notte dei tempi – tanto per far capire come già allora le radici dei poteri profondi che oggi ci comandano, fossero già attive –  già Einaudi, futuro presidente della Repubblica, tentò di inserire il pareggio di bilancio in costituzione durante l’Assemblea Costituente.

Il tentativo andò a vuoto, evidentemente l’integrità morale e lo spirito patriotico di padri costituenti come Piero Calamandrei era così forte e solido – rispetto al degrado odierno – che seppe imporsi contro le fratellanze deviate, che già allora non disdegnavano disegni predatori nei confronti del popolo italiano.

Da lì siamo arrivati al 2011, quando approfittando della grande recessione e della ormai nota crisi del debito europeo, le fratellanze di casa nostra sono tornate alla carica per fare quello che non era riuscito loro in sede di Assemblea Costituente.

Come ben ricordiamo, l’Italia stava a sua volta attraversando una grave crisi economica e finanziaria. In seguito alle pressanti richieste da parte delle istituzioni europee ed internazionali (Raccomandazione del Consiglio n. 2011/C 215/02 del luglio 2011, Lettera Trichet-Draghi del 5 agosto 2011), il Governo Berlusconi IV, fu costretto a varare misure più restrittive sulla finanza pubblica.

Per questo motivo l’8 settembre 2011 il Consiglio dei Ministri varò, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, un disegno di legge costituzionale che prevedeva di introdurre il principio del pareggio di bilancio nella Carta Costituzionale. La Commissione Affari Costituzionali e la Commissione Bilancio della Camera dei deputati iniziarono ad esaminare il disegno di legge costituzionale il 5 ottobre 2011 e licenziarono il testo il 10 novembre.

Il 12 novembre 2011 il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi rassegnò le dimissioni. Il giorno seguente (13 novembre 2011) il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nominò Presidente del Consiglio Mario Monti.

In coerenza con i nuovi indirizzi del Governo, il Parlamento scelse di esaminare più velocemente il disegno di legge costituzionale sul pareggio di bilancio, tanto più che i suoi contenuti furono generalizzati, mediante l’adozione del Fiscal compact, per tutti gli Stati membri dell’UE che scelsero di aderirvi, all’inizio del 2012.

La norma venne infatti approvata in soli sei mesi, un periodo di tempo alquanto breve, se si considera che una legge costituzionale necessita di quattro letture parlamentari e di una pausa di tre mesi tra la seconda e la terza. In tutte e quattro le letture parlamentari il disegno di legge venne approvato a larghissima maggioranza, ricevendo il voto favorevole sia della maggioranza che dell’opposizione. Dato che i voti favorevoli al disegno di legge superarono i due terzi dei membri di entrambi i rami del Parlamento, non fu necessario ricorrere ad un eventuale referendum confermativo.

L’originario articolo 81 della Costituzione che recitava così:

“Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”.

fu sostituito con la seguente dicitura:

“Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”.

In seguito all’approvazione della legge costituzionale 1/2012, si era resa necessaria una legge di attuazione che trasformasse in legge le disposizioni attuative contemplate nel nuovo articolo 81 della Costituzione. Per questo motivo, il 27 novembre 2012 l’onorevole Giancarlo Giorgetti (Lega Nord) presentò un apposito disegno di legge.

L’iter di approvazione fu alquanto veloce (la proposta divenne legge in meno di un mese) e, come per la legge costituzionale, in entrambe le letture parlamentari il testo fu approvato a larghissima maggioranza.

In attuazione del Fiscal compact e altre normative, si impone il rispetto degli obiettivi fissati dall’Unione Europea per:

  • rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo;
  • tasso di crescita della spesa pubblica;
  • saldo del conto consolidato di bilancio annuale, uguale in valore all'”obiettivo a medio termine” UE.

Pertanto, la programmazione di bilancio e finanziaria deve essere coerente col rapporto debito/PIL. Il Governo e il Parlamento non potranno stabilire gli obiettivi del saldo di bilancio più gravosi di quelli definiti in sede europea.

La legge vieta il ricorso all’indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie (art. 4, comma 4). L’indebitamento è permesso a regioni ed enti locali soltanto per investimenti pluriennali soggetti ad ammortamento (art. 10), comunicandoli a Regione e Presidenza del Consiglio. Regioni e enti locali sono obbligati al pareggio gestionale, in fase di previsione e in fase di rendiconto, sia per competenza che per cassa, fra entrate e spese correnti, e fra entrate e spese totali (art. 9). Regioni e enti locali concorrono col loro eventuale avanzo a pagare il debito pubblico, attraverso il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato (art. 12). È istituito l’Ufficio parlamentare di bilancio, organismo indipendente per l’analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica e per la valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio (artt. 16-19). La Corte dei Conti ha il controllo del pareggio di bilancio delle amministrazioni pubbliche (art. 20).

L’iter di approvazione della legge fu alquanto veloce. Di seguito i vari passaggi:

  • 27 novembre 2012 – Il disegno di legge è presentato alla Camera dall’on. Giancarlo Giorgetti;
  • 12 dicembre 2012 – La Camera approva il disegno di legge con 442 sì, 3 no e 6 astenuti.
  • 20 dicembre 2012 – Il Senato approva il disegno di legge con 222 sì e 4 no.
  • 24 dicembre 2012 – Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano firma la legge.

Come avete visto, di fronte ad una modifica costituzionale, la quale richiede come sappiamo maggioranze qualificate e soprattutto di fronte ad una provvedimento che avrebbe “ipotecato” a vita il destino delle famiglie e delle imprese italiane; la politica tutta, si è unità totalmente per procedere, il più speditamente possibile, per rendere effettiva tale misura.

Come tutti noi sappiamo, il pareggio di bilancio obbliga lo Stato a far fronte ai propri impegni, esclusivamente attraverso l’unica possibilità di entrata che si trova ad avere applicando questo principio contabile, ovvero le tasse.

Il seguire questo folle principio, toglie ai governi la possibilità di ricorrere all’occorrenza, ai deficit finanziati direttamente tramite la creazione di moneta dal nulla, da parte della Banca Centrale. E di conseguenza li rende impossibilitati ad operare in modo anticiclico nelle loro scelte di politica economica, come scienza economica comanda.

Dobbiamo ricordare, che di fronte ad una crisi economica, solo lo Stato monopolista della moneta è l’unico soggetto partecipante al sistema economico, che possa agire in controtendenza immettendo potere di acquisto nel sistema economico stesso. Non lo possono fare i cittadini e le imprese, essendo appunto afflitti da crisi di liquidità e non lo fa nemmeno – per ragioni di puro interesse – il settore bancario attraverso il credito, proprio perché non ritiene opportuno affrontare il rischio di un mancato rimborso dei prestiti, eventualmente concessi.

Quindi, non venite a dirmi che non ci sia stato nessun politico che abbia compreso quanto fosse scellerata la scelta di introdurre il pareggio di bilancio in Costituzione. Stiamo parlando di economisti come Giulio Tremonti ed esecutori tecnici come Mario Monti. Per non parlare dell’imput arrivato direttamente da Mario Draghi allora a capo della BCE. Stiamo parlando di Giancarlo Giorgetti, da sempre protettore delle lobbies imprenditoriali del nord ed affine al nostro premier attuale dimissionario.

Al voto favorevole si aggiunse anche la passionaria romana Giorgia Meloni, regina dell’oppo-finzione, il cui patriottismo da sempre sbandierato, non va oltre i confini del raccordo anulare; oggi leader di Fratelli d’Italia e membro dell’Aspen Institute.

Ecco le tabelle indicanti il voto in entrambe le camere del parlamento:

Credo non ci sia altro da dire, solo restare in attesa di vedere se qualche partito o politico abbia la dignità di inserire nel suo programma economico, la cancellazione di quello che è stato un vero e proprio atto criminale contro il proprio popolo – perpetrato dall’intera classe politica italiana – quale appunto rappresenta l’attuazione del pareggio di bilancio inserito in Costituzione.

di Megas Alexandros

Fonte: “Il pareggio di bilancio in costituzione”, come tutta la politica si è unita per ingabbiare il paese – Megas Alexandros

 

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